Txt: Il mutuo appoggio, fattore dell'evoluzione
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 Pëtr Alekseevič Kropotkin (Mosca, 9 dicembre 1842 – Dmitrov, 8
        febbraio 1921) è stato un filosofo, geografo, zoologo, militante
        e teorico dell'anarchia russo. Libertario, fautore di un'analisi
        sociologica e di una proposta poggiata su basi scientifiche
        dell'evoluzione sociale nelle comunità umane, basandosi sulla
        "propaganda col fatto", è stato uno dei primi sostenitori
        dell'anarco-comunismo. 
  
«Perché la rivoluzione possa essere più che una parola, perché la reazione non ci riporti domani alla situazione di ieri, la conquista di oggi deve comportare lo sforzo di esser difesa; il povero di ieri non può essere il povero di domani »
Biografia
Nato a Mosca il 9 dicembre 1842 da famiglia aristocratica, nel 1857, in qualità di nobile imparentato con la Corte, Pëtr Kropotkin entrò nel Corpo dei paggi (collegio imperiale) dove terminò il suo corso nel 1861, dal quale uscì nel 1862 per entrare a far parte dei Cosacchi, prestando servizio da ufficiale in Siberia. In questo periodo abbracciò gli ideali anarchici, ed ebbe modo di compiere una serie di studi di geografia, geologia e zoologia che avrebbero avuto in seguito un'influenza fondamentale nello sviluppo della sua filosofia. Nel 1868 rientrò in Russia, a Pietrogrado, riprese gli studi universitari nella facoltà di scienze, e successivamente venne nominato segretario della sezione geofisica della Società russa di geografia. Kropotkin, 1917 Con gli anni maturò la decisione di impegnarsi nell'attività politica: nel 1872 abbandonò i suoi incarichi e si recò a Ginevra, dove aderì alla corrente di Michail Bakunin nella I Internazionale, impegnandosi per la partecipazione degli anarchici ai movimenti sindacali e rivoluzionari (partecipava alle conferenze operaie clandestine, in cui si faceva chiamare «Boradin», propagandando la rivoluzione sociale); entrò poi a far parte della Federazione del Jura. Al suo ritorno in Russia si unì al Circolo Čajkovskij, del quale ricevette l'incarico di scriverne il programma.
Nel 1874 venne arrestato ed imprigionato a San Pietroburgo (scoprire che dietro il rivoluzionario Boradin si nascondeva il principe Kropotkin suscitò la sorpresa e lo sdegno dello zar); riuscì ad evadere nel 1876, raggiungendo la Svizzera con lo pseudonimo di Levachov. Diventò segretario generale del IX Congresso generale dell'Internazionale dei lavoratori, prima di essere costretto alla fuga in Inghilterra dalle minacce d'arresto della polizia svizzera. Stabilitosi in Inghilterra iniziò una serie di viaggi attraverso l'Europa per tornare a Ginevra nel 1878, dove l'anno successivo fondò e diresse Le Révolte. Nel 1880 collaborò insieme a Élisée Reclus alla stesura della Geografia universale.
Nel 1881 fu espulso dalla Svizzera a seguito dell'assassinio dello zar Alessandro II da parte di alcuni anarchici; venne processato (durante il processo gli imputati, Emilio Gautier, Felix Tressaud, Martin, Fager, Sala, lessero una dichiarazione di principi che terminava con il celeberrimo «il pane per tutti, la scienza per tutti, il lavoro per tutti, e per tutti anche l'indipendenza e la giustizia») e incarcerato a Clairvaux nel 1883. Lo stesso anno Victor Hugo presentò al ministro della giustizia francese una petizione per la sua liberazione, firmata da numerosi intellettuali. Dal carcere, nel 1885, scrisse Parole di un ribelle. Il 15 gennaio 1886 Kropotkin ottenne la grazia e si stabilì di nuovo in Inghilterra, dove fondò la rivista Freedom e, insieme ad altri amici, la casa editrice anarchica Freedom Press. Iniziò un lungo periodo di feconda produzione letteraria durante il quale scrisse alcune tra le sue opere più importanti, tra le quali La morale anarchica; Campi, fabbriche e officine; Il mutuo appoggio.
Nei primi anni del XX secolo i tentativi rivoluzionari in Russia risvegliarono l'interesse di Kropotkin per la situazione del suo paese d'origine; nel 1914 prese posizione in favore della guerra contro la Germania, innescando numerose polemiche all'interno del movimento anarchico e un'aspra lite con l'amico Errico Malatesta; il suo atteggiamento interventista trovò ancora riscontro nel 1916 con la sua firma al Manifesto dei Sedici. Anni dopo Kropotkin avrebbe ammesso di aver compiuto un errore.
Nel 1917 tornò in Russia dove prese immediatamente posizione contro la piega autoritaria che avvertiva nel movimento rivoluzionario, osteggiando in particolare i bolscevichi; strinse amicizia con Alexander Kerensky, dal quale rifiutò un ministero; ricevette inoltre l'offerta - che rifiutò sdegnato - di una pensione di 10000 rubli da Lenin.
Nel 1919 si trasferì definitivamente a Dmitrov, dove scrisse la Lettera ai lavoratori d'occidente; il documento più importante di questo periodo è la "Lettera ai lavoratori di tutto il mondo" (1920), in cui Kropotkin esortava tutti i progressisti occidentali a porre fine al blocco e alla guerra d'intervento, che avrebbe solo rafforzato la dittatura e reso più difficile il compito di coloro che stavano lavorando ad una genuina ricostruzione sociale. Illustrava poi la sua visione di una Russia anarchica organizzata in libere comuni federali, e ammoniva gli uomini d'altri paesi a imparare dagli errori della rivoluzione russa. Di quest'ultima lodava i passi verso l'uguaglianza sociale e il ruolo dei Soviet, che avrebbero potuto portare all'emancipazione dei produttori nell'amministrazione della loro attività se solo non fossero caduti sotto il controllo della dittatura. Nonostante tutto Kropotkin era ancora ottimista ed invitava i lavoratori a creare una nuova Internazionale. Le sue parole però non influenzarono né gli eventi interni, né quelli esterni ed egli non poté far nulla neppure per gli anarchici che erano in prigione, in esilio o a combattere nell'esercito rivoluzionario ucraino di Nestor Makhno.
La sua morte, avvenuta l'8 febbraio 1921, gli impedì di completare quella che considerava la sua opera più importante, L'etica. Il suo feretro attraversò le strade di Mosca scortato da nere bandiere incise del motto "Dove c'è autorità non c'è libertà".
Il pensiero
Kropotkin, che sviluppa le proprie idee all'apogeo del clima positivista e scientista dell'800, fu fortemente influenzato dal suo essere contemporaneamente scienziato e anarchico, per questo si legò fortemente al razionalismo illuministico. In questo "clima" egli lancia la sua sfida intellettuale: dimostrare che l'anarchismo è in perfetta sintonia con lo sviluppo e i metodi della scienza, che esso ha basi scientifiche indiscutibili e, soprattutto, dimostrare che la vita umana ed animale è prevalentemente basata sulla cooperazione e la solidarietà, piuttosto che sulla lotta. In questa maniera l'anarchico russo vuole criticare sia le teorie del socialismo scientifico, in particolare quelle del metodo dialettico e del determinismo economico, sia le teorie dei discepoli del "darwinismo sociale" che giustificano l'oppressione del forte sul debole. Gli elementi cardine del pensiero kropotkiniano sono: il determinismo scientifico, l'etica e l'anarco-comunismo.
Il determinismo scientifico
Portada de La Conquista del pane, edizione francese Per Kropotkin l'anarchia è un modo d'organizzazione sociale "imposto" dalla stessa natura ed è quindi una verità scientifica: "l'anarchia è una concezione dell'universo, basata sulla interpretazione meccanica dei fenomeni, che abbraccia tutta la natura, non esclusa la vita della società". Il suo metodo è quello delle scienze naturali; secondo questo metodo ogni conclusione scientifica deve essere verificata. La tendenza kropotkiniana è di fondare una filosofia sintetica che si estenda a tutti i fatti della natura, compresa la vita delle società umane e i loro problemi economici, politici e morali". Per Kropotkin in natura non esistono leggi prestabilite bensì fenomeni non determinati e l'armonia non può non essere che la conseguenza di un lungo processo. Ugualmente la società umana, che si regge sull'armonia spontanea, non può che sfociare nell'Anarchia, poiché anche gli esseri umani tendono a respingere le forme cristallizzate. L'anarchia quindi si realizzerebbe come conseguenza deterministica, ovvero senza alcuna volontà possibile. Quest'ultima, che determina la condotta degli individui e della società, secondo il determinismo, non sarebbe altro che un'illusione. Passato, presente e futuro non sarebbero altro che una sequenza di cause ed effetti di natura meccanica, secondo cui la volontà non può incidere in alcun modo. Tuttavia per Kropotkin il pensiero meccanicista non è così "rigido": egli ritiene che i fini possono essere raggiunti solo attraverso l'adeguamento dei mezzi alla natura dei fini. In pratica i fini non sono dati, ovvero è l'azione cosciente (prassi rivoluzionaria) dell'uomo che determina i fini.
L'etica
Secondo Kropotkin, tre sono gli stadi dell'etica umana: il mutuo soccorso; la giustizia; la morale. Il mutuo soccorso, tradotto anche come mutuo appoggio, è presente in tutti gli animali con pochissime eccezioni. Solo le tigri, alcuni uccelli e alcuni pesci, afferma Kropotkin, non hanno istinti sociali e vivono isolati. Tutti gli altri però vivono in branchi e si aiutano a vicenda, perché questa è l'arma migliore per sopravvivere. Kropotkin, rifacendosi soprattutto agli studi di Charles Darwin, nota che gli istinti sociali sono via via più presenti man mano che una specie è evoluta; così, le specie più evolute di ogni classe animale, possiedono istinti sociali fortissimi. Questi istinti sono indubbiamente presenti anche in ogni uomo.
La giustizia deve essere intesa come uguaglianza; non vi è alcuna giustizia senza equità. Questo è un passaggio successivo, che non deriva dagli istinti né dai sentimenti, ma dalla ragione. Anche la giustizia, afferma Kropotkin, è presente in molti animali, particolarmente quelli più evoluti. Parla ad esempio di uccelli che si dividono le scogliere, zona di caccia, in modo che nessuno abbia un territorio migliore o peggiore degli altri; quindi se il territorio di un uccello è particolarmente buono per la caccia, sarà meno esteso rispetto a quello di un uccello che ha un territorio peggiore. Nelle civiltà primitive, poi, la giustizia intesa come equità era la norma. Lo deduce da studi effettuati di persona e da altri studiosi, in cui sono state analizzate le culture considerate più "primitive". Ciò non toglie che l'uomo ha sempre vissuto in società, come gli animali.
La morale è qualcosa che nasce successivamente. Essa va addirittura oltre la giustizia e va intesa come abnegazione o sacrificio di se stessi per gli altri. È ciò che avviene quando un individuo rinuncia alla propria vita per salvarne un altro (si tratta naturalmente di un caso estremo). La morale, però, non è che un "di più", che non si può chiedere ad una persona. Tale distinzione non è nuova. Era già presente in Pierre Joseph Proudhon e in Jean-Marie Guyau, ma Kropotkin l'ha approfondita. Avrebbe voluto chiarire, nel secondo volume de L'Etica, da quali processi psicologici nascano la giustizia e la morale nell'uomo, ma purtroppo di quel volume non abbiamo che poche bozze. Sappiamo però che intendeva fondare una nuova etica (la morale realistica, o morale anarchica) rifacendosi principalmente all'abbozzo di Guyau di una morale senza obbligazione né sanzione.
L'anarco-comunismo
Il comunismo anarchico o comunismo libertario è il "comunismo senza governo, quello degli uomini liberi, è la sintesi dei due scopi ai quali mira l'umanità attraverso i tempi: la libertà economica e la libertà politica ed è anche il completamento dell'anarchia, ovvero l'uguaglianza che completa la libertà. È quindi inoltre l'opposto dell'individualismo esattamente come il mutuo appoggio è l'esatto contrario della lotta per l'esistenza. Per Kropotkin il comunismo è l'unico sistema privo di contraddizioni sociali, poiché, secondo il principio "da ognuno secondo le sue forze, ad ognuno secondo i suoi bisogni", abolisce la schiavitù del salario e la dipendenza dal bisogno, mediante la spontanea azione delle masse. Kropotkin, nella sua visione deterministica, è contrario alla rivoluzione, tuttavia la ritiene fondamentale in certe epoche, in quanto mezzo di accelerazione del processo evolutivo.
Il comunismo kropotkiniano vuole abolire non solo la differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale (come Bakunin) ma anche quella tra città e campagna. Per il pensatore russo ogni individuo deve integrare il lavoro manuale con quello intellettuale (ciò per evitare pericolose specializzazioni che possano creare privilegi); anche l'integrazione geografico-sociale della città con la campagna sono due aspetti complementari perché mirano al superamento della divisione della società in una scala gerarchica. Questi due aspetti, così integrati tra loro, costituiscono la struttura federalistica ed armonica del piano kropotkiniano, che comporta la fine di ogni dominio: abolizione delle classi, abolizione dello Stato e di ogni altra forma gerarchica socio-economica, decentramento e federalismo dal basso verso l'alto, abolizione della duplice divisione del lavoro, pratica immediata di comunismo libero e di mutuo appoggio.
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        PËTR ALEKSEJEVIC KROPOTKIN
        
        A cura di Silvia Ferbri
        
        Introduzione
         
        Pëtr Kropotkin è stato un rivoluzionario anarchico russo
        (possiamo considerarlo uno dei "padri fondatori" dell'anarchismo
        e dell'anarcocomunismo in particolare), ma anche uno scienziato
        e un filosofo. Il suo è però un pensiero poco conosciuto, pur
        essendo ricco e fecondo. La sua vita e la sua collocazione
        politica hanno probabilmente contribuito a metterlo in ombra, al
        punto che è praticamente ignorata anche la sua intensa opera
        geografica (a Kropotkin dobbiamo l'esatta conoscenza
        dell'orografia asiatica e delle varie fasi dell'era glaciale in
        Europa; compì infatti diverse esplorazioni nella prima parte
        della sua vita) così come il suo notevole contributo
        all'antropologia e all'etologia. Le sue ricerche e le sue
        riflessioni spaziano dall'analisi critica dell'evoluzionismo
        darwiniano (in occasione della quale emerge il concetto del
        "mutuo appoggio" come fondamentale fattore evolutivo) alle
        riflessioni sull'etica (proponendo un'etica solidale, dopo aver
        esaminato i vari stadi dello "sviluppo" etico); dall'anarchia e
        l'autogestione a un'approfondita e profetica analisi sociale ed
        economica; dalla ricerca di una filosofia anarchica della storia
        fino all'ipotesi di un fondamento scientifico vero e proprio per
        la teoria anarchica, da contrapporre al socialismo scientifico
        marxista; dalla sua particolare concezione antropologica a una
        sensibilità ecologica difficile da riscontrare ai suoi tempi.
        
        Dal punto di vista filosofico rivestono un particolare interesse
        i suoi scritti sulla storia e la storiografia (quindi il suo
        concetto di rivoluzione e la sua teoria, sostenuta e messa in
        pratica con la sua stessa vita, dell'agire umano, che
        illustreremo più avanti), il concetto del "mutuo appoggio", e
        senz'altro la sua opera incompiuta sull'Etica. Ugualmente
        notevoli, anche se riguardano altre discipline, sono la sua
        analisi e la sua concezione economica (un'opera come Campi,
        fabbriche e officine era estremamente all'avanguardia per
        l'epoca in cui è stata scritta) e, come abbiamo accennato, la
        sua attività di geografo. Le sue opere e i suoi studi spaziano
        quindi in svariati campi, a dimostrazione del suo amore per il
        conoscere e per il sapere, oltre a quello, altrettanto intenso,
        per la vita e per la lotta.
        
        Kropotkin nei suoi lavori fa un costante riferimento alla
        scienza naturale, ponendo la scienza come base per le sue
        argomentazioni, approccio che venne spesso criticato da altri
        pensatori o attivisti anarchici. Se non può essere considerato
        quindi un "idealista", come vedremo, neppure è corretto
        definirlo un "empirista" tout court. Potremmo qualificarlo come
        "naturalista", ma se il suo naturalismo si basa
        sull'evoluzionismo, come vedremo meglio in seguito, neppure lo
        si può considerare del tutto un precursore dell'attuale
        epistemologia evoluzionistica di Campbell, Lorenz, Riedl e
        altri, in quanto l'evoluzionismo moderno, a differenza di
        Kropotkin, manifesta solo raramente un interesse sociale e
        politico. Interessante è poi la questione dell'individualismo e
        del rapporto individuo-società in Kropotkin, che analizzeremo
        tra breve, e che allo stesso modo il più delle volte non è stata
        valutata e compresa pienamente. 
  
Ma ciò che è più importante rilevare è che il suo pensiero e il
        suo punto di vista non hanno perduto oggi la loro attualità e
        meritano di essere tutt'ora conosciuti e ricordati. Il suo
        ottimismo e il suo entusiasmo, nonostante le mille difficoltà
        che ha dovuto affrontare nel corso della sua vita, affascinano e
        coinvolgono, in particolare la sua descrizione di un uomo
        davvero libero e capace di vivere sul serio la libertà, un uomo
        in grado di gestire totalmente l'intera organizzazione sociale
        ed economica, oltre alla sua vita privata, senza delegare
        alcunché a politici di mestiere o a veri o presunti esperti.
        Descrizione che non muove da una qualche teoria formulata
        astrattamente, ma dalla sua esperienza, diretta o indiretta, che
        egli costantemente pone non soltanto come concreto esempio da
        seguire ma anche come obiettivo da continuare a raggiungere. 
      
La sua ricerca di modelli di comunità autogestita, basata sulla
        conoscenza della natura sociale dell'uomo, può fornire
        importanti stimoli per la società intera, non soltanto per le
        varie reti o quei gruppi politicamente impegnati che provano al
        giorno d'oggi (di fronte alle attuali sfide poste dalla
        crescente emergenza ecologica e dall'espansione
        dell'imperialismo, da alcuni definito "globalizzazione") a
        sperimentare al loro interno l'autogestione e il mutuo appoggio
        tentando di escludere qualsiasi rapporto di potere. E' anche
        fondamentale, nell'attuale crisi della politica e a seguito dei
        cambiamenti dovuti alla cosiddetta "fine delle ideologie" e al
        crollo del comunismo sovietico, tentare finalmente (e non solo
        per la "sinistra" nelle sue varie componenti) di arrivare ad una
        fondata conoscenza dell'uomo, soprattutto riguardo la sua
        capacità di convivere pacificamente e in libertà, di cooperare e
        autoorganizzarsi in uguaglianza, senza costrizione esterna
        (capacità non riconosciuta da Marx e dai suoi discepoli, ma che
        andrebbe seriamente rivista, al fine di non ripetere i ben noti
        vecchi errori).
        
        Non ultimo, il pensiero di Kropotkin può farci riflettere se sia
        ancora valido (come ritengono invece molti neokantiani e
        idealisti) continuare ad insistere sulla divisione tra naturale
        e sociale. Il materialismo di Kropotkin a questo proposito è
        ancora qualcosa d'altro e di più: egli non fu solo un seguace
        del principio antropologico di Cernysevskij, ma fu come abbiamo
        visto un geografo, esponente pertanto di una scienza che allora
        si definiva interdisciplinare, ovvero proprio una sintesi tra il
        sociale e il naturale. Le componenti del pensiero e
        dell'esperienza di Kropotkin sono quindi variegate e complesse,
        e la sintesi che ne deriva è particolarmente ricca e feconda, un
        patrimonio da non disperdere, ma da cui attingere  e non da
        un unico punto di vista.
         
        La vita e le opere
         
        Pëtr Aleksejevic Kropotkin nacque a Mosca il 9 dicembre 1842, da
        una famiglia dell'aristocrazia russa. Fin da piccolo sviluppò
        quindi un rapporto molto intenso con i servi-contadini della
        famiglia paterna e un'istintiva empatia per le loro drammatiche
        condizioni di vita. Frequentò una esclusiva scuola militare (il
        corpo dei Paggi di Alessandro II, avendo così un contatto
        diretto con la famiglia imperiale e il mondo dell'autocrazia
        russa), quindi, nel 1862, rinunciando temporaneamente per motivi
        di rapporti familiari agli studi universitari, entrò a far parte
        del corpo dei Cosacchi e si recò in Siberia, esperienza
        determinante sia per i suoi studi di geografia, geologia e
        zoologia (che avranno in seguito un'influenza fondamentale nello
        sviluppo del suo pensiero filosofico), sia per i suoi primi
        atteggiamenti critici verso la società zarista e le sue enormi
        ingiustizie, stimolati proprio dal soggiorno siberiano. 
      
Restò inoltre particolarmente impressionato dall'organizzazione
        semicomunista della popolazione autoctona. "Gli anni che passai
        in Siberia", scrisse in Memorie di un rivoluzionario, "mi
        insegnarono molte cose che non avrei potuto imparare altrove. Mi
        convinsi ben presto dell'assoluta impossibilità di fare qualcosa
        di veramente utile per il popolo servendosi del meccanismo
        amministrativo. Mi liberai per sempre di quella illusione.
        Incominciai poi a capire non solo gli uomini e la natura umana,
        ma anche le intime origini della vita della società. Il lavoro
        costruttivo delle masse ignorate, di cui così poco si parla nei
        libri, e l'importanza di quel lavoro costruttivo nello sviluppo
        delle forme sociali, mi si delineò con chiarezza.". Kropotkin
        qui si riferisce a una comunità che si era stabilita nella
        regione dell'Amur. "Vedere gli immensi vantaggi della loro
        organizzazione fraterna semicomunista e constatare i buoni
        risultati della loro colonizzazione in mezzo ai tanti falliti
        della colonizzazione di stato, fu una lezione che avrei cercato
        inutilmente nei libri. E poi, vivere con gli indigeni, osservare
        le forme complesse di organizzazione sociale che essi hanno
        elaborato lontano dall'influenza di qualsiasi società, era fare
        provvista di una luce che avrebbe poi rischiarato i miei studi
        futuri.".  
      
Dopo essere rientrato in Russia e aver intrapreso finalmente
        gli studi universitari nella facoltà di scienze (successivamente
        verrà nominato segretario della sezione geofisica della Società
        russa di geografia), nel 1872, dopo una spedizione in Finlandia,
        feconda e determinante soprattutto per la sua riflessione sulle
        scelte future, si recò in Svizzera, avendo nel frattempo
        maturato la decisione di impegnarsi nell'attività politica. La
        decisione di rinunciare all'offerta della Società geografica
        maturò in seguito al seguente quesito: "Ma quale diritto avevo
        io a queste gioie profonde, mentre intorno a me non vi era che
        miseria e lotta per un tozzo di pane ammuffito; quando tutto
        quello di cui io potevo aver bisogno per poter vivere in questo
        mondo di altissime emozioni doveva essere tolto dalla bocca di
        quelli che fanno crescere il grano e non hanno abbastanza pane
        per i loro bambini?" 
      
Vediamo così da subito qual'è il suo metodo di studio (partire
        sempre dalla realtà concreta, dalla vita vissuta, mai da teorie
        o principi astratti) e il suo atteggiamento di uomo, fortemente
        intriso fin dalla più giovane età di un profondo senso di
        giustizia. 
      
A Ginevra aderì alla corrente bakuniana della I Internazionale,
        ed entrò a far parte della Federazione del Jura. Abbracciò gli
        ideali di fratellanza socialisti e anarchici, e si impegnò per
        la partecipazione anarchica ai movimenti sindacali e
        rivoluzionari. 
      
Tornato nel suo paese, dove si unì al Circolo Cajkovskij,
        vivendo una delle sue esperienze più straordinarie in
        condivisione con tutti quei giovani, in gran parte ragazze, che
        rinunciarono a tutto, in molti casi alla loro stessa vita, per
        dedicarsi anima e corpo all'emancipazione del popolo, nel 1874
        venne arrestato e rinchiuso (senza processo) nella fortezza di
        S. Pietro e Paolo a San Pietroburgo. Durante la prigionia
        continuò, nonostante le difficoltà, a scrivere i suoi lavori
        sulla glaciazione in Europa. Nel 1876 riuscì ad evadere con una
        fuga spettacolare e con l'aiuto dei suoi compagni di lotta, e
        raggiunse la Svizzera sotto pseudonimo, dopo un breve ma intenso
        soggiorno in Inghilterra. 
      
Diventò segretario generale del IX Congresso generale
        dell'Internazionale dei Lavoratori, prima di essere costretto a
        fuggire ancora in Inghilterra. Effettuò numerosi viaggi
        attraverso l'Europa, sostò a Parigi, dove conobbe Turgheniev,
        tornando poi a Ginevra nel 1878, dove l'anno successivo fondò e
        diresse «Le Révolté» (dal 1887 «La Révolte», poi dal 1895, «Les
        Temps Nouveaux»). La Federazione del Jura era stata ridotta al
        silenzio dalle persecuzioni, e Guillaume, che da otto anni
        teneva in vita il «Bollettino della Federazione», aveva dovuto
        abbandonare la Svizzera e rifugiarsi in Francia. Nel 1880
        collaborò con Elisée Reclus, un grande geografo francese di idee
        anarchiche, anch'egli ingiustamente dimenticato, con il quale
        instaurò un rapporto di profonda amicizia, alla stesura della
        sua Geografia Universale.
        
        Espulso nel 1881 dalla Svizzera (a seguito dell'uccisione dello
        zar Alessandro II), venne poi processato e condannato in Francia
        l'anno seguente per attività sovversiva. In carcere scrisse Paroles d'un révolté,
        (Parole di un ribelle). Victor Hugo presentò al ministro della
        giustizia francese una petizione per la sua liberazione, firmata
        da numerosi intellettuali. Nel 1886 Kropotkin ottenne la grazia
        e dopo un breve soggiorno a Parigi si trasferì in Inghilterra,
        dove fondò la rivista «Freedom». Seguì un periodo di intensa
        produzione letteraria, durante il quale scrisse alcune tra le
        sue opere più importanti, tra cui La conquête du pain, (La conquista del pane),
        La morale anarchiste in
        «La Révolte», (La morale anarchica), Fields, Factories and Workshops, (Campi,
        fabbriche e officine), Memoires
          of a Revolutionist, (Memorie d'un rivoluzionario), Mutual Aid. A Factor of Evolution,
        (Il mutuo appoggio), La
          grande révolution. 1789-1793, (La grande rivoluzione.
        1789-1793).
        
        I tentativi rivoluzionari in Russia nei primi anni del XX secolo
        risvegliarono l'interesse di Kropotkin per il suo paese
        d'origine; nel 1914 prese posizione in favore della guerra
        contro la Germania (nel 1916 aderì al Manifesto dei Sedici)
        suscitando numerose polemiche all'interno del movimento
        anarchico e una lite piuttosto aspra con l'amico Errico
        Malatesta. 
      
Nel 1917, allo scoppio della rivoluzione, Kropotkin tornò in
        Russia, dove prese immediatamente posizione contro la piega
        autoritaria che il movimento rivoluzionario stava assumendo, in
        particolare contro i bolscevichi; entrò in contatto con
        Alexander Kerenskij (dal quale rifiutò un ministero); e con
        Lenin, al quale scrisse denunciando il regime, quindi si stabilì
        a Dmitrov, dove scrisse la Lettera ai lavoratori d'occidente e
        dove visse i suoi ultimi anni in un isolamento che non poteva
        essergli proprio.
        
        La sua morte, avvenuta l'8 febbraio 1921 a causa di una
        polmonite, gli impedì di completare L'etica (Etika, I), quella
        che lui stesso considerava la sua opera più importante.
         
        La filosofia kropotkiniana della storia
      
Kropotkin, interrogandosi sul ruolo del popolo durante la
        Rivoluzione francese, si mise in contrasto con la maggior parte
        degli storici del tempo, sia per il suo approccio che per le
        conclusioni a cui giunse. Nel suo libro La grande rivoluzione
        riscopre ed esalta infatti il ruolo del popolo e della
        dimensione collettiva, svalutando invece la volontà
        rivoluzionaria della borghesia.
        
        La borghesia per Kropotkin è controrivoluzionaria, ciò a cui
        mira è togliere il governo all'aristocrazia cortigiana ma non
        andare oltre; le sue aspirazioni non sono quelle del popolo; la
        borghesia ha le idee ben chiare ed è più forte: il popolo, senza
        il quale la rivoluzione non sarebbe avvenuta, viene utilizzato e
        sacrificato. L'unione della corrente delle idee con la corrente
        dell'azione è stata fondamentale, ma quest'ultima proveniva
        espressamente dalle masse popolari, dai contadini e dai
        proletari delle città. "E quando queste due correnti si
        incontrarono in un obiettivo inizialmente comune, quando
        praticarono per un certo periodo un appoggio mutuo, il risultato
        fu la rivoluzione." 
      
Le idee dei filosofi del XVIII secolo, i principi di
        uguaglianza, libertà, sovranità della ragione da soli non
        potevano essere sufficienti: per provocare la rivoluzione,
        occorreva "dare inizio alla realizzazione dell'ideale." E questo
        poteva avvenire soltanto, secondo l'analisi di Kropotkin, con
        l'azione rivoluzionaria proveniente dal popolo. Ma poi la
        rivoluzione autentica venne fermata, e la vera storia popolare
        della rivoluzione non venne mai scritta. Per Kropotkin,
        quest'ultima è la storia dei primi sintomi della corrente di
        pensiero e azione che nel secolo successivo prenderà il nome di
        anarchismo, è l'origine dei principi comunisti, socialisti,
        anarchici, la "nostra madre comune"; appartiene alla storia di
        tutti i libertari, che da sempre, secondo la visione di
        Kropotkin, è contrapposta a quella degli autoritari, i loro
        eterni nemici. Giacobini, quindi, contro antigiacobini
        (hebertisti, "arrabbiati", anarchici..). 
      
E' la storia delle istanze egualitarie del popolo, degli
        esperimenti di democrazia diretta e di vero socialismo dal basso
        e autogestionario. La storia che è sempre stata raccontata dagli
        storici, reazionari, liberali o marxisti, ritiene Kropotkin, è
        invece quella dell'involuzione rivoluzionaria compiuta
        dall'autoritarismo dietro la mistificazione della "necessità".
        
        L'anima della rivoluzione era nelle Comuni, realtà ben diverse
        dai corpi municipali realizzati in seguito, dove "i cittadini,
        dopo pochi giorni di eccitamento dovuto alle elezioni,
        ingenuamente affidano l'amministrazione di tutti i propri
        affari, senza occuparsi più di niente. La folle fiducia nel
        governo rappresentativo che caratterizza la nostra epoca non
        esisteva durante la Grande Rivoluzione. La Comune nata dai
        movimenti popolari non si separerà mai dal popolo."
      
Kropotkin esaltava la meravigliosa attitudine del popolo per
        l'organizzazione rivoluzionaria, e la capacità delle masse di
        fare a meno dei corpi rappresentativi e di mettere in pratica
        l'autogoverno. L'unità dell'azione era cercata non
        sottomettendosi a un comitato centrale, ma all'interno di una
        confederazione. La Comune era una, composta dall'insieme di
        tutti i suoi distretti, ma il governo rappresentativo era
        ridotto al minimo indispensabile: era ai cittadini riuniti in
        assemblea che apparteneva il diritto ultimo di legiferare e
        amministrare nella Comune.
        
        Kropotkin descriveva poi l'energia interiore che si era
        accumulata nei villaggi, a dispetto del lungo periodo di guerra
        seguito alla rivoluzione, e quindi la ricchezza e la
        produttività, dovute all'amore per la terra. "La rivoluzione ha
        portato un mutamento profondo, e il vecchio regime non verrà più
        restaurato.".
        
        Kropotkin illustrava il momento in cui ci si trova di fronte ad
        una svolta: riforma o rivoluzione. C'è sempre un momento,
        sosteneva, in cui la riforma è ancora possibile, ed è di quel
        momento che è necessario approfittare.
        "Una riforma è sempre un compromesso con il passato, mentre il
        progresso ottenuto tramite una rivoluzione è sempre una promessa
        di progresso futuro.".
         
        Evoluzione e rivoluzione, libertà e dominio
         
        Secondo la teoria di Kropotkin, sia i cambiamenti nel cosmo e
        nella natura vivente, che quelli nella società umana, sono un
        susseguirsi complementare di evoluzione e rivoluzione.
        (Intendendo la rivoluzione come conseguenza di un percorso
        evolutivo, o, più precisamente, un periodo di evoluzione
        accelerata). Questo è stato il cammino della storia.
        Ma non abbiamo a che fare con una teoria astratta: le
        conclusioni a cui Kropotkin giunge, in questo, come negli altri
        casi, sono dovute sia ad uno studio approfondito che, in primo
        luogo, alla sua esperienza personale (non solo e non tanto una
        verifica, quanto una frequente e reale scoperta). La
        meravigliosa attitudine del popolo per l'azione rivoluzionaria,
        ad esempio, cui fa spesso riferimento, deriva dai suoi contatti
        e dai suoi rapporti, prima con i rivoluzionari russi, poi con il
        movimento dei lavoratori in Occidente.
        
        Lo schema evoluzione-rivoluzione non è dato per scontato, e
        nulla può assicurare che continui: se per tutto un insieme di
        circostanze e di scelte (o non-scelte) si va verso la
        regressione, l'involuzione o la stagnazione, ecco che una
        rivoluzione non seguirà.
        
        "Tutta la storia della nostra
          cultura è attraversata da due tradizioni, da due correnti
          opposte: la tradizione romana e quella popolare, l'imperiale e
          la confederativa, la tradizione autoritaria e quella
          libertaria." Uno sviluppo, quindi, lungo la linea di
        conflitto tra libertà e dominio. Quella di Kropotkin è una
        concezione antagonistica della storia, che non si basa però
        esclusivamente sulla lotta di classe o sullo scontro delle varie
        élite per il potere: questo conflitto tra libertà e dominio
        attraversa e contiene anche gli elementi culturali e soprattutto
        quelli mentali e psichici.
        
        Per Kropotkin, il cambiamento della società parte dagli
        individui: non vi sono "motori" esterni. L'agire umano è
        fondamentale: da esso dipendono le diverse condizioni sociali.
        Kropotkin si opponeva quindi alle concezioni deterministiche,
        pur essendo stato sovente accusato del contrario. E respingeva
        anche la «naturale necessità economica» chiamata costantemente
        in causa dagli storici e dagli economisti politici, sia borghesi
        che socialisti. Il «fattore umano» per lui era significativo e
        determinante, soprattutto nei movimenti rivoluzionari. (Lo
        «spirito della rivolta» descritto in Paroles d'un révolté).
        
        L'andamento di una autentica rivoluzione, secondo la sua
        analisi, si svolge in tre fasi: con l'immediata soddisfazione
        dei bisogni del popolo (e non attraverso una «dittatura del
        proletariato»), quindi con l'esproprio dei proprietari;
        subito dopo, con una intensa produzione alla quale ciascuno
        contribuisce volontariamente secondo le proprie possibilità;
        terza fase, nelle comunità così costituite (autonome, il più
        possibile autarchiche, in un equilibrio armonico tra città e
        campagna circostante) si sviluppano liberi accordi tra i membri
        che vi fanno parte. Liberi, senza costrizione alcuna.
        
        Kropotkin non ipotizzava la costituzione di istituzioni di
        ordine "superiore", che organizzino e controllino lo svolgimento
        delle diverse fasi rivoluzionarie, e questo a causa della sua
        fiducia nella maggiore età delle masse popolari. Fiducia nata e
        rafforzata durante la sua vita in comune con così tanti
        individui che lottarono e sacrificarono la propria vita per
        costruire una nuova società e una vera libertà, come egli ci
        racconta in Memorie di un rivoluzionario, che è molto di più di
        un romanzo autobiografico. Diversamente dallo scetticismo di
        altri pensatori anarchici, Kropotkin era assolutamente convinto
        della grande forza rivoluzionaria del popolo, e più precisamente
        del fatto che fosse lo spirito collettivo, il cuore del popolo
        intero, a far emergere le grandi idee nella storia, e non i
        concetti dei filosofi. "La
          ribellione proviene sempre dagli oppressi, dal popolo.".
        
        Chi è questo popolo, questa forza in grado di plasmare la
        storia? Per Kropotkin non si trattava di una astratta e confusa
        nozione generale, o di una specifica classe rivoluzionaria, ma
        di comunità costituite da uomini, da singoli individui concreti:
        quegli esseri umani che egli ha incontrato e con cui ha
        condiviso gioie e dolori, speranze e sconfitte, nel corso delle
        sue esplorazioni geografiche e nel corso delle vicende della sua
        vita. La sua antropologia è autentica, perché si basa su dati
        oggettivi. La sua è una conoscenza dell'uomo "scientificamente"
        fondata. Qualcosa che è in qualche modo mancato ai teorici del
        socialismo (per quanto definito "scientifico") così come ad
        altri filosofi o pensatori che non sono mai usciti dalle aule
        universitarie. Kropotkin a volte è stato accusato di
        autoritarismo, in altri casi riduttivamente considerato un
        "positivista". Il naturalismo di Kropotkin si basa
        sull'evoluzionismo, su un individuo, come abbiamo visto, formato
        via via dalla progressione delle sue conoscenze e da una
        crescita dovuta all'esperienza, quella propria e quella di chi
        l’ha preceduto, dotato pertanto sia di un certo numero di
        "a-priori" che di una serie pressoché illimitata di
        "a-posteriori", questi ultimi suscettibili di variazioni che non
        possono essere previste o predeterminate. La libertà e la
        creatività umana sono quindi fondamentali. Nessun innatismo,
        nessun determinismo, né finalismi o teleologismi di alcun tipo.
        
        Kropotkin ha vissuto un'esperienza molto vasta, che si potrebbe
        definire "completa". Ha spaziato in quasi tutti i campi del
        sapere, è stato uno scienziato, un geografo, un geologo, un
        antropologo, un sociologo, un economista; ha avuto contatti
        strettissimi sia con l'aristocrazia che con i contadini, gli
        operai, gli studenti, gli esuli e gli emarginati; è stato un
        rivoluzionario in mezzo ad altri rivoluzionari; è stato
        probabilmente difficile valutare la sua opera per coloro che
        hanno provato a farlo partendo però da esperienze o visioni
        molto più circoscritte.
        Egli ha esplorato la complessità e la molteplicità, ed è queste
        (non l'uniformità, come hanno voluto osservare alcuni critici)
        che ci descrive e su cui si basano i suoi lavori.
        
        La ricerca di Kropotkin sulla natura dell'uomo, ricerca seria,
        ostinata, rigorosa, che ha impegnato tutta la sua vita, basata
        su esperienze concrete e su costanti verifiche, trova conferme
        nella psicologia del profondo e nell'antropologia culturale,
        così come le sue analisi e le sue previsioni economiche in primo
        luogo nei fatti.
        
        Può essere difficile comprendere come possano coesistere la
        dimensione rivoluzionaria e quella evoluzionistica (vedi più
        avanti, ultimo capitolo), e si può ritenere, fraintendendo, che
        per Kropotkin l'etica e la libertà (che implicano coscienza e
        volontà) siano unicamente il risultato di un'evoluzione organica
        universale, che trascende quindi l'ambito della scelta e della
        conquista individuali, si può pensare che la società ipotizzata
        da Kropotkin sia un ulteriore esempio di oppressione del singolo
        individuo, che la socialità non possa essere una scelta ma
        soltanto una necessità della specie, ma leggendo le sue opere
        con piena attenzione si scopre che egli non intendeva affatto
        questo, che la sua visione è originale e svincolata dai consueti
        canali di pensiero e di interpretazione, così come dalle
        correnti filosofiche più accreditate. E non è mai una visione
        slegata dalla realtà: appartiene piuttosto a una realtà che è
        sempre molto rara, fragile, difficile da difendere e da
        estendere, perché continuamente ostacolata dal potere.
         
        Individuo e società
         
        Kropotkin non analizza il dualismo individuo/società come altri
        pensatori hanno fatto (possiamo citare Fourier, seguito da
        Freud, Marcuse, Foucault, quindi la problematica della
        repressione esercitata dalla società sulle passioni umane),
        partendo cioè dall'analisi di una società repressiva e
        gerarchica; egli ha un'altra visione del mondo e da questa
        sceglie di partire, pur non disconoscendo la realtà che lo
        circonda (che anzi critica e combatte) e non ritiene che la
        libera soddisfazione dei bisogni dell'uomo sia per forza
        incompatibile con qualsiasi tipo di società "civile".
        
        Qual'è il suo presupposto? Una società senza individui non può
        esistere: è chiaro perciò che sono gli individui stessi a
        formarla. La società è quindi il risultato, la somma, delle
        azioni e delle scelte degli individui che la compongono. Se la
        società si basa su rapporti gerarchici, di sfruttamento e
        dominazione, tutti coloro che sono dalla parte degli sfruttati,
        dei dominati, o in ogni caso sono esclusi dalle decisioni
        politiche, economiche e via di seguito, svilupperanno un
        sentimento di estraneità, di avversione, o di accettazione
        passiva. La società diviene un qualcosa di estraneo. Diviene un
        elemento a sé, il simbolo stesso della coercizione
        sull'individuo e della privazione della libertà (che in effetti
        è ciò che si realizza).
        Più le decisioni, le scelte, le gestioni sono accentrate e
        autoritarie, e meno le singole persone sono in condizioni di
        parteciparvi, più si sviluppa questo sentimento nei confronti
        della società. Nello stato accentratore, con la sua
        legislazione, i suoi corpi militari, la sua burocrazia
        onnipervasiva, l'individuo, in quanto parte del corpo sociale,
        in realtà ne occupa un posto infinitamente piccolo, in qualche
        modo cessa quasi di esistere.
        
        La convinzione che lo stato con le sue istituzioni sia
        assolutamente necessario per la gestione del vivere sociale, per
        evitare il caos, non essendo gli individui in grado di occuparsi
        delle questioni "pubbliche", che pure li riguardano, è un fatto
        ormai dato per scontato, pur rappresentando una vera e propria
        contraddizione in termini.
        La società è vissuta come "aliena", né si riesce ad ipotizzarla
        in altro modo, proprio per questa "separazione", per questa
        frattura che è avvenuta nel corso della storia.
        
        In una società di tipo gerarchico, l'individuo non ha occasione
        di sviluppare se stesso pienamente. Ma nessun essere umano può
        svilupparsi pienamente, come tale, in solitudine. Può farlo
        soltanto in unione con gli altri esseri umani. Lo sviluppo
        individuale e quello sociale sono complementari, dipendono uno
        dall'altro. Questo però non può avvenire attraverso alcun tipo
        di imposizione dall'alto. La coercizione, a qualsiasi livello e
        in qualsiasi grado venga subita, è del tutto opposta allo
        sviluppo e alla crescita. L'autodeterminazione, la capacità di
        assumere decisioni e responsabilità non hanno modo di
        realizzarsi in una società gerarchica e accentrata, tendono anzi
        ad esaurirsi e scomparire. (Cosa questa che avviene in misura
        analoga in una relazione più circoscritta, che siano rapporti
        familiari, di lavoro, personali; la gerarchia e la dominazione,
        essendo ormai parte di noi stessi, non si esercitano soltanto a
        livello politico o economico).
        In una società non gerarchica, in una comunità libera,
        sviluppata in modo armonico, formata da uomini liberi, che hanno
        scelto da se stessi il proprio modo di vivere e di gestire la
        vita comune, questa frattura tra individuo e società non avrebbe
        ragione di esistere, non potrebbe probabilmente neppure venire
        pensata.
        
        Kropotkin intendeva questo (come tanti altri prima e dopo di
        lui). Voleva ricostruire da cima a fondo la società (come ogni
        rivoluzionario e come ogni utopista; qualità che vanno
        necessariamente insieme), non abolirla del tutto.
        Voleva una società libertaria, senza più contrapposizione tra
        dominanti e dominati.
        Voleva che gli uomini riacquistassero la loro piena capacità di
        gestire ogni aspetto della vita sociale, e, prima ancora, la
        fiducia in questa capacità, che ritrovassero il loro istinto
        alla comunione e alla solidarietà, il loro antico se non innato
        rifiuto verso ogni forma di ingiustizia, di sopruso, di
        disuguaglianza. E' importante sottolineare che questa visione
        non è astratta, idealizzata, "utopistica", ma basata su alcune
        precise e circoscritte esperienze che Kropotkin stesso ha
        conosciuto e vissuto oltre che sui suoi studi. Esperienze
        circoscritte e limitate, abbiamo detto, ma non per questo meno
        vive e concrete, e da queste egli scelse di partire proprio per
        permettere di recuperare quello che era per lui l'autentico
        rapporto di ogni individuo con i suoi simili, onde evitare di
        dovervi rinunciare per sempre.
        
        Kropotkin mirava ad una immediata realizzazione sociale
        (comprensiva di ogni attività umana) del comunismo anarchico, ma
        senza alcuna sottovalutazione dell'indipendenza individuale. La
        sua idea di "pianificazione" era del tutto opposta alla
        tradizione collettivistica autoritaria così come a quella
        comunista statale, in quanto non imposta dall'alto, ma
        delineandosi in risposta all'insorgenza dal basso, dal popolo.
        
        La descrizione di Kropotkin nel Mutuo Appoggio e nell'Etica
        della capacità di vivere in società come di una tendenza
        naturale degli esseri viventi, quasi un qualcosa di innato, è
        stata talvolta fraintesa, ma la socievolezza a cui si riferiva
        Kropotkin non ha nulla a che vedere con la società deformata e
        gerarchica che conosciamo e a cui ormai siamo fin troppo
        abituati, è esattamente il suo contrario, ed è la negazione
        dell'esistenza di una malvagità intrinseca dell'uomo, pensiero
        centrale della filosofia politica dell'età moderna, dai
        giusnaturalisti, da Machiavelli e da Hobbes fino a Kant. Anche
        Kropotkin partiva dallo stato di natura (e dalle sue
        osservazioni dirette sul campo, come abbiamo visto), negando
        però la necessità di una forma di autorità al fine di
        controllare l'"asocialità" umana e garantire la convivenza
        "civile". La libera convivenza è possibile per Kropotkin; anzi,
        l'irrinunciabile presupposto per lo sviluppo di ogni
        potenzialità dell'uomo e per la felicità di tutti è proprio
        l'abolizione di ogni forma di stato e di centralizzazione. 
      
L'uomo, in quanto prodotto di una natura in cui la cooperazione
        e il mutuo appoggio (e non la lotta e la crudeltà, come vedremo
        meglio più avanti), sono elementi determinanti al fine della
        conservazione e dell'evoluzione, è dotato di forti istinti
        sociali o meglio solidali, anche se questi possono venire meno
        per innumerevoli cause esterne. La natura quindi non è qualcosa
        di estraneo (da dominare e sfruttare; la lotta contro una natura
        avara e crudele è un altro mito da cui dobbiamo liberarci). E la
        storia non è un semplice prolungamento della natura, la storia
        dell'uomo aggiunge la creatività, la responsabilità, la
        razionalità, la scelta umana. L'uomo può ritrovare se stesso
        (riscoprendo il valore della solidarietà, della cooperazione e
        della complementarietà), e vivere pienamente la sua vita.
        Formando quindi una società piena, con la quale coesistere in
        armonia. Armonia che si compone del rispetto per la libertà e la
        diversità individuale, incoraggiata a svilupparsi nella sua
        ricchezza inestimabile, unito alla piena solidarietà, un'unione
        solo a prima vista impossibile a realizzarsi.
        
        Una società libertaria, sviluppata in modo armonico, favorisce
        lo sviluppo dell'individualità, non lo inibisce. Si tratta però
        di un individualismo ben diverso da quello borghese, che è
        inevitabilmente egoistico, in quanto prodotto di una società e
        di una sensibilità gerarchiche e verticistiche.
        
        Kropotkin non si arrogava il diritto e la capacità di stabilire
        aprioristicamente e una volta per tutte quali fossero i reali
        bisogni dell'uomo, la sua ricerca antropologica non era una
        astratta teoria che giungeva a una valutazione valida per
        tutti.. Kropotkin infatti non ha mai smesso di confrontarsi con
        altri uomini, vivi e reali, di imparare da loro e di condividere
        interamente le loro condizioni di vita e di lotta, i loro
        bisogni, le loro aspettative.
        
        La storia, secondo l'analisi di Kropotkin, è colma di
        dimostrazioni della disponibilità e della capacità umana alla
        cooperazione, nonché dei continui tentativi di realizzare
        l'utopia anarchica comunista, lottando contro tutte quelle forme
        di potere che da sempre cercano di contrastarla. La linea di
        conflitto tra libertà e dominio di cui abbiamo già parlato.
        Tutto questo non ha mai voluto dire però che la cooperazione
        implicasse l'annullamento della libertà individuale o la
        repressione delle differenze; ogni volta che si è cercato di
        seguire la via cooperativa, gli autori di questi tentativi erano
        proprio coloro che non si riconoscevano in alcun modo
        nell'autoritarismo, anzi lo combattevano e si sforzavano di
        realizzare il suo opposto.
        
        Libertà non significa isolamento: significa essere liberi di
        partecipare a qualcosa di più grande del nostro ristretto spazio
        vitale; non subire, ma determinare in prima persona (e insieme
        ad altri) le modalità di vita, di lavoro, di studio della
        società di cui si è parte. E' una libertà completa, quindi, ed è
        innanzitutto mentale e morale, per cui non esiste più la
        necessità di isolarsi o contrapporsi.
        
        Kropotkin non riteneva di certo che tutte le persone fossero o
        dovessero essere uguali tra loro, ma desiderava che riuscissero
        ad unire in un tutto comune le loro molteplicità e le loro
        differenze, che avrebbero così arricchito la comunità tra di
        essi costituita. Comunità che non doveva necessariamente avere
        determinate caratteristiche al posto di altre. La sua
        convinzione che nessuna evoluzione può darsi nell'isolamento e
        nella solitudine, è anch'essa dovuta ai riscontri pratici e
        concreti delle sue numerose e variegate esperienze. La sua
        critica alla divisione del lavoro, alla condanna inflitta agli
        esseri umani a svolgere la stessa identica attività per tutta la
        vita, all'impedimento per alcune classi sociali a godere della
        bellezza dell'arte o della soddisfazione dello studio e della
        ricerca scientifica, il suo desiderio che ciascuno potesse avere
        l'occasione concreta di sviluppare al meglio le sue inclinazioni
        e le sue capacità, smentiscono in pieno simili affermazioni.
        
        Solidarietà e fratellanza, inoltre, non significano affatto
        appiattimento e perdita della propria individualità,
        individualità che si perde molto più facilmente in una società
        basata sulla gerarchia e sul dominio, all'interno di uno stato
        accentratore, e sotto ogni tipo di oppressione.
        Una libertà comune avrebbe favorito, e contenuto in sé, sotto
        qualsiasi aspetto, l'autentica libertà individuale. In altre
        parole, tante differenti libertà che si uniscono a formare una
        libertà più grande, una comunità libera e libertaria, realmente
        a "misura d'uomo".
        
        Kropotkin ha dimostrato con la sua stessa vita l'importanza e il
        valore che attribuiva all'autodeterminazione dell'individuo.
        L'individualismo di Nietzsche, ad esempio, più che non compreso
        da Kropotkin (come è stato affermato) diremmo piuttosto che non
        poteva essere condiviso, in quanto Kropotkin partiva dalla sua
        visione ideale di società (riscontrata per altro nell'ambito
        delle sue ricerche antropologiche; più reale, quindi, che
        ideale) e non dalla società contraddittoria e distorta da cui
        partivano Nietzsche ed altri. Se è esistita una critica
        dell'individualismo da parte di Kropotkin, per comprenderla
        occorre innanzitutto riuscire a distinguere tra individualismo
        borghese e individualismo anarchico. E poi tra un individualismo
        estremo e un individualismo inteso come libertà assoluta di
        spirito e di pensiero, ma non come isolamento e rinuncia, o
        distruzione, al posto di una qualsiasi progettualità.
        
        L'individualismo borghese ed egoistico, l'individualismo degli
        "oppressori", di chi vuole dominare i suoi simili, inoltre, è
        ben altro che "autodeterminazione".
        
        Kropotkin del resto si occupa ben poco di quell'individualismo
        che porta al nichilismo estremo (a proposito del nichilismo
        russo dei suoi tempi, così battezzato da Turgheniev in Padri e
        figli, secondo Kropotkin in Europa venne frainteso, non
        trattandosi di "terrorismo" ma di una guerra dichiarata a tutte
        le menzogne convenzionali e alle ipocrisie della civiltà;
        Kropotkin comunque non condannò mai totalmente la "propaganda
        del fatto" o le azioni terroristiche, comprendendo la lotta a
        cui dovette darsi la gioventù russa dopo averla rifiutata
        fintanto che ciò fu possibile, "quando il calice delle sue
        sofferenze fu troppo colmo."), proprio per il suo personale
        approccio che è profondamente diverso da quello di un Nietzsche
        o anche di uno Stirner, così come si è interessato altrettanto
        poco della dialettica marxista. 
      
Egli non muove infatti dalla dialettica di tipo hegeliano,
        prodotto della cultura germanica e impregnata di metafisica, non
        essendosi svolta la sua formazione nel solco dell'idealismo
        tedesco: Kropotkin si basa sulle scienze naturali, sul metodo
        induttivo se vogliamo, sulla conoscenza diretta ed empirica; in
        lui troviamo poi tracce di quegli elementi così caratteristici
        del populismo e del romanticismo rivoluzionario russo, che si
        fondono e si intrecciano in modo quasi inscindibile e con
        particolare e feconda originalità allo scientismo evoluzionista
        occidentale. Il marxismo e poi il leninismo, inoltre, avrebbero
        ucciso la rivoluzione; questo fu un grande dolore per Kropotkin.
        
      
Nelle Memorie scrisse: "La
          lotta fra bakunisti e marxisti (all'interno
          dell'Internazionale) non era una questione di uomini. Era la
          lotta inevitabile fra i principi del federalismo e quelli del
          centralismo, fra il Comune libero e l'autorità paternalistica
          dello stato, fra l'azione libera delle masse popolari e il
          miglioramento delle condizioni sociali attraverso la
          legislazione, una lotta fra lo spirito latino e quello
          tedesco." La scelta di conquistare il potere negli
        stati attuali, spogliò i partiti socialisti del loro ideale
        originario e li condusse verso il socialismo o meglio
        capitalismo di stato e al tradimento delle masse lavoratrici. Il
        primato della società sull'individuo (tratto ricorrente nelle
        critiche rivolte dagli individualisti, anarchici e non, al
        pensiero di Kropotkin), è senz'altro riscontrabile nel comunismo
        autoritario, ma ha ben poco a che vedere con il comunismo
        anarchico e libertario propugnato da Kropotkin nel corso di
        tutta la sua vita.
        
        L'etica di Kropotkin non è un'etica della ragione (in senso
        astratto): si basa sul risultato delle sue ricerche empiriche.
        Kropotkin in tutto il suo lavoro si è distaccato nettamente e
        coerentemente da ogni metafisica. Egli partiva dal fatto
        concreto e tangibile; ad esso seguiva la formulazione teorica.
        
        Egli conobbe e studiò le caratteristiche del mutuo soccorso,
        della solidarietà, della fratellanza, dell'esperienza
        comunitaria e autogestionaria, e riscontrò che erano
        espressamente questi aspetti (piuttosto che i rapporti
        autoritari e burocratici) a poter mutare profondamente la
        società. Non giunse mai però ad affermare che queste
        caratteristiche sarebbero emerse in modo inevitabile e che il
        percorso della storia fosse segnato. Tutt'altro! E nessuno
        poteva saperlo meglio di lui.
        
        Ma il "progresso" umano vero ed autentico, il "progresso" per
        tutti (lo sviluppo integrale di ogni singolo uomo) non poteva
        passare che di lì.
        
        Se avesse creduto nel determinismo, non avrebbe compiuto tutta
        una serie di scelte e non avrebbe ritenuto necessario scrivere
        ciò che ha scritto. Le sue opere dovevano servire anche come
        stimolo alla riflessione sulle diverse possibilità di decisione.
        Egli sapeva bene che esistevano il rischio e una possibilità
        estremamente concreta di optare per altre vie, di non riuscire a
        contrastare la strada che la società stava prendendo. Per
        Kropotkin era decisivo l'agire umano, l'agire di ogni singolo
        individuo concreto, e non solo di coloro che condividevano le
        sue idee politiche. Egli scrisse per tutti, perché ogni
        coscienza si svegliasse. Per Kropotkin era anzi fondamentale che
        gli appartenenti alle classi privilegiate dalla storia (egli
        stesso era nato all'interno di una di quelle classi) arrivassero
        a condividere le istanze delle classi sfruttate e oppresse o
        addirittura si unissero a queste, mettendo a disposizione le
        loro forze migliori per intelligenza ed energia (così come aveva
        visto fare a molti giovani russi),  affinché la società
        potesse realmente trasformarsi. 
         
        Scienza, progresso, economia
         
        La fiducia nella scienza e nel progresso era tipica dell'epoca
        in cui visse Kropotkin. Si era inclini a pensare a una scienza
        al servizio dell'uomo e della sua necessità di utilizzare al
        meglio le risorse dell'ambiente naturale, piuttosto che a una
        scienza al servizio del potere e del profitto. Oggi forse è
        difficile per molti pensare alla scienza (e alla comunità
        scientifica) in modo positivo e propositivo. Il progresso, in
        maniera analoga, può essere inteso sia come aumento dei profitti
        e dello sfruttamento del lavoro e dell'ambiente, che, come lo
        intendeva Kropotkin, come miglioramento delle possibilità di
        vita materiali, intellettuali e psichiche dell'uomo nella sua
        interezza e di tutti gli uomini. Un progresso che abbraccia
        l'intera vita umana, e che è ben altro rispetto al mito
        ingannevole in cui erano indotti a credere tanti suoi
        contemporanei.
        
        Un progresso che non può avere un percorso lineare (nessuno
        spirito e nessuna ragione guidavano il mondo secondo Kropotkin);
        l'antagonismo e la lotta, come abbiamo visto, sono inevitabili:
        l'evoluzione positiva dell'uomo può arrestarsi, può regredire;
        la lotta contro le tendenze autoritarie non avrà mai fine
        fintanto che queste tendenze non saranno state sconfitte. Se
        vincere questa lotta è possibile, non vi è però alcuna garanzia
        che ciò avvenga.
        
        Per Kropotkin, le aspirazioni fondamentali di ogni uomo sono la
        sicurezza e il benessere, e la libertà individuale. Libertà di
        pensare, di esprimersi, di associarsi, di gestire la propria
        vita e il proprio lavoro. Come è possibile ottenerle? Attraverso
        la socializzazione della produzione e del consumo (a ciascuno
        secondo i suoi bisogni); attraverso l'abolizione del sistema
        salariale e di ogni forma di sfruttamento e disuguaglianza,
        attraverso liberi accordi tra gli individui o tra gruppi di
        individui, attraverso la conoscenza scientifica messa a
        disposizione di chiunque e vissuta come un dono, che nessuno
        scienziato desidererebbe tenere soltanto per sé (qualcosa di ben
        più ampio rispetto alla “comunità scientifica”, concetto che
        emerge in seguito alla ”rivoluzione scientifica” del seicento,
        che rimane però pur sempre ristretta ed escludente). 
      
Kropotkin descriveva nel dettaglio una possibile umanizzazione
        del lavoro, insistendo sull'abolizione della divisione
        gerarchica tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, descriveva
        l'integrazione del lavoro, la decentralizzazione, i vantaggi
        della piccola produzione e della piccola industria, la
        socializzazione della produzione e del consumo, una nuova e più
        completa istruzione, che non scindesse mai la teoria dalla sua
        applicazione pratica, che accogliesse l'innato desiderio dei
        giovani di "fare", tutti argomenti ancora oggi di estrema
        attualità. Studiò infatti a lungo un possibile nuovo ordine
        economico, una nuova economia sociale, l'importanza dell'unità
        tra sviluppo industriale e agricolo, occupandosi sempre dei
        bisogni reali e concreti dell'uomo, rifiutando con rigore e
        coerenza ogni idealismo e ogni costrizione dogmatica, ogni
        analisi che non partisse dall'osservazione diretta della realtà,
        senza rinunciare però alla indispensabile capacità di previsione
        e alla costante preoccupazione per le conseguenze dei
        nostri  atti e quindi alla responsabilità nei confronti del
        domani.
         
        Il mutuo appoggio e l'etica
         
        Come abbiamo già accennato, l'antropologia kropotkiniana nasce
        dalla discussione critica del darwinismo e dei suoi successivi
        sviluppi, o meglio delle sue successive falsificazioni. Si
        occupò del darwinismo in una serie di saggi per la rivista The
        Ninteenth Century, pubblicati nel 1902 nel volume Mutual Aid: a
        factor of evolution. Continuerà ad occuparsi di questi problemi
        fino ai capitoli introduttivi della sua Etica.
        
        La teoria evoluzionistica di Darwin era stata accolta dalla
        comunità scientifica e anche dalla società in modo
        sorprendentemente rapido, ma molto spesso, anziché accoglierla
        nel suo complesso, se ne erano privilegiati solo alcuni aspetti
        parziali, in particolare il concetto di lotta per l'esistenza,
        un fatto che non può sorprendere più di tanto, considerate le
        condizioni socio-culturali del tempo. Il "darwinismo sociale"
        diventava una possibile risposta alle esigenze di emancipazione
        dei gruppi sociali sfruttati e forniva una "teoria" in grado di
        legittimare le pratiche imperialistiche degli europei nei
        territori d'oltremare. Non era facile, pena l'isolamento
        scientifico, contrapporsi al darwinismo sociale
        dell'epoca.  Kropotkin non fu il solo a contestare le
        concezioni proprie di tale teoria, ma fu l'unico a farlo nel
        modo più completo. 
      
 Kropotkin non effettuò una critica ideologica: egli accettò la
        teoria evoluzionistica darwiniana quale fondamento "scientifico"
        dell'analisi della convivenza umana, ma ne modificò da un lato
        il concetto di "lotta per l'esistenza" e dall'altro aggiunse un
        secondo fattore, altrettanto importante, proprio
        dell'evoluzione: il mutuo appoggio. Tradusse quindi anch'egli il
        processo evoluzionistico (profondamente mutato) dalla storia
        naturale a quella umana. Kropotkin, partendo dall'analisi della
        lotta per l'esistenza come fattore evolutivo, arrivò a criticare
        l'accento posto sulla lotta tra individui della medesima specie
        (dimostrando che lo stesso Darwin si era distaccato in seguito
        da questa concezione) fino a concludere che la specie più adatta
        alla sopravvivenza non era quella caratterizzata dalla lotta
        interna tra gli individui della specie stessa, ma quella
        maggiormente capace di attuare al suo interno il mutuo soccorso
        e la cooperazione. 
      
Lo stesso Darwin aveva definito l'uomo un "animale sociale" e
        aveva affermato che il fondamento della socievolezza animale e
        umana è di tipo biologico, aggiungendo che l'istinto di
        reciproca simpatia negli animali sociali emerge più spesso del
        mero impulso egoistico all'autoconservazione. Queste concezioni
        darwiniane verranno ampliate da Kropotkin sino a una Teoria del
        mutuo appoggio quale fattore dell'evoluzione, valida non
        soltanto per la natura ma anche in ambito umano.
        
        Con "mutuo appoggio" si intendono quindi due ambiti concreti:
        nell'evoluzione della specie, mutuo appoggio e reciproco
        sostegno costituiscono, accanto alla lotta per l'esistenza, un
        fattore di grande rilevanza per la sussistenza della vita e lo
        sviluppo della specie; nella storia dell'uomo, allo stesso modo,
        sono ugualmente rilevanti per lo sviluppo progressivo delle
        istituzioni sociali. Per Kropotkin il mutuo appoggio ha
        un'influenza predominante, e l'istinto sociale ha un peso
        maggiore rispetto all'impulso all'autoconservazione. Egli si
        impegnerà a dimostrarlo con un'accurata e dettagliata analisi
        del mutuo appoggio nella storia naturale e in quella umana,
        raccogliendo una grande quantità di materiale tra gli animali e
        tra diverse culture umane (aborigeni australiani, eschimesi)
        così come sulle comunità di villaggio e le città medievali,
        quest'ultime, secondo la sua analisi, la continuazione delle
        prime.
        
        Proprio la teoria darwiniana dell'evoluzione costituirà per
        Kropotkin il presupposto per una nuova etica. Egli sentiva
        l'esigenza di un'etica scientificamente fondata, un'etica
        realistica, come lo stesso Kropotkin la definì. Quest'etica
        realistica si distingue da molti altri progetti etici per il
        fatto che Kropotkin non intendeva fondarla su un qualche
        criterio extranaturale o extraumano per la valutazione
        dell'agire umano buono e giusto, ma voleva ricavare tale
        criterio dalla natura stessa, partendo da ciò che è bene e male
        in natura. Il concetto del bene e del male ovviamente cambia,
        quindi ciò che Kropotkin si propone non è tanto di prescrivere,
        con l'aiuto di teoremi normativi, un agire qualificabile come
        buono, ma di osservare l'agire umano, di studiarlo, di valutarlo
        e di spiegarlo. Per questo l'etica è per Kropotkin anche scienza
        degli impulsi etici, scienza che esplora le fonti naturali del
        sentimento etico dell'uomo. L'etica diventa efficace quando
        all'uomo si dà un ideale: ma questo ideale, che guida quindi
        l'agire etico dell'uomo, appartiene comunque al mondo reale,
        deve cioè essere ottenuto per via empirica. 
      
Kropotkin non disdegna la ragione, anzi ad essa attribuisce un
        ruolo fondamentale, ma secondo il suo pensiero non è decisiva
        per il comportamento etico dell'uomo. L'etica di Kropotkin non è
        un'etica della ragione. Le motivazioni per l'agire etico, come
        abbiamo visto, sono infatti ulteriori sviluppi  degli
        impulsi e delle abitudini propri degli animali sociali: la
        motivazione per l'agire umano è in primo luogo condizionata
        dalla natura, essa è cioè emozionale e impulsiva.
        
        Kropotkin ritiene che la motivazione che sta alla base
        dell'agire etico dell'uomo non consista né in un sentimento
        innato né in un qualche vantaggio personale o generale
        razionalmente compreso. L'etica è un percorso, un complicato
        sistema di sentimenti e nozioni che si è sviluppato nella storia
        dell'umanità. Egli individua tre stadi di questo sviluppo: 1) la
        socievolezza e il mutuo appoggio, 2) la giustizia nel senso
        dell'uguaglianza dei diritti, 3) la generosità, la benevolenza,
        la rinuncia a se stesso (l'etica nel senso più stretto). 
        
        Si tratta quindi di una scala graduale dello sviluppo etico, non
        una costruzione arbitraria, come abbiamo visto, ma il risultato
        di una storia che si è svolta nel tempo, e soprattutto di una
        necessità organica che ha trovato in se stessa la sua
        giustificazione. La natura ci ha insegnato quindi qualcosa di
        più della semplice socievolezza. Anche elementi del secondo
        stadio dello sviluppo etico, quello della giustizia, sono
        infatti osservabili in natura. Kropotkin conferma quindi
        l'ipotesi di Herbert Spencer di una "giustizia preumana". Questa
        nozione di giustizia si sviluppa gradualmente nel tempo (e
        l'evoluzione dell'eticità avviene in dipendenza dai mutamenti
        della vita sociale) fino ad arrivare al punto in cui solo la
        nozione consapevolmente acquisita dell'uguaglianza dei diritti
        di tutti i membri di una comunità garantisce la loro
        sopravvivenza. 
      
La relazione tra dignità personale e dignità umana che si viene a costituire nel corso di questo sviluppo (come già in Proudhon, la cui nozione di giustizia è valutata da Kropotkin come la più progredita, anche se egli non condivise in toto le teorie proudhoniane) porta ad un'unione armonica degli interessi comunitari con quelli individuali. Il punto estremo di arrivo è la capacità di sacrificarsi per gli altri, che Kropotkin ha visto mettere in atto con i suoi occhi nel corso della sua vita. Tutto questo è espresso nella sua etica del rivoluzionario, strettamente legata al discorso della giustizia sociale, dove l'accento è posto sulle qualità emozionali, sulla capacità di comprendere i sentimenti altrui e di immedesimarsi in questi fino in fondo.