Balzac, Honoré de

 

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Romanziere francese (Tours 1799 - Parigi 1850).

Narratore estremamente prolifico e dai toni improntati a un acceso realismo, nella sua opera ha cercato di rappresentare i molteplici aspetti della società francese della prima metà dell'Ottocento. La sua costellazione narrativa venne da lui stesso raccolta ne La Comédie humaine, pubblicata (1842-48) in 16 volumi, in cui si collegano avvenimenti e personaggi dei suoi romanzi, in uno sviluppo ciclico di antefatti e di azioni in ambienti diversi, per arrivare a una rappresentazione completa, orizzontale e verticale, della società del tempo.

Compì mediocremente i primi studî a Vendome, presso gli Oratoriani, poi a Tours e a Parigi. Nel 1816-19 seguì i corsi di diritto a Parigi e ottenne il diploma di bachelier en droit. Dopo un tentativo non riuscito di divenire tragediografo (Cromwell, 1819), trascorse alcuni anni scrivendo nei "petits journaux" e pubblicando alcuni romanzi a tinte forti, che però non firmò. Tentò anche varie imprese: editoria, tipografia, fonderia di caratteri tipografici, che si risolsero in completi disastri. I suoi debiti aumentavano, mentre non diminuiva il suo grande desiderio di denaro e di lusso, e il suo snobismo. Intanto le sue amicizie mondane e letterarie, le sue relazioni non sempre felici con M. me de Berny, con M. me d'Abrantès, e poi con M.me de Castries, lo portarono a riconoscere la sua più vera natura di scrittore.

A trent'anni iniziava con Le dernier Chouan (1829) e con la Physiologie du mariage (dicembre 1829) la sua vasta opera di narratore geniale, di acuto osservatore e studioso della società contemporanea, ma anche di visionario occultista e artefice di pastiches. Nel 1830 pubblicava sei racconti col titolo di Scènes de la vie privée, cui seguirono negli anni immediatamente successivi un'altra ventina di romanzi e racconti, scritti e pubblicati con un ritmo vertiginoso (tra essi alcuni dei suoi capolavori: La peau de chagrin, 1831; Le médecin de campagne, 1833; Eugénie Grandet, 1834; Le père Goriot. Le lys dans la vallée, 1835).

Né smise nel frattempo di collaborare a riviste e giornali, e di lanciarsi (indebitandosi sempre di più) in nuove imprese editoriali: fondò egli stesso e diresse il Feuilleton des Journaux politiques (1830), la Chronique de Paris (1836-37) e la Revue parisienne (1840); s'interessò allo spiritualismo di Swedenborg (Séraphita, 1835); tentò ancora il teatro, senza successo (Vautrin, 1840); viaggiò in Svizzera, in Italia, in Russia, dove raggiunse nel 1843 la contessa polacca Ewelina Hanska, già conosciuta nel 1833, e che sposerà pochi mesi prima di morire. Ma fin dal 1834 aveva pensato di ordinare tutta la sua produzione narrativa.

Dal 1834, le sue opere venivano pubblicate sotto il titolo complessivo di Études des moeurs au XIXe siècle, e ripartite in varie sezioni: Scènes de la vie privée, Scènes de la vie de province, Scènes de la vie parisienne, Scènes de la vie politique, Scènes de la vie militaire, Scènes de la vie de campagne, che venivano ad affiancarsi alla serie di Contes et romans philosophiques (dal 1831) e ai licenziosi Contes drôlatiques (1832-37). Nel 1841si fermò sul titolo La Comédie humaine.

Dal proposito iniziale di dar fondo descrittivamente alla Francia di tutti i tempi, B. limitò il suo piano narrativo alla storia, agli usi, ai costumi della Francia del primo Impero, della Restaurazione, della Monarchia di luglio. Dotato di una facoltà d'osservazione potentemente intuitiva, B. s'accinse così alla descrizione a grande respiro particolarmente delle classi borghesi e popolari, parigine e provinciali scolpendone i caratteri, l'intrigo, l'egoismo, il servilismo, l'invidia, l'avidità, sorprendendo nelle cittadine provinciali repliche rimpicciolite e grottesche dell'"inferno di Parigi", il funzionarismo arrivista, le maldicenze, le calunnie, le macchine matrimoniali, ecc.

Vista nel suo insieme, quest'opera colossale di novantasei romanzi colpisce per la sua potenza d'immaginazione e solidità di costruzione, per il rigore logico con cui i tipi sono svolti sino alle conclusioni più ardite, per l'ordine e la precisione quasi anagrafica con cui i personaggi risaltano nei loro ambienti rispettivi, per la coesione con cui questa folla d'individui crea l'illusione di una società organica; di una società, più che descritta e narrata, ragionata, divisa negli elementi che la costituiscono, uomini d'affari, speculatori, avvocati, magistrati, burocrati, deputati, artisti, giornalisti, professionisti dell'imbroglio, portinai, ecc., e riepilogata in gruppi, alberi genealogici, parentele, clientele, affinità elettive, anatomizzata con freddo realismo sino all'esattezza assoluta.

In questa esattezza sono pertanto i limiti dell'opera di B., sono i difetti dello scrittore e dell'artista, impliciti nella stessa scrupolosità di documentazione, nella sovrabbondanza di particolari che permangono esteriori, nell'assenza di scorci, nelle traduzioni in extenso del parlato, nelle digressioni teoriche. La materia stessa di più delicato linguaggio molte volte non gli risponde: al di là dell'uomo e delle sue reazioni e rapporti sociali, sembra a volte preclusa ogni altra visione e intuizione.

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Txt.: Eugenie Grandet

Txt.: Papà Goriot

Txt.: Il cugino Pons

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Wikipedia

La Commedia umana

La Commedia umana (La Comédie humaine) è un insieme di scritti di Honoré de Balzac composto da 137 opere comprendenti romanzi realistici, fantastici e filosofici, ma anche racconti, saggi, studi analitici, e novelle a volta raggruppate in un solo titolo, secondo le edizioni. I testi sono classificati per ambiente sociale, per luoghi geografici o per categorie psicologiche (scene di vita privata, scene della vita di provincia) riunite in insiemi generici (studi di costume, studi analitici, studi filosofici). La scrittura dell'insieme si estende dal 1831, con La pelle di zigrino, al 1850, con le opere incompiute alla sua morte e completate da Charles Rabou: Il deputato d'Arcis (1854), I piccoli borghesi di Parigi (1856), Il conte di Sallenauve (1856) e anche I paesani, pubblicati nel 1854 dalla moglie, Évelyne Hanska. L'opera, raccolta per la prima volta in volumi nel 1841, è costituita da 137 libri nei quali si intrecciano le vicende di vita di ben 2209 personaggi.

L'ambizione dell'autore era di descrivere in modo quasi esaustivo la società che lo circondava, costruendo così un edificio che avrebbe potuto "fare concorrenza allo stato civile". Voleva racchiudere tutta la propria epoca nella sua Commedia umana. Tuttavia, nel 1837, il titolo che aveva immaginato per la sua opera era Studi sociali, che poi diventerà La commedia umana nel 1842, con riferimento a Dante.

L'elaborazione

L'idea di collegare fra loro i racconti facendo rivivere i protagonisti d'ogni romanzo o novella viene a Balzac nel 1835 con Papà Goriot, dove si vede riapparire per la seconda volta il personaggio di Eugéne de Rastignac già presentato nel 1832 in Studio di una donna e Altro studio di una donna, pubblicato allora con il titolo Conversazione tra le undici e mezzanotte inserito nei Contes bruns. Balzac cambiava spesso parere e titoli durante le sue classificazioni. Prima univa Il messaggio e La Grande Bretèche, poi li ripubblicava separatamente. Il Colonnello Chabert invece comparve nella sua forma definitiva nel 1844, dopo una prima versione pubblicata nel 1832 con il titolo La transazione.

Si avrà un'idea della molteplicità dei mutamenti della Commedia Umana consultando le note di ciascun titolo e la storia di ogni pubblicazione, con gli innumerevoli rimaneggiamenti che Balzac apportava fino a rovinarsi in spese di stampa per la continua revisione delle bozze preparatorie. Balzac doveva certamente scrivere molto, velocemente e instancabilmente. Si racconta che abbia scritto la Grenadière in una sola notte, mentre era ospite presso il Polverificio di Angoulême, comandato dal marito della sua amica Zulma Carraud, la quale scrive che mentre giocavano al biliardo, Balzac "lasciava il gioco, pregandomi di scusarlo, e scarabocchiava su un angolo di tavolo, poi tornava alla partita per abbandonarla ben presto".

La struttura

A partire dal 1834 Balzac concepisce la struttura de "La Commedia umana" come un edificio in tre parti. In una lettera a Éve Hanska, con la quale aveva già un rapporto profondo ma non erano ancora sposati, Balzac le spiega che il testo della "Comédie humaine" potrebbe essere suddiviso in tre grandi parti:

«Alla base dell'edificio gli studi dei costumi, che rappresentano gli effetti sociali. La seconda parte è costituita dagli studi filosofici, poiché, dopo gli effetti verranno le cause. Poi, dopo gli effetti e le cause, si devono cercare i principi. I costumi sono nello spettacolo, le cause sono nei retroscena e nelle macchinazioni. I principi, è l’autore, ma, man mano che l'opera raggiunge in spirali le altezze del Pensiero, essa si misura e si condensa.»

Pertanto, in ogni opera della Commedia umana, gli effetti, le cause e i principi sono incessantemente mescolati come se ogni romanzo fosse costruito sul principio dell’edificio generale. In Il giglio della valle, la storia d'amore di Henriette de Mortsauf e Félix de Vandenesse si svolge sul piano degli "effetti", l’analisi delle cause del fallimento apparente di questo amore si rapporta ai "principi" posti nella raffigurazione dell’infanzia concepita come carattere e come destino.

Gli studi dei costumi offrono la storia generale della società, ma gli studi filosofici, composti da romanzi, racconti e novelle fantastiche sono per Balzac la chiave che permette di comprendere l'insieme della sua opera. Assegna loro un'enorme importanza e non per caso raggiunge il grande successo con La pelle di zigrino.

Secondo lui:
«Quest'opera lega gli studi dei costumi agli studi filosofici per mezzo dell'anello di una fantasia semi-orientale dove la vita stessa è presa dal Desiderio, principio di tutte le passioni.»

La scrittura e il talento balzachiano

Honoré de Balzac impiega un metodo che Marcel Proust chiamò "chiarimento retrospettivo", che consiste nel rivelare il passato d'un personaggio soltanto molto tempo dopo la sua presentazione: un metodo che dona un soffio di vita in più e un supplemento di mistero alle sue opere. Jacques Collin, apparso in Papà Goriot, viene delineato col nome di abate Carlos Herrera in Splendore e miserie delle cortigiane. La viscontessa di Beauséant di cui si assiste al triste fallimento in La femme abandonnée era stata una seduttrice durante tutta la Commedia umana. La principessa di Cadignan (altrimenti chiamata Diane de Maufrigneuse in I segreti della principessa di Cadignan), non smette mai di essere precisata, mostrata sotto tutte le possibili angolazioni, anche quelle più generose e inattese in Le Cabinet des Antiques.

Balzac utilizza anche il principio del narratore, come se l’autore del romanzo riproduca il racconto fattogli da qualcun altro. Ciò permette una prospettiva di diversi luoghi alla volta allargando inoltre il panorama con delle storie nella storie. Balzac parte dall’ambiente immediato del narratore e sviluppa il racconto con ritorni e domande poste al narratore dai personaggi che lo circondano, introducendo suspense o commenti filosofici. Il medico Horace Bianchon è il narratore de La Grande Bretèche; il giornalista e scrittore Émile Blondet è testimone e narratore intermittente in Le Cabinet des Antiques.

Balzac è allo stesso modo scenografo, costumista e regista. Le minuziose descrizioni del mobilio di una casa, degli abiti dei personaggi fin nei più piccoli dettagli (impiega sempre i termini più precisi per le stoffe, l’architettura degli interni e degli esterni ecc.) sono quelle di uno scenografo. L’autore della Commedia umana allestisce le sue scene con una precisione quasi maniacale, cosa che spiega l’entusiasmo degli scenografi per i suoi testi, spesso adattati al grande e piccolo schermo.

Esplorazione della Commedia umana

Se è vero che si possono leggere separatamente le singole opere della Commedia umana e apprezzarle singolarmente, è anche vero che non si possono comprendere a fondo la loro profondità e i loro significati retrospettivi senza collocarle nel contesto dell’intera opera.

Gli innumerevoli "esploratori" della Commedia umana che si sono succeduti, cominciando da Charles de Spoelberch de Lovenjoul fino ai nostri giorni (critici quali Ethel Preston, Marcel Bouteron, Samuel Rogers, Maurice Bardèche, Pierre-Georges Castex, Michel Butor ecc.) nonché coloro che continueranno a farlo, non finiscono mai di scoprire tutte le risorse dell’immenso "poema" che rappresenta questo insieme, comparabile a quelli di Omero e di Dante.

Da molto tempo ci si inganna a proposito di Balzac considerandolo per esempio un romanziere unicamente realista, perché si credeva di poterlo giudicare in base a tre o quattro capolavori isolati dall’insieme. Era un errore, perché non si può avvicinarsi al suo segreto se non si penetra nell'immensità dell’opera globale e non la si esplora nel suo complesso. Essa prende allora le sue vere proporzioni e quel carattere "visionario" segnalato per primo da Charles Baudelaire.

La Commedia umana, nata spontaneamente e sottoposta più tardi a un "programma" è certamente un edificio unico, una sorta di labirinto dove ogni personaggio ci indica la direzione d'un altro. Questo percorso non lineare può essere dal lettore seguito per un certo tempo, abbandonato, e poi ripreso anche molto più tardi: spesso accompagna lungo tutta una vita.

La società della Commedia umana

Balzac aveva analizzato a più riprese tutte le classi sociali della sua epoca, stabilendo una sorta di catalogo ragionato dei "tipi umani" rappresentativi del proprio ambiente. Secondo la definizione di Bernard Pingaud nella sua introduzione a l'Envers de l'histoire contemporaine, romanzo della Commedia pieno di complotti:

«La Commedia umana è lei stessa il prodotto di un complotto ordito sovranamente dall'autore durante quelle notti di veglia in cui egli aveva l'impressione di regnare sul mondo intero e di cui il senso celato gli è apparso da quando ha avuto l'idea di creare l'associazione immaginaria di personaggi che permette il loro ritorno da un libro all’altro. A partire da questo, si potrebbe imbastire tutta una teoria della finzione e mostrare che il romanzo balzachiano non somigli molto all’amalgama di piatto realismo e di romanzesco sbrigliato che spesso si intende con questo nome. Ma questa sarebbe un'altra storia, non meno segreta, qualcosa come l'inverso di un'opera. »

Il ritorno dei personaggi

Il filosofo Alain ha definito la Commedia umana come un "incrocio dove i personaggi si incontrano, si salutano e passano. Da ciò deriva che invece di trovarsi in un romanzo, ci si trova in dieci". Per François Mauriac è una "rotonda [...] da cui partono le grandi strade che Balzac ha tracciato nella sua foresta d'uomini."

Si possono elencare le figure principali del mondo balzachiano, quali tipi umani che riappariranno spesso, formando dei ritratti di gruppo: una tecnica letteraria che è stata ripresa in particolare da Marcel Proust e Émile Zola.

Tuttavia, la frequenza delle riapparizioni e il numero di romanzi nei quali sono citati questi personaggi non corrisponde sempre alla loro importanza reale. Al contrario, personaggi fondamentali come Jean-Joachim Goriot, l'abate Birotteau della Curia di Tours, César Birotteau, Esther Gobseck sono le figure principali di un solo romanzo e riappaiono molto raramente, molto spesso solo sotto forma di evocazione.

Il denaro

Balzac parlava di denaro solo perché era una delle sue preoccupazioni primarie? O invece si faceva testimone di un'epoca in cui la parola d'ordine era "arricchirsi"? Ci sono buone ragioni che avvalorano entrambe le ipotesi. Charles Baudelaire, che vedeva in lui un visionario appassionato ("Tutti i suoi personaggi sono dotati dell'ardore vitale di cui era animato lui stesso. Tutte le sue finzioni sono tanto profondamente colorate quanto i sogni [...] ognuno in Balzac, anche i portieri, ha del genio. Tutte le anime sono cariche di volontà fino all'estremo."), si dispiaceva tuttavia che quel cervello poetico era tappezzato di cifre come l'ufficio di un finanziere.

Il fatto che il denaro abbia una tale importanza nella Commedia Umana è per Félicien Marceau una prova supplementare di questo "Balzac visionario"
« [...] di cui il realismo è poco attendibile. Si è detto talvolta: come ha fatto un uomo che si è ammazzato di lavoro ad avere avuto il tempo di vedere tutto quello che descrive? Questo significa ignorare i poteri dello scrittore, che non ha bisogno di guardare a lungo per vedere, che non ha alcun bisogno di vivere prima quello che scrive... È per questo che Balzac è un visionario che, almeno nella sua analisi, precorre di qualche anno Karl Marx. Lo scrittore arriva sempre per primo e questo è tipico. »

In breve, con la Commedia umana' Balzac non fa che constatare quello che Marx (suo grande ammiratore) discuterà nel Capitale. Non si tratta di un'ossessione, ma di una diagnosi. Balzac si prende cura di presentare ogni personaggio con il suo patrimonio esatto. Il denaro diventa l'unità di misura romanzesca per ogni protagonista, i possedimenti del quale variano da un romanzo all'altro.

Geografia della Commedia umana

Balzac prediligeva la Francia, la sua provincia e le sue campagne, che descrive a volte con lirismo e che osservava con attenzione maniacale. Visitava frequentemente i luoghi che intendeva descrivere e parlava direttamente con molte persone destinate a diventare i suoi tipi umani. Si immergeva nella conoscenza degli argomenti che i suoi personaggi avrebbero dovuto affrontare nei loro dialoghi. Il lettore ha perciò l'impressione che l'autore si muova nel suo campo.

Ma il realismo balzachiano non si limita alla semplice descrizione delle cose vedute. Tutto viene poi ricreato in frammenti geografici uniti fra loro come in un quadro impressionista. La Borgogna descritta nei I contadini somiglia molto alla campagna poco fuori Parigi; e d'altronde i personaggi vi fanno un andirivieni incessante. Balzac ricorre anche a supplementi di informazione quando ritiene di non conoscere abbastanza i luoghi: Marceline Desbordes-Valmore, originaria di Douai, gli offrì elementi per completare il quadro della città (che Balzac conosceva poco) e della vita di una famiglia borghese nella Ricerca dell'assoluto.

Se la provincia (soprattutto la Turenna e i paesi della Loira) ha un rilievo incontestabile nella geografia della Commedia umana, il vero teatro dell'opera resta Parigi, nella quale l'autore torna continuamente, dopo esserne partito (La musa del dipartimento, Casa da scapolo, Béatrix ecc.).

Parigi, personaggio quasi autonomo, sembra modellare qualsiasi protagonista da ovunque provenga (così Lucien de Rubempré, Rastignac). La città è un personaggio vivente, che respira e agisce.

«Ci sono a Parigi delle strade disonorate tanto che potrebbero essere colpevoli d'infamia, oppure esistono strade nobili, o semplici strade oneste, o anche strade giovani sulle quali la gente non ha avuto ancora modo di formarsi un'opinione, e ancora strade assassine, vecchie strade tanto vecchie da far sembrare delle vecchie vedove più giovani»
(Honoré de Balzac, Ferragus)

In questa città labirintica, si passa dai saloni dorati del quartiere Saint-Germain (in Splendori e miserie delle cortigiane), a strade fangose (nella Cugina Bette), a qualcosa di dantesco: "Ci sono due Parigi: quella dei saloni, delle atmosfere soavi, dei tessuti di seta, dei quartieri eleganti; e quella infernale delle orge, dei vicoli tetri (Ferragus), delle soffitte miserabili" (Jeanine Guichardet, Balzac, archéologue de Paris).

Nell'introduzione alla Ragazza dagli occhi d'oro, Balzac presenta il mondo parigino sotto cinque "fisionomie" che sono altrettante sfere percorse dal "movimento ascensionale del denaro", cinque cerchi dell'inferno.

È probabilmente questo contrasto tra miseria e splendore che sedurrà Charles Dickens e Fëdor Dostoevskij, che a loro volta sviluppano i loro personaggi in città-labirinto, dal rigagnolo al palazzo.

L'altro paese prediletto e ispiratore di Balzac è l'Italia, particolarmente Roma, Venezia (dove ambienta alcune opere in rapporto con le arti, pittura e scultura) e Ferrara (che è teatro di una versione balzachiana del Don Giovanni: L'elisir di lunga vita).

Lo studio dei costumi

È l'insieme degli effetti sociali che esercitano le guerre, la professione personale, l'etica e anche le passioni e la vita stessa delle persone. Tutto ciò influisce sul carattere di questi ultimi. Questa sezione è sua volta divisa in altre sezioni, più specifiche, esse sono: le scene della vita privata, le scene della vita di provincia, le scene della vita parigina, le scene della vita politica, le scene della vita militare e le scena della vita di campagna. È di gran lunga la sezione più vasta dell'opera, di cui fanno parte i capolavori più noti dello scrittore, come Papà Goriot (scene della vita privata), Eugenia Grandet (scene della vita di provincia), La cugina Bette (scene della vita parigina).

Lo studio filosofico

Dopo uno studio approfondito della società (studio dei costumi), l'autore studia quali sono gli elementi vitali delle persone, ciò di cui essi non potrebbero fare a meno. In questo modo passa dalla descrizione della società ad un giudizio su di essa.

Lo studio analitico

Lo si può trovare esplicitamente nella Fisiologia del matrimonio. Ora Balzac analizza in modo approfondito quali sono i principi basilari a fondamento delle cause e dei loro effetti. Questi principi non saranno altro che delle scelte prese dall'autore, il quale donerà caratteristiche precise ai suoi personaggi. Da qui l'idea di un autore moralista.

Edizioni

Balzac ha pubblicato presso diversi editori. In ordine cronologico si devono ricordare le Éditions Levasseur e Urbain Canel (1829), Mame-Delaunay (1830), Gosselin (1832), Madame Charles-Béchet (1833), Werdet (1837), Gervais Charpentier (1839). Un'edizione illustrata, presso Charles Furne, in 20 volumi in-8°, dal 1842 al 1852 ha riunito l'intera Commedia umana in associazione con Houssiaux, poi con Pierre-Jules Hetzel, Jacques-Julien Dubochet e Paulin. Tra le edizioni più recenti quella in 12 volumi, dal 1976 al 1981 presso la Gallimard, nella prestigiosa collana della Bibliothèque de la Pléiade.

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da

http://lafrusta.homestead.com/pro_balzac.html>

L’alta statura intellettuale  di Balzac  domina tutto il XIX  secolo letterario non solo della Francia. Giornalista, “industriale” fantasioso e fallimentare  perennemente indebitato, figura brillante di una società alla quale finisce per imporsi, dandy, uomo d’azione e sognatore allo stesso tempo, vittima delle contraddizioni del mondo di cui era stato l’implacabile notomizzatore, Balzac finisce col fondersi e confondersi con quel “figlio del secolo” di cui ha contribuito a costruire il mito e a diventare egli stesso una figura dei suoi romanzi. «Voi, il più poetico fra i personaggi che avete inventato» scriverà Baudelaire che lo amò, tirandone questo ritratto: «Il cervello poetico tappezzato di cifre come lo studio di un finanziere. L'uomo dai fallimenti mitologici, dalle imprese iperboliche e fantasmagoriche».

Mentre Balzac si attestava sulle “due verità” legittimiste, il trono e l’altare, Hugo riconosce in lui un autore rivoluzionario; mentre i suoi contemporanei lo prendevano per un “realista”, Baudelaire lo salutava come uno straordinario immaginario. La sua opera  accoglie queste tensioni dinamiche e critiche. Egli ne è compenetrato, ed  è questa complessità irriducibile che trasforma la «Comédie humaine» in una opera capitale  della letteratura mondiale.

Una famiglia senza calore

Fin da 1814, la famiglia va ad abitare a Parigi, ed Honoré diventa allievo dell’attuale istituto universitario Charlemagne. Nel frattempo il padre mette al mondo un figlio adulterino e  l’autore della «Fisiologia del matrimonio» oserà dire che l’adulterio è la risposta alle sofferenze della vita coniugale.
 

Quando i padri hanno dei progetti, i figli hanno dei destini. Era nella logica paterna che Honoré diventasse notaio.  Ma, completati i suoi studi di diritto, Balzac sceglie per sé il destino di  scrittore, e di mantenersi coi proventi della scrittura. È una scelta audace che richiede di rompere allo stesso tempo con una certa idea del successo borghese e con la sua famiglia. Il giovane Balzac era allora “di sinistra” e, oltre ad   aver letto Locke e  restare segnato dal suo materialismo, si interessava alle idee dei sainsimonisti . Questa scelta è anche nel solco di una vita piena di ristrettezze: Balzac va a vivere  in una mansarda, in rue Lesdiguières, e si mette al lavoro. Trasfigurata, quest’esperienza si trova in molti dei suoi romanzi: a venti anni, Balzac ha conosciuto la vita di uno studente povero e di un genio in cerca di se stesso.

Per riuscire in letteratura intorno al  1820, occorreva scrivere per il teatro, sicuramente il settore creativo più remunerativo (come oggi scrivere sceneggiature per il cinema o per la pubblicità), oppure scrivere di  storia o anche poesia, arte ancora non discreditata, che assicurava quantomeno il prestigio spirituale non certo quello materiale. Balzac tenta una tragedia, «Cromwell». È un fallimento. Per vivere, si fa romanziere fornitore di sale di lettura, e pubblica, sotto diversi pseudonimi, piccoli romanzi anti-romantici e satirici: «Jean Louis, l’ereditiera di Birague » (1822).  I suoi pseudonimi hanno una caratteristica comune, quello della nobiltà: Horace de Saint-Aubin, lord R’Hoone.

Vita privata e  ispirazione

Nella sua vita privata, gli eventi urgono: le sue sorelle si sposano. Laurence, la più giovane, morirà nel 1825, abbandonata, dopo avere conosciuto un inferno coniugale. Quanto a Balzac, diventa nel 1822 l’ amante di Laure de Berny, di gran lunga più grande di lui, che gli fungerà da madre, maestra, iniziatrice al mondo, aiuto finanziario nelle imprese pericolose che presto tenterà. Se la signora Balzac è stata la prima “donna di trenta anni” (allora un’indicazione anagrafica per donne mature) che abbia incontrato, la Sig.ra de Berny è stata il modello di tutte queste donne che abitano il mondo di Balzac, donne mature, spesso disilluse, che amano – già navigate - giovani che iniziano al mondo: tale è la signora de Mortsauf («Il giglio nella valle»), o la signora de Bargeton («Illusioni perdute»).

Con un andirivieni costante dalla vita personale alla scrittura, Balzac (ancora sotto pseudonimo e perfettamente ignoto) scrive romanzi nei quali i temi della vita privata guadagnano in importanza: «Annette ed il criminale» (1823), il «Colonnello Chabert»   (1832) e soprattutto «Wann Chlore» (pubblicato nel 1825), la cui eroina anticipa  tutte le giovani donne balzacchiane di là da venire. Inoltre «L’ultima fata»  descrive una struttura romanzesca che diventerà idealtipica  nel  suo universo romanzesco: quella della tensione tra l’ideale e la realtà, e del giovane uomo lacerato tra la donna senza cuore e l’angelo. Mancata sul piano del successo letterario, questa prima carriera avrà  la sua importanza per la costruzione del seguito.

Dagli “affari “ ai primi capolavori

Balzac vuole il potere e il denaro. Nell’epoca dell “Arrichitevi!” di Guizot, affonda anch’egli il suo mestolo nel brodo della società capitalistica in ebollizione, cercando di tirarne su qualcosa. Si lancia negli “affari”: stampa, fonderia. Nel 1828, è la prima catastrofe, modello di tutte le altre.  Se Joyce tenterà ragionevolmente  di sfruttare la nascente arte cinematografica  progettando l’apertura di una sala, Balzac, dalla fantasia rutilante e “ romanzesca”, perseguirà per tutta la vita progetti enormi e fantasiosi: dalla coltura degli ananas nella regione parigina allo sfruttamento in Sardegna di miniere d'argento già abbandonate  nell’Antichità…

Occorre dunque ritornare alla letteratura: questa volta Balzac tenta il romanzo storico (genere di successo all’insegna di Walter Scott), «L’ultimo Chouan», dove dà delle guerre dell’Ovest durante il periodo rivoluzionario un’immagine antiliberale sposando il punto di vista codino e legittimista; tenta anche un tipo di scrittura  quasi sociologica, «La fisiologia del matrimonio», dove descrive in modo umoristico l’istituzione coniugale, pur lasciando filtrare la gravità e la tragicità dell’argomento. Escono dunque le prime «Scene della vita privata»: alla vigilia della rivoluzione di luglio, Balzac - che inizia a firmarsi  Honoré de Balzac - è considerato lo specialista della donna e del matrimonio.

Giornalista politico

Diventa giornalista nel gruppo di Émile de Girardin e tiene una regolare rubrica di cronaca politica nel «Voleur»:  “Lettres sur  Paris”. Siamo agli albori  del giornalismo moderno, e mai quest’attività   sarà secondaria per Balzac; accompagna tutta la sua creazione, l’àncora nel presente, gli permette di riflettere sulle sue scelte politiche (vira verso  il legittimismo nel  1831), modella la sua scrittura e soprattutto lo lancia nel Tout-Paris  del momento. Il successo sembra arrivare: «La pelle di zigrino», racconto filosofico nella Parigi del 1830, è salutato dai letterati che contano.

Il successo

Assecondando le tendenze mondane e la propria inclinazione, Balzac, a poco più di trent’anni, raggiunge il successo. I suoi sogni d’integrazione e di riconoscimento sono così intensi che lo conducono a frequentare gli ambienti aristocratici (il “monde”, cui aspirano tutti coloro  che la nascita ha posto nei ranghi inferiori, nel démi-monde) e a volere per amante la  marchesa di Castries.

La  nuova reputazione d’esperto in cuori femminili gli vale il ricevimento, nel 1832, di una lettera poeticamente firmata “la straniera”. È di una contessa polacca, Eva Hanska, coniugata e dimorante in Ucraina: l’inizio di una storia romantica, che durerà fino alla morte dell’autore.

Per intanto, Balzac vive nel lusso, si veste come un dandy pur non avendone il fisico, spende con superiorità gli anticipi versatigli per le opere che non ha ancora scritto, salvo  poi sfinirsi per  consegnarle nei termini contrattuali. Corre appresso al proprio tempo, dietro le illusioni del mondo.  Lavora diciotto ore al giorno, beve torrenti di caffè, e rasenta la pazzia nel giugno del 1832. Parzialmente autobiografico è a tal proposito, il romanzo «Louis Lambert» che  porta i segni di questa crisi: Louis, figura d’intellettuale ferito, esaltato, romantico, muore pazzo. Ma tutti i suoi personaggi maschili sono febbricitanti: c’è dietro la Francia di Luigi Filippo, di Guizot, dell’ascesa del capitalismo certamente, ma c’è dietro anche il delirante, il “romanzesco”, l’enorme Balzac.
 
Creazione di un universo

I romanzi si succedono vertiginosamente  (due, tre  all’anno), sono le prime fondamenta della mitologia balzacchiana e della sua visione singolare del proprio secolo. A «Louis Lambert»  risponde, nel 1833, l’utopia de «Il medico di campagna»: pianificare, per arginare  le forze distruttive del desiderio; agire collettivamente, per sostituire alle passioni individuali l’ordine collettivo. La Rivoluzione, per Balzac, lungi dall’ aver  messo termine alle ingiustizie ed alle disuguaglianze, le ha rafforzate.  Ha escluso,  marginalizzato migliaia di persone: eroi “popolari”, criminali per fame, giovani senza futuro, donne liberate ma indebolite dalla legislazione napoleonica. Il mondo moderno è duro; gli uomini e le donne vi soffrono. Il liberalismo è una menzogna che ha favorito l’aumento degli egoismi e la morale degli interessi. «Il medico di campagna», Benassis, è un cuore ferito, che avendo sofferto, è capace di riflettere in modo critico sulla società in cui vive: ciò che c’è più di romantico in  Balzac, è l’evidenza che il dolore fonda la coscienza.

Dello stesso spirito - per ritornarne al tema delle forze distruttive della società contro l’individuo-, partecipa «La ricerca dell’assoluto», ricerca di un lucido folle smarrito nel mondo “reale”.

A quest’universo reale, lo scrittore volge sempre più le sue attenzioni: le prime “scene della vita di provincia”, «Il curato di Tours» apparso nel 1833, e l’anno successivo, «Eugénie Grandet» e «L’illustre Gaudissart», ne sono testimonianza. Balzac scrive e pubblica rapidamente: una circolarità di situazioni e di tipi  emerge nella fitta schiera dei suoi romanzi.

Nel  1833, ipotizza di fare ritornare dei personaggi già creati nei suoi romanzi precedenti. Idea “brillante” secondo l’interessato stesso, che permetterà di mostrare l’unità di ciò che, nato della stessa urgenza artistica, potrà diventare un affresco del mondo moderno.

È nel «Papà Goriot» (1834 -1835) che Balzac mette per la prima volta in pratica quest’innovazione, le cui conseguenze saranno fondamentali per l’invenzione della «Commedia umana». I Rastignac, i Rubempré, diventeranno gli eroi mobili di una saga sociale che non ha eguali nella narrativa moderna.

L’organizzazione di un sistema

Tuttavia, mentre rafforza la sua relazione con la signora Hanska (la raggiungerà a Ginevra nel 1834, a Vienna nel1835), Balzac ne allaccia un' altra, con la contessa Visconti. Continuando a fare “affari”, compera un giornale, «La cronaca di Parigi». E scrive sempre più forsennatamente, al punto, questa volta, di mettere seriamente a repentaglio la salute: dopo la pubblicazione de  «Il giglio nella valle», nel 1836, è vittima di un attacco. Anno terribile per lui: mentre viaggia in Italia, Balzac apprende della morte della Signora de Berny, quella che chiamò sempre “Dilecta”; «La cronaca di Parigi» fa fallimento, e Balzac affronta  un pesante  processo con l’editore Bulloz.

Dal  feuilleton   al romanzo balzacchiano

Alla fine del 1836, si getta in una nuova avventura giornalistica e letteraria facendo uscire su  «La Presse», in dodici puntate, «La Vielle fille». Era l’inizio del «roman-feuilleton» ossia di quel romanzo di diffusione popolare, che veniva pubblicato nell’ultimo foglio (da dove il termine) dei quotidiani allo scopo di uncinare il lettore, con la  storia narrata a puntate, all’acquisto del giornale medesimo.  Balzac non poteva restare estraneo ad alcuna delle invenzioni del suo tempo in questo settore: volle per sé fino alla morte un destino di scrittore popolare, di giornalista, di editore.

Questa nascita del «roman-feuilleton», nuovo strumento per un nuovo pubblico, coincide con il pieno controllo di quello strumento che egli ha messo a punto: il romanzo balzachiano, quello ciclico coi personaggi che ritornano. Apre anche l’ultima fase della  “carriera” di Balzac e fornisce ad uno dei suoi più famosi romanzi, «Illusioni perdute»,  le esperienze ancora fresche appena vissute: la potenza della stampa e il ruolo di un’opinione pubblica con la quale occorrerà fare i conti; commercializzazione, industrializzazione dell’impresa letteraria; circolazione delle idee e delle merci, “commercio” dello spirito.

La composizione e la pubblicazione delle «Illusioni perdute» si protrae per sette anni (1837 -1843), fatto che non comporta  una diminuzione dell’attività creativa di Balzac: dal 1837 alla morte, avvenuta nel 1850, scrive più di 23 romanzi, tenta anche la scrittura per il teatro e prova ancora ad avere il “suo giornale”, la «Revue parisienne» (tre numeri). I romanzi di questo scorcio  finale della sua  vita sono quelli che la posterità ha più amato: « César Birotteau », (1837) «La cugina Bette» (1846) «Il cugino Pons» (1847), passando per « Une ténébreuse affaire », «Le memorie da due giovani spose»  (1841) o «Splendori e miserie delle cortigiane» che chiude la vicenda di Lucien de Rubempré iniziata nelle «Illusioni perdute». Alcuni  dicono che è  il  rabbuiarsi  definitivo di un mondo che il movimento romantico aveva mostrato sotto le sue due facce, luce e notte: e che adesso altro non è che notte.

Ma è a partire da questo perfetto controllo della tecnica narrativa che Balzac realizza una formidabile macchina romanzesca: nel 1841 appare in un contratto il titolo di «Comédie humaine». Nel  1842, Balzac redige la prefazione, dove chiarisce le sue intenzioni sull’organizzazione dell’immensa materia narrata. È nel 1845 infine che elabora l’indice completo della sua “Commedia”, umana, visto che altri hanno scritto quella “divina”. Così come la concepisce nella sua totalità è formata da 137 romanzi, con quasi  di 2.000 personaggi (46 romanzi sono restati allo stato di progetto o di semplice schizzo preparatorio).

Gli ultimi anni

Nel frattempo, con la morte del marito della signora Hanska, il sogno cominciato sette anni prima poteva compiersi: nel 1843, Balzac parte alla volta di San Pietroburgo per raggiungervi la sua Eva, lasciando dietro di sé una scia di debiti che rischiano di farlo arrestare. Ritorna per trovare il suo lavoro, i suoi debiti, la sua fuga perenne, ma il medico gli diagnostica  una meningite cronica. Viaggia molto attraverso l’Europa con la sua Straniera, da cui spera anche di avere un bambino (ma la signora Hanska, che nel 1846 ha già quarantacinque anni, non condurrà a termine  la sua gravidanza), e trascorre i suoi ultimi due anni tra la Francia e l’Ucraina.

La rivoluzione del 1848 gli ispira soltanto riflessioni negative, e, candidato alla Académie Française al  seggio di Chateaubriand, ottiene soltanto due voti. Sposa la signora Hanska il 14 marzo 1850, in Ucraina. A fine giugno, non può più scrivere. Esausto, rientra a Parigi, per morirvi il 18 agosto. Hugo, che pronunciò il suo elogio funebre al Père-Lachaise, riporta in «Cose viste» il breve scambio che ebbe con il ministro dell’Interno. Mi dice: « Era un grand'uomo». Gli dico: «Era un genio».

L’invenzione balzachiana del romanzo

Balzac è l’inventore del romanzo del mondo moderno, cioè del mondo dopo la Rivoluzione. Durante tutto il XIX  secolo, e durante una buona parte del  XX, i romanzieri francesi e stranieri si sono pronunciati per o contro ciò che è rapidamente diventato il “modello balzacchiano”. Questo romanzo è totale - Balzac rivendicava lo spirito sistematico contro la tentazione del “mosaicismo” - nel senso che egli si vanta esplicitamente di un’ipotesi scientifica: Balzac vuole elaborare la tassonomia e la classificazione dei  tipi umani, come Cuvier o Geoffroy Saint-Hilaire facevano per    le specie animali. Crede che il corpo sociale sia identico alla fauna naturale. Ritiene anche che il lavoro dello scrittore, simile in ciò a quello stesso dello scienziato, sia di descrivere e spiegare: «Dovrà essere cercata all’interno della stessa società  la ragione delle  sue dinamiche», afferma nella prefazione della «Comédie humaine».

La realtà storica e sociale

L’ambiente dove questo programma estetico deve compiersi è quello della realtà storica e sociale: romantico, Balzac sa che, dopo la Rivoluzione, ogni uomo, potente o umile, è entrato da protagonista nella storia. La storia dà a ciascuno la forma del suo destino; dispone dei cuori, delle scelte che si credevano personali. Avanza, ed ha un senso: scrivere il passato serve a comprendere il presente, o anticipare il futuro.

La storia, trama del testo, è anche la vera finalità della poetica balzacchiana;  “storico fedele e completo”, “più storico che romanziere”, ma capace di trionfare dove la storia fallisce:  «Ho fatto meglio dello storico,  perché sono più libero», così Balzac si raffigura affermando ancora che il suo ruolo è di fare l’inventario della società francese e di essere il “segretario” di questa società.

Che essa sia recente (epopea napoleonica, Restaurazione),  appena distante nel  ricordo (guerra di Vandea), o anche  contemporanea (Monarchia di Luglio), la storia è ovunque: fondo, forma, dinamica del testo. Per afferrarla, il migliore strumento è il romanzo: poiché il romanzo, grazie a Balzac, è un genere totale, che contiene tutto, «l’invenzione, lo stile, il pensiero, la conoscenza, la sensazione». Flessibile, realistico o visionario, con lo sguardo teso a cogliere l’universale o il  particolare, l’artista può tutto dire e tutto illuminare, fare concorrenza non   solo allo “stato civile”, ma alla scienza: analogico e deduttivo come essa, e come essa preso d’accessi di verità.

Una concezione globale

Dacché  «ogni romanzo è soltanto un capitolo del grande romanzo della Società» (prefazione di «Illusioni perdute»), ne consegue che l’organizzazione globale di tutti i suoi libri doveva essere, per Balzac, lo strumento perfetto di quest’espressione totale del reale. Aveva una visione filosofica globale della vita, predominata dall’idea della concentrazione necessaria sull’energia, perlopiù individuale contrapposta alle forze collettive della società e della storia.  Ogni individuo, per Balzac, possiede infatti una certa quantità d’energia che l’azione o la volontà utilizzano. Che si eserciti dentro di sé o nel mondo esterno, il desiderio guida l’essere.  Quest’idea forte già  suggeriva a Balzac una concezione centripeta della sua opera. Ragionava per insiemi, per grandi movimenti, per strutture.  La «Commedia umana»  è la sistematizzazione della sua filosofia: nel  1833 escogita  l’invenzione del “ritorno dei personaggi”, messa  in atto nel «Papà  Goriot».

Studi del mondo moderno

Nel  1834, Balzac concepisce di dare un ordine a tutta la sua opera dividendola  in tre parti:  “studi di costume”, “studi filosofici”, “studi analitici”. Nel  1835, cercando un titolo per l’intero progetto, pensa a “studi sociali”. Nel 1842 infine, trova  il titolo di “ commedia umana” e redige la prefazione famosa dove   spiega la sua visione "zoologica" dei tipi umani. Questo titolo, dall’ambizione sproporzionata, ricorda  che il mondo è un vasto teatro dove gli uomini svolgono, alla meno peggio, il loro ruolo prima di morire, ma designa anche l’opera come il modello fittizio attraverso il quale il romanziere penetra nei meccanismi e li rivela. Poiché tale è la sfida: smontare, dimostrare, appassionatamente svelare.

Condurre a termine il lavoro di scavo e di disvelamento dei “moralistes” classici del Grande Secolo, ma coniugare questo lavoro di estrema raffinatezza intellettuale coi mezzi dozzinali e popolari offerti dal genere romanzo.   Gli “studi dei costumi” dovevano rappresentare “tutti gli effetti sociali”, tracciare “la storia del cuore umano punto a punto”. Dopo gli effetti, le cause: gli “studi filosofici” diranno “perché le sensazioni, perché la vita”. La ricerca dei principi infine era riservata agli “studi analitici”. A edificio ultimato, Balzac  avrebbe scritto le  “Mille e una notte dell’Occidente”, secondo la sua espressione.

Le  “Mille e una notte dell’Occidente”

Occorre prendere questo delirante progetto sul serio. Penetrare nella Commedia umana, è, in effetti, superare una soglia magica: dal fondo della provincia francese emergono figure reali e fantastiche, individualizzate all’estremo e tuttavia tipiche.  Giovani ambiziosi che il miraggio  parigino strapperà alla loro monotonia, giovani donne  distrutte da  usurai folli,  vegliardi  smisurati, donne di trenta anni che dispongono di riserve infinite d’amore, celibi, nobili rispettabili ma smarriti nel  ricordo di altre età, filantropi disperati venuti a cercare l’ombra ed il silenzio... Dietro le persiane chiuse, nelle dimore minuziosamente visitate, descritte - poiché, per Balzac, i luoghi producono e rivelano le persone -, drammi si annodano, rancori e odi serpeggiano, passioni si scatenano.

A una  provincia delle eredità, dell’accumulo dei beni, dell’ombra e delle fortune sedimentate  risponde una Parigi in piena metamorfosi, scintillante. Città di tutte le tentazioni, di tutte le possibilità e di tutti i fallimenti. Città abbagliante, fantastica sotto la penna  balzacchiana. Inferno, vero dio del mondo di Balzac, dove si fissano i valori degli uomini e delle cose (dove «dietro ogni angolo si nasconde un interesse») dove s’aggirano le più belle donne, dove i bellimbusti fanno le loro uscite e dove riescono soltanto gli squali, i lupi cervieri del mondo moderno.

La Commedia umana: più di 2.000 personaggi, centrifugati negli  interessi, nelle passioni, nelle sofferenze; lacerati dalla  vanità , l’ambizione, l’egoismo... Poiché le “Mille e una notte dell’Occidente” di Balzac sono politiche, sociali, economiche! Alla magia dell’Oriente risponde la realtà dell’Occidente.

Il realismo balzachiano

Il realismo balzacchiano - alcuni hanno detto la “volgarità” balzachiana - è fatto inizialmente di una convinzione: la realtà è afferrabile dalla  scrittura. Poiché, per Balzac, essere realisti non è riprodurre “la ” realtà. Quale allora?

Descrivere per comprendere

Il principale compito è  comprendere: che il mondo muta, che emergono nuovi soggetti, nuove forze, che la storia sconvolge  le condizioni e le mentalità, che le città si trasformano, che la borghesia non ha gli stessi valori della nobiltà... Dipingere la vita moderna, nei suoi lati  oscuri  e luminosi. Dunque parlare di denaro, poiché il denaro guida il mondo, mostro di cui nulla uguaglia la violenza distruttiva e la potenza inventiva, metafora del desiderio e del successo. Riuscire, nel mondo moderno, è realmente altra cosa che “fare fortuna”?

Descrivere dunque. Entrare nei dettagli che danno il senso: Balzac sa il potere degli abiti, la funzione dei mobili, il ruolo degli oggetti. Balzac sa che avere vuol dire essere.  Prevede che il mondo moderno sarà quello del feticismo  della merce di cui dirà Marx, che peraltro verso lo eleggerà a proprio scrittore.

Ma soprattutto occorre interpretare, comprendere, dunque reinventare: la verità della natura e quella dell’arte non sono le stesse. Per essere realistici, occorre essere surrealisti: per essere un romanziere realista, occorre essere epico e mitico, proiettare le vicende degli uomini comuni nel grande schermo del romanzo totale.  Il migliore mezzo del “realismo” balzacchiano, è l’immaginazione che stilizza, caratterizza, ricompone: Balzac prende un individuo, ne fa un tipo, passa al mito (Grandet, Vautrin, Rastignac, Goriot ed anche « la donna-di-trent’anni »...). Balzac prende una casa, ed essa diventa un corpo fantastico, affronta Parigi, e Parigi diventa labirinto ed inferno...

L’arte

È per questo che al centro di tutta l’opera balzachiana si trova la riflessione sull’arte e sull’artista. Personaggio “romantico” per eccellenza, l’artista occupa  l’immaginazione di Balzac. Uomo del desiderio, dedito alla ricerca dell’assoluto, dotato di una vista acuta che sa decifrare i misteri della natura, della vita, della società, capace di svegliare le forme immerse nel nulla, demiurgo... e disperato  specchio infine, dove qualsiasi cosa viene a riflettersi.

La letteratura ha il compito di riprodurre la natura con il pensiero.  Il creatore prometeico osserva, esprime,  ricorda ed inventa: il romanzo balzacchiano è questo alambicco alchemico dove il reale trasmuta nel mito e  nel simbolo, dove emerge ciò che non si conosceva, dove l’immagine e la condensazione della scrittura rendono  visibile e leggibile ciò che era soltanto frammento, polvere, pezzetti di “realtà” prive di qualsiasi significato. Balzac è dunque  Scheherazade: con lui, le realtà prosaiche del mondo moderno, i piccoli affari della piccola borghesia, le speculazioni meschine e le passioni umane, troppo umane, sono tratte dall’ombra per essere consegnate alla poesia duratura della leggenda.