L'Autore
Anatole France, pseudonimo di Jacques François-Anatole Thibault, è stato un importante scrittore francese (Parigi 1844 – Saint-Cyr-sur-Loire 1924). Il padre, che si chiama France Thibault, è una Vecchia guardia del corpo di Carlo X che diventa, più tardi, libraio nel Quai Voltaire e nella cui bottega si forma tutte le sere un circolo di bibliografi, di scrittori e di artisti. «lo fui allevato su questo Quai, tra libri di uomini umili e semplici, ai quali io solo penso ancora». Trascorre così l’infanzia e l’adolescenza tra i libri, nel pittoresco quartiere di editori e librai, fra cui i famosi bouquinistes, i bancarellari dei Lungosenna.
Compiuti gli studi classici e obbligato a guadagnarsi da vivere, il giovane Anatole diventa lettore presso l’editore Lemerre, celebre per la sua fedeltà alla scuola poetica parnassiana. E di ispirazione parnassiana sono i primi lavori di France, i Poèmes dorés, liriche la cui squisita eleganza stilistica dimostra una fedeltà al mondo classico, e il poema drammatico Les noces corinthiennes. Inizia a dimostrare il suo valore con due racconti, riuniti nel volume Jocaste et le chat maigre (1879; Giocasta e il gatto magro), che gli valgono una bella lettera di Flaubert: «Il vostro primo racconto è eccellente, ma oso definire un capolavoro il secondo… E che stile! Semplice, franco, senza pose». France, infatti, vi offre le prime prove di quella sua scrittura esemplarmente limpida, per l’armonia e le parole pittorescamente esatte, e per la commozione che è sempre contenuta nelle forme di un’elegante ironia rivolta agli inganni in cui è destinato a cadere l’essere umano, accecato dalle sue passioni o dagli errori dottrinari. Questa ironia diventa mordente satira del mondo della cultura accademica descritto nel romanzo Le crime de Sylvestre Bonnard (1881; Il delitto di Sylvestre Bonnard), in cui compare quella figura del vecchio erudito, di buon cuore, scettico, un po’ ingenuo e soggetto a sorprese davanti alla vita, ma di giudizio fine e preciso, che sarà poi ripresa e arricchita più volte con successo dallo scrittore. Il libro seguente, di sapore vivo e di stile delicato, è Le livre de mon ami (1885; Memorie di un altro me), nel quale lo scrittore quarantenne si volge con arguzia e nostalgia sentimentale alle memorie della sua infanzia, vale a dire di quel suo vecchio io.
France raggiunge il meritato successo con Thais (1890), lungo racconto nel quale, attraverso la storia dell’eremita Pafnuzio che si reca ad Alessandria per convertire la celebre cortigiana Taide, l’autore ricostruisce con efficacia, ma senza ombra di pedanteria erudita, l’atmosfera intellettuale e morale di quella civiltà greca già decadente, reintroducendo inoltre nella narrativa, sulle orme di Voltaire e degli altri illuministi a lui cari, il dialogo filosofico. Nel romanzo seguente, La rótisserie de la reine Pédauque (1893; La rosticceria della regina Piedoca), verrà invece rievocata una Parigi inedita tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, popolaresca ed erudita, in una storia alimentata da digressioni sulla magia e sulle scienze occulte, in cui campeggia la pittoresca figura dell’Abbé Coignard (il «buon maestro» del protagonista narratore, che è il figlio del rosticciere), un erudito libertino, innamorato dei libri ma che non disdegna piaceri più terreni, scettico e malizioso eppure, a modo suo, attaccato alla sua fede.
Intanto, riesce a sostituire il troppo magro mestiere di lettore presso il Lemerre, con un impiego di suo gusto e non troppo oneroso nella biblioteca del Senato e inizia a collaborare come critico letterario al quotidiano «Le Temps». Un lavoro che esercita per quattro anni, riunendo poi i suoi articoli, spesso di notevole valore critico, nei quattro volumi de La vie littéraire. In questa opera France non risparmia aperte polemiche con il creatore del naturalismo Émile Zola, e nemmeno con il poeta parnassiano Leconte de Lisle, dal quale viene perfino sfidato a duello.
Si sposa, poi, piuttosto incautamente e, constatata l’impossibilità di vivere in armonia con la moglie, troppo diversa da lui per gusti, cultura e carattere, si separa. Finché nel 1894 diventa l’amico e il protetto di una nobile signora intellettuale, legata al mondo della cultura parigina, Léontine Arman de Caillavet. Questa relazione, destinata a durare fino alla morte della Caillavet, ha un’importanza decisiva per France, che trova in lei non solo un’ispiratrice e una compagna in grado di correggere l’amarezza del suo persistente scetticismo, ma anche una preziosa consigliera e stimolatrice del suo lavoro. Per merito suo, si persuade nel 1894 a scrivere e pubblicare Le lys rouge (Il giglio rosso) il grande romanzo d’amore mondano che, svolgendosi fra Parigi e Firenze, testimonia anche il nuovo interesse dello scrittore per l’Italia, che finirà per conoscere molto bene e nella quale ambienterà molte sue novelle.
France trova una vera e propria ispirazione iniziando, fra il 1895 e il 1896, la tetralogia della Histoire contemporaine (Storia contemporanea). Nel dicembre del 1896 viene eletto all’Académie française (anche con l’efficace aiuto della Caillavet), e un mese dopo esce il primo romanzo dell’Histoire, L’orme du Mail (L’olmo del viale), cui seguiranno Le mannequin d’osier (1897; Il manichino di vimini), L’anneau d’améthyste (1899; L’anello di ametista) e Monsieur Bergeret à Paris (1901; Bergeret a Parigi). Queste opere segnano non solo la pienezza dei mezzi dello scrittore, ma il sorgere in lui di più vivi interessi sociali e politici, pur nell’indulgente scetticismo che non sparirà mai dalla sua opera.
France si impegna nella vita politica, diventa socialista militante, amico del grande Jaurès, tiene discorsi e conferenze, che raccoglierà nei tre volumi di Vers les temps meilleurs (Verso tempi migliori, 1897-1906), e diventa perfino l’ispiratore, forse il più importante, delle famose Leggi Combes, con le quali i dreyfusardi vittoriosi giunsero alla completa laicizzazione dell’insegnamento pubblico.
Il racconto che meglio esprime la ribellione dello scrittore contro le ingiustizie sociali, comparirà col titolo L’affaire Crainquebille, breve e autentico capolavoro. Ma questa attività non ostacola l’opera dello scrittore, il quale, fra il 1889 e il 1909, pubblicherà numerosi volumi di racconti, sui temi più vari, spesso improntati da una deliziosa leggerezza di tocco. Non solo, ma in quegli stessi anni, trasformandosi in storico scrupoloso, corona un appassionato lavoro di ricerca pubblicando, nel 1908, i due volumi della Vie de Jeanne d’Arc, con i quali è il primo a liberare dalle superstrutture agiografiche, trattandola con il doveroso spirito critico, la celebre storia della Pulzella d’Orléans, additandone tutti i retroscena sociali e politici. Si tratta di un’opera ammirevole che, tra l’altro, offrirà materia a uno dei più bei drammi di G. B. Shaw, la Santa Giovanna.
Nel 1912, infine, affrontando il grande tema della rivoluzione francese sotto la visuale della sua insofferenza per il fanatismo e dell’amore per la tolleranza, France scrive un vero e proprio romanzo storico, Les dieux ont soif (Gli dei hanno sete), che è stimato da molti la sua opera migliore. E poco dopo, mirabile esempio di vivezza di spirito e fecondità in uno scrittore ormai settantenne, scrive il romanzo fantastico La rivolte des anges, un’altra opera nella direzione del conte philosophique.
Nel 1917 il vecchio maestro scandalizza tutto il pubblico borghese che si era conquistato in ogni Paese del mondo, aderendo alla rivoluzione bolscevica, e prendendo poi parte, dopo la fine della guerra, a pubbliche dimostrazioni contro i tentativi delle nazioni occidentali di soffocare la repubblica dell’Unione Sovietica.
Nel 1921 Anatole France viene insignito del premio Nobel per la Letteratura “in riconoscimento della sua brillante realizzazione letteraria, caratterizzata da nobiltà di stile, profonda comprensione umana, grazia, e vero temperamento gallico”.
Muore il 12 ottobre 1924.