Pierre-Joseph Proudhon

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Txt.: Critica della proprietà e dello Stato

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Pierre-Joseph Proudhon (Besançon, 15 gennaio 1809 – Parigi, 19 gennaio 1865) è stato un filosofo, sociologo, economista e anarchico francese. È stato il primo ad attribuire un significato positivo alla parola "anarchia", che prima era utilizzata soltanto in senso dispregiativo, cioè nel senso di caos, disordine (perfino da William Godwin): « "Sei un repubblicano?" "Repubblicano [...] sì. Ma non significa nulla. Res publica, la cosa pubblica. Chiunque si interessi alla cosa pubblica può definirsi repubblicano. Anche i re sono repubblicani." "Bene! Quindi sei un democratico?" "No." "Cosa? Forse un monarchico?" "No." "Costituzionalista?" "Dio non voglia!" "Vorresti una forma di governo mista?" "Meno che mai..." "E allora cosa sei?" "Un anarchico..." "Ah, [...] capisco. Sei ironico." "Assolutamente no. Ti sto dando la mia seria e ponderata professione di fede. Sebbene un fervente sostenitore dell'ordine, io sono - nel più forte significato del termine - un anarchico." »

Proudhon nacque a Besançon in Francia da un fabbricante di barili per birra. A sedici anni, dopo un'infanzia spesa in lavori familiari per lo più rurali, entrò nella scuola della città, nonostante la famiglia fosse troppo povera per garantirgli i libri necessari. A diciannove anni entrò a lavorare nel campo della stampa, per poi diventare revisore di opere ecclesiastiche in via di pubblicazione. Acquistò in questo modo una discreta conoscenza in ambito teologico che coltivò studiando ebraico e comparandolo al greco, al latino e al francese. Scrisse anche un trattato di grammatica generale, Essai de grammaire génerale, che costituisce una prima prova della sua audacia intellettuale. Nel 1838 ottenne la borsa di studio Suard di 1500 franchi annui per tre anni, offerta in dono dall'Accademia di Besançon come incoraggiamento per le giovani promesse. Interessi in politica [modifica] Nel 1839 scrisse il trattato L'Utilité de la célébration du dimanche, che contiene i primi germogli delle sue idee rivoluzionarie. In questo periodo inoltre si recò a Parigi dove condusse una vita povera, ascetica e dedita allo studio, entrando tuttavia in contatto con gli ideali socialisti che allora andavano diffondendosi nella capitale francese. Nel 1840 pubblicò Qu'est-ce que la propriété?, Cos'è la proprietà?, in cui sostiene la sua ormai celebre tesi secondo cui "la propriété, c'est le vol", "la proprietà è un furto", che gli valse l'antipatia dei membri direttivi dell'Accademia di Besançon, che tuttavia non riuscirono a ritirargli la borsa di studio. Infine nel 1846 diede alla luce la sua più grande opera, il Systéme des contradictions économiques ou Philosophie de la misère, Il sistema delle contraddizioni economiche o La filosofia della povertà. Per qualche tempo Proudhon portò avanti una piccola tipografia a Besançon, ma senza successo. Successivamente divenne una sorta di manager per un'impresa commerciale di Lione. Nel 1847 tuttavia lasciò questo impiego e alla fine si stabilì a Parigi, dove era ora celebrato come uno dei massimi esponenti dell'innovazione. In quest'anno aderì per poco tempo alla Massoneria. Nella corrispondenza con Giuseppe Ferrari sull´unione italiana Proudhon criticava Mazzini in quanto massone (Correspondance vol IX Paris, ed A. Lacroix 1875) e si lamentava spesso di essere perseguito dalla massoneria. Criticando Marx lo definiva in senso spregiativo "massone ebreo".

Proudhon rimase sorpreso dalla Rivoluzione del 1848. Partecipò alla rivolta di Febbraio e alla stesura di quello che definiva "la prima proclamazione repubblicana" della nuova repubblica. Tuttavia ebbe una cattiva impressione del nuovo governo provvisorio, capeggiato da Dupont de l'Eure, un politico di vecchio stampo, oltre che da liberali quali Lamertine, Ledru-Rollin, Crémieux, Burdeau ed altri, che anteponevano la riforma politica a quella socio-economica, che Proudhon considerava basilare. Proudhon pubblicò il proprio punto di vista circa le riforme da affrontare, che fu completato nel 1849, dal titolo Solution du probléme social, Soluzione della questione sociale, nel quale mette a punto un sistema di mutua cooperazione finanziaria tra lavoratori. Riteneva infatti che solamente questo avrebbe potuto trasferire il controllo delle relazioni economiche dai banchieri e dai capitalisti ai lavoratori veri e propri. La parte centrale del suo progetto era la fondazione di una banca che fornisse credito a un basso tasso di interesse ed emanasse banconote per sostituire le valute basate sull'oro. Durante la Seconda Repubblica Francese Proudhon godette di un enorme impatto sul pubblico grazie alla sua attività giornalistica. Era coinvolto in quattro differenti testate: Le Représentant du Peuple (febbraio 1848 - agosto 1848), Le Peuple (settembre 1848 - giugno 1849), La Voix du Peuple (settembre 1849 - maggio 1850) e Le Peuple de 1850 (giugno 1850 - ottobre 1850). Il suo stile polemico, unito all'immagine di osservatore esterno che egli aveva di se stesso, produsse un giornalismo cinico e combattivo che attirava molti lavoratori francesi, nonostante ne allontanasse altri. Criticò ripetutamente le forze armate del governo e promosse la riforma del credito. Alla fine tentò di fondare una banca popolare, Banque du peuple, nel 1849, ma nonostante le oltre 13.000 firme (soprattutto da parte di lavoratori), le emissioni furono limitate a 18.000 franchi e l'intera impresa abortì. Proudhon si candidò per l'assemblea costituente nell'Aprile del 1848, ma non fu eletto, sebbene il suo nome apparisse nei ballottaggi a Parigi, Lione, Besançon e Lilla. Tuttavia ottenne il successo nelle elezioni complementari tenutesi il 4 giugno e militò come deputato durante i dibattiti per gli Ateliers Nationaux, creati da un decreto del repubblicano Louis Blanc nel febbraio 1848.

Gli Ateliers Nationaux dovevano garantire l'impiego ai disoccupati, ma Proudhon non fu mai entusiasta di quest'attività, considerandola essenzialmente un'istituzione caritatevole che non risolveva i problemi del sistema economico. Inoltre era contro la sua eliminazione, a meno che non fosse stata trovata una alternativa per i lavoratori che vi erano impiegati. Rimase fortemente colpito dalla violenza della rivoluzione nel 1848, provocata dalla chiusura degli Ateliers Nationaux. In seguito visitando di persona le barricate ebbe modo di realizzare che la sua presenza alla Bastiglia allora fu una delle azioni più onorevoli della sua vita. Ma in generale, durante gli eventi tumultuosi del 1848, Proudhon si oppose alle insurrezioni predicando una conciliazione pacifica, una decisione che era coerente con il suo impiego contro la violenza: disapprovò difatti le rivolte e le dimostrazioni di febbraio, maggio e giugno 1848. Proudhon morì il 19 gennaio 1865 e fu seppellito a Parigi, nel cimitero di Montparnasse nella cappella di famiglia.

Proudhon è il primo intellettuale conosciuto per essersi definito "anarchico".

Egli definì inizialmente l'anarchia come l'assenza di signori, di monarchi o governanti in uno stato sovrano, in Che cos'è la proprietà? e come il bisogno di "una società senza autorità" in L'idea generale della Rivoluzione. Estese poi questa analisi oltre le mere istituzioni politiche, affermando che "proprietario" è sinonimo di "padrone". Per Proudhon infatti: « "Capitale" in campo politico è sinonimo di "governo". La concezione economica di capitalismo, quella politica di governo e quella teologica di Chiesa sono tre concetti identici, collegati in modi differenti. Attaccare uno solo di loro equivale ad attaccarli tutti. Quello che il capitale fa al lavoro, e lo Stato alla libertà, la Chiesa lo fa allo spirito. Questa trinità di assolutismo è rovinosa nella pratica tanto quanto nella filosofia. I mezzi più efficienti per opprimere il popolo sarebbero simultaneamente sopprimere e schiavizzare il suo corpo, la sua volontà e la sua ragione. » Verso la fine della sua vita, Proudhon modificò in parte le sue originarie convinzioni nel Del principio federativo. In esso definisce il federalismo come teoria dello stato basato sul contratto politico (o di federazione). Afferma che lo stato, per essere coerente con il suo principio, deve equilibrare nella legge l'autorità con la libertà e che questo si ottiene ponendo a perno del loro equilibrio il contratto politico o di federazione fra le persone responsabili. Potrebbe essere questa la "religione civile dell'umanità" per i prossimi secoli. È considerato il padre del federalismo integrale. Nella sua forma di governo ideale, egli rifiuta la presenza di uno stato perché considerato un'istituzione assurda, finalizzata semplicemente allo sfruttamento del lavoro altrui da parte di alcuni uomini. Egli rifiuta ogni tipo di potere al di sopra dell'individuo, ivi compreso Dio che, in ambito religioso, è esattamente come lo stato in ambito politico e la proprietà in quello economico: istituzioni illegittime finalizzate al controllo degli altri uomini ed al loro sfruttamento. « L'anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l'ordine ed a garantire tutte le libertà. » ( Pierre-Joseph Proudhon) Vale la pena, per chiarezza, ripetere la sua concezione della società di Proudhon formulata ad appena trenta anni in Célébration du Dinamiche: "Trovare uno stato d'eguaglianza sociale che non sia né comunismo, né dispotismo, né frazionamento, né anarchia, ma libertà nell'ordine ed indipendenza nell'unità". Dice ancora molti anni più tardi in Del principio federativo: "Come variante del regime liberale, ho indicato l'ANARCHIA o governo di ognuno da parte di se stesso, in inglese self-government. L'espressione di governo anarchico implica una sorta di contraddizione, la cosa sembra impossibile e l'idea assurda. Non c'è qui che da rivedere il termine; la nozione di anarchia, in politica è razionale e positiva come nessun'altra. Essa consiste nel fatto che, una volta ricondotte le funzioni politiche alle funzioni della produzione, l'ordine sociale risulterebbe solo dal fatto delle transazioni e degli scambi. Ognuno allora potrebbe dirsi autocrate di se stesso. Il che è l'estremo opposto dell'assolutismo monarchico. (...). Malgrado il richiamo potente della libertà, né la democrazia né l'anarchia nella pienezza ed integrità della loro idea, si sono realizzate in nessun luogo". Le accuse di sessismo [modifica] Una concezione ancora legata alla società dell'epoca, non allineata all'anarchismo a tutto tondo, è il suo sessismo, che spingerà Joseph Déjacque come anche successivi pensatori anarchici, ad accusare Proudhon di essere incoerente con le sue idee libertarie. Un sessismo dovuto alla difficile vita del lavoratore, inserita nella società basata sulla famiglia tradizionale, dove venivano sfruttate donne e bambine. Il ruolo delle donne è legato all'importanza del loro ruolo nella famiglia e vede la loro emancipazione quando l´uomo sarà in grado di "emanciparsi" nei lavori domestici .

Nei suoi primi lavori Proudhon analizzò la natura e i problemi dell'economia capitalistica e le sue critiche non si limitarono solo al capitalismo, ma riguardarono anche la visione socio economica degli altri socialisti, suoi contemporanei. Da Che cos'è la proprietà? alla pubblicazione postuma di La teoria della proprietà, dichiarò che "la proprietà è un furto", "la proprietà è insostenibile", "la proprietà è dispotismo" e "la proprietà è libertà". Quando infatti disse "la proprietà è un furto", si riferiva ai possidenti terrieri e ai capitalisti i cui proventi considerava come furti nei confronti dei lavoratori. Per Proudhon il lavoratore di un capitalista è "subordinato, sfruttato: la sua condizione permanente è di obbedienza". Nell'affermare che "la proprietà è libertà", si riferiva invece non solo al prodotto del lavoro individuale, ma anche a quello di contadini e artigiani che ricavano beni dalla vendita dei propri servizi e del proprio surplus. Per Proudhon l'unica e legittima fonte di proprietà è il lavoro. Quello che chiunque può produrre è di sua proprietà: invocava l'indipendenza dei lavoratori e condannava la proprietà capitalistica dei mezzi di produzione. Rigettò strenuamente alla pari il possesso dei mezzi di produzione da parte della società intera, sostenendo in Che cos'è la proprietà? che "tutto il capitale sociale accumulato, non è di esclusiva proprietà di nessuno". E perciò non approva che la società possegga tutti i mezzi di produzione o tutti i beni terrieri, ma propone piuttosto che chi ne fruisce li possegga (sotto il controllo da parte della società, tramite le regolazioni di mercato). Proudhon si definì socialista ma si oppose al possesso da parte dello Stato dei beni in favore di una proprietà da parte dei lavoratori stessi, organizzati in associazioni. Ciò ne fece uno dei primi intellettuali liberal-socialisti e gli procurò grande influenza nella teorizzazione di un possibile sistema autogestionale. Chiamò questo concetto di fruizione-proprietà, "possesso", e questo sistema economico "mutualismo". Proudhon aveva molte critiche alla proprietà di terre e capitali, incluse critiche morali, economiche, politiche e di libertà individuale. In una di queste critiche afferma che la proprietà crea profitto, genera instabilità e induce a circoli di debiti che superano la capacità di produzione, spingendo ad aumentare la crescita all'infinito. Un'altra critica afferma che la proprietà crea squilibri sociali e fenomeni di dispotismo che si ritorcono contro i lavoratori stipendiati, soggetti all'autorità illegittima dei datori di lavoro.

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Pierre-Joseph Proudhon (Besançon, Francia, 15 gennaio 1809 - Parigi, 19 gennaio 1865), è stato un pensatore, economista, sociologo e rivoluzionario francese. È ritenuto da molti il “Padre dell’anarchismo”, poiché è stato il primo ad utilizzare il termine «anarchia» per indicare il fine della teoria politica da egli sviluppata. «L’anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l’ordine ed a garantire tutte le libertà. »

Indice 1 Biografia 1.1 Primo anarchico della storia 1.2 Attività politica e letteraria 1.3 La Banca del Popolo 1.4 L'ultimo periodo 2 Il pensiero 2.1 La dialettica 2.2 Critiche 2.2.1 La misoginia 2.2.2 L'antisemitismo

Biografia

Pierre-Joseph Proudhon nasce a Besançon il 15 gennaio 1809 presso una famiglia di modeste condizioni economiche. Nonostante le difficoltà riesce a frequentare il College di Besancon grazie ad una borsa di studio, ma ben presto deve abbandonare i banchi di scuola per problemi economici. [modifica] Primo anarchico della storia Casa natale di Proudhon a Besançon. Si trasferisce quindi a Parigi dove entra in contatto con i gruppi rivoluzionari francesi e nel 1840 pubblica il celebre scritto Che cos’è la proprietà?, in cui si dichiara anarchico (il primo nella storia ad usare quel termine con accezione positiva): «Sei un repubblicano?» «Repubblicano [...] sì. Ma non significa nulla. Res publica, la cosa pubblica. Chiunque si interessi alla cosa pubblica può definirsi repubblicano. Anche i re sono repubblicani.» «Bene! Quindi sei un democratico?» «No.» «Cosa? Forse un monarchico?» «No.» «Costituzionalista?» «Dio non voglia!» «Vorresti una forma di governo mista?» «Meno che mai...» «E allora cosa sei?» «Un anarchico...» «Ah, [...] capisco. Sei ironico.» «Assolutamente no. Ti sto dando la mia seria e ponderata professione di fede. Sebbene un fervente sostenitore dell'ordine, io sono - nel più forte significato del termine - un anarchico.» Le sue considerazioni gli procurano i primi guai giudiziari, viene infatti accusato di attentato alla proprietà privata e alla religione e di incitamento all'odio per i governi. Sarà però assolto.

Attività politica e letteraria

Nel 1843 si trasferisce nella città di Lione dove conosce i seguaci di Cabet, Saint-Simon, e della socialista peruviana Flora Tristan. Ritornato (1844) a Parigi conosce tra gli altri Karl Marx e Michail Bakunin. Nel 1848 prende parte alla rivoluzione, pubblica anche il primo periodico anarchico dal titolo «Il rappresentante del popolo». Successivamente, nello stesso anno, pubblica altri due periodici: «Il popolo» e «La voce del popolo». Ancora nel 1848 viene eletto all’Assemblea Nazionale, ma quest’attività si scontra con il suo pensiero antiautoritario, per questo il 2 luglio del 1848 pronuncia un violentissimo discorso contro la borghesia francese. L'esperienza parlamentare non farà altro che incrementare la sua diffidenza verso la politica parlamentare. [modifica]La Banca del Popolo Nel 1849, per realizzare i principi della mutualità da lui sostenuti, fonda la "Banca del Popolo" (un sistema di crediti a tassi bassissimi). Un'istituzione nuova, diversa dalle banche capitalistiche, creata e gestita dagli stessi lavoratori e che avrà la funzione di creare una nuova organizzazione sociale capace di fare a meno dello Stato: «...ciascuno farà quanto gli sarà possibile e solo questo. Prenderà direttamente parte alla formulazione delle leggi e al governo, così come parteciperà alla produzione e alla circolazione monetaria. Ogni cittadino sarà sovrano e avrà pieni poteri; regnerà e governerà e l'anarchia diventerà anarchia positiva”» (L'anarchia, Arnoldo Mondadori Editori) In seguito Proudhon viene condannato al carcere (3 anni), per attività sovversiva, nello specifico la sua colpa è quella di aver attaccato Luigi Bonaparte (il futuro Napoleone III). Durante il periodo del carcere scrive alcuni libri e matura convinzioni ancora più profonde sull'ineluttabilità della rivoluzione. Scontata la pena, trova enormi difficoltà per continuare la sua attività di scrittore, anche perché viene nuovamente arrestato per “offesa alla moralità”. Per sfuggire alle persecuzioni giudiziarie è costretto a passare un periodo di esilio in Belgio (1858) dopo il quale ritorna a Parigi (1862), dove affronta i temi nazionalistici e quelli dello Stato (già nel 1848 si dichiarò in favore dell’abolizione delle frontiere nazionali).

L'ultimo periodo

Verso la fine della sua vita, Proudhon cambia parzialmente le sue iniziali posizioni in materia di concezione dello Stato e del governo. Nel testo Del principio federativo definisce il federalismo come teoria dello stato basato sul contratto politico (o di federazione), affermando inoltre che questo potrebbe essere la «religione civile dell'umanità» per i prossimi secoli. Proudhon muore a Parigi il 19 gennaio 1865. [modifica] Il pensiero Vedi, Anarchismo proudhoniano. Pierre-Joseph Prodhon e i suoi figli Per Proudhon la giustizia è naturalmente intrinseca nella coscienza e nella storia umana: «giacché, se la giustizia non è innata all’umanità, se le è superiore, esterna e straniera, ne risulta che la società umana non ha leggi proprie, che il soggetto collettivo non ha costume; che lo stato sociale è uno stato contro natura, la civilizzazione è una depravazione». Sul piano politico Proudhon critica l’accentramento statale (da qui prende forma il concetto di federalismo), auspicando l’abolizione dello Stato e di ogni forma di dominio, così da promuovere quell’assoluto egualitarismo di cui egli si fa assertore: per Proudhon appropriarsi dei frutti di un valore che non è stato prodotto con il proprio lavoro è un furto. Per l’anarchico francese il possesso di un bene è legittimo, non lo è invece la proprietà («La proprietà è un furto!»). Egli individua proprio nella cristallizzazione della proprietà, tramandata di padre in figlio senza alcun “merito”, la causa principale degli squilibri sociali. Pur essendo un socialista, egli è critico con il socialismo, che sacrifica l’individualità in nome dell’ideologia politica (il suo pensiero è definibile come "individualismo sociale"). Di qui il suo vagheggiamento di una società mutualistica in cui l’uguaglianza e la libertà individuale siano realizzate senza alcuna collettivizzazione. In questo senso va interpretato il progetto della Banca del popolo (1949) che avrebbe dovuto favorire, mediante l'utilizzo di “buoni di lavoro”, lo scambio fra i lavoratori con credito a basso tasso d’interesse. L’idea fu quella di favorire lo sviluppo di una rete associativa di lavoratori liberi e tra loro federati, che eliminasse la figura parassitaria del finanziere (che guadagna denaro prestando altro denaro), in modo che tutti potessero avere a disposizione i capitali necessari a realizzare una società di piccoli imprenditori, liberi e né sfruttatori né sfruttati.

La dialettica

La dialettica proudhoniana si contrappone alla dialettica hegeliana. Per Proudhon tesi e antitesi non si risolvono dialetticamente nella sintesi, in quanto le opposizioni reali (le contra-dictio filosofiche), raggiungono la conciliazione universale attraverso l'universale opposizione. [modifica]Critiche Proudhon è un autore ambiguo su molti argomenti e si faceva molto trasportare dal clima degli avvenimenti. Spesso, quando gli si faceva notare l'assurdità di alcune sue affermazioni, provvedeva a spiegarsi meglio e talvolta accusava i suoi interlocutori di non aver capito il senso delle sue considerazioni. Buona parte delle sue opere sono costituite infatti da articoli di giornali e riviste e lettere, da cui si possono attingere, come per qualsiasi autore di aforismi, detti, sentenze ecc, delle più varie. Ha riveduto infatti spesso molte delle sue affermazioni successivamente nei suoi lavori più maturi. Era un autore soprattutto autodidatta, disfarsi dei luoghi comuni dell'epoca non era certamente facile. Morendo "giovane", cioè nel pieno delle sue capacità intellettuali ancora probabilmente da dispiegare e volendo occuparsi di tutto lo scibile, ecc. si possono isolare qua e là frasi dai contenuti ambigui. Due delle critiche più pesanti rivolte a Proudhon sono la misoginia e l'antisemitismo. Queste critiche non sono prive di fondamento, tuttavia bisogna sottolineare che i suoi scritti non si occupano a fondo di dimostrare l'inferiorità mentale della donna e la necessità di eliminare gli ebrei dalla finanza e dalla faccia della terra. Si tratta di considerazioni proudhoniane estrapolate dagli storici da lettere, articoli, ecc. [modifica]La misoginia Riguardo alla questione femminile e sessuale Proudhon si dichiara favorevole alla subordinazione della donna all'uomo (relegata cioè al ruolo di moglie e madre nell'ambito familiare) e contrario a determinate relazioni sessuali che bolla come perversioni. La misoginia di Proudhon è esplicitata in una sua lettera spedita in risposta alla femminista Jenny Héricourt, che lo aveva attaccatto personalmente nell'articolo Il signor Proudhon e la questione delle donne (1856). La risposta di Proudhon sarà diffusa da qualche giornale francese ma non sarà mai pubblicata in nessuna opera, se non postuma in qualche bibliografia. Joseph Déjacque lo accuserà nella lettera De l'être-humain mâle et femelle di incoerenza rispetto alle sue professate idee anarchiche, definendolo liberale e non libertario. Bisogna considerare che l'epoca in cui visse era molto misogina in generale, anche se meno negli ambienti socialisti, da buon intellettuale organico del contadino ed artigianale quale egli era, vedeva nella donna un essere da proteggere in generale, dalla violenza del mondo sociale urbano (sfruttamento nei lavori pesanti, prostituzione). Alcuni storici ritengono che il suo atteggiamento verso la donna sia da considerare paternalistico piuttosto che misogino.

L'antisemitismo

L'antisemitismo era uno stereotipo radicato nella società europea da secoli, tuttavia Proudhon non concepiva gli ebrei come una razza a sè stante (antiumana, deicida, ecc.), come gli antisemiti più viscerali del XIX secolo, quanto disprezzava invece la sua élite plutocratica sostenitrice dei valori filosistemici, il loro quasi monopolio del mondo finanziario, sebbene Hannah Arendt abbia sostenuto che tale potere esistesse nel XIX secolo ma fosse anche proprio allora in pieno declino, in quanto questa funzione era sempre più espletata (secondo la Arendt) da figure di banchieri nazionali e dallo stesso Stato. L'antisemitismo di Proudhon è visibile in alcuni scritti del 1847, estratti dal suo diario personale (pubblicati dopo la sua morte), che fanno riferimento ad un incontro, una sera al bar, tra Proudhon e alcuni antisemiti tedeschi. L'anarchico francese cita il giudaismo anche in La stampa belga e l'Unità italiana, un articolo dell'ottobre 1862 tratto da La fédération et l'Unité en Italie: «Il sistema unitario, o delle grandi zone, ha come scopo di spartire l'Europa, e in seguito la maggior parte del globo, tra cinque o sei vasti focolai, costituiti essi stessi sul principio della subordinazione delle province e comuni, di conseguenza sull'assorbimento delle province e comuni, conseguentemente sull'assorbimento di ogni libertà come di ogni nazionalità. È una nuova specie di feudalesimo imperialista e comunitario, che giunge sino alla proprietà, all'industria, di cui la bancocrazia giudaico-sansimoniana, più della Chiesa, sarà l'anima, e l'Opinion nationale il principale organo.» Egli evidentemente ce l'ha con il capitalismo finanziario, anche se non evita però di usare lo stereotipo dell'ebreo usuraio, a quell'epoca identificabile con dei grandi gruppi di banchieri internazionali, i Rothschild, inevitabilmente.