L'Autore
Carolina Invernizio non si crucciava della virulenza delle critiche, anzi con aria soave rispondeva: “Io ho dei critici un’allegra vendetta. Ché le mie appassionate lettrici e amiche sono appunto le loro mogli e le loro sorelle!”
Carolina Invernizio (Voghera, 28 marzo 1851 – Cuneo, 27 novembre 1916) è stata una scrittrice italiana, fra le più popolari autrici di romanzi d’appendice tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Carolina Maria Margarita Invernizio nacque a Voghera nel 1851, da Anna Tattoni e Ferdinando Invernizio, funzionario delle Imposte. A lungo le fonti riportarono come sua data di nascita – da lei stessa accreditata – il 1858. Nel 1865 la famiglia si trasferì a Firenze, divenuta la nuova capitale del Regno d’Italia. Qui Carolina frequentò l’Istituto Tecnico Magistrale, rischiando l’espulsione dopo la pubblicazione di un suo racconto sul giornale della scuola.
Nel 1881 sposò Marcello Quinterno, ufficiale dei bersaglieri, dal quale ebbe Marcella (1886-1971). Con il ritorno del marito nel 1896 dalla guerra di Abissinia, la scrittrice si trasferì prima a Torino e poi, nel 1914, a Cuneo, dove Carolina aprì il suo salotto di via Barbaroux a intellettuali e a personaggi della cultura.
L’esordio letterario di Carolina Invernizio avvenne nel 1876 con la novella Un autore drammatico, pubblicata dall’editore Barbini di Milano. Nel 1877 uscì il primo romanzo, Rina o L’angelo delle Alpi, pubblicato dall’editore fiorentino Salani e nel 1879, ancora per Barbini, Pia de’ Tolomei. Ne seguirono molti altri, pubblicati a puntate su giornali quotidiani come l’Opinione Nazionale di Firenze o La Gazzetta di Torino.
Fra i suoi innumerevoli romanzi si ricorda La fidanzata del bersagliere, scritto alla vigilia della morte, nel corso della prima guerra mondiale, ispirandosi alla vicenda di Luigia Ciappi.
I romanzi di Carolina Invernizio, con le loro trame intricate dai colori forti e le loro improbabili – o quantomeno non sempre verosimili – storie di amore e odio, si collocano nella tradizione del romanzo d’appendice o feuilleton. Mostrano infatti tutte le tematiche consuete del genere e la tipica contrapposizione netta fra eroi positivi e personaggi diabolici. Un gusto per il mistero e l’horror è evidente nei titoli di molti suoi romanzi, come Il bacio d’una morta (1889), La sepolta viva (1896), L’albergo del delitto (1905), Il cadavere accusatore (1912), e non mancano le ambientazioni che in qualche modo precorrono il genere poliziesco.
I suoi libri furono apprezzati più dal pubblico che dalla critica: Antonio Gramsci la definì “onesta gallina della letteratura popolare”. Tra gli epiteti che le furono affibbiati, oltre a “la Carolina di servizio”, va ricordato “la casalinga di Voghera”, donde, secondo Deaglio, l’espressione oggi divenuta comune.