Charles Maurras

 

Wikipedia

Charles Maurras (Martigues, 20 aprile 1868 – Tours, 16 novembre 1952) è stato un giornalista, saggista, politico e poeta francese.

Maurras nacque in una famiglia della piccola borghesia provenzale. Fece i suoi primi studi in un collegio religioso, ma perse la fede rapidamente. Dopo aver superato gli esami di maturità nel 1885, partì alla volta di Parigi, dove divenne giornalista letterario. Si legò ad Anatole France, che rafforzò il suo agnosticismo, e subì l'influenza del positivismo di Auguste Comte. Maurras compì una svolta radicale a partire dal 1895-1896: incontrò il nazionalista Maurice Barrès, collaborò a La Cocarde, ma soprattutto, rientrò profondamente mutato da un viaggio in Grecia, dove seguì i primi giochi olimpici moderni per conto de La Gazette de France. Si schiera con risoluzione nel campo degli antidreyfusiani, e si converte all'idea monarchica.

Joseph de Maistre e Louis de Bonald ispirano le sue idee politiche, Le Play e La Tour du Pin le sue idee economiche e sociali. È dirigente e il principale fondatore del giornale nazionalista, germanofobo, monarchico e antisemita Action Française.

Egli dispiegò, con i suoi principali collaboratori, una grande virulenza, arrivando fino ad appellarsi esplicitamente all'assassinio, principalmente verso Abraham Schrameck, ministro dell'Interno nel 1925 («Sarà senza odio e senza timore che darò l'ordine di spargere il vostro sangue di cane, se abuserete del potere pubblico per spargere del sangue francese sotto i proiettili e i coltelli dei banditi di Mosca che voi amate»), o contro Léon Blum, presidente del Consiglio, nell'Action française del 15 maggio 1936: «È in quanto ebreo che bisogna vedere, concepire, capire, combattere ed abbattere Blum. Quest'ultimo verbo sembrerà un po' forte: mi affretto ad aggiungere che non sarà necessario abbattere Blum fino al giorno in cui la sua politica ci avrà portato la guerra empia che egli sogna contro i nostri compagni d'arme italiani. Quel giorno, certamente, non dovremo perderlo.»

Il suo talento letterario permetteva alle sue opere teoriche una grande influenza negli ambienti colti e conservatori di Francia, e le sue qualità polemiche gli assicuravano un reale ascolto in altri, come l'Académie Française. Nel 1905 fonda la Ligue d'Action Française (Lega d'Action Française) per raccogliere fondi in favore di Action Française, divenuta quotidiano e organo di stampa del movimento all'interno della politica mediatica (distribuzione di brochure di propaganda, affissioni ecc.).

Maurras ebbe un importante ascendente ideologico su Salazar e gli intellettuali del regime salazariano. Sostenne pienamente il generale Franco e, fino alla primavera del 1939, Mussolini, sottolineando la parentela tra un buon numero dei suoi ideali e quelli del fascismo. Apprezzava particolarmente la simbiosi tra i suoi epigoni italiani e il Partito Nazionale Fascista (Action française, 18 luglio 1923). La sua germanofobia gli impedì di fare lo stesso con Adolf Hitler, ma, fino al 1941, non rinnegò i suoi discepoli che ammiravano il nazismo: Robert Brasillach, Lucien Rebatet e la maggior parte degli altri giornalisti che collaboravano con Je suis partout, Abel Bonnard, Paul Chack, e altri.

Fu eletto all'Académie française il 9 giugno 1938, nella Poltrona 16, succedendo ad Henri Robert. La sua accettazione ufficiale ebbe luogo l'8 giugno 1939.

Durante l'Occupazione, Maurras fece riapparire Action française, sostenendo il regime di Vichy, che si ispirava in larga misura alle sue idee. Per lui, la salita al potere dal maresciallo Pétain è una «divina sorpresa » (Le Petit Marseillais, 9 febbraio 1941). Continuò le sue polemiche contro gli ebrei, i francs-maçons (frammassoni o massoni) e i «métèques » (termine offensivo per indicare gli asiatici e gli africani), sul tema: «Io lo avevo ben detto!». Il principale torto di Pétain, ai suoi occhi, era quello di non andare abbastanza lontano nella politica antisemita: lo statuto degli ebrei dell'ottobre 1940 era per Maurras e i suoi collaboratori una buona cosa, ma doveva essere indurito e applicato più rigorosamente. Il nuovo statuto, del giugno 1941, fu una parziale soddisfazione.

Rifiutando il collaborazionismo, Maurras fu comunque, almeno in pratica, l'incarnazione di una collaborazione «nella dignità». Così scrisse nell'Action française del 28 agosto 1942: «Con tutta la Francia, i prigionieri felicemente ringraziano il signor Hitler. » Già nella sua edizione del 1º novembre 1940, Action française approvava l'annuncio di una collaborazione dal maresciallo Pétain a Montoire. Maurras non smise fino al 1944 le sue invettive contro i membri della Resistenza, né di invocare punizioni spietate su di loro o sui loro familiari, se essi non potevano essere arrestati. Lui che aveva molto apprezzato Charles de Gaulle fino alla primavera del 1940 si scatenò contro il generale, partito per Londra.

In seguito alla sua condanna a vita per «intelligenza con il nemico», l'Académie, passando sopra alla lettera con l'ordinanza del 21 novembre 1944, non procedette alla radiazione di Charles Maurras, come invece farà qualche mese più tardi per il maresciallo Pétain: si accontentò, nella seduta del 1 febbraio 1945, di constatare l'esistenza della poltrona vacante e di decidere di non procedere all'elezione del successore fino alla morte del titolare. La sostituzione ebbe luogo nel 1953, con l'elezione di Antoine de Lévis-Mirepoix.

Sebbene indebolito, collaborò con Aspects de la France, giornale fondato da suoi seguaci nel 1947, in seguito alla proibizione di Action française. Maurras commentò la sua condanna con una celebre esclamazione: «È la rivincita di Dreyfus!» Nel marzo 1951, beneficiò della grazia per motivi medici e fu trasferito alla clinica Saint-Grégoire di Tours, nel quartiere Saint-Symphorien, dove morì.

*

Il maurrassismo è una dottrina politica elaborata da Charles Maurras (1868-1952), di cui l'Action française fu la punta di lancia.

Il maurrassismo ha l'ambizione di di essere una dottrina controrivoluzionaria, che assicura la coesione della Francia e della sua grandeur. Si basa sulla parola d'ordine «Politique d'abord» ("la politica prima di tutto"), sul postulato del nazionalismo e sulla constatazione (secondo Maurras) che la società (francese) della fine del secolo XIX è minata dalla decadenza e e dalla corruzione. Secondo Maurras, i due mali risalgono principalmente alla Rivoluzione francese e raggiungono il parossismo nell'affare Dreyfus. Charles Maurras subisce l'influenza filosofica di Platone e Aristotele, Joseph de Maistre, Dante e Tommaso d'Aquino. Le influenze storiche vanno da Sainte-Beuve a Fustel de Coulanges passando da Hippolyte Taine e Ernest Renan.

Per Maurras, il colpevole è lo spirito rivoluzionario e romantico, veicolato dalle forze liberali che, a suo avviso, sono a quell'epoca i quattro "Stati confederati", cioè gli ebrei, i protestanti, i frammassoni e gli stranieri, che Maurras chiama "meteci". Questi Stati confederati rappresentano l'anti-Francia e non possono in alcun caso far parte della nazione francese.

Personalmente agnostico fino ai suoi ultimi anni di vita (quando si converte al cattolicesimo), Maurras riconosce comunque il ruolo sociale e storico della religione cattolica nella società francese.

Legittimista in gioventù, poi repubblicano federalista, Maurras ridiviene realista (ma partigiano degli Orléans) nel 1896 in seguito a un ragionamento politico: i re hanno fatto la Francia, che si è disfatta dopo il 1789. Sostenitore di Philippe d'Orléans (duca d'Orléans) e in seguito dei suoi eredi (il "duca de Guise", poi il "conte de Parigi"), si propone di convertire la nascente Action française all'idea realista e a riunire al suo interno i resti del realismo tradizionale francese, illustrato soprattutto dal marchese de la Tour du Pin o dal général de Charette.

La riflessione di Marras deve molto anche al suo federalismo originario e alla sua appartenenza al Félibrige di Mistral che gli lascia in eredità la difesa della decentralizzazione. Nel 1914 come nel 1940, Maurras rimane fedele al suo principio del compromesso nazionalista, cioè dell'unità nazionale in caso di crisi, e all'ossessione profonda della guerra civile, sostenendo dapprima Clemenceau e poi Pétain.