L'Autore
Nel 1885 una giovane donna di nome Elizabeth si presenta a uno stupefatto George Madden, direttore del «Pittsburgh Dispatch», dicendo di accettare la sua proposta di lavoro.
Qualche settimana prima era apparso sul giornale un articolo intitolato “A cosa servono le ragazze” (What Girls Are Good For). Erasmus Wilson, uno dei più famosi editorialisti di Pittsburgh, scriveva che le donne appartengono alla sfera domestica e il loro compito era cucire, cucinare e crescere i bambini: quelle che lavoravano erano una mostruosità. Al giornale piovono lettere di protesta. Una, firmata Little Orphan Girl, colpisce Madden per la sua forza e intelligenza. Certo che sia scritta da un uomo, Madden pubblica un annuncio sul giornale proponendogli un lavoro. A presentarsi è la 21enne Elizabeth Cochran, nata nel villaggio di Cochran’s Mills.
Michael Cochran, suo padre, da umile aiutante di un mugnaio era divenuto un ricco possidente quando, vedovo e con 10 figli, sposò Mary Jane. La terza dei cinque figli della coppia era Elizabeth, soprannominata Pink perché la madre la vestiva solo di rosa. Quando il padre muore senza lasciare testamento Elizabeth ha sei anni: Mary Jane e i suoi 5 figli, senza soldi, dovettero lasciare la loro casa. La giovane vedova si risposa e si trasferisce a Pittsburgh, ma il marito beve ed è violento. Per poter divorziare Mary Jane deve provare in tribunale gli abusi. Testimonia anche Elizabeth: «Il mio patrigno ha sempre bevuto. Ha un pessimo carattere da ubriaco, ma anche da sobrio».
A 15 anni Elizabeth studia all’Indiana Normal School: vuole diventare maestra, fra le poche professioni aperte alle donne. Non è brillante, ma ama scrivere ed è triste quando, dopo soli sei mesi, non ci sono soldi per pagare la retta. Torna dalla madre, che gestisce una piccola pensione. Cerca lavoro, ma è quasi impossibile per una donna trovare un lavoro rispettabile. Quando arriva l’opportunità di lavorare al «Dispatch» non se la fa sfuggire e riesce a convincere Madden ad assumerla. Ma per una donna è sconveniente essere una giornalista, per questo inventa il nome d’arte di Nellie Bly, nome tratto da una famosa canzone popolare scritta da Stephen Foster.
Nei suoi articoli la ragazza parla di lavoratrici sfruttate, lavoro minorile, salari e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Quando lo stato della Pennsylvania vuole modificare le leggi sul matrimonio e sul divorzio, limitando ancora di più la libertà delle donne, Nellie decide di contrastarla intervistando donne che avevano divorziato.
Nellie Bly diventa famosa a Pittsburgh, ma insieme alla fama arrivano i problemi. Il mondo degli affari e dell’industria minaccia di non finanziare più il giornale se le inchieste continuano. Nellie viene relegata alle pagine di giardinaggio e di moda, finché non convince Madden a inviarla come corrispondente in Messico. Fra 1886 e 1887 racconta le storie di povertà e di corruzione del paese e, in seguito, raccoglierà le sue corrispondenze nel libro “Six Months In Mexico”.
Dopo soli sei mesi il governo messicano la espelle: ha pubblicato la storia di un giornalista imprigionato dal presidente Porfirio Diaz per aver criticato il governo. Nellie ritorna al «Dispatch» e alle pagine di giardinaggio, ma per poco. Nel 1887 lascia un biglietto a un suo collega «Caro Q.O., me ne vado a New York. Sentirai parlare di me presto. Bly».
È a New York che Nellie Bly diventa famosissima come pioniera del giornalismo investigativo. Si presenta a Joseph Pulitzer e lo convince ad assumerla in uno dei più importanti quotidiani della città, il «New York World».
La sua prima inchiesta riguarda gli istituti psichiatrici. Nellie si finge mentalmente disturbata e riesce a farsi ricoverare per alcuni giorni nel manicomio femminile di Blackwell’s Island. L’inchiesta, pubblicata in seguito con il titolo di “Ten days in a Mad House”, causa scalpore e porta alla riforma degli istituti di igiene mentale nello stato di New York.
L’attività giornalistica di Nellie è molteplice: si fa arrestare per raccontare la condizione delle detenute nelle prigioni, narra storie di donne che lavorano nelle fabbriche o come domestiche e serve, intervista personaggi noti e segue tutti gli avvenimenti più “caldi”: nel 1894 a Chicago è l’unica reporter che racconta lo sciopero delle Pullman Railroads dalla prospettiva dei lavoratori. In tutte le storie che segue Nellie infonde sempre la sua personalità, le sue reazioni, i suoi sentimenti e anche le sue idee su come migliorare ogni situazione. In quel periodo un altro quotidiano, il «New York Journal», la incorona “migliore reporter d’America”.
L’apice della fama lo raggiunge nel 1889 quando Nellie, che aveva appena letto il “Giro del mondo in ottanta giorni” di Jules Verne, suggerì a Pulitzer di finanziarle il giro del mondo. Il 14 novembre 1889 Nellie Bly lascia New York e viaggia via nave, treno e a dorso d’asino. Il «New York World» pubblica ogni giorno i suoi articoli e un gioco dell’oca intorno al mondo per i lettori. Più di un milione di persone partecipa alla lotteria istituita da Pulitzer per indovinare l’attimo in cui Nellie avrebbe rimesso piede a New York.
Il 25 gennaio 1890 alle 15:51 migliaia di persone festeggiano la fine del viaggio e il suo record: in 72 giorni, 6 ore, 11 minuti e 14 secondi Nellie Bly ha completato il giro del mondo.
Nel 1895 la trentenne Elizabeth lascia il giornalismo per sposare Robert Seaman, milionario industriale dell’acciaio che ha 40 anni più di lei. Alla morte del marito nel 1904 Elizabeth prende le redini delle aziende. Nelle sue fabbriche ci sono ambulatori medici e biblioteche, si fa attività fisica e corsi per insegnare agli operai a leggere e a scrivere. Ma dopo pochi anni dichiara bancarotta e per sfuggire ai creditori si rifugia in Svizzera.
È il 1914 e quando scoppia la Prima guerra mondiale Nellie Bly ritorna al giornalismo: è l’inviata di guerra dal fronte austriaco per il «New York Evening Journal». Sul fronte francese è reporter di guerra anche Edith Wharton. Nellie racconta i corpi spappolati, i volti terrorizzati con grandi occhi infossati che la seguono ovunque sotto un’artiglieria incalzante e ossessiva, mentre lei scivola nel fango, coperta, come i soldati, con pesanti mantelli militari. Una volta rientrata a New York continua l’attività giornalistica collaborando per il «New York Journal» e usando la sua influenza per trovare case ai bambini abbandonati. Muore nel 1922 per una polmonite, a 57 anni.