Coerentemente con il suo approccio marxista ai fenomeni storici, le
    analisi che Gramsci dedica alle vicissitudini del Cattolicesimo sono di
    ordine politico non dottrinario.
  
    La Chiesa identifica se stessa come l'Istituzione deputata a preservare
    la verità del messaggio rivelato ad essa affidato da ogni possibile
    contaminazione e a diffonderlo nell'attesa che il mondo tutto giunga a
    riconoscerlo e ad accettarlo. Di fatto, storicamente si tratta di
    un'Istituzione la cui forma è quella di un assolutismo monarchico,
    radicato tra l'altro nel contesto di una nazione - l'Italia - che essa
    ha a lungo dominata.
  
    L'unica caratteristica differenziale dell'assolutismo monarchico
    cattolico rispetto agli altri è il cosmopolitismo della sua dottrina,
    che è ecumenica. Tale caratteristica, associata alla convinzione di
    essere depositaria di una verità rivelata da Dio,  consente alla
    Chiesa di porsi come un'Istituzione fuori del tempo.
  
    Le riflessioni di Gramsci sono importanti perché egli contesta proprio
    questo aspetto.
  
    La Rivoluzione francese prima, con l'avvio del liberalesimo e l'avvento
    del movimento socialista  sottopongono l'Istituzione ecclesiale ad
    un'enorme tensione e fanno incombere su di essa il rischio dello
    sradicamento sociale e dell'estinzione.
  
    In rapporto a tali pericoli, la Chiesa reagisce dapprima con un
    irrigidimento totale. Preso atto che il contrapporsi frontalmente
    all'evoluzione storica accresce la portata di quel rischio, essa va
    incontro ad un processo adattivo che, fermo restando un rifiuto
    radicale della modernità (l'integralismo) produce nel suo seno altri
    due orientamenti -  il gesuitismo e il modernismo  -, che,
    pur diversi tra loro, tentano di alimentare l'esigenza di un confronto
    sia pure critico con la modernità.
  
    Su questo sfondo, politico perché esso incarna l'opposizione tra
    conservatorismo e innovazione che caratterizza ogni fenomeno storico,
    si organizzano poi movimenti che tendono ad incidere sulla realtà
    sociale in senso proprio, che cioè fanno politica: l'Action française,
    l'Azione Cattolica, il Partito popolare.
  
Gramsci è tra i primi a cogliere la novità dell'ingresso in campo di un
    partito democristiano, che non ha difficoltà a recepire le istanze del
    liberalesimo moderato, mentre è in competizione e in opposizione
    radicale rispetto al socialismo e a maggior ragione al comunismo.
    
    Egli comprende che, dato il radicamento culturale e territoriale della
    Chiesa, la competizione risulterà molto impegnativa per il comunismo.
    
    Non è per caso, dunque, che, nel § 3, egli riassume la dottrina sociale
    della Chiesa in quattro punti che segnano l'irreversibile distanza e
    l'incompatibilità tra essa e il marxismo.
    
    Di questi punti il più importante è il quarto. Nell'ottica della
    Chiesa, la giustizia sociale non si pone nei termini di una
    ristrutturazione del sistema che ponga in discussione l'appropriazione
    arbitraria da parte di pochi di una quota rilevante della ricchezza
    sociale prodotta dal lavoro umano, bensì di una ridistribuzione
    caritatevole e misericordiosa di essa.
In un certo senso, la giustizia compassionevole fa parte da sempre della struttura della Chiesa, che per via delle elargizioni, delle donazioni e in passato la vendita delle indulgenze, accumula enormi capitali che utilizza anche per mantenere servizi sociali e assistenziali. Che cosa in questo modello è incompatibile con il marxismo? Primo il fatto che esso riconosce come bisogni da soddisfare quelli che sono diritti degli individui, il cui referente istituzionale è lo Stato. Secondo che esso rimedia (parzialmente) alle disfunzioni del sistema socio-economico impedendo che vengano a galla le contraddizioni il cui superamento implica un cambiamento radicale.
Apparentemente, la dottrina sociale della Chiesa è in concorrenza, oltre che con il comunismo, anche con il liberalesimo nella misura in cui esso produce una quota, variabile nel corso del tempo, di poveri, disoccupati, emarginati, ecc. e se ne disinteressa. In realtà, essa, di fatto, è alleata del liberalesimo, da cui ricava non pochi vantaggi, contro il comunismo. Sicuramente perché è ateo, ma non meno perché mira a promuovere un ordine sociale, incentrato sui bisogni e sui diritti dei cittadini, all'interno del quale essa perderebbe di fatto ogni potere.
    
    Nel Quaderno non si dà un solo cenno al Concordato, ormai in atto da
    alcuni anni, che ha prodotto una sorta di alleanza tra la Chiesa e il
    Fascismo - tema che Gramsci affronta più volte negli altri Quaderni.
    C'è però un cenno al rapporto della Chiesa con l'hitlerismo, che non
    può essere approvato da essa ma neppure scomunicato. Fuggevole cenno,
    che, però, basta a capire in quale misura, nonostante le sue pretese
    atemporali e cosmopolitiche, la Chiesa di fatto, immersa nel flusso
    dei processi storici, è sempre e comunque costretta a fare politica.