L'Autore
James Hilton nacque il 9 settembre 1900 a Leigh, nel Lancashire, Inghilterra. Figlio unico di John Hilton, preside scolastico, e di Elizabeth Ainsworth, crebbe in un ambiente colto e stimolante. Fin da giovane mostrò un vivo interesse per la letteratura e la scrittura, incoraggiato dalla disciplina e dall’amore per la cultura trasmessi dal padre.
Frequentò la Monoux School e successivamente il prestigioso Christ’s College di Cambridge, dove studiò storia e cominciò a collaborare con riviste e giornali come critico letterario. Hilton pubblicò il suo primo romanzo nel 1920, ma il suo vero stile – narrativo sobrio, elegante, dallo spirito introspettivo – iniziò a emergere con le opere degli anni successivi. Tra queste, una delle più significative, e oggi purtroppo meno conosciute, è The Dawn of Reckoning (1925), tradotto in italiano con il titolo Follia.
Il romanzo segna un momento di maturazione nella scrittura di Hilton: pur appartenendo alla sua prima fase narrativa, mostra già quella sensibilità psicologica che caratterizzerà i suoi capolavori. Ambientato tra l’Europa e l’Inghilterra postbellica, Follia è un intenso dramma psicologico e morale.
Hilton raggiunse la fama internazionale con Lost Horizon (Orizzonte perduto, 1933), romanzo che fece conoscere al mondo Shangri-La, luogo immaginario del Tibet descritto come un paradiso. Il libro fu un best-seller e vinse l’Hawthornden Prize nel 1934.
Nel 1934 pubblicò Goodbye, Mr. Chips (Addio, Mr. Chips), il toccante ritratto di un professore inglese che attraversa con grazia e ironia le trasformazioni del mondo e della scuola inglese tra Ottocento e Novecento.
Hilton fu un uomo riservato, sensibile e di gusti raffinati. Amava la musica classica, i viaggi e la quiete domestica: nonostante la sua fama, rifuggiva dalla mondanità. Si sposò due volte, la prima con Alice Brown, la seconda con Galina Kopineck nel 1950 e non ebbe figli.
Dopo il successo dei suoi romanzi, si trasferì negli Stati Uniti, dove lavorò anche come sceneggiatore per Hollywood. Collaborò con la Metro-Goldwyn-Mayer e i suoi adattamenti ebbero un grande successo. Mrs. Miniver vinse addirittura l’Oscar come miglior film nel 1942 e Alfred Hitchcock lo chiamò per rifinire l’ambizioso Foreign Correspondent (1940; Il prigioniero di Amsterdam), affidandogli le scene relative all’anziano e idealista diplomatico dal cui rapimento prende avvio la storia.
A Hollywood Hilton fece parte del comitato direttivo dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, e fu inoltre uno dei dirigenti della Screen Writers Guild.
Pur continuando a scrivere numerosi libri, cessò progressivamente la sua attività di sceneggiatore dopo la Seconda guerra mondiale, quando il suo impegno civico si tramutò in una ricerca tutta interiore sul significato ultimo della vita: la stessa ricerca che costituisce il tema di Lost Horizon.
Fumatore accanito, Hilton ebbe negli anni vari problemi di salute e nel dicembre del 1954 morì nella sua casa di Long Beach, in California, per un cancro al fegato.
Hilton è stato uno scrittore di stampo classico, sobrio ma emotivamente intenso; un maestro del romanzo psicologico e sociale, con una sensibilità filosofica. Le sue storie esplorano temi come la memoria, la nostalgia, l’ideale e il fallimento, intrise spesso di una vena malinconica. Il suo stile è limpido, elegante, scorrevole, capace di evocare immagini potenti con semplicità.
Le sue ambientazioni spaziano tra l’Inghilterra tradizionale (Follia), con i suoi castelli, i college, i paesaggi rurali e le atmosfere borghesi (Goodbye, Mr. Chips), e luoghi più esotici o simbolici, come la leggendaria Shangri-La nel Tibet di Lost Horizon. Talvolta, i suoi romanzi si svolgono in Europa continentale o negli Stati Uniti, riflettendo una sensibilità cosmopolita. Che si tratti di una piccola scuola inglese, di un villaggio ungherese o di un monastero tra le montagne, le sue ambientazioni non sono mai solo sfondi: diventano specchi dell’animo umano, luoghi di riflessione, trasformazione o fuga.
James Hilton ha lasciato un segno indelebile nella letteratura del Novecento, soprattutto per la sua capacità di cogliere l’animo umano con delicatezza e profondità. La sua Shangri-La è divenuta simbolo universale di una pace impossibile da raggiungere, ma sempre desiderata. Le sue opere continuano a essere lette e apprezzate per la loro eleganza narrativa e l’equilibrio tra idealismo e disincanto.