L'Autore
Annie Vivanti (Londra 1866 – Torino 1942). Poetessa, drammaturga, romanziera, giornalista, autrice di favole per bambini e di racconti: queste sono solo alcune delle qualità di Annie Vivanti che contribuiscono a formare una personalità artistica unica e originale.
Figlia di Anselmo Vivanti, patriota mantovano, e di Anna Lindau, scrittrice tedesca, Annie Vivanti nacque il 7 aprile 1866 nel sobborgo londinese di Norwood, dove il padre, seguace degli ideali mazziniani, aveva trovato rifugio politico in seguito ai moti di Mantova del 1851. Ebbe un’educazione cosmopolita e, per i tempi, fuori dal comune.
Conversatrice brillante, intelligente e di talento, la Vivanti si presentava sempre con la frase latina, Audaces fortuna iuvat. Così fece con Giosuè Carducci, al quale presentò la sua prima raccolta di poesie su richiesta dell’editore Emilio Treves, che non l’avrebbe pubblicata senza una prefazione del famoso poeta. Annie lo raggiunse a Bologna; questi ne subì immediatamente il fascino e scrisse la prefazione al volume Lirica (1890), dando così inizio a una tenera amicizia: “Signorina, nel mio codice poetico c’è questo articolo: ai preti e alle donne è vietato far versi. Per i preti no, ma per lei l’ho abrogato”.
Lirica sarà al centro di critiche e discussioni: c’è chi lo loda per le immagini fresche e originali, chi lo stronca a causa della metrica zoppicante o per i riferimenti audaci all’amore. Si trasforma così in caso letterario e il “vivantismo” diventa un vero e proprio fenomeno di costume. Matilde Serao, dalle colonne del “Mattino” di Napoli, definisce “vivantine” tutto lo stuolo di giovani aspiranti poetesse che compongono versi sul modello di Annie Vivanti.
La Vivanti, tuttavia, trova la strada del maggior successo nei romanzi, elaborando e inaugurando, con una tecnica asciutta e sicura, un genere di best seller accattivante, scritto con stile rapido e suggestivo, alla cui riuscita concorre un continuo rimando a spunti autobiografici dosati e amalgamati al contesto narrativo, al punto che il lettore raramente riconosce il confine tra realtà e finzione.
È il caso di Marion artista di caffè concerto, pubblicato nel 1891 e che riscosse un lusinghiero successo, in cui i personaggi dissoluti e gli ambienti malfamati sembrano ricordare le esperienze teatrali giovanili di Annie. Nel 1886, a 20 anni, inizia infatti a esibirsi in pubblico all’Atlantic Garden di New York, con il nome di Georgette Marion, traendo così ispirazione per la figura principale del romanzo. Con uno sguardo assai moderno, privo di ogni giudizio morale, segue con malinconico realismo l’ineluttabile destino della giovane protagonista.
Dopo Marion, non scrive per un ventennio, durante il quale sposa il patriota e irredentista irlandese John Chartres e ne condivide le peripezie intorno al mondo. La loro figlia, Vivien, diventa una violinista prodigio ed è proprio il genio di Vivien che offre alla Vivanti lo spunto per il suo romanzo di maggior successo, quello che segna il suo rientro sulla scena letteraria italiana. Si tratta dei Divoratori, uscito in Italia nel 1911 e già pubblicato in inglese (The Devourers, 1910), incentrato sul tema della maternità e del sacrificio che questa comporta, attraverso il racconto di tre generazioni di donne. Sono i giovani geni a divorare l’esistenza di coloro che li amano e, una volta adulti, si troveranno a sacrificare il proprio talento per quello dei figli. La protagonista, Nancy, è seguita nelle sue vicende di bambina prodigio fino a che non diventa madre, vittima a sua volta del genio divoratore della figlia. I divoratori è l’opera più completa e più autobiografica della Vivanti ed è considerato dalla critica il suo romanzo più riuscito, non solo per l’interesse del soggetto, ma anche per il suo stile armonioso e brillante.
Annie Vivanti non fu solo una scrittrice dotata di un senso innato del ritmo e dell’immagine. Nei suoi romanzi denunciò anche fatti di cronaca fino ad allora taciuti o ritenuti scabrosi, introducendo nuovi generi letterari.
Nel 1912 pubblica Circe, un diario-confessione della vita di Maria Tarnowska – nobildonna russa protagonista di un celebre fatto di sangue che si verificò in Italia nel 1907 – riferita da lei stessa alla scrittrice nel carcere di Trani, dove è rinchiusa per complicità in omicidio. La storia si svolge tra la Russia zarista, la Costa Azzurra, Vienna, Venezia e descrive la società aristocratica e corrotta del tempo, assieme alla tragedia della protagonista, che da vittima diventa carnefice. Sul “Times” di Londra fu presentata, nel 1915, come “la donna che non ha mai fatto dono dell’amore senza il dono della morte”.
Vae Victis! (guai ai vinti), pubblicato nel 1917, racconta le tragiche vicissitudini di tre donne belghe, Chérie, Mirella e Luisa, di età diverse e legate da parentela, vittime di violenze durante l’occupazione tedesca della Prima guerra mondiale. La Vivanti accompagna con delicata umanità le scelte sofferte delle protagoniste e in un continuo alternarsi di patimento e speranza, di orrore e riscatto, la vicenda porterà una delle donne a liberarsi del frutto della violenza e un’altra ad accoglierlo come un dono.
Con Naja tripudians, del 1920, la Vivanti denuncia la società corrotta del primo dopoguerra, che attrae nelle sue spire perverse le persone semplici e culturalmente impreparate. È la storia di una trappola in cui cadono due ingenue sorelle, Leslie e Myosotis, che vengono rinchiuse in un bordello da “Lady Grey”, il serpente tentatore a cui allude simbolicamente il titolo. La maggiore riesce a fuggire ma della più giovane non si avranno notizie per molto tempo. Per la Vivanti è un romanzo di denuncia sociale e scrive nell’introduzione: “Non io ho ideato questa storia: è la Realtà, terribile romanziera, che la concepì e la creò”. La storia delle due sorelle verrà poi ripresa in Salvate le nostre anime (1932).
Sorella di Messalina (1922) si ispira al mito della donna fatale, incantatrice e crudele. La storia si svolge a Torino e la protagonista, “né buona, né bella, né giovane, né ricca”, pubblica un annuncio sul giornale per conoscere un uomo che possegga le doti che a lei mancano. Risponde un giovane pittore che rimarrà invischiato in un rapporto morboso, sempre in bilico tra la vita e la morte.
Nel 1927, in Mea culpa, Annie Vivanti espresse un vero e proprio atto d’accusa contro il colonialismo inglese in Egitto e un’appassionata difesa delle rivendicazioni nazionalistiche. Uno dei protagonisti è ispirato al personaggio di Sa’ad Zaglul, patriota egiziano varie volte imprigionato e deportato dagli inglesi, che la Vivanti aveva conosciuto nel 1919. In Mea culpa si fondono il romantico-sentimentale con l’esotico e il politico ed è inoltre un’aperta condanna del razzismo inglese.
Nel 1938, a causa delle leggi razziali, i suoi libri furono tolti dalle biblioteche e cancellati dai cataloghi. Poi, dopo la guerra, nuovi interessi fecero dimenticare gli scrittori per i quali sembrava non esserci più posto nella letteratura e nella cultura, ormai profondamente cambiate. Molti dei romanzi italiani scritti da donne in quell’epoca sono stati dimenticati nel corso del Novecento ed ancora oggi non vi è menzione in molte delle antologie letterarie, né sono stati inseriti nei programmi scolastici. A differenza di altri Paesi, dove si studiano in modo sistematico i romanzi scritti da donne, in Italia molte scrittrici vissute a cavallo tra Ottocento e Novecento, pur avendo goduto di discreta fama e popolarità fino al Fascismo, sono state da questo cancellate e poi dimenticate dalla critica letteraria successiva, tranne alcune eccezioni.
In Italia gli scritti delle donne dell’epoca sono stati associati in genere ad una letteratura minore, secondo uno stereotipo del romanzo femminile quale romanzo popolare, leggero e quindi inferiore. A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, alla luce degli studi sulla letteratura femminile di qualità, alcune di queste autrici sono state ripubblicate e, tra loro, c’è Annie Vivanti.
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fonti:
Carlo Caporossi, “Vivanti”, Italian Women Writers Library, lib.uchicago.edu.
Sabrina Cavallucci, “L’umorismo nella vita e nell’opera di Annie Vivanti”.
Carla Vivanti, “Annie Vivanti (1866-1942): l’immagine letteraria e l’opera”.