L'Azione
        Cattolica.
    
    
    Q 20 §1
    
    L'Azione Cattolica, nata specificatamente dopo il 1848, era molto
    diversa da quella attuale, riorganizzata da Pio XI. La posizione
    originaria dell'Azione Cattolica dopo il 1848 (e in parte anche nel
    periodo di incubazione che va dal 1789 al 1848, quando sorge e si
    sviluppa il fatto e il concetto di nazione e di patria che diventa
    l'elemento ordinatore – intellettualmente e moralmente – delle
    grandi masse popolari in concorrenza vittoriosa con la Chiesa e la
    religione cattolica) può essere caratterizzata estendendo
    alla religione cattolica l'osservazione che uno storico francese
    (verificare) ha fatto a proposito della monarchia
    «legittimista» e di Luigi XVIII: pare che Luigi XVIII
    non riuscisse a persuadersi che nella Francia dopo il 1815 la
    monarchia dovesse avere un partito politico specifico per
    sostenersi.
    
    Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le
    affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per
    spiegare la nascita dell'Azione Cattolica e per riallacciare questa
    nuova formazione a movimenti e attività «sempre
    esistiti» da Cristo in poi, sono di una estrema fallacia. Dopo
    il 1848 in tutta l'Europa (in Italia la crisi assume la forma
    specifica e diretta dell'anticlericalismo e della lotta anche
    militare contro la Chiesa) la crisi storico-politico-intellettuale
    è superata con la netta vittoria del liberalismo (inteso come
    concezione del mondo oltre che come particolare corrente politica)
    sulla concezione cosmopolitica e «papalina» del
    cattolicismo. Prima del 1848 si formavano partiti piú o meno
    effimeri e insorgevano singole personalità contro il
    cattolicismo; dopo il 1848 il cattolicismo e la Chiesa
    «devono» avere un proprio partito per difendersi, e
    arretrare il meno possibile, non possono piú parlare (altro
    che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai
    l'irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di
    essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e
    di operare. Molti oggi non riescono piú neanche a persuadersi
    che cosí potesse essere una volta. Per dare un'idea di questo
    fatto, si può offrire questo modello: oggi nessuno può
    pensare sul serio a fondare un'associazione contro il suicidio
    (è possibile che in qualche parte esista una qualche
    società del genere, ma si tratta di altra cosa),
    perché non esiste nessuna corrente d'opinione che cerchi
    persuadere gli uomini (e riesca sia pure parzialmente) che occorre
    suicidarsi in massa (sebbene siano esistiti singoli individui e
    anche piccoli gruppi che hanno sostenuto tali forme di nichilismo
    radicale, pare in Ispagna): la «vita» è la
    premessa necessaria di ogni manifestazione di vita, evidentemente.
    Il cattolicismo ha avuto una tale funzione e di ciò rimangono
    tracce abbondanti nel linguaggio e nei modi di pensare specialmente
    dei contadini: cristiano e uomo sono sinonimi, anzi sono sinonimi
    cristiano e «uomo incivilito». («Non sono
    cristiano!» – «E allora cosa sei, una bestia?») I
    coatti dicono ancora: «cristiani e coatti» (ad Ustica
    prime meraviglie quando all'arrivo del vaporetto si sentiva dire dai
    coatti: «sono tutti cristiani, non ci sono che cristiani, non
    c'è neanche un cristiano»). I carcerati invece dicono
    piú comunemente: «borghesi e detenuti», o
    scherzosamente: «soldati e borghesi», sebbene i
    meridionali dicano anche «cristiani e detenuti». Sarebbe
    cosí interessante studiare tutta la serie di passaggi
    storico-semantici per cui nel francese da «cristiano» si
    è ottenuto «crétin» (donde l'italiano
    «cretino») e addirittura «grédin»; il
    fenomeno deve essere simile a quello per cui «villano»
    da «uomo di campagna» ha finito per significare
    «screanzato» e addirittura «gaglioffo e
    mascalzone», cioè il nome «cristiano»
    impiegato dai contadini (pare dai contadini di alcune regioni
    alpine) per indicare se stessi come «uomini», si
    è, in alcuni casi di pronunzia locale, staccato dal
    significato religioso ed ha avuto la stessa sorte di
    «manant». Forse anche il russo «krestianin»
    = contadino ha la stessa origine, mentre «cristiano» in
    senso religioso, forma piú colta, ha mantenuto l'aspirazione
    X greco (in senso spregiativo si diceva «mugik»). A
    questa concezione è forse da legare anche il fatto che in
    alcuni paesi, dove gli ebrei non sono conosciuti si crede o si
    credeva che essi avessero la coda e le orecchie di porco o altro
    attributo animalesco.
    
    L'esame storico critico del movimento d'Azione Cattolica può
    dar luogo, analiticamente, a diverse serie di ricerche e di studi.
    
    I Congressi nazionali. Come sono preparati dalla stampa centrale e
    locale. Il materiale ufficiale preparatorio: relazioni ufficiali e
    d'opposizione.
    
    L'Azione Cattolica è stata sempre un organismo complesso,
    anche prima della costituzione della Confederazione bianca del
    Lavoro e del Partito Popolare. La Confederazione del Lavoro era
    considerata organicamente una parte costitutiva dell'Azione
    Cattolica, il Partito Popolare invece no, ma lo era di fatto. Oltre
    che alle altre ragioni, la costituzione del Partito Popolare fu
    consigliata da ciò che si riteneva inevitabile nel dopo
    guerra una avanzata democratica, alla quale occorreva dare un organo
    e un freno, senza mettere in rischio la struttura autoritaria
    dell'Azione Cattolica che ufficialmente è diretta
    personalmente dal Papa e dai Vescovi: senza il Partito Popolare e le
    innovazioni in senso democratico portate nella Confederazione
    sindacale, la spinta popolaresca avrebbe sovvertito tutta la
    struttura dell'Azione Cattolica, mettendo in quistione
    l'autorità assoluta delle gerarchie ecclesiastiche. La stessa
    complessità si verificava e si verifica ancora nel campo
    internazionale; sebbene il Papa rappresenti un centro internazionale
    per eccellenza, di fatto esistono alcuni uffici che funzionano per
    coordinare e dirigere il movimento politico e sindacale cattolico in
    tutti i paesi, come l'Ufficio di Malines che ha compilato il Codice
    Sociale e l'Ufficio di Friburgo per l'azione sindacale (è da
    verificare la funzionalità di questi uffici dopo i mutamenti
    avvenuti nei paesi tedeschi oltre che in Italia nel campo
    dell'organizzazione politica e sindacale cattolica).
    
    Svolgimento dei Congressi. Argomenti messi all'ordine del giorno e
    argomenti omessi per evitare conflitti radicali. L'ordine del giorno
    dovrebbe risultare dai problemi concreti che si sono imposti
    all'attenzione nello spazio tra un Congresso e l'altro e dalle
    prospettive avvenire, oltre che dai punti dottrinari intorno ai
    quali si formano le correnti generali d'opinione e si raggruppano le
    frazioni.
    
    Su quale base e con quali criteri vengono scelte o rinnovate le
    direzioni? Sulla base di una tendenza dottrinaria generica, dando
    alla nuova Direzione una fiducia generica, oppure dopo che il
    Congresso ha fissato un indirizzo concreto e preciso di
    attività? La democrazia interna di un movimento (cioè
    il grado piú o meno grande di democrazia interna, cioè
    di partecipazione degli elementi di base alla decisione e alla
    fissazione della linea di attività) si può misurare e
    giudicare anche e forse specialmente a questa stregua.
    
    Altro elemento importante è la composizione sociale dei
    Congressi, del gruppo degli oratori e della direzione eletta, in
    rapporto alla composizione sociale del movimento nel suo complesso.
    
    Rapporto tra le generazioni adulte e quelle giovanili. I Congressi
    si occupano essi direttamente del movimento giovanile, che dovrebbe
    essere la fonte maggiore per il reclutamento e la migliore scuola
    per il movimento, o lascia ai giovani di pensare a se stessi?
    
    Che influsso hanno (avevano) nei Congressi le organizzazioni
    subordinate e sussidiarie (o che tali dovrebbero essere), il gruppo
    parlamentare, gli organizzatori sindacali, ecc.? Ai deputati e ai
    capi sindacali viene fatta nei Congressi una posizione speciale,
    ufficialmente e organicamente o sia pure solo di fatto?
    
    Oltre che nelle discussioni dei Congressi è necessario
    fissare lo svolgimento che hanno avuto nel tempo e nello spazio i
    problemi concreti piú importanti: la quistione sindacale, il
    rapporto tra il centro politico e i sindacati, la quistione agraria,
    le quistioni di organizzazione interna, in tutte le diverse
    interferenze. Ogni quistione presenta due aspetti: come è
    stata trattata teoricamente e tecnicamente e come è stata
    affrontata praticamente.
    
    Altra quistione è quella della stampa, nei suoi diversi
    aspetti: quotidiana, periodica, opuscoli, libri, centralizzazione o
    autonomia della stampa ecc.
    
    La frazione parlamentare: trattando di ogni determinata
    attività parlamentare, occorre tener presenti alcuni criteri
    di ricerca e di giudizio. Quando il deputato di un movimento
    popolaresco parla in Parlamento (e un senatore al Senato) ci possono
    essere tre o piú versioni del suo discorso: 1) la versione
    ufficiale degli Atti parlamentari, che di solito è riveduta e
    corretta e spesso edulcorata post festum; 2) la versione dei
    giornali ufficiali del movimento al quale il deputato appartiene
    ufficialmente: essa è combinata dal deputato d'accordo col
    corrispondente parlamentare, in modo da non urtare certe
    suscettibilità o della maggioranza ufficiale del partito o
    dei lettori locali e non creare ostacoli prematuri a determinate
    combinazioni in corso o desiderate; 3) la versione dei giornali di
    altri partiti o dei cosí detti organi della pubblica opinione
    (giornali a grande diffusione) che è fatta dal deputato
    d'accordo coi rispettivi corrispondenti parlamentari in modo da
    favorire determinate combinazioni in corso: tali giornali possono
    mutare da [un] periodo all'altro a seconda dei mutamenti avvenuti
    nelle rispettive direzioni politiche o nei governi. Lo stesso
    criterio può essere esteso al campo sindacale, a proposito
    dell'interpretazione da dare a determinati eventi o anche
    all'indirizzo generale della data organizzazione sindacale. Per
    esempio: la «Stampa», il «Resto del
    Carlino», il «Tempo» (di Naldi) hanno servito, in
    certi anni, da casse di risonanza e da strumenti di combinazioni
    politiche tanto ai cattolici come ai socialisti. Un discorso
    parlamentare (o uno sciopero, o una dichiarazione di un capo
    sindacale) socialista o popolare, era presentato sotto una certa
    luce da questi giornali per il loro pubblico, mentre era presentato
    sotto altra luce dagli organi cattolici o socialisti. I giornali
    popolari e socialisti tacevano addirittura al loro pubblico certe
    affermazioni di rispettivi deputati che tendevano a rendere
    possibile una combinazione parlamentare-governativa delle due
    tendenze, ecc. ecc. È indispensabile anche tener conto delle
    interviste date dai deputati ad altri giornali e degli articoli
    pubblicati in altri giornali. L'omogeneità dottrinale e
    politica di un partito può anche essere saggiata con questo
    criterio: quali indirizzi sono favoriti dai soci di questo partito
    nella loro collaborazione ai giornali di altra tendenza o
    cosí detti di opinione pubblica: talvolta i dissensi interni
    si manifestano solo cosí, i dissidenti scrivono, in altri
    giornali, articoli firmati o non firmati, danno interviste,
    suggeriscono motivi polemici, si fanno provocare per essere
    «costretti» a rispondere, non smentiscono certe opinioni
    loro attribuite ecc.
    
    
    
    Q 20 §2
    
    L'Azione Cattolica e i terziari francescani. Può farsi un
    paragone qualsiasi tra l'Azione Cattolica e le istituzioni come i
    terziari francescani? Certo no, quantunque sia bene accennare
    introduttivamente non solo ai terziari, ma anche al fenomeno
    piú generale dell'apparire nello sviluppo storico della
    Chiesa degli ordini religiosi, per meglio definire i caratteri e i
    limiti della stessa Azione Cattolica. La creazione dei terziari
    è un fatto molto interessante di origine e tendenza
    democratico-popolare, che illumina meglio il carattere del
    francescanesimo come ritorno tendenziale ai modi di vita e di
    credenza del cristianesimo primitivo, comunità di fedeli e
    non del solo clero come esso era venuto sempre piú
    diventando. Sarebbe perciò utile studiare bene la fortuna di
    questa iniziativa, che non è stata molto grande,
    perché il francescanesimo non divenne tutta la religione,
    come era nell'intenzione di Francesco, ma si ridusse a uno dei tanti
    ordini religiosi esistenti. L'Azione Cattolica segna l'inizio di una
    epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da
    concezione totalitaria (nel duplice senso: che era una totale
    concezione del mondo di una società nel suo totale), diventa
    parziale (anche nel duplice senso) e deve avere un proprio partito.
    I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della Chiesa
    (comunità dei fedeli o comunità del clero), dall'alto
    o dal basso, contro le disgregazioni parziali della concezione del
    mondo (eresie, scismi ecc. e anche degenerazione delle gerarchie);
    l'Azione Cattolica rappresenta la reazione contro l'apostasia di
    intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa
    della concezione religiosa del mondo. Non è piú la
    Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; essa invece deve
    accettare il terreno impostole dagli avversari o dall'indifferenza e
    servirsi di armi prese a prestito dall'arsenale dei suoi avversari
    (l'organizzazione politica di massa). La Chiesa, cioè,
    è sulla difensiva, ha perduto l'autonomia dei movimenti e
    delle iniziative, non è piú una forza ideologica
    mondiale, ma solo una forza subalterna.
    
    
    
    Q 20 §3
    
    Sulla povertà, il cattolicismo e la gerarchia ecclesiastica.
    In un libretto su Ouvriers et Patrons (memoria premiata nel 1906
    dall'Accademia di Scienze morali e politiche di Parigi) è
    riferita la risposta data da un operaio cattolico francese
    all'autore dell'obbiezione mossagli che, secondo le parole di
    Gesú riportate da un Evangelo, ci devono essere sempre ricchi
    e poveri: «ebbene, lasceremo almeno due poveri perché
    Gesú non abbia ad aver torto». La risposta è
    epigrammatica, ma degna dell'obbiezione. Da quando la quistione ha
    assunto un'importanza storica per la Chiesa, cioè da quando
    la Chiesa ha dovuto porsi il problema di arginare la cosí
    detta «apostasia» delle masse, creando un sindacalismo
    cattolico (operaio, perché agli imprenditori non è
    stato mai imposto di dare un carattere confessionale alle loro
    organizzazioni sindacali), le opinioni piú diffuse sulla
    quistione della «povertà» che risultano dalle
    encicliche e da altri documenti autorizzati, possono riassumersi in
    questi punti: 1) La proprietà privata, specialmente quella
    fondiaria, è un «diritto naturale» che non si
    può violare neanche con forti imposte (da questo principio
    sono derivati i programmi politici delle tendenze
    democratico-cristiane per la distribuzione delle terre con
    indennità, ai contadini poveri, e le loro dottrine
    finanziarie); 2) I poveri devono contentarsi della loro sorte,
    poiché le distinzioni di classe e la distribuzione della
    ricchezza sono disposizioni di dio e sarebbe empio cercare di
    eliminarle; 3) L'elemosina è un dovere cristiano e implica
    l'esistenza della povertà; 4) La quistione sociale è
    anzitutto morale e religiosa, non economica e dev'essere risolta con
    la carità cristiana e con i dettami della moralità e
    il giudizio della religione. (È da cfr. il Codice Sociale di
    Malines, nelle successive elaborazioni).
    
    
    
    Q 5 §133
    
    I «Ritiri operai». Confrontare la «Civiltà
    Cattolica» del 20 luglio 1929: «Come il popolo torna a
    Dio». L'opera dei «Ritiri operai».
    
    I «Ritiri» o «Esercizi Spirituali chiusi»
    sono stati fondati da S. Ignazio di Loyola (la cui opera piú
    diffusa sono gli Esercizi spirituali, editi nel '29 da G. Papini);
    ne sono una derivazione i «Ritiri Operai» iniziati nel
    1882 nel Nord della Francia. L'Opera dei Ritiri Operai iniziò
    la sua attività in Italia nel 1907, col primo ritiro per
    operai tenuto a Chieri (cfr. «Civiltà Cattolica»,
    1908, vol. IV, p. 61: I «Ritiri Operai» in Italia). Nel
    1929 è uscito il volume: Come il popolo ritorna a Dio,
    1909-1929. L'Opera dei Ritiri e le Leghe di Perseveranza in Roma in
    20 anni di vita; vol. in 8°, con illustrazioni, 136 pp., L.
    10,00. (Si vende a beneficio dell'Opera, alla «Direzione dei
    Ritiri Operai»; Roma, Via degli Astalli, 16-17). Dal libro
    appare che dal 1909 al '29 l'Opera ha raccolto nelle Leghe di
    Perseveranza di Roma e del Lazio piú di 20.000 operai, molti
    dei quali erano convertiti di recente. Negli anni 1928-29 si ottenne
    nel Lazio e nelle province vicine un esito superiore a quello dato
    da Roma nei precedenti 18 anni.
    
    Sono stati praticati finora 115 Ritiri chiusi con la partecipazione
    di circa 2.200 operai, in Roma. «In ogni ritiro, scrive la
    «Civiltà Cattolica», vi è sempre un nucleo
    di buoni operai che serve di lievito e di esempio, gli altri sono
    raccolti in vario modo tra gente del popolo o fredda o indifferente
    e anche ostile, i quali si inducono, parte per curiosità,
    parte per condiscendere all'invito di amici, e non di rado anche per
    la comodità di tre giorni di riposo e di buon trattamento
    gratuito».
    
    Nell'articolo si dànno altri particolari su vari comuni del
    Lazio: la Lega di Perseveranza di Roma ha 8.000 inscritti con 34
    centri; nel Lazio sono 25 sezioni della Lega con 12.000 inscritti.
    (Comunione mensile, mentre la Chiesa si accontenta di una comunione
    all'anno). L'Opera è diretta dai Gesuiti. (Si potrebbe fare
    un paragrafo della rubrica «Passato e Presente»).
    
    Le Leghe di Perseveranza tendono a mantenere i risultati ottenuti
    nei ritiri e ad ampliarli nella massa. Esse creano una
    «opinione pubblica» attiva in favore della pratica
    religiosa, capovolgendo la situazione precedente, in cui l'opinione
    pubblica era negativa, o per lo meno passiva, o scettica e
    indifferente.
    
    
    
    Q 6 §183
    
Per la preistoria dell'Azione
    Cattolica cfr. nella «Civiltà Cattolica» del 2
    agosto 1930 l'articolo: Cesare D'Azeglio e gli albori della stampa
    cattolica in Italia. Per «stampa cattolica» si intende
    «stampa dei cattolici militanti» fra il laicato,
    all'infuori della «stampa» cattolica in senso stretto
    ossia espressione dell'organizzazione ecclesiastica.
    
    Nel «Corriere d'Italia» dell'8 luglio 1926 è
    apparsa una lettera di Filippo Crispolti che dev'essere molto
    interessante, nel senso che il Crispolti «faceva osservare che
    chi volesse ricercare i primi impulsi di quel movimento donde
    uscí anche in Italia la schiera dei "cattolici militanti"
    cioè l'innovazione che nel campo nostro ne produsse ogni
    altra, dovrebbe prendere le mosse da quelle singolari società
    piemontesi, dette "Amicizie", che furono fondate o animate
    dall'abate Pio Brunone Lanteri». Il Crispolti cioè
    riconosce che l'Azione Cattolica è una innovazione e non
    già, come sempre dicono le encicliche papali, una
    attività sempre esistita dagli Apostoli in poi. Essa è
    una attività strettamente legata, come reazione,
    all'illuminismo francese, al liberalismo, ecc. e all'attività
    degli Stati moderni per la separazione dalla Chiesa, cioè
    alla riforma intellettuale e morale laicistica ben piú
    radicale (per le classi dirigenti) della Riforma protestante;
    attività cattolica che si configura specialmente dopo il '48,
    cioè con la fine della Restaurazione e della Santa Alleanza.
    
    Il movimento per la stampa cattolica, di cui parla la
    «Civiltà Cattolica», legato al nome di Cesare
    D'Azeglio è interessante anche per l'atteggiamento del
    Manzoni al riguardo: si può dire che il Manzoni comprese il
    carattere reazionario dell'iniziativa del D'Azeglio e si
    rifiutò elegantemente di collaborarvi, eludendo le
    aspettazioni del D'Azeglio con l'invio della famosa lettera sul
    Romanticismo, che, scrive la «Civiltà Cattolica»,
    «dato il motivo che la provocò, può considerarsi
    come una dichiarazione di principii. Evidentemente il vessillo
    letterario non era che lo schermo di altre idee, di altri
    sentimenti, che li divideva», e cioè il diverso
    atteggiamento nel problema della difesa della religione.
    
    L'articolo della «Civiltà Cattolica» è
    essenziale per lo studio della preparazione dell'Azione Cattolica.
    
    
    
    Q 6 §188
    
Sulle origini dell'Azione Cattolica
    cfr. l'articolo La fortuna del La Mennais e le prime manifestazioni
    d'Azione Cattolica in Italia(«Civiltà Cattolica»
    del 4 ottobre 1930: è la prima parte dell'articolo; la
    continuazione appare molto piú tardi, come sarà
    notato), che si riallaccia al precedente articolo su Cesare
    D'Azeglio ecc. La «Civiltà Cattolica» parla di
    «quell'ampio moto d'azione e di idee che si manifestò,
    in Italia come negli altri paesi cattolici di Europa, durante il
    periodo corso tra la prima e la seconda rivoluzione (1821-1831),
    quando furono seminati alcuni di quei germi (se buoni o malvagi non
    diremo), che dovevano poi dare i loro frutti in tempi piú
    maturi». Ciò significa che il primo moto di Azione
    Cattolica sorse per l'impossibilità della Restaurazione di
    essere realmente tale, cioè di ricondurre le cose nei quadri
    dell'Ancien Régime. Come il legittimismo cosí anche il
    cattolicismo, da posizioni integrali e totalitarie nel campo della
    cultura e della politica, diventano partiti in contrapposto di altri
    partiti e, di piú, partiti in posizione di difesa e di
    conservazione, quindi costretti a fare molte concessioni agli
    avversari per meglio sostenersi. Del resto questo è il
    significato di tutta la Restaurazione come fenomeno complessivo
    europeo e in ciò consiste il suo carattere fondamentalmente
    «liberale». L'articolo della «Civiltà
    Cattolica» pone un problema essenziale: se il Lamennais
    è all'origine dell'Azione Cattolica, questa origine non
    contiene il germe del posteriore cattolicismo liberale, il germe
    che, sviluppandosi in seguito, darà il Lamennais seconda
    maniera? È da notare che tutte le innovazioni nel seno della
    Chiesa quando non sono dovute a iniziativa del centro, hanno in
    sé qualcosa di ereticale e finiscono con assumere
    esplicitamente questo carattere finché il centro reagisce
    energicamente, scompigliando le forze innovatrici, riassorbendo i
    tentennanti ed escludendo i refrattari. È notevole che la
    Chiesa non ha mai avuto molto sviluppato il senso dell'autocritica
    come funzione centrale; ciò nonostante la tanto vantata sua
    adesione alle grandi masse dei fedeli. Perciò le innovazioni
    sono sempre state imposte e non proposte e accolte solo obtorto
    collo. Lo sviluppo storico della Chiesa è avvenuto per
    frazionamento (le diverse compagnie religiose sono in realtà
    frazioni assorbite e disciplinate come «ordini
    religiosi»). Altro fatto della Restaurazione: i governi fanno
    concessioni alle correnti liberali a spese della Chiesa e dei suoi
    privilegi e questo è un elemento che crea la necessità
    di un partito della Chiesa ossia dell'Azione Cattolica.
    
    Lo studio delle origini dell'Azione Cattolica porta cosí a
    uno studio del Lamennaisismo e della sua diversa fortuna e
    diffusione.
    
    Cfr. in altro quaderno l'annotazione di due studi pubblicati nella
    «Civiltà Cattolica» dell'agosto 1930 su Cesare
    D'Azeglio e gli albori della stampa cattolica in Italia e La fortuna
    del La Mennais e le prime manifestazioni di Azione Cattolica in
    Italia. Questi studi si riferiscono specialmente alla fioritura di
    periodici cattolici in varie città italiane durante la
    Restaurazione, che tendevano a combattere le idee dell'Enciclopedia
    e della Rivoluzione Francese che tuttavia perduravano, ecc. In
    questo movimento intellettuale-politico si riassume l'inizio del
    neoguelfismo italiano, che non può quindi staccarsi dalla
    Società dei Sanfedisti (pars magna di queste riviste fu il
    principe di Canosa, che abitava a Modena, dove era pubblicata una
    delle piú importanti riviste del gruppo). Nel cattolicismo
    italiano erano due tendenze principali: 1) quella nettamente
    austriacante, che vedeva la salvezza del Papato e della religione
    nel gendarme imperiale a guardia dello statu quo politico italiano;
    2) quella Sanfedista in senso stretto che sosteneva la supremazia
    politico-religiosa del Papa prima di tutto in Italia e quindi era
    avversaria subdola dell'egemonia austriaca in Italia e favorevole a
    un certo movimento di indipendenza nazionale (se in questo caso si
    può parlare di nazionale). È a questo movimento che si
    riferisce la «Civiltà Cattolica» quando polemizza
    coi liberali del Risorgimento e sostiene il «patriottismo e
    unitarismo» dei cattolici d'allora: ma quale fu
    l'atteggiamento dei gesuiti? Pare che essi fossero piuttosto
    austriacanti che sanfedisti «indipendentisti».
    
    Si può dire perciò che questo periodo preparatorio
    dell'Azione Cattolica abbia avuto la sua massima espressione nel
    neoguelfismo, cioè in un movimento di totalitario ritorno
    alla posizione politica della Chiesa nel Medio Evo, alla supremazia
    papale, ecc. La catastrofe del neoguelfismo nel '48 riduce l'Azione
    Cattolica a quella che sarà ormai la sua funzione nel mondo
    moderno: funzione difensiva essenzialmente, nonostante le profezie
    apocalittiche dei cattolici sulla catastrofe del liberalismo e sul
    ritorno trionfale del dominio della Chiesa sulle macerie dello Stato
    liberale e del suo antagonista storico, il socialismo (quindi
    astensionismo clericale e creazione dell'esercito di riserva
    cattolico).
    
    In questo periodo della restaurazione il cattolicismo militante si
    atteggia diversamente secondo gli Stati: la posizione piú
    interessante è quella dei sanfedisti piemontesi (De Maistre,
    ecc.) che sostengono l'egemonia piemontese e la funzione italiana
    della monarchia e della dinastia dei Savoia.
    
    
    
    Q 3 §25
    
    La funzione dei cattolici in Italia (Azione Cattolica). Nella
    «Nuova Antologia» del 1° novembre 1927, G. Suardi
    pubblica una nota Quando e come i cattolici poterono partecipare
    alle elezioni politiche, molto interessante e da ricordare come
    documento dell'attività e della funzione dell'Azione
    Cattolica in Italia. Alla fine del settembre 1904, dopo lo sciopero
    generale, il Suardi fu chiamato telegraficamente a Milano da Tommaso
    Tittoni, ministro degli Esteri nel Ministero Giolitti (il Tittoni si
    trovava nella sua villa di Desio al momento dello sciopero e pareva
    che egli, dato il pericolo che Milano fosse per essere isolata dalla
    mancanza di comunicazioni, dovesse assumere speciali e personali
    responsabilità; questo accenno del Suardi mi pare significhi
    che i reazionari locali avessero già pensato a qualche
    iniziativa d'accordo con Tittoni). Il Tittoni gli comunicò
    che il Consiglio dei Ministri aveva deciso di indire subito le
    elezioni e che bisognava unire tutte le forze liberali e
    conservatrici nello sforzo per contrastare il passo ai partiti
    estremi. Il Suardi, esponente liberale di Bergamo, era riuscito in
    questa città ad accordarsi coi cattolici per le
    amministrazioni locali: bisognerebbe ottenere lo stesso risultato
    per le elezioni politiche, persuadendo i cattolici che il non
    expedit nulla serve al loro partito, nuoce alla religione ed
    è di grave danno alla patria, lasciando libero il passo al
    socialismo. Il Suardi accettò l'incarico. A Bergamo ne
    parlò con l'avvocato Paolo Bonomi e riuscí a
    convincerlo di andare a Roma, presentarsi al Papa e aggiungere alle
    insistenze del Bonomelli e di altri autorevoli personaggi
    perché fosse tolto il non expedit anche quelle dei cattolici
    bergamaschi. Pio X prima rifiutò di togliere il non expedit,
    ma terrorizzato dal Bonomi che gli fece un quadro catastrofico delle
    conseguenze che avrebbe avuto a Bergamo la rottura tra cattolici e
    gruppo Suardi «con lenta e grave parola, esclamò:
    "Fate, fate quello che vi detta la vostra coscienza". (Bonomi):
    "Abbiamo ben compreso, Santità? Possiamo interpretare che
    è un sí?" (Papa): "Fate quello che vi detta la vostra
    coscienza. Ripeto"». (Subito dopo) il Suardi ebbe un colloquio
    col cardinale Agliardi (di tendenze liberali) che lo mise al
    corrente di quanto era avvenuto in Vaticano dopo l'udienza data dal
    Papa al Bonomi. (L'Agliardi [era] d'accordo col Bonomelli
    perché fosse tolto il non expedit). Il giorno dopo questa
    udienza un giornale ufficioso del Vaticano aveva pubblicato un
    articolo che smentiva le voci diffuse intorno all'udienza e a
    novità circa il non expedit decisamente affermando che in
    tale argomento nulla era mutato. L'Agliardi chiese subito udienza e
    alle sue domande il papa ripeté la sua formula: «Ho
    detto (ai bergamaschi) che facessero quello che dettava la loro
    coscienza». L'Agliardi fece pubblicare un articolo in un
    giornale romano, dove si affermava che del pensiero del papa per le
    prossime elezioni politiche erano depositari l'avvocato Bonomi e il
    professor Rezzara e che a questi dovevano rivolgersi le
    organizzazioni cattoliche. Cosí si presentarono candidature
    cattoliche (Cornaggia a Milano, Cameroni a Treviglio ecc.) e a
    Bergamo apparvero a sostegno di candidature politiche manifesti di
    cittadini fino allora astensionisti.
    
    Per il Suardi questo avvenimento segna la fine del non expedit e
    rappresenta la raggiunta unità morale dell'Italia, ma egli
    esagera alquanto, sebbene il fatto sia importante per sé.
    
    Gianforte Suardi nella «Nuova Antologia» del 1°
    maggio 1929 (Costantino Nigra e il XX settembre 1870) aggiunge un
    particolare alla sua narrazione del 1° novembre 1927 sulla
    partecipazione dei cattolici alle elezioni del 1904 col consenso di
    Pio X, particolare che aveva omesso per riserbo prima della
    Conciliazione. Pio X, salutando i bergamaschi (Paolo Bonomi ecc.),
    avrebbe aggiunto: «Ripetete a Rezzara – (che non aveva preso
    parte all'udienza e che, come è noto, era uno dei piú
    autorevoli capi dell'organizzazione cattolica) – qual è la
    risposta che vi ho dato e ditegli che il Papa tacerà».
    Il sottolineato è appunto il particolare prima omesso. Una
    bellissima cosa, come si vede, e di altissima portata morale.
    
    
    
    Q14 §55
    
 Don Ernesto Vercesi ha iniziato la
    pubblicazione di un'opera, I papi del secolo XIX di cui è
    uscito il primo volume su Pio VII (pp. 340, Torino, Società
    Editrice Internazionale, L. 12). Per uno studio dell'Azione
    Cattolica è necessario studiare la storia generale del Papato
    e della sua influenza nella vita politica e culturale nel secolo XIX
    (forse addirittura dal tempo delle monarchie illuminate, del
    giuseppinismo, ecc. che è la «prefazione» alla
    limitazione della Chiesa nella società civile e politica). Il
    libro del Vercesi è anche scritto contro il Croce e la sua
    Storia d'Europa. Il succo del libro del Vercesi pare sia riassunto
    in queste parole: «Il secolo XIX attaccò il
    cristianesimo nei suoi aspetti piú diversi, sul terreno
    politico, religioso, sociale, culturale, storico, filosofico, ecc.
    Il risultato definitivo fu che al tramonto del secolo XIX il
    cristianesimo in genere, il cattolicismo romano in ispecie, era
    piú forte, piú robusto che all'alba dello stesso
    secolo. È questo un fatto che non può essere
    contestato dagli storici imparziali». Che possa essere
    «contestato» risulta anche solo da questo fatto: che il
    cattolicismo è diventato un partito fra gli altri, è
    passato dal godimento incontestato di certi diritti, alla difesa di
    essi e alla rivendicazione di essi in quanto perduti. Che sotto
    certi aspetti la Chiesa abbia rinforzato certe sue organizzazioni
    è certo incontestabile, che sia piú concentrata, che
    abbia stretto le file, che abbia fissato meglio certi principii e
    certe direttive, ma questo significa appunto un suo minore influsso
    nella società e quindi la necessità della lotta e di
    una piú strenua milizia. È anche vero che molti Stati
    non lottano piú con la Chiesa, ma perché vogliono
    servirsene e vogliono subordinarla ai propri fini. Si potrebbe fare
    un elenco di attività specifiche in cui la Chiesa conta molto
    poco e si è rifugiata in posizioni secondarie; per alcuni
    aspetti, cioè dal punto di vista della credenza religiosa,
    è poi vero che il cattolicismo si è ridotto in gran
    parte a una superstizione di contadini, di ammalati, di vecchi e di
    donne. Nella filosofia cosa conta oggi la chiesa? In quale Stato il
    tomismo è filosofia prevalente tra gli intellettuali? E
    socialmente, dove la chiesa dirige e padroneggia con la sua
    autorità le attività sociali? Appunto l'impulso sempre
    maggiore dato all'Azione Cattolica dimostra che la Chiesa perde
    terreno, sebbene avvenga che ritirandosi si concentri e opponga
    maggiore resistenza e «sembri» piú forte
    (relativamente).
    
    
    
    Q 5 §7
    
    Sul «pensiero sociale» dei cattolici mi pare si possa
    fare questa osservazione critica preliminare: che non si tratta di
    un programma politico obbligatorio per tutti i cattolici, al cui
    raggiungimento sono rivolte le forze organizzate che i cattolici
    posseggono, ma si tratta puramente e semplicemente di un
    «complesso di argomentazioni polemiche» positive e
    negative senza concretezza politica. Ciò sia detto senza
    entrare nelle quistioni di merito, cioè nell'esame del valore
    intrinseco delle misure di carattere economico-sociale che i
    cattolici pongono alla base di tali argomentazioni.
    
    In realtà la Chiesa non vuole compromettersi nella vita
    pratica economica e non si impegna a fondo, né per attuare i
    principi sociali che afferma e che non sono attuati, né per
    difendere, mantenere o restaurare quelle situazioni in cui una parte
    di quei principi era già attuata e che sono state distrutte.
    Per comprendere bene la posizione della Chiesa nella società
    moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare
    solo per difendere le sue particolari libertà corporative (di
    Chiesa come Chiesa, organizzazione ecclesiastica), cioè i
    privilegi che proclama legati alla propria essenza divina: per
    questa difesa la Chiesa non esclude nessun mezzo, né
    l'insurrezione armata, né l'attentato individuale, né
    l'appello all'invasione straniera. Tutto il resto è
    trascurabile relativamente, a meno che non sia legato alle
    condizioni esistenziali proprie. Per «dispotismo» la
    Chiesa intende l'intervento dell'autorità statale laica nel
    limitare o sopprimere i suoi privilegi, non molto di piú:
    essa riconosce qualsiasi potestà di fatto, e purché
    non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accresce i
    privilegi, la esalta e la proclama provvidenziale.
    
    Date queste premesse, il «pensiero sociale» cattolico ha
    un puro valore accademico: occorre studiarlo e analizzarlo in quanto
    elemento ideologico oppiaceo, tendente a mantenere determinati stati
    d'animo di aspettazione passiva di tipo religioso, ma non come
    elemento di vita politica e storica direttamente attivo. Esso
    è certamente un elemento politico e storico, ma di un
    carattere assolutamente particolare: è un elemento di
    riserva, non di prima linea, e perciò può essere in
    ogni momento «dimenticato» praticamente e
    «taciuto», pur senza rinunziarvi completamente,
    perché potrebbe ripresentarsi l'occasione in cui sarà
    ripresentato. I cattolici sono molto furbi, ma mi pare che in questo
    caso siano troppo furbi.
    
    Sul «pensiero sociale» cattolico è da tener
    presente il libro del padre gesuita Albert Muller, professore alla
    scuola superiore commerciale di S. Ignazio in Anversa –Notes
    d'économie politique, Première Série,
    «Éditions Spes», Parigi, 1927, pp. 428, Fr. 8 –
    di cui vedi la recensione nella «Civiltà
    Cattolica» del 1° settembre 1928,Pensiero e
    attività sociali (di A. Brucculeri); il Muller mi pare
    esponga il punto di vista piú radicale cui possono giungere i
    gesuiti in questa materia (salario famigliare, compartecipazione,
    controllo, cogestione, ecc.).
    
    
    
    Q 5 §18
    
    Un articolo da ricordare, per comprendere l'atteggiamento della
    Chiesa dinanzi ai diversi regimi politico-statali, è
    Autorità e «opportunismo politico» nella
    «Civiltà Cattolica» del 1° dicembre 1928.
    Potrebbe dare qualche spunto per la rubrica passato e presente.
    Sarà da confrontare con i punti corrispondenti del Codice
    Sociale.
    
    La quistione si pose al tempo di Leone XIII e del ralliement di una
    parte dei cattolici alla repubblica francese e fu risolta dal papa
    con questi punti essenziali: 1) accettazione, ossia riconoscimento
    del potere costituito; 2) rispetto ad esso prestato come a
    rappresentanza di un'autorità venuta da Dio; 3) obbedienza a
    tutte le leggi giuste da tale autorità promulgate, ma
    resistenza alle leggi ingiuste con lo sforzo concorde di emendare la
    legislazione e cristianeggiare la società.
    
    Per la «Civiltà Cattolica» questo non sarebbe
    «opportunismo», ma tale sarebbe solo l'atteggiamento
    servile ed esaltatorio in blocco di autorità che sono tali di
    fatto e non di diritto (l'espressione «diritto» ha un
    valore particolare per i cattolici).
    
    I cattolici devono distinguere tra «funzione
    dell'autorità» che è diritto inalienabile della
    società, che non può vivere senza un ordine, e
    «persona» che esercita tale funzione e che può
    essere un tiranno, un despota, un usurpatore, ecc. I cattolici si
    sottomettono alla «funzione» non alla persona. Ma
    Napoleone III fu chiamato uomo provvidenziale dopo il colpo di stato
    del 2 dicembre, ciò che significa che il vocabolario politico
    dei cattolici è diverso da quello comune.
    
    
    
    Q 17 §26
    
    Nell'autunno del 1892 fu tenuto a Genova un Congresso cattolico
    italiano degli studiosi di scienze sociali; vi fu osservato che
    «il bisogno del momento presente, non certo unico bisogno, ma
    urgente quanto ogni altro, è la rivendicazione scientifica
    dell'idea cristiana. La scienza non può dare la fede, ma
    può imporre agli avversari il rispetto, e può condurre
    le intelligenze a riconoscere della fede la necessità sociale
    e l'individuale dovere (!)». Nel 1893, per impulso di tale
    Congresso, patrocinato da Leone XIII (l'enciclica Rerum Novarum
    è del 1891), fu fondata la «Rivista internazionale di
    scienze sociali e discipline ausiliarie», che ancora si
    pubblica. Nel fascicolo del gennaio 1903 della rivista si riassume
    l'attività del decennio.
    
    L'attività di questa rivista, che non è mai stata
    molto «chiassosa», è tuttavia da studiare anche
    in confronto a quella della «Critica Sociale» di cui
    doveva essere il controaltare ecc.
    
    
    
    Q 2 §131
    
    Il conflitto di Lilla. Nella «Civiltà Cattolica»
    del 7 settembre 1929 è pubblicato il testo integrale del
    giudizio pronunziato dalla Sacra Congregazione del Concilio sul
    conflitto tra industriali e operai cattolici della regione
    Roubaix-Tourcoing. Il lodo è contenuto in una lettera in data
    5 giugno 1929 del cardinale Sbarretti, Prefetto della Congregazione
    del Concilio, a mons. Achille Liénart, vescovo di Lilla.
    
    Il documento è importante, perché in parte integra il
    Codice Sociale e in parte ne amplia il quadro, come per esempio
    là dove riconosce agli operai e ai sindacati cattolici il
    diritto di formare un fronte unico anche con gli operai e i
    sindacati socialisti nelle quistioni economiche. Bisogna tener conto
    che se il Codice Sociale è un testo cattolico, è
    però privato o soltanto ufficioso, e in tutto o in parte
    potrebbe essere sconfessato dal Vaticano. Questo documento invece
    è ufficiale.
    
    Questo documento è certamente legato al lavorío del
    Vaticano in Francia per creare una democrazia politica cattolica e
    l'ammissione del «fronte unico», anche se passibile di
    interpretazioni cavillose e restrittive, è una
    «sfida» all'Action française e un segno di
    détente coi radicali socialisti e la C.G.T.
    
    Nello stesso fascicolo della «Civiltà Cattolica»
    è un diffuso e interessante articolo di commento al lodo
    vaticano. Questo lodo è costituito di due parti organiche:
    nella prima, composta di 7 brevi tesi accompagnate ognuna di ampie
    citazioni tolte da documenti pontifici, specialmente di Leone XIII,
    si dà un riassunto chiaro della dottrina sindacale cattolica;
    nella seconda si tratta del conflitto specifico in esame,
    cioè le tesi sono applicate e interpretate nei fatti reali.
    
    
    
    Q 7 §78
    
A proposito dei provvedimenti presi
    nel 1931 contro l'Azione Cattolica italiana è interessante
    l'articolo Una grave questione di educazione cristiana: A proposito
    del Primo Congresso Internazionale dell'Insegnamento medio libero di
    Bruxelles (28-31 luglio 1930), pubblicato nella
    «Civiltà Cattolica» del 20 settembre 1930.
    
    Il Codice Sociale di Malines, come è noto, non esclude la
    possibilità dell'insurrezione armata da parte dei cattolici:
    naturalmente restringe i casi di questa possibilità, ma
    lascia nel vago e nell'incerto le condizioni positive per la
    possibilità stessa, che però si capisce riguardare
    certi casi estremi di soppressione e limitazione dei privilegi
    ecclesiastici e vaticani. In questo articolo della
    «Civiltà Cattolica», proprio nella prima pagina e
    senza altra osservazione, si riproduce un brano del libro: Ch.
    Terlinden, Guillaume I, roi des Pays bas, et l'Église
    Catholique en Belgique (1814-1830), Bruxelles, Dewit, 1906, Tom. 2,
    p. 545: «Se Guglielmo I non avesse violate le libertà e
    i diritti dei cattolici, questi, fedeli ad una religione che comanda
    il rispetto all'autorità, non avrebbero mai pensato a
    sollevarsi, né ad unirsi coi liberali loro irreconciliabili
    nemici. Né i liberali, pochi allora e con debole influenza
    sul popolo, avrebbero potuto da soli scuotere il giogo straniero.
    Senza il concorso dei cattolici, la rivoluzione belga sarebbe stata
    una sterile sommossa senza esito». Tutta la citazione è
    impressionante, in tutti e tre i suoi periodetti, come interessante
    è l'intero articolo in cui il Belgio rappresenta un
    riferimento polemico d'attualità.
    
    
    
    Q 5 §17
    
    Movimento pancristiano. La XV settimana sociale di Milano (settembre
    1928) trattò la quistione: «La vera unità
    religiosa», e il volume degli atti è uscito con questo
    titolo presso la Società editrice «Vita e
    Pensiero» (Milano, 1928, L. 15). L'argomento è stato
    trattato dal punto di vista del Vaticano, secondo le direttive date
    dall'Enciclica Mortalium animos del gennaio 1928, e contro il
    movimento pancristiano dei protestanti, che vorrebbero creare una
    specie di federazione delle diverse sette cristiane, con eguaglianza
    di diritti.
    
    È questa un'offensiva protestante contro il cattolicismo che
    presenta due momenti essenziali: 1) le Chiese protestanti tendono a
    frenare il movimento disgregatore nelle loro file (che dà
    luogo continuamente a nuove sette); 2) si alleano tra loro e
    ottenendo un certo consenso da parte degli ortodossi, pongono
    l'assedio al Cattolicismo per fargli rinunziare al suo primato e per
    offrire nella lotta un fronte unico protestante imponente, invece
    che una moltitudine di chiese, sette, tendenze di diversa importanza
    e che una per una piú difficilmente potrebbero resistere alla
    tenace e unificata iniziativa missionaria cattolica. La quistione
    dell'unità delle chiese cristiane è un formidabile
    fenomeno del dopoguerra ed è degno della massima attenzione e
    di studio accurato.
    
    
    
    Q 5 §58
    
Una delle misure piú importanti
    escogitate dalla Chiesa per rafforzare la sua compagine nei tempi
    moderni è l'obbligo fatto alle famiglie di far fare la prima
    comunione ai sette anni. Si capisce l'effetto psicologico che deve
    fare sui bambini di sette anni l'apparato cerimoniale della prima
    comunione, sia come avvenimento familiare individuale, sia come
    avvenimento collettivo: e quale fonte di terrori divenga e quindi di
    attaccamento alla Chiesa. Si tratta di «compromettere»
    lo spirito infantile appena incomincia a riflettere. Si capisce
    perciò la resistenza che la misura ha trovato nelle famiglie,
    preoccupate dagli effetti deleteri sullo spirito infantile di questo
    misticismo precoce e la lotta della Chiesa per vincere questa
    opposizione (Ricordare nel Piccolo Mondo Antico di Fogazzaro la
    lotta tra Franco Maironi e la moglie quando si tratta di condurre la
    bimbetta in barca, in una notte tempestosa, ad assistere alla messa
    di Natale: Franco Maironi vuol creare nella bimba dei
    «ricordi» incancellabili, delle
    «impressioni» decisive; la moglie non vuole turbare lo
    sviluppo normale dello spirito della figlia, ecc.). La misura
    è stata decretata da Pio X nel 1910. Nel 1928 l'editore
    Pustet di Roma ne ha ripubblicato il decreto con prefazione del
    cardinal Gasparri e commento di monsignor Jorio, dando luogo a una
    nuova campagna di stampa.
    
    
    
    Q 15 §40
    
Importanza speciale dell'Azione
    Cattolica francese. È evidente che in Francia l'Azione
    Cattolica dispone di un personale molto piú scelto e
    preparato che negli altri paesi. Le Settimane sociali portano in
    discussione argomenti d'interesse piú vasto e attuale che
    negli altri paesi. Un confronto tra leSettimane francesi e quelle
    italiane sarebbe interessante. Inoltre i cattolici hanno un influsso
    intellettuale in Francia che non hanno altrove, e questo influsso
    è meglio centralizzato e organizzato (ciò per il
    settore cattolico, s'intende, che per alcuni aspetti è in
    Francia ristretto dall'esistenza di una forte centralizzazione della
    cultura laica). In Francia inoltre, è stata costituita
    l'Union Catholique d'Etudes Internationales, tra le cui iniziative
    è quella di una speciale Settimana Cattolica Internazionale.
    Mentre è riunita la Assemblea annuale della Società
    delle Nazioni, personalità cattoliche di ogni paese si
    riuniscono in Francia per una settimana e discutono i problemi
    internazionali, contribuendo a creare una unità concreta di
    pensiero fra i cattolici di tutto il mondo. Sotto il velo della
    cultura si tratta evidentemente di una Internazionale laica
    cattolica, distinta dal Vaticano e sulla linea dell'attività
    politica parlamentare dei partiti popolari. Nella
    «Civiltà Cattolica» del 6 maggio 1933 si
    recensisce il volume che raccoglie le relazioni della terza di
    queste Settimane internazionali (Les grandes activités de la
    Société des Nations devant la pensée
    chrétienne. Conférences de la troisième semaine
    catholique internationale 14-20 septembre 1931, Èditions
    Spes, Paris, 1932, in 16°, pp. 267, Fr. 15). È da
    appuntare la risposta che il prof. Halecki dell'Università di
    Varsavia dà nella sua conferenza alla domanda: «come va
    che la Chiesa dopo duemila anni dacché propaga la pace non ha
    ancora potuto darcela?» La risposta è questa:
    «L'insegnamento di Cristo e della sua Chiesa s'indirizza
    individualmente alla persona umana, a ciascuna anima in particolare.
    È questa verità che ci spiega perché il
    cristianesimo non può operare che assai lentamente sulle
    istituzioni e sulle pratiche attività collettive, dovendo
    conquistare un'anima dopo l'altra e ricominciare questo sforzo ad
    ogni nuova generazione». Per la «Civiltà
    Cattolica» questa è una «buona risposta, che
    può rafforzarsi con la considerazione semplicissima che
    l'azione pacificatrice della Chiesa è contrastata ed elisa di
    continuo da quel residuo irriducibile (sic) di paganesimo che
    sopravvive tuttora ed infiamma le passioni della violenza. La Chiesa
    è un buon medico, ed offre salutari farmachi alla
    società inferma, ma questa ricusa in tutto o in parte le
    medicine». Risposta molto sofistica e non di difficile
    confutazione: d'altronde essa è in contraddizione con altre
    pretese clericali. Quando conviene i clericali pretendono che un
    paese è cattolico al 99% per dedurne una particolare
    posizione di diritto della Chiesa nei confronti dello Stato ecc.
    Quando conviene, si fanno piccini piccini ecc. Se fosse vero quello
    che dice il prof. Halecki, l'attività della Chiesa in duemila
    anni sarebbe stata un lavoro di Sisifo e cosí dovrebbe
    continuare ad essere. Ma che valore dovrebbe darsi a una istituzione
    che non costruisce mai nulla che si prolunghi di generazione in
    generazione per forza propria, che non modifica in nulla la cultura
    e la concezione del mondo di nessuna generazione, tanto che occorre
    sempre riprendere tutto da capo? Il sofisma è chiaro: quando
    conviene la Chiesa è identificata con la società
    stessa (col 99% di essa almeno), quando non conviene la Chiesa
    è solo l'organizzazione ecclesiastica o addirittura la
    persona del Papa. Allora la Chiesa è un «medico»
    che indica alla società i farmachi ecc. Cosí è
    molto curioso, che i gesuiti parlino di «residuo
    irriducibile» di paganesimo: se è irriducibile non
    sparirà mai, la Chiesa non trionferà mai ecc.
    
    
    
    Q 5 §9
    
    Lucien Romier e l'Azione Cattolica francese. Il Romier è
    stato relatore alla Settimana sociale di Nancy del 1927: vi ha
    parlato della «deproletarizzazione delle moltitudini»,
    argomento che solo indirettamente toccava l'argomento trattato dalla
    Settimana sociale, che era dedicata alla «Donna nella
    Società». Cosí il padre Danset vi parlò
    della Razionalizzazione sotto il rispetto sociale e morale.
    
    Ma il Romier è elemento attivo dell'Azione Cattolica
    francese, o solo incidentalmente ha partecipato a questa riunione?
    
    La Settimana sociale di Nancy del 1927 è molto importante per
    la storia della dottrina politico-sociale dell'Azione Cattolica. Le
    sue conclusioni, favorevoli alla piú larga partecipazione
    femminile alla vita politica, sono state approvate dal Card.
    Gasparri a nome di Pio XI. Il resoconto ne è stato pubblicato
    nel 1928 (Semaines sociales de France, La femme dans la
    société, Parigi, Gabalda, pp. 564 in 8°). È
    indispensabile per lo studio della vita politica francese.
    
    Ricordare che nel 1925 il Romier aveva accettato di entrare a far
    parte del gabinetto di concentrazione nazionale di Herriot: aveva
    anche accettato di collaborare con Herriot il capo del gruppo
    cattolico parlamentare francese formatosi poco prima. Il Romier non
    era né deputato né senatore; era redattore politico
    del «Figaro». Dopo questa sua accettazione di entrare in
    un gabinetto Herriot, dovette lasciare il «Figaro». Il
    Romier si era fatto un nome con le sue pubblicazioni di carattere
    industriale-sociale. Credo che il Romier sia stato redattore
    dell'organo tecnico degli industriali francesi «La
    Journée industrielle».
    
    
    
    Q 8 §129
    
La debolezza di ogni
    organizzazione nazionale di Azione Cattolica consiste nel fatto che
    la sua azione è limitata e continuamente turbata dalle
    necessità di politica internazionale e interna, in ogni
    Stato, della Santa Sede. A misura che ogni Azione Cattolica
    nazionale si estende e diventa organismo di massa, essa tende a
    diventare un vero e proprio partito, le cui direttive sono imposte
    dalle necessità interne dell'organizzazione; ma questo
    processo non può diventare mai organico appunto per
    l'intervento della Santa Sede. In questo fatto è forse da
    ricercare la ragione per cui in Germania l'Azione Cattolica non
    è stata mai molto bene accetta: il Centro si era già
    tanto sviluppato come forza politico-parlamentare, impegnata nelle
    lotte interne tedesche, che ogni formazione vasta di Azione
    Cattolica controllata strettamente dall'Episcopato, ne avrebbe
    compromesso la potenza attuale e le possibilità di sviluppo.
    È da richiamare il conflitto avvenuto tra il Centro e il
    Vaticano, quando il Vaticano volle che il Centro approvasse le leggi
    militari di Bismarck, alle quali il Centro si era strenuamente
    opposto.
    
    Sviluppo simile in Austria, dove il clericalismo è sempre
    stato forte politicamente come partito e non aveva bisogno di una
    vasta organizzazione permanente come quella di Azione Cattolica ma
    solo di greggi elettorali disorganiche sotto il tradizionale
    controllo dei parroci.
    
    
    
    
    Q 5 §59
    
    I Cattolici tedeschi per iniziativa dell'Episcopato hanno,
    già dal 1919, fondato una «Lega di Pace dei Cattolici
    tedeschi». Su questa Lega, sulle iniziative successive per
    svilupparla e sul suo programma confrontare la «Civiltà
    Cattolica» del 19 gennaio 1929.
    
    In questo stesso fascicolo vedi la lettera di Pio XI al cardinal
    Bertram, arcivescovo di Breslavia, a proposito dell'Azione Cattolica
    in Germania, e che deve considerarsi come un intervento personale
    del Papa per dare un maggiore impulso al movimento dell'Azione
    Cattolica che in Germania pare non trovi caldi organizzatori: la
    lettera del Papa è un vero programma teorico-pratico ed
    è interessante in generale, oltre che per la Germania. La
    «Civiltà Cattolica» commenta a lungo la lettera e
    si capisce che il commento serve anche per altri paesi.
    
    
    
    Q 5 §57
    
    L'Azione Cattolica negli Stati Uniti. Articolo della
    «Civiltà Cattolica» del 5 gennaio 1929 su La
    Campagna elettorale degli Stati Uniti e le sue lezioni. A proposito
    della candidatura Smith alla presidenza della Repubblica.
    
    La «Civiltà Cattolica» registra l'accanita
    resistenza delle Chiese protestanti contro Smith e parla di
    «guerra di religione». Non c'è accenno alla
    posizione assunta dallo Smith verso il Papa nella sua famosa lettera
    (cfr. libro del Fontaine sulla Santa Sede ecc.), che è un
    elemento di americanismo cattolico. (Posizione dei cattolici contro
    il proibizionismo e a favore dei farmers). Si vede che ogni azione
    concentrata dei cattolici provoca una tale reazione che i risultati
    sono inferiori alla forza che i cattolici dicono di possedere,
    quindi pericoli di azione su scala nazionale concentrata: è
    stato un errore per i cattolici fondarsi su un partito tradizionale
    come quello democratico? mostrare la religione come legata a un
    determinato partito? d'altronde potrebbero, nel sistema attuale
    americano, fondare un proprio partito? L'America è un terreno
    interessante per studiare la fase attuale del cattolicismo sia come
    elemento culturale che come elemento politico.
    
    
    
    Q 6 §187
    
    È interessante la corrispondenza dagli Stati Uniti pubblicata
    nella «Civiltà Cattolica» del 20 settembre 1930.
    I cattolici ricorrono spesso all'esempio degli Stati Uniti per
    ricordare la loro compattezza e il loro fervore religioso in
    confronto dei protestanti divisi in tante sette e continuamente rosi
    dalla tendenza a cadere nell'indifferentismo o
    nell'areligiosità, onde l'imponente numero di cittadini che
    nei censimenti dichiarano di essere senza religione. Pare
    però, da questa corrispondenza, che, anche tra i cattolici,
    l'indifferentismo non sia scarso. Si riportano i dati pubblicati in
    una serie di articoli pubblicati dalla «rinomata»
    «Ecclesiastical Review» di Philadelphia pubblicati nei
    mesi precedenti: un parroco afferma che il 44 % dei suoi fedeli
    rimase, per tutta una lunga serie di anni, interamente sconosciuto,
    nonostante gli sforzi fatti ripetutamente e da parte sua e dai suoi
    assistenti ecclesiastici, per arrivare ad un esatto censimento. Con
    tutta sincerità ammette che circa una metà del gregge
    restò del tutto estraneo alle sue cure, né altro
    contatto si ebbe fuori di quello che può dare una irregolare
    frequenza alla messa ed ai sacramenti. Sono fatti, a detta degli
    stessi parroci, che si avverano in pressoché tutte le
    parrocchie degli Stati Uniti.
    
    I cattolici mantengono a loro spese 7.664 scuole parrocchiali
    frequentate da 2.201.942 alunni sotto la guida di religiosi d'ambo i
    sessi. Rimangono altri 2.750.000 alunni (cioè piú del
    50 %) che «o per infingardaggine dei genitori o per lontananza
    di luogo sono costretti a frequentare le scuole governative,
    areligiose, dove non si ode mai una parola su Dio, sui doveri verso
    il Creatore e neppure sull'esistenza di un'anima immortale».
    
    Un elemento di indifferentismo è dato dai matrimoni misti:
    «il 20 % delle famiglie validamente congiunte in matrimonio
    misto tralasciano la Messa, se il padre non appartiene alla fede
    cattolica; ma qualora la madre non sia cattolica, la statistica
    dà il 40 %. Di piú, questi genitori trascurano
    totalmente la educazione cristiana della prole». Si
    cercò di restringere questi matrimoni misti e anche di
    proibirli; ma le condizioni «peggiorarono» perché
    i «recalcitranti» in questi casi abbandonarono la chiesa
    (con la prole) contraendo unioni «invalide»; questi casi
    sono il 67 % se il padre è «eretico», il 94 % se
    «eretica» è la madre. Perciò si
    largheggiò: rifiutando la dispensa di matrimonio misto a
    donne cattoliche si ha una perdita del 58 %, se si dà la
    dispensa la perdita è «solo» del 16 %.
    
    Appare quindi che il numero dei cattolici negli Stati Uniti è
    solo un numero statistico, da censimenti, cioè piú
    difficilmente uno di origine cattolica dichiara di essere senza
    religione, a differenza di quelli d'origine protestante. Piú
    ipocrisia, insomma. Da questo si può giudicare l'esattezza e
    la sincerità delle statistiche nei paesi a maggioranza
    cattolica.