Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le
      affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per
      spiegare la nascita dell’Azione Cattolica e per riallacciare
      questa nuova formazione a movimenti e attività
      «sempre esistiti» da Cristo in poi, sono di una
      estrema fallacia. 
    Dopo il 1848 in tutta l’Europa (in Italia la
      crisi assume la forma specifica e diretta dell’anticlericalismo e
      della lotta anche militare contro la Chiesa) la crisi
      storico‑politico‑intellettuale è superata con la netta
      vittoria del liberalismo (inteso come concezione del mondo oltre
      che come particolare corrente politica) sulla concezione
      cosmopolitica e «papalina» del cattolicismo. Prima del
      1848 si formavano partiti più o meno effimeri e insorgevano
      singole personalità contro il cattolicismo; dopo il 1848 il
      cattolicismo e la Chiesa «devono» avere un proprio
      partito per difendersi, e arretrare il meno possibile, non possono
      più parlare (altro che ufficialmente, perché la
      Chiesa non confesserà mai l’irrevocabilità di tale
      stato di cose) come se sapessero di essere la premessa necessaria
      e universale di ogni modo di pensare e di operare. 
     Molti oggi non
      riescono più neanche a persuadersi che così potesse
      essere una volta. Per dare un’idea di questo fatto, si può
      offrire questo modello: oggi nessuno può pensare sul serio
      a fondare un’associazione contro il suicidio (è possibile
      che in qualche parte esista una qualche società del genere,
      ma si tratta di altra cosa), perché non esiste nessuna
      corrente d’opinione che cerchi persuadere gli uomini (e riesca sia
      pure parzialmente) che occorre suicidarsi in massa (sebbene siano
      esistiti singoli individui e anche piccoli gruppi che hanno
      sostenuto tali forme di nichilismo radicale, pare in Ispagna): la
      «vita» è la premessa necessaria di ogni
      manifestazione di vita, evidentemente. 
    Il cattolicismo ha avuto
      una tale funzione e di ciò rimangono tracce abbondanti nel
      linguaggio e nei modi di pensare specialmente dei contadini:
      cristiano e uomo sono sinonimi, anzi sono sinonimi cristiano e
      «uomo incivilito». («Non sono cristiano!»
      – «E allora cosa sei, una bestia?») I coatti dicono
      ancora: «cristiani e coatti» (ad Ustica prime
      meraviglie quando all’arrivo del vaporetto si sentiva dire dai
      coatti: «sono tutti cristiani, non ci sono che cristiani,
      non c’è neanche un cristiano»). I carcerati invece
      dicono più comunemente: «borghesi e detenuti»,
      o scherzosamente: «soldati e borghesi», sebbene i
      meridionali dicano anche «cristiani e detenuti».
      Sarebbe così interessante studiare tutta la serie di
      passaggi storico‑semantici per cui nel francese da
      «cristiano» si è ottenuto
      «crétin» (donde l’italiano
      «cretino») e addirittura «grédin»;
      il fenomeno deve essere simile a quello per cui
      «villano» da «uomo di campagna» ha finito
      per significare «screanzato» e addirittura
      «gaglioffo e mascalzone», cioè il nome
      «cristiano» impiegato dai contadini (pare dal
      contadini di alcune regioni alpine) per indicare se stessi come
      «uomini», si è, in alcuni casi di pronunzia
      locale, staccato dal significato religioso ed ha avuto la stessa
      sorte di «manant». Forse anche il russo
      «krestianin» = contadino ha la stessa origine, mentre
      «cristiano» in senso religioso, forma più
      colta, ha mantenuto l’aspirazione X greco (in senso spregiativo si
      diceva «muĝik»). A questa concezione è forse da
      legare anche il fatto che in alcuni paesi, dove gli ebrei non sono
      conosciuti, si crede o si credeva che essi avessero la coda e le
      orecchie di porco o altro attributo animalesco.
         continua
  L’esame storico critico del movimento d’Azione Cattolica
      può dar luogo, analiticamente, a diverse serie di ricerche
      e di studi.
    I Congressi nazionali. Come sono preparati dalla stampa centrale
      e locale. Il materiale ufficiale preparatorio: relazioni ufficiali
      e d’opposizione.
    L’Azione Cattolica è stata sempre un organismo complesso,
      anche prima della costituzione della Confederazione bianca del
      Lavoro e del Partito Popolare. La Confederazione del Lavoro era
      considerata organicamente una parte costitutiva dell’Azione
      Cattolica, il Partito Popolare invece no, ma lo era di fatto.
      Oltre che alle altre ragioni, la costituzione del Partito Popolare
      fu consigliata da ciò che si riteneva inevitabile nel dopo
      guerra una avanzata democratica, alla quale occorreva dare un
      organo e un freno, senza mettere in rischio la struttura
      autoritaria dell’Azione Cattolica che ufficialmente è
      diretta personalmente dal Papa e dai Vescovi: senza il Partito
      Popolare e le innovazioni in senso democratico portate nella
      Confederazione sindacale, la spinta popolaresca avrebbe sovvertito
      tutta la struttura dell’Azione Cattolica, mettendo in quistione
  l’autorità assoluta delle gerarchie ecclesiastiche. 
    La
      stessa complessità si verificava e si verifica ancora nel
      campo internazionale; sebbene il Papa rappresenti un centro
      internazionale per eccellenza, di fatto esistono alcuni uffici che
      funzionano per coordinare e dirigere il movimento politico e
      sindacale cattolico in tutti i paesi, come l’Ufficio di Malines
      che ha compilato il Codice Sociale e l’Ufficio di Friburgo per
      l’azione sindacale (è da verificare la funzionalità
      di questi uffici dopo i mutamenti avvenuti nei paesi tedeschi
      oltre che in Italia nel campo dell’organizzazione politica e
      sindacale cattolica).
    Svolgimento dei Congressi. Argomenti messi all’ordine del giorno
      e argomenti omessi per evitare conflitti radicali.
    L’ordine del giorno dovrebbe risultare dai problemi concreti che
      si sono imposti all’attenzione nello spazio tra un congresso e
      l’altro e dalle prospettive avvenire, oltre che dai punti
      dottrinari intorno ai quali si formano le correnti generali
      d’opinione e si raggruppano le frazioni.
    Su quale base e con quali criteri vengono scelte o rinnovate le
      direzioni? Sulla base di una tendenza dottrinaria generica, dando
      alla nuova Direzione una fiducia generica, oppure dopo che il
      Congresso ha fissato un indirizzo concreto e preciso di
      attività? La democrazia interna di un movimento
      (cioè il grado più o meno grande di democrazia
      interna, cioè di partecipazione degli elementi di base alla
      decisione e alla fissazione della linea di attività) si
      può misurare e giudicare anche e forse specialmente a
      questa stregua.
    Altro elemento importante è la composizione sociale dei
      Congressi, del gruppo degli oratori e della direzione eletta, in
      rapporto alla composizione sociale del movimento nel suo
      complesso.
    Rapporto tra le generazioni adulte e quelle giovanili. I
      Congressi si occupano essi direttamente del movimento giovanile,
      che dovrebbe essere la fonte maggiore per il reclutamento e la
      migliore scuola per il movimento, o lascia ai giovani di pensare a
      se stessi?
    Che influsso hanno (avevano) nei Congressi le organizzazioni
      subordinate e sussidiarie (o che tali dovrebbero essere), il
      gruppo parlamentare, gli organizzatori sindacali, ecc.? Ai
      deputati e ai capi sindacali viene fatta nei Congressi una
      posizione speciale, ufficialmente e organicamente o sia pure solo
      di fatto?
    Oltre che nelle discussioni dei Congressi è necessario
      fissare lo svolgimento che hanno avuto nel tempo e nello spazio i
      problemi concreti più importanti: la quistione sindacale,
      il rapporto tra il centro politico e i sindacati, la quistione
      agraria, le quistioni di organizzazione interna, in tutte le diverse
      interferenze. Ogni quistione presenta due aspetti: come è
      stata trattata teoricamente e tecnicamente e come è stata
      affrontata praticamente.
    Altra quistione è quella della stampa, nei suoi diversi
      aspetti: quotidiana, periodica, opuscoli, libri, centralizzazione
      o autonomia della stampa ecc.
  La frazione parlamentare: trattando di ogni determinata
      attività parlamentare, occorre tener presenti alcuni
      criteri di ricerca e di giudizio. Quando il deputato di un
      movimento popolaresco parla in Parlamento (e un senatore al
      Senato) ci possono essere tre o più versioni del suo
      discorso: 1) la versione ufficiale degli Atti parlamentari, che di
      solito è riveduta e corretta e spesso edulcorata post
      festum; 2) la versione dei giornali ufficiali del movimento al
      quale il deputato appartiene ufficialmente: essa è
      combinata dal deputato d’accordo col corrispondente parlamentare,
      in modo da non urtare certe suscettibilità o della
      maggioranza ufficiale del partito o dei lettori locali e non
      creare ostacoli prematuri a determinate combinazioni in corso o
      desiderate; 3) la versione dei giornali di altri partiti o dei
      così detti organi della pubblica opinione (giornali a
      grande diffusione) che è fatta dal deputato d’accordo coi
      rispettivi corrispondenti parlamentari in modo da favorire
      determinate combinazioni in corso: tali giornali possono mutare da
      un periodo all’altro a seconda dei mutamenti avvenuti nelle
      rispettive direzioni politiche o nel governi. 
  Lo stesso criterio
    può essere esteso al campo sindacale, a proposito
    dell’interpretazione da dare a determinati eventi o anche
    all’indirizzo generale della data organizzazione sindacale. Per
    esempio: la «Stampa», il «Resto del
      Carlino», il «Tempo» (di Naldi) hanno servito,
    in certi anni, da casse di risonanza e da strumenti di
    combinazioni politiche tanto ai cattolici come ai socialisti. Un
    discorso parlamentare (o uno sciopero, o una dichiarazione di un
    capo sindacale) socialista o popolare, era presentato sotto una
    certa luce da questi giornali per il loro pubblico, mentre era
    presentato sotto altra luce dagli organi cattolici o socialisti. I
    giornali popolari e socialisti tacevano addirittura al loro
    pubblico certe affermazioni di rispettivi deputati che tendevano a
    rendere possibile una combinazione parlamentare‑governativa delle
    due tendenze, ecc. ecc. 
  È indispensabile anche tener conto
    delle interviste date dai deputati ad altri giornali e degli
    articoli pubblicati in altri giornali. L’omogeneità
    dottrinale e politica di un partito può anche essere
    saggiata con questo criterio: quali indirizzi sono favoriti dai
    soci di questo partito nella loro collaborazione ai giornali di
    altra tendenza o così detti di opinione pubblica: talvolta
    i dissensi interni si manifestano solo così, i dissidenti
    scrivono, in altri giornali, articoli firmati o non firmati, danno
    interviste, suggeriscono motivi polemici, si fanno provocare per
    essere «costretti» a rispondere, non smentiscono certe
    opinioni loro attribuite ecc.
 
   
    §2 L’Azione Cattolica e i terziari francescani. Può
      farsi un paragone qualsiasi tra l’Azione Cattolica e le
      istituzioni come i terziari francescani? Certo no, quantunque sia
      bene accennare introduttivamente non solo ai terziari, ma anche al
      fenomeno più generale dell’apparire nello sviluppo storico
      della Chiesa degli ordini religiosi, per meglio definire i
  caratteri e i limiti della stessa Azione Cattolica. 
    La creazione
      dei terziari è un fatto molto interessante di origine e
      tendenza democratico‑popolare, che illumina meglio il carattere
      del francescanesimo come ritorno tendenziale ai modi di vita e di
      credenza del cristianesimo primitivo, comunità di fedeli e
      non del solo clero come esso era venuto sempre più
      diventando. Sarebbe perciò utile studiare bene la fortuna
      di questa iniziativa, che non è stata molto grande,
      perché il francescanesimo non divenne tutta la religione,
      come era nell’intenzione di Francesco, ma si ridusse a uno dei
      tanti ordini religiosi esistenti. 
    L’Azione Cattolica segna
      l’inizio di una epoca nuova nella storia della religione
      cattolica: quando essa da concezione totalitaria (nel duplice
      senso: che era una totale concezione del mondo di una
      società nel suo totale), diventa parziale (anche nel
      duplice senso) e deve avere un proprio partito. 
    I diversi ordini
      religiosi rappresentano la reazione della Chiesa (comunità
      dei fedeli o comunità del clero), dall’alto o dal basso,
      contro le disgregazioni parziali della concezione del mondo
      (eresie, scismi ecc. e anche degenerazione delle gerarchie);
      l’Azione Cattolica rappresenta la reazione contro l’apostasia di
      intere masse, imponente, cioè contro il superamento di
      massa della concezione religiosa del mondo. 
    Non è
      più la Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta;
      essa invece deve accettare il terreno impostole dagli avversari o
      dall’indifferenza e servirsi di armi prese a prestito
      dall’arsenale dei suoi avversari (l’organizzazione politica di
      massa). La Chiesa, cioè, è sulla difensiva, ha
      perduto l’autonomia dei movimenti e delle iniziative, non è
      più una forza ideologica mondiale, ma una forza subalterna.  
    Cattolici integralisti, gesuiti e   modernisti
    
    
       §4
      Cattolici integrali, gesuiti, modernisti. I «cattolici
      integrali» ebbero molta fortuna sotto il papato di Pio X;
      rappresentarono una tendenza europea del cattolicismo,
      politicamente di estrema destra,
      ma naturalmente erano più forti in certi paesi, come
      l’Italia, la Francia, il Belgio, dove, in forme diverse, le
      tendenze di sinistra in politica e nel campo intellettuale, si
      facevano sentire più fortemente nell’organizzazione
      cattolica. Nel Belgio, durante la guerra, i tedeschi sequestrarono
      una grande quantità di documenti riservati e segreti degli
      integrali, in seguito pubblicati e così si ebbe la prova
      abbondante che gli integrali avevano costituito una vera e propria
      associazione segreta per controllare, dirigere,
      «purgare» il movimento cattolico in tutti i suoi gradi
      gerarchici, con cifrari, fiduciari, corrispondenze clandestine,
      agenti per lo spionaggio ecc. 
       Il capo degli integrali era
      monsignor Umberto Benigni, e una parte dell’organizzazione era
      costituita dal «Sodalitium Pianum» (da Papa Pio V),
      Monsignor Benigni, morto nel 1934, era un uomo di grande
      capacità teorica e pratica e di una attività
      incredibile: ha scritto, tra l’altro, un’opera di grande mole, La
      Storia sociale della Chiesa, di cui sono usciti 4 volumi d’oltre
      600 pagine l’uno, in gran formato, editi dalla casa Hoepli. Come
      appare dalla «Civiltà Cattolica», il Benigni
      non ha mai interrotto la sua azione cospirativa nell’interno della
      Chiesa, nonostante le difficoltà in cui gli integrali sono
      venuti a trovarsi per il corso della politica di Pio XI, esitante, titubante, timida, ma tuttavia con indirizzo
      popolare democratico per la necessità di creare forti masse
      di Azione Cattolica. 
       Gli integrali appoggiavano in Francia il
      movimento dell’Action Française, furono contro il Sillon:
      da per tutto sono contro ogni modernismo politico e religioso.
    Di fronte ai gesuiti assumevano un atteggiamento quasi
      giansenistico, cioè di grande rigore morale e religioso,
      contro ogni forma di lassismo, di opportunismo, di centrismo. I
      gesuiti naturalmente accusano gli integrali di giansenismo (di
      ipocrisia giansenistica) e ancor di più, di fare il gioco
      dei modernisti (teologanti): 1) per la loro lotta contro i
      gesuiti; 2) perché allargavano talmente la nozione di
      modernismo e quindi ampliavano talmente il bersaglio, da offrire
      ai modernisti un campo di manovra comodissimo. Di fatto è
      avvenuto che nella loro comune lotta contro i gesuiti, integrale e
      modernisti si siano trovati obbiettivamente nello stesso terreno e
      abbiano collaborato tra loro (il Buonaiuti avrebbe scritto nella
      rivista del Benigni).
    Cosa rimane oggi dei modernisti e degli integrali? È
      difficile identificare e calcolare la loro forza oggettiva
      nell’organizzazione ecclesiastica, specialmente dei modernisti
      (gli integrali hanno mantenuto le loro forze quasi intatte, anche
      dopo la campagna contro l’Action Française): in ogni modo
      essi sono sempre dei «fermenti» che continuano ad
      operare, in quanto rappresentano la lotta contro i gesuiti e il
      loro strapotere, lotta condotta anche oggi da elementi di destra e
      di sinistra, nell’apparente indifferenza della massa del clero e
      con risultati non trascurabili nella massa dei fedeli, che ignora
      queste lotte e il loro significato, ma appunto perciò non
      può raggiungere una mentalità unitaria e omogenea di
      base.
    A queste forze interne, antagonistiche e clandestine o quasi,
      della Chiesa (per il modernismo la clandestinità
      è  indispensabile) conviene avere dei
      «centri» esterni pubblici, o con efficacia diretta sul
      pubblico, con periodici o edizioni di opuscoli e di libri. Tra i
      centri clandestini e quelli pubblici esistono collegamenti
      clandestini che diventano il canale delle ire, delle vendette,
      delle denunzie, delle insinuazioni perfide, dei pettegolezzi per
      tenere sempre viva la lotta contro i gesuiti (che hanno anche loro
      una organizzazione non ufficiale o addirittura clandestina, alla
      quale devono contribuire i così detti «gesuiti
      laici», curiosa istituzione forse copiata dai terziari
      francescani e che numericamente pare rappresentino circa 1/4 di
      tutte le forze gesuitiche: questa istituzione dei «gesuiti
      laici» merita di essere studiata con attenzione). 
    Tutto
      ciò dimostra che la forza coesiva della Chiesa è
      molto minore di ciò che si pensa, non solo per il fatto che
      la crescente indifferenza della massa dei fedeli per le quistioni
      puramente religiose ed ecclesiastiche dà un valore molto
      relativo alla superficiale ed apparente omogeneità
      ideologica, ma per il fatto ben più grave che il centro
      ecclesiastico è impotente ad annientare le forze
      organizzate che lottano coscientemente nel seno della Chiesa.
   Specialmente la lotta contro il modernismo ha demoralizzato il
      giovane clero, che non esita a pronunziare il giuramento
      antimodernista pur continuando a conservare le sue opinioni.
      (Ricordare gli ambienti torinesi dei giovani ecclesiastici, anche
      domenicani, prima della guerra, e le loro deviazioni che andavano
      fino ad accogliere benevolmente le tendenze modernizzanti
      dell’islamismo e del buddismo e a concepire la religione come un
      sincretismo mondiale di tutte le religioni superiori: dio è
      come il sole, di cui le religioni sono i raggi e ogni raggio guida
      all’unico sole ecc.),
       continua
      
Da un articolo di padre Rosa (Risposta ad «Una polemica
      senza onestà e senza legge», nella
      «Civiltà Cattolica» del 21 luglio 1928) sono
      tolte queste indicazioni: Monsignor Benigni continua (nel 1928) ad
      avere una notevole organizzazione: una collezione intitolata
      Vérités è pubblicata a Parigi e vi appaiono
      le firme Récalde, Luc Verus, Simon: Luc Verus è lo
      pseudonimo collettivo degli «integrali». Il Rosa cita
      l’opuscolo Les découvertes du jésuite Rosa,
      successeur de Von Gerlach, Parigi, Linotypie G. Dosne, Rue Turgot
      20, 1928, che attribuisce al Benigni almeno per il materiale. I
      gesuiti sono accusati di essere «amici dei massoni e dei
      giudei» (fa ricordare la «dottrina» di
      Ludendorff sull’«internazionale
      massonico‑giudeo‑gesuitica»), sono chiamati «demagoghi
      e rivoluzionari» ecc. 
    A Roma il Benigni si serve
      dell’agenzia Urbs o Romana e firma le sue pubblicazioni col nome
      di suo nipote Mataloni. Il bollettino romano del Benigni si
      intitolava «Veritas» (esce ancora o fino a quando
      è uscito?) Il Benigni (nel 1928 o prima?) ha pubblicato un
      opuscolo Di fronte alla calunnia, di poche pagine, con documenti
      che concernono il Sodalizio Piano, opuscolo che è stato
      riprodotto in parte e difeso da due periodici cattolici:
      «Fede e Ragione» (di Firenze) e la «Liguria del
      Popolo» di Genova). Il Benigni diresse il periodico
      «Miscellanea di storia ecclesiastica».
    L’opuscolo Una polemica senza onestà e senza legge contro
      il p. Rosa è del prof. E. Buonaiuti. Il Rosa parla del
      libro di Buonaiuti: Le Modernisme catholique (pubblicato
      collezione diretta da P. L. Couchaud, edito dal Rieder) e osserva
      che l’autore finalmente ammette una serie di fatti che avrebbe      sempre negato durante la polemica modernista (per es. che il
      Buonaiuti fu l’autore della campagna modernistica del
      «Giornale d’Italia», ciò che veramente il
      Buonaiuti nel suo libro non dice esplicitamente, ma che si
      può dedurre come verosimile, data la tortuosità di
      questi scrittori). Il Benigni organizzò il servizio stampa
      contro i modernisti al tempo dell’Enciclica Pascendi. Nelle sue
      «Ricerche religiose» (luglio 1928, p. 335) il
      Buonaiuti racconta un episodio caratteristico (riportato dal p.
      Rosa con espressioni di biasimo ecc.).
     Nel 1909 il modernista
      prof. Antonino De Stefano (attualmente prete spretato e insegnante
      di storia all’Università) doveva pubblicare a Ginevra una
      «Revue moderniste internationale»: il Buonaiuti
      scrisse una lettera. A poche settimane di distanza è
      chiamato al Sant’Uffizio. L’assessore del tempo, il domenicano
      Pasqualigo, gli contestò parola per parola la lettera al Da
      Stefano. La lettera era stata trafugata a Ginevra; un emissario
      romano si era «traforato» in casa De Stefano ecc.
      (Naturalmente per il Buonaiuti, Benigni è stato uno
      strumento e un complice dei gesuiti, ma pare che nel 1904 il
      Buonaiuti abbia collaborato nella «Miscellanea» del
      Benigni).
 
    Su questo argomento, Cattolici integrali - gesuiti ‑ modernisti
      che rappresentano le tre tendenze «organiche» del
      cattolicismo, cioè sono le forze che si contendono
      l’egemonia nella Chiesa romana, occorre raccogliere tutto il
      materiale e costruire una bibliografia. (La collezione della
      «Civiltà Cattolica», delle «Ricerche
      religiose» del Buonaiuti, «Miscellanea» del
      Benigni, le collezioni di opuscoli polemici delle tre correnti
      ecc.).
       continua
      
Da quanto si rileva dalla «Civiltà Cattolica»
      pare che «Fede e Ragione» sia oggi la rivista
      più importante dei cattolici integrali. Vedere quali ne
      sono i principali collaboratori e in quali punti si pone in
      contrasto coi gesuiti: se in punti riguardanti la fede, la morale,
      la politica ecc. Gli «integrali» sono forti nel
      complesso di qualche ordine religioso rivale dei gesuiti
      (domenicani, francescani): è da ricordare che neanche i
      gesuiti sono perfettamente omogenei: il cardinale Billot,
      integrale intransigente fino ad abbandonare la porpora, era
      gesuita, e gesuiti furono alcuni modernisti di grido come il
      Tyrrell.
    L’articolo: L’equilibrio della verità tra gli estremi
      dell’errore, nella «Civiltà Cattolica» del 3
      novembre 1928, prende lo spunto dalla pubblicazione di Nicolas
      Fontaine: Saint‑Siège, «Action
      Française», et «Catholiques
      intégraux», Parigi, Gamber, 1928, di cui, in nota, si
      dà questo giudizio: «L’autore è dominato da
      pregiudizi politici e liberali, massime quando vede la politica
      nella condanna dell’Action Française; ma i fatti e i
      documenti, da lui allegati, sul famoso “Sodalizio” non furono
      smentiti». Ora il Fontaine non ha pubblicato nulla di
      completamente inedito (i documenti del Fontaine sugli
      «integrali» erano stati pubblicati nell’aprile 1924
      dal «Mouvement»); perché dunque i gesuiti non
      se ne sono serviti prima? 
    La quistione è importante e pare
      possa essere risolta in questi termini: l’azione pontificia contro
      l’Action Française è l’aspetto più
      appariscente e risolutivo di un’azione più vasta per
      liquidare una serie di conseguenze della politica di Pio X (in
      Francia, ma indirettamente anche negli altri paesi), cioè Pio
      XI vuole limitare l’importanza dei cattolici integrali,
      apertamente reazionari e che rendono quasi impossibile in Francia
      l’organizzazione di una forte Azione Cattolica e di un partito
      democratico‑popolare che possa far la concorrenza ai radicali,
      senza però attaccarli di fronte. La lotta contro il
      modernismo aveva squilibrato troppo a destra il cattolicismo;
      occorre pertanto nuovamente «incentrarlo» nei gesuiti,
      cioè ridargli una forma politica duttile, senza
      irrigidimenti dottrinari, con una grande libertà di manovra
      ecc.; Pio
      XI è veramente il papa dei gesuiti.
    Ma lottare contro i cattolici integrali su un fronte organico
      è molto più difficile che lottare contro i
      modernisti. La lotta contro l’Action Française offre un
      terreno ottimo; gli integrali sono combattuti non come tali, ma in
      quanto sostenitori di Maurras, cioè la lotta è in
      ordine sparso, contro singole persone che non obbediscono al papa,
      che ne intralciano la difesa della fede e della morale contro un
      ateo e un pagano confesso, mentre l’insieme della tendenza
      è ufficialmente ignorato. Ecco l’importanza capitale del
      libro del Fontaine, che mostra il nesso organico tra Maurras e
      l’«integrismo» e aiuta energicamente l’azione del papa
      e dei gesuiti (è da notare che il Fontaine a più
      riprese insiste presso i «laicisti» francesi sul fatto
      che gli integrali e non i gesuiti sono
      «antidemocratici», che i gesuiti, in realtà,
      aiutano la democrazia ecc.; chi è il Fontaine? è uno
      specialista di studi sulla politica religiosa? non potrebbe essere
      ispirato dagli stessi gesuiti?)
    Questo articolo della «Civiltà Cattolica»,
      scritto certo dal p. Rosa, è molto cauto nell’uso dei
      documenti ristampati dal Fontaine, evita di analizzare quelli che
      non solo screditano gli integrali, ma gettano un’ombra di
      comicità e di discredito su tutta la Chiesa (gli integrali
      avevano organizzato una vera società segreta con cifrari,
      in cui il papa è chiamato «la baronessa
      Michelina» e altre personalità con nomi altrettanto
      romanzeschi, ciò che mostra la mentalità del Benigni
      verso i suoi «gerarchi»).
 
    Sulla quistione «di merito» della politica di Pio
        XI le conclusioni non sono facili, come mostra lo stesso
      corso di questa politica, corso incerto, timido, titubante per le
      immense difficoltà contro cui deve cozzare continuamente.
      Si è detto più volte che la Chiesa cattolica ha
      virtù di adattamento e di sviluppo inesauribili. Ciò
      non è molto esatto. 
    Nella vita della Chiesa possono essere
      fissati alcuni punti decisivi: il primo è quello che si
      identifica con lo scisma tra Oriente e Occidente, di carattere
      territoriale, tra due civiltà storiche in contrasto, con
      scarsi elementi ideologici e culturali, che ha inizio con
      l’avvento dell’Impero di Carlo Magno, cioè con un rinnovato
      tentativo di egemonia politica culturale dell’Occidente
      sull’Oriente; lo scisma avviene in un periodo in cui le forze
      ecclesiastiche sono scarsamente organizzate e si approfondisce
      sempre più, automaticamente, per la forza stessa delle
      cose, impossibili a controllare come avviene di due persone che
      per decenni non hanno contatti e si allontanano una dall’altra
      fino a parlare due lingue diverse. 
    Il secondo è quello
      della Riforma, che avviene in ben diverse condizioni e che se ha
      come risultato una separazione territoriale, ha specialmente un
      carattere culturale e determina la Controriforma, e le decisioni
      del Concilio di Trento che limitano enormemente le
      possibilità di adattamento della Chiesa Cattolica. 
    Il terzo
      è quello della Rivoluzione francese (Riforma
      liberale‑democratica) che costringe ancor più la Chiesa a
      irrigidirsi e mummificarsi in un organismo assolutistico e
      formalistico di cui il papa è il capo nominale, con poteri
      teoricamente «autocratici», in verità molto
      scarsi perché tutto il sistema si regge solo per il suo
      irrigidimento da paralitico. 
    Tutta la società in cui la
      Chiesa si muove e può evolvere, ha la tendenza a
      irrigidirsi, lasciando alla Chiesa scarse possibilità di
      adattamento, già scarse per la natura attuale della Chiesa
      stessa. L’irrompere di forme nuove di nazionalismo, che poi sono
      il termine finale del processo storico iniziatosi con Carlo Magno,
      cioè col primo rinascimento, rende non solo impossibile
      l’adattamento, ma difficile l’esistenza, come si vede nella
      Germania hitleriana. D’altronde il papa non può
      «scomunicare» la Germania hitleriana, deve talvolta
      persino appoggiarsi ad essa, e ciò rende impossibile ogni
      politica religiosa rettilinea, positiva, di un qualche vigore. Di
      fronte a fenomeni come l’hitlerismo, anche larghe concessioni al
      modernismo non avrebbero nessun significato ormai, ma solo
      aumenterebbero la confusione e l’imbroglio. 
    Né è
      detto che in Francia le cose siano più allegre,
      perché proprio in Francia è stata creata la teoria
      di contrapporre la «religione della patria» a quella
      «romana» e si può supporre un incremento di
      nazionalismo patriottico, non di cosmopolitismo romano.
        continua
      
 Dall’articolo della «Civiltà Cattolica» del 3
      novembre 1928 sono tratti questi spunti. Si accenna che anche in
      Italia Maurras ha trovato difensori tra i cattolici: si parla di
      «imitatori o fautori, palesi od occulti, ma del pari
      aberranti dalla pienezza della fede e della morale cattolica, o
      nella teoria o nella pratica, pure gridando e anche illudendosi di
      volerle difendere integralmente e meglio di qualsiasi
      altro». L’Action Française «avventò
      contro chi scrive queste righe (il p. Rosa) un cumulo di
      vilipendii e di calunnie incredibili (sic), fino a quelle
      insinuate ripetutamente di assassinii ed esecuzioni spietate di
      confratelli!» (è da vedere quando e come queste
      accuse furono fatte al p. Rosa; tra i gesuiti c’era un’ala
      integralista e favorevole al Maurras, con uomini di primo piano
      come il cardinale Billot, che fu uno dei principali compilatori
      dell’enciclica Pascendi e che rinunziò alla carica di
      cardinale, cosa rarissima nella storia della Chiesa, che dimostra
      l’ostinata pervicacia del Billot e la volontà risoluta del
      papa di superare ogni ostacolo nella lotta contro Maurras).
    La «Revue internationale des sociétés
      secrètes», diretta dall’abbate Boulin, è
      «integrale» e accanita antigesuita; il Boulin è
      collegato a Benigni‑Mataloni e si serve di pseudonimi (Roger
      Duguet). L’Action Française e gli integrali si attaccano
      disperatamente a Pio X e pretendono di restare fedeli ai suoi
      insegnamenti (ciò che nello sviluppo della Chiesa sarebbe
      un bel precedente, perché ogni papa, morto, potrebbe
      offrire il terreno per organizzare una setta che si attacca a un
      suo particolare atteggiamento; gli «integrali»
      vogliono rimettere in onore il Sillabo di Pio IX: nella proposta
      dell’Action Française di avere un ecclesiastico per la
      cattedra del Sillabo nelle sue scuole, era contenuta un’abile
      provocazione, ma Pio XI non solo non vuole ridare attualità al Sillabo, ma
      cerca perfino di attenuare ed edulcorare l’enciclica Pascendi).
    L’articolo della «Civiltà Cattolica» è
      veramente importante e occorrerà rivederlo per il caso di
      un approfondimento della quistione. Bisognerà vedere tutte
      le sfumature dei «distinguo» a proposito della
      massoneria, dell’antisemitismo, del nazionalismo, della democrazia
      ecc. Anche per i modernisti si distingue tra illusi, ecc., e si
      prende posizione contro l’antimodernismo del Benigni ecc.:
      «Tanto più che era da temere e non mancammo di farlo
      notare fino da quegli anni a chi di dovere, che siffatti metodi
      avrebbero fatto il gioco dei modernisti veri, preparando in futuro
      gravi danni alla Chiesa. Il che si vide poi, ed anche al presente
      si vede, nello spirito cattivo di reazione, non del vecchio
      modernismo solamente e del liberalismo, ma del nuovo
      altresì e dell’integralismo stesso. Questo mostrava allora
      di volersi opporre ad ogni forma o parvenza di modernismo, anzi
      presumeva essere, come suol dirsi, più papale del papa, ed
      invece ora con grave scandalo o gli resiste ipocritamente o
      apertamente lo combatte, come avviene tra i fautori rumorosi
      dell’Action Française in Francia e i silenziosi loro
      complici in Italia».
 
    Gli integrali chiamano i gesuiti «modernizzanti» e
      «modernizzantismo» la loro tendenza: hanno diviso i
      cattolici in integrali e non integrali cioè
      «papali» ed «episcopali» (pare che
      l’enciclica di Benedetto XV Ad beatissimi abbia notato,
      biasimandola, questa tendenza a introdurre tali distinzioni tra i
      cattolici, che lederebbero la carità e l’unità dei
      fedeli).
    La «Sapinière» (da S. P. iniziali del
      «Sodalizio Piano») era la società segreta che
      si nascondeva dietro il velo del «Sodalizio Piano», ed
      organizzò la lotta contro i gesuiti modernizzanti,
      «in tutto contrariamente alla prima idea ed al programma
      officiale proposto al Santo Pontefice Pio X, indi approvato dal
      Segretario della Concistoriale, non certamente perché
      servisse allo sfogo di passioni private, alla denuncia e
      diffamazione di integerrimi ed anche eminenti personaggi, di
      Vescovi e d’interi Ordini religiosi, nominatamente del nostro, che
      mai finora erasi veduto in balia a siffatte calunnie, neppure ai
      tempi della sua soppressione. 
    Da ultimo poi, finita la guerra e
      molto più dopo lo scioglimento del “Sodalizio Piano” –
      decretato dalla Sacra Congregazione del Concilio, non certo a
      titolo di lode, ma di proibizione e di biasimo – fu promossa tutta
      a spese di un noto e ricchissimo finanziere Simon di Parigi e
      della sua larga consorteria, la pubblicazione e la prodiga
      diffusione gratuita di libelli i più ignominiosi e
      criticamente insipienti contro la Compagnia di Gesù, i suoi
      Santi, i suoi dottori e le sue opere e le sue costituzioni, pure
      solennemente approvate dalla Chiesa. È la nota collezione
      dei così detti “Récalde”, cresciuta già ad
      oltre una dozzina di libelli, alcuni di più volumi, in cui
      è troppo riconosciuta e non meno retribuita la parte dei
      complici romani. Essa viene ora rinforzata dalla pubblicazione
      sorella di foglietti diffamatori, i più farneticanti, sotto
      il titolo complessivo ed antifrastico di “Vérités”,
      emuli dei fogli gemelli dell’Agenzia Urbs ovvero Romana, i cui
      articoli ritornano poi talora, quasi a verbo, in altri fogli
      “periodici”».
    Gli integrali sparsero «le peggiori calunnie» contro
      Benedetto XV, come si può vedere dall’articolo comparso
      alla morte di questo papa nella «Vieille France» (di
      Urbain Gohier) e nella «Ronda» (febbraio 1922),
      «anche questo (periodico) tutt’altro che cattolico e morale,
      ma onorato tuttavia dalla collaborazione di Umberto Benigni, il
      cui nome si trova registrato nella bella compagnia di quei giovani
      più o meno scapestrati». «Lo stesso spirito di
      diffamazione, continuato sotto il presente Pontificato, in mezzo
      alle file medesime dei cattolici, dei religiosi e del clero, non
      si può dire quanto abbia fatto di male nelle coscienze,
      quanto scandalo portatovi e quanta alienazione di animi, in
      Francia sopra tutto. Quivi infatti la passione politica induceva a
      credere più facilmente le calunnie, mandate spesso da Roma,
      dopo che i ricchi Simon e altri compari, di spirito gallicano e
      giornalistico (sic), ne spesarono gli autori e procurarono la
      diffusione gratuita dei loro libelli, massime degli antigesuitici
      sopra menzionati, nei seminari, nelle canoniche, nelle curie
      ecclesiastiche, ovunque fosse qualche probabilità o
      verosimiglianza che la calunnia potesse attecchire; ed anche fra
      laici, massime giovani, e degli stessi licei governativi, con una
      prodigalità senza esempio». Gli autori già
      sospetti si servono dell’anonimo o di pseudonimi. «È
      notorio, tra i giornalisti specialmente, quanto poco meriti
      qualsiasi titolo di onore un siffatto gruppo col suo principale
      ispiratore, il più astuto a nascondersi, ma il più
      colpevole e il più interessato nell’intrigo» (si
      riferisce al Benigni o a qualche altro pezzo grosso del Vaticano?)
        continua
      
Secondo il p. Rosa, tra l’Action Française e gli
      «integrali» non c’era inizialmente
      «accordo» ma esso si è venuto formando dopo il
      1926; ma questa affermazione è certo fatta ad arte per
      escludere ogni movente politico (lotta contro gli ultrareazionari)
      dalla lotta contro l’Action Française e per diminuire le
      responsabilità di Pio X. Nell’ultima nota dell’articolo si
      dice: «Non si deve tuttavia confondere l’uno con l’altro
      partito, come taluno ha fatto, per es. Nicolas Fontaine nell’opera
      citata Saint‑Siège, “Action Française” et
      “Catholiques intégraux”. Questo autore, come notammo,
      è più che liberale, ma purtroppo (sic)
      informatissimo dei casi niente edificanti della menzionata
      società clandestina, detta della “Sapinière” e dei
      suoi fautori francesi ed italiani, ed in ciò è
      ridicolo rinfacciare il suo liberalismo: occorre smentire i fatti
      su cui riparleremo a suo tempo». 
    In realtà il
      Fontaine mostra esaurientemente il nesso tra integrali e Action
      Française, anche se è possibile dire che si tratta
      di due partiti distinti, di cui uno tende a servirsi dell’altro, e
      mostra come tale nesso risalga a Pio X. È curioso quel
      «purtroppo informatissimo», perché il Fontaine
      si è servito di materiale di dominio pubblico, come
      è «curioso» che il p. Rosa, nella
      «Civiltà Cattolica» non abbia più
      «riparlato» della «Sapinière» (fino
      alla morte di Monsignor Benigni, che non è stato ricordato;
      ed è difficile pensare che ne parli ancora, a meno che al
      Benigni non succeda qualche altra forte personalità nella
      direzione degli integrali): questo silenzio ha il suo significato.
      L’articolo conclude: «Ma la verità non ha da temere:
      e per parte nostra, noi siamo ben risoluti a difenderla senza
      paura né trepidazione od esitanza, anche contro i nemici
      interni, siano pure ecclesiastici facoltosi e potenti, che hanno
      fuorviato i laici per trarli ai loro disegni e interessi».
    Ricorda un viaggio del Benigni in America (di cui parla la
      «Civiltà Cattolica», 1927, iv, p. 399) per la
      distribuzione di libelli antigesuiti: a Roma ci sarebbe un
      deposito di più decine di migliaia di copie di questi
      libelli.
    L’Action Française aveva a Roma un suo redattore, Havard
      de la Montagne, che dirigeva un settimanale in lingua francese
      «Rome» destinato specialmente ai cattolici francesi,
      religiosi o laici, residenti o di passaggio a Roma: era il
      portavoce degli integrali e dei maurrassiani, il centro del loro
      raccoglimento e del servizio di informazione dell’Action
      Française presso il Vaticano, non solo per le quistioni
      religiose, ma specialmente per quelle politiche francesi e
      internazionali di carattere riservato. Non bisogna dimenticare che
      il Vaticano ha un servizio d’informazioni talvolta e per certi
      argomenti più preciso, più largo e più
      abbondante di qualsiasi altro governo. Poter servirsi di questa
      fonte era per l’Action Française una ragione non delle
      minori di certi successi giornalistici e di molte campagne
      personali e scandalistiche. Pare che dopo la rottura del 1926,
      «Rome» sia deperito e poi morto.
 
    Il caso dell’abate Turmel di Rennes. Nella raccolta di scritti su
      L’Enciclica Pascendi e il modernismo il p. Rosa (il libro è
      del 1908‑1909) dedica alcune pagine «gustosissime»
      (non per il garbo e le virtù stilistiche dell’autore, che
      è un pedestre scribacchiatore, molto più pedestre,
      incondito e rozzo del suo antagonista Buonaiuti che pure non
      scherza) al caso «straordinario» dell’abate Turmel, modernista, che scriveva libri modernisti e persino di carattere
      tutt’affatto ateistico sotto varii pseudonimi e poi li confutava
      col suo vero nome. Dal 1908 al 1929 il Turmel ha continuato nel
      suo gioco di pseudonimi finché, per un caso,
      l’autorità ecclesiastica ebbe le prove palmari di questa
      duplicità; ma queste prove non furono subito esibite per
      liquidare l’abate: fu prima dato incarico al prof. L. Saltet,
      dell’Istituto cattolico di Tolosa, di fare un’ampia dimostrazione
      filologico‑critico-teologica (nel «Bulletin de
      Littérature Ecclésiastique» di Tolosa) della
      paternità turmeliana di tutta una serie di scritti
      pubblicati con ben 14 pseudonimi, e poi il Turmel fu espulso dalla
      Chiesa. (Su questo argomento vedi altra nota, più oltre).      
  (La quistione dell’anonimato e degli pseudonimi cui ricorrevano i
      modernisti per sfuggire alle misure immediate di repressione
      è trattata dal Buonaiuti nel suo libro del 1927 sul
      modernismo Cattolico con qualche sofisma e con una certa
      imbarazzata reticenza. È certo che questa tattica da
      «politicante» nocque molto specialmente al Buonaiuti,
      che dagli «idealisti» della «Voce» fu
      presentato come una personalità quasi spregevole. La figura
      del Buonaiuti non perde, nonostante tutto, una certa sua aura di
      grandezza morale e di severità di carattere, se si pensa
      che egli è il solo che da più di 30 anni si è
      mantenuto nella sua posizione contro la Curia e i gesuiti,
      abbandonato da sostenitori e da amici, che o sono rientrati
      nell’ovile o sono passati decisamente nel campo laico. Né
      la sua attività è senza conseguenze per la Chiesa
      cattolica, se si tiene conto della diffusione dei suoi libri e del
      fatto che la Chiesa ripetute volte gli ha offerto dei
      compromessi).
        continua
      
Cfr l’articolo «La lunga crisi dell’Action
      Française» nella «Civiltà
      Cattolica» del 7 settembre 1929. Si loda il libro La trop
      longue crise de l’Action Française di Mons. Sagot du
      Vauroux, évêque d’Agen, Parigi, ed. Bloud, 1929,
      opera che «riuscirà utilissima anche agli stranieri,
      i quali non riescono a comprendere le origini e meno ancora la
      persistenza, congiunta a tanta ostinazione, degli aderenti
      cattolici che li acceca fino a farli vivere e morire senza
      sacramenti, piuttosto che rinunciare alle odiose esorbitanze di un
      loro partito e dei suoi dirigenti increduli». La
      «Civiltà Cattolica» cerca giustificarsi del
      fatto che non si occupa più spesso della polemica
      dell’Action Française e tra l’altro dice: «Oltre a
      ciò la prolungata crisi non tocca l’Italia se non per
      riverbero, ossia per una lontana (!?) concomitanza ed analogia,
      che essa potrebbe (!) avere con le tendenze generali paganeggianti
      dell’età moderna». 
    (Questo maltusianismo polemico
      costituisce appunto la debolezza principale della posizione
      gesuitica contro l’Action Française ed è la causa
      maggiore del furore fanatico di Maurras e dei suoi seguaci: questi
      sono persuasi, non a torto, che il Vaticano fa su di loro una
      esperienza «in corpore vili», che essi hanno la
      funzione del ragazzo che, una volta, accompagnava il principe
      ereditario inglese e si pigliava le nerbate per conto del regale
      padrone; da ciò a far persuasi i seguaci di Maurras che
      l’assalto subìto è meramente politico, perché
      non universale che a parole, ci vuol poco. In verità il
      papa si è ben guardato, e così la
      «Civiltà Cattolica», di identificare e
      «punire» con le stesse sanzioni, negli altri paesi,
      gli elementi individuali o di gruppo che hanno le stesse tendenze
      di Maurras e non le nascondono).
    Altre indicazioni di «cattolici integrali»: il Bloc
      antirévolutionnaire di Felix Lacointe, «degno amico
      del citato Boulin e dei suoi soci» (il Boulin dirige la
      «Revue Internationale des Sociétés
      secrètes»). Il Lacointe avrebbe pubblicato che il
      cardinale Rampolla era iscritto alla Massoneria o qualcosa di
      simile (al Rampolla si rimprovera la politica del ralliement fatta
      da Leone XIII; ricordare a proposito del Rampolla che il veto al
      Conclave contro la sua elezione al ponteficato fu fatto
      dall’Austria, ma per domanda di Zanardelli; sul Rampolla e la sua
      posizione verso lo Stato italiano offre elementi nuovi il Salata
      nel I° volume, e solo pubblicato, dei suoi Documenti
      diplomatici sulla questione romana).
 
    Un elemento ideologico molto significativo del lavoro che i
      gesuiti esplicano in Francia per costituire una larga base
      popolare al movimento cattolico‑democratico è questo
      giudizio storico‑politico: Chi è responsabile
      dell’«apostasia» del popolo francese? Solo gli
      intellettuali democratico-rivoluzionari che si richiamavano al
      Rousseau? No. I più responsabili sono gli aristocratici e
      la grande borghesia che hanno civettato con Voltaire: «… le
      rivendicazioni tradizionali (dei monarchici) del ritorno
      all’antico sono pure rispettabili, quantunque inattuabili, nelle
      condizioni presenti. E sono inattuabili anzitutto per colpa di
      tanta parte dell’aristocrazia e borghesia di Francia,
      poiché dalla corruzione e dall’apostasia di questa classe
      dirigente fino al secolo XVIII originò la corruzione e
      l’apostasia della massa popolare in Francia, avverandosi anche
      allora che regis ad exemplum totus componitur orbis. Il Voltaire
      era l’idolo di quella parte dell’aristocrazia corrotta e
      corrompitrice del suo popolo, alla cui fede e costumatezza
      procurando scandalose seduzioni, essa scavava a se medesima la
      fossa. E sebbene poi al sorgere del Rousseau con la sua democrazia
      sovversiva in opposizione all’aristocrazia volterriana, si fecero
      opposizione teorica le due correnti dell’apostasia – come tra i
      due tristi corifei – che parevano muovere da contrari errori,
      confluirono in una stessa pratica ed esiziale conclusione:
      nell’ingrossare cioè il torrente rivoluzionario ecc.
      ecc.».
        continua
      
Così oggi: Maurras e C. sono avversari della democrazia
      alla Rousseau e delle «esagerazioni democratiche»
      («esagerazioni», si badi bene, solo
      «esagerazioni») del Sillon, ma sono discepoli e
      ammiratori di Voltaire (Jacques Bainville ha curato un’edizione di
      lusso degli scritti di Voltaire e i gesuiti non lo dimenticano).
      Su questo nesso storico-critico riguardante le origini
      dell’«apostasia» popolare in Francia la
      «Civiltà Cattolica» cita un articolo della
      «Croix» del 15‑16 agosto 1929: L’apostasie navrante de
      la masse populaire en France che si riferisce al libro: Pour faire
      l’avenir del P. Croizier dell’«Action populaire» edito
      nel 1929 dalle edizioni Spes di Parigi.
    Tra i seguaci di Maurras e C. oltre ai conservatori e monarchici
      la «Civiltà Cattolica» (sulle tracce del
      vescovo di Agen) rileva altri quattro gruppi: 1) gli snobisti
      (attratti dalle doti letterarie, specialmente del Maurras); 2) gli
      adoratori della violenza e della maniera forte, «con le
      esagerazioni dell’autorità, spinta verso il dispotismo,
      sotto colore di resistenza allo spirito di insubordinazione o
      sovvertimento sociale, dell’età contemporanea»; 3) i
      «falsi mistici», «creduli a vaticinii di
      straordinarie ristaurazioni, di conversioni meravigliose o di
      provvidenziali missioni» assegnate proprio a Maurras e C.
      Questi, fin dal tempo di Pio X, «imperterriti»,
      scusano l’incredulità di Maurras, imputandola «al
      difetto della grazia», «quasi che non fosse data a
      tutti la grazia sufficiente per la conversione, né fosse
      imputabile a chi vi resiste il cadere o il persistere nella
      colpa» (sarebbero questi, pertanto, semieretici,
      perché, a giustificare Maurras, ripetono le posizioni
      giansenistiche o calviniste. 
    A questo proposito occorre spiegare
      la pervicacia di Maurras nel non volersi «convertire»
      cosa che non può essere solo dovuta alla
      «integrità e lealtà etica e
      intellettuale» e appunto perciò fa trepidare i
      gesuiti: essi comprendono che se il gruppo Maurras prendesse il
      potere statale, la situazione di fatto del cattolicismo in Francia
      diverrebbe più difficile dell’attuale. Fa meraviglia
      perciò l’atteggiamento del Vaticano verso lo hitlerismo,
      nonostante che Rosenberg1 avesse scritto il suo Mito prima della
      presa del potere: è vero che Rosenberg intellettualmente
      non è della statura di Maurras ma tutto il movimento
      hitleriano è intellettualmente basso e volgare ed era
      prevedibile ciò che poi è successo verso il
      cattolicismo e il cristianesimo).
    Il quarto gruppo (il più pericoloso per la
      «Civiltà Cattolica») sarebbe composto dagli
      «integrali» (la «Civiltà Cattolica»
      osserva che il vescovo di Agen li chiama anche
      «integristi», «ma è notorio che essi non
      sono da confondere col partito politico, chiamato degli
      “integristi”, nella Spagna»). Questi
      «integrali», scrive la «Civiltà»,
      «anche in Italia non mancarono di favorire i positivisti e
      increduli dell’Action Française solo perché violenti
      contro il liberalismo e altre forme di errori moderni senza
      avvertire che essi trascorrevano ad estremi opposti, del pari
      erronei e perniciosi ecc.». 
    «Così abbiamo
      veduto, anche in Italia, qualche loro foglio accennare appena,
      come di volo, alla condanna dell’Action Française, in
      cambio di pubblicarne i documenti e illustrarne il senso e la
      ragione, indugiandosi invece sulla ristampa ed il commento della
      condanna del Sillon; quasi che i due moti fra loro opposti, ma del
      pari opposti alla dottrina cattolica, non potessero essere e non
      fossero egualmente riprovevoli. Cosa questa degna di nota,
      perché mentre quasi in ogni numero di siffatte
      pubblicazioni non manca qualche accusa o escandescenza contro
      autori cattolici, sembra che venga meno o lo spazio o la lena per
      una franca ed energica trattazione di condanna contro quelli
      dell’Action Française; anzi si ripetono spesso le calunnie,
      come quella di una pretesa piega a sinistra, ossia verso il
      liberalismo, popolarismo, falsa democrazia, contro chi non seguiva
      il loro modi procedere».
  Nella corrente dei «cattolici integrali» bisogna
      mettere anche Henri Massis e il gruppo dei «difensisti
      dell’Occidente»; ricordare le frecciate del padre Rosa
      contro il Massis nella risposta alla lettera aperta di Ugo Ojetti).
 
  Note
    
    
 Lista dei nomi
  Lista degli eventi, movimenti, ecc.