L'Autore
Édouard Estaunié è un romanziere francese, nato a Digione nel 1862 e morto a Parigi nel 1942.
Orfano di padre e allevato in un ambiente severo, frequenta le scuole dei gesuiti, poi, compiuti gli studi di ingegneria, entra nell’amministrazione delle poste e telegrafi, giungendo al grado di ispettore generale dei telefoni. Durante la Prima guerra mondiale gli vengono affidati compiti di grande responsabilità che egli adempie nel migliore dei modi, ricevendo l’alto riconoscimento dei governi francese e belga.
Tanto metodico e impeccabile nel suo lavoro tecnico, quanto in grado di mantenere un’assoluta spregiudicatezza di giudizio interiore e di analisi minuziosa e severa nei suoi lavori letterari che richiamano, perciò, la formazione scientifica.
Le prime opere a carattere autobiografico e di protesta contro l’educazione ricevuta nei collegi dei gesuiti (L’impronta, 1895), sulle traversie dell’ingegnere povero, sui problemi del proletariato intellettuale sradicato dal proprio ambiente e ricco, quindi, di fermenti sovversivi (Il fermento, 1899), sembrano orientare lo scrittore a una trasposizione della sua vita professionale. Tuttavia, dopo una pausa di parecchi anni, Estaunié fa della sua opera letteraria una seconda natura, scegliendo una direzione opposta, tramutandosi in psicologo di singole esistenze apparentemente insignificanti e di ciò che di nascosto sta dietro le abitudini di vita e di mestiere.
Ossessionato dal mistero umano, invisibile dramma, come dal demone torturante della solitudine – non quella materiale delle persone sole, ma quella che, come una malattia, si insinua nelle case, tra gli uomini, e li rende incapaci di comunicare murandoli nel silenzio – lo scrittore svolge i suoi temi in una serie di romanzi e novelle, a cominciare da La vita segreta, del 1908, fino a Solitudini, del 1917, in cui non avvengono fatti straordinari ma dove l’inquietudine è sempre presente. Anche L’ascensione del signor Baslèvre, del 1920, Il richiamo della strada, del 1921, e Un mistero in provincia, del 1932, sono romanzi che rappresentano esistenze spezzate. I personaggi soffrono e fanno soffrire perché rimangono murati nel loro silenzio, e questo silenzio li avvelena.
Nella concezione del romanzo, specie nella visione dei rapporti fra le persone e l’ambiente, lo scrittore risente molto della scuola di Balzac. La sua predilezione si volge ai drammi nascosti, alle vite chiuse, in cui, alla fine, si diffonde a poco a poco una luce d’amore e di sacrificio.
Fu eletto all’Accademia francese nel 1923, prendendo la cattedra precedentemente occupata da Alfred Capus, giornalista e commediografo, e tra il 1927 e il 1929 fu presidente della Société des gens de lettres.
Morì a Parigi nel 1942.