CAFIERO, Carlo

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Uomo politico italiano (Barletta 1846-Nocera Inferiore 1892). Di nobile famiglia, si laureò in legge a Napoli e fu addetto d'ambasciata alla legazione italiana in Belgio. Abbandonata la carriera diplomatica, entrò in contatto con i circoli rivoluzionari di Parigi (1867) e di Londra dove, nel 1871, conobbe Marx ed Engels. Tornato in Italia dopo aver aderito alla I Internazionale, collaborò al giornale napoletano La Campana e propagò attivamente le idee socialiste. Passato all'anarchismo di Bakunin, presiedette nel 1871 al congresso anarchico di Rimini che condannò il "comunismo autoritario" marxista. Nel 1873 alienò completamente il suo ingente patrimonio per finanziare Bakunin e, nel 1877, organizzò e diresse con E. Malatesta l'insurrezione del Matese che gli costò 18 mesi di carcere. Colpito da pazzia intorno al 1882, morì in manicomio.

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Txt.: Compendio del Capitale

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DBI

di Pier Carlo Masini

Nacque a Barletta da Ferdinando e da Luigia Azzariti il 1º sett. 1846. La famiglia, assai facoltosa, possedeva terre e traeva redditi dal commercio dei grani. Un fratello maggiore del C., Pietrantonio (1836-1911), politicamente conservatore, sarà deputato per tre legislature (la XVI, la XVII e la XIX).

Il C. seguì gli studi nel seminario di Molfetta, dove gli fu condiscepolo Emilio Covelli, più tardi suo compagno d'idee e di sventura. Il seminario di Molfetta aveva una tradizione scolastica prestigiosa (vi aveva studiato Andrea Angiulli e lo frequenterà anche Gaetano Salvemini), ma il C. ne uscì, come i nominati, senza continuare la carriera ecclesiastica. A 18 anni è a Napoli dove s'iscrive alla facoltà di giurisprudenza; laureatosi ed entrato in possesso d'un notevole patrimonio in seguito alla morte del padre, si trasferisce a Firenze, allora capitale del regno, per intraprendere la carriera diplomatica. Ma l'ambiente fiorentino non gli piace e altri interessi - per l'occultismo, l'etnologia, le civiltà orientali - lo attraggono. Dopo una sosta in Francia (1870) presso il pittore Giuseppe De Nittis, suo coetaneo e conterraneo, si reca a Londra dove i contatti culturali e la conoscenza diretta della condizione operaia in una società industriale lo avvicinano alle idee socialiste, in particolare all'Associazione internazionale dei lavoratori che a Londra aveva la sua sede con il Consiglio generale, fortemente influenzato da Marx e da Engels. Entra personalmente in contatto con il secondo che, allora incaricato dei rapporti dell'organizzazione con l'Italia, nella primavera del 1871, proprio nei giorni della Comune di Parigi, affida al C. la missione di recarsi in Italia per coordinare le file dell'Associazione e contrastare nel movimento operaio italiano l'influenza di Mazzini e di Bakunin.

Partito da Londra ai primi di maggio del 1871, il C. si ferma anzitutto a Firenze dove ha vecchie amicizie e, grazie ad esse, può introdursi nei circoli democratici. Conosce Luigi Castellazzo, presidente di una Società democratica internazionale che, fra l'altro, ha preso nettamente posizione a difesa della Comune di Parigi. Dopo un breve soggiorno nella natia Barletta, si reca a Napoli per stabilire rapporti diretti con la sezione dell'Internazionale che opera in quella città da alcuni anni. La sezione si trova in crisi a causa delle scorrettezze del suo presidente Stefano Caporusso, ora esautorato ed espulso. Il C. cerca di rimediare a questa situazione, ricollegando gli elementi migliori, fra i quali Carmelo Palladino, studente pugliese trapiantato a Napoli, quando il 20 agosto l'autorità scioglie con decreto prefettizio la sezione. Il C. stesso viene arrestato, la sua casa perquisita con sequestro di carte e di documenti. Rilasciato dopo pochi giorni, mentre si istruisce il processo, il C. è impegnato nella partecipazione al Congresso operaio di Roma (XII congresso delle Società operaie italiane, 1º-6 nov. 1871), nel corso del quale guida la esigua pattuglia di opposizione alla maggioranza mazziniana, facendo sentire la voce dell'Internazionale e poi ritirandosi clamorosamente dall'assemblea. In questo periodo collabora al giornale La Campana di Napoli, uno dei più importanti fogli internazionalisti. Cura sempre la sua corrispondenza con Engels, anche se in seguito alla conferenza di Londra (settembre 1871) che ha dato un nuovo indirizzo - nel senso di una maggiore politicizzazione e centralizzazione - all'Associazione internazionale dei lavoratori, i rapporti fra il Consiglio generale di Londra e la sezione napoletana, influenzata da Bakunin e dai suoi amici, cominciano a guastarsi. Il C., rimasto in un primo tempo neutrale nella disputa, si sposta nei primi mesi del 1872 verso le posizioni di Bakunin e, dopo un incontro con questo in Svizzera, ne abbraccia completamente le idee. Da qui la rottura con Engels, giustificata con una lunga lettera nella quale per la prima volta il C. enuncia il suo orientamento anarchico (12-19 giugno 1872). Intanto in Italia da mesi si parla di un congresso che raccolga tutte le forze democratiche d'estrema sinistra, dai nascenti fasci operai ai circoli del Libero pensiero, dalle associazioni razionaliste alle sezioni dell'Internazionale. L'iniziativa è patrocinata da Garibaldi, ma nel suo sviluppo viene a coordinarsi e poi a coincidere con la riunione di fondazione della Federazione italiana dell'Associazione internazionale dei lavoratori che si svolge a Rimini nei giorni 4-6 ag. 1872. Di questa "conferenza" costituente il C. è il presidente (Andrea Costa il segretario) e il maggior ispiratore. La conferenza adotta una serie di risoluzioni politiche e organizzative, fra le quali la più importante è quella che proclama la rottura col Consiglio nazionale di Londra e in pratica la secessione delle sezioni italiane. Il C. si reca come osservatore al congresso dell'Aia, promosso dalla maggioranza marxista, nel corso del quale è decisa l'espulsione di Bakunin e di Guillaume e la condanna dei dissidenti. Il C. è ora fra i più intransigenti fautori della scissione e torna in Svizzera presso Bakunin, a Zurigo, per poi partecipare insieme al congresso internazionale di Saint-Imier, nel Giura Svizzero, dove si costituisce la cosiddetta Internazionale "antiautoritaria" (16 - 17 sett. 1872). Egli entra contemporaneamente a far parte, insieme con Costa, Fanelli, Malatesta e Nabruzzi, di una organizzazione segreta, detta Alleanza internazionale, che era stata promossa da Bakunin fra gli intimi con speciali statuti e con compiti cospirativi.

Da questo momento la vita del C. si confonde con la storia del movimento internazionalista in Italia. Egli è incaricato anzitutto dalla Federazione italiana di condurre un'inchiesta sulla condotta dell'internazionalista torinese Carlo Terzaghi, sospettato di essere in relazione con la polizia. Si reca a Torino, interroga il Terzaghi e i suoi accusatori e conclude con una relazione di condanna del Terzaghi che viene espulso dalle file della Federazione italiana.

In occasione del secondo congresso della Federazione italiana dell'Internazionale, convocato a Mirandola ma svoltosi a Bologna (15-16 marzo 1873), è arrestato, sottoposto a interrogatori ma poi prosciolto in istruttoria. Nella seconda metà del 1873 si reca in Svizzera e intrattiene stretti rapporti con Bakunin, aiutandolo finanziariamente per l'acquisto e la sistemazione della villa detta "La Baronata", presso Locarno. La villa avrebbe dovuto servire come rifugio per gli amici del rivoluzionario russo, impegnati nell'attività cospirativa in vari paesi d'Europa, ma controversie sull'impiego dei fondi messi a disposizione dal C. e sperperati con leggerezza dal Bakunin finirono per compromettere i rapporti fra i due. Questa vicenda personale si intreccia con la preparazione dei moti dell'agosto 1874 in Italia (Bologna, Toscana, Puglia), alla quale il C. partecipa con contributi finanziari e con impegno personale. Ma la crisi intervenuta nei suoi rapporti con Bakunin (mentre questi sta per partire per l'Italia) e il successivo fallimento dei moti lo distaccano per qualche tempo dal movimento attivo. Nell'autunno 1874 il C. è a Pietroburgo, dove sposa davanti al console italiano di quella capitale Olimpia Kutusov, una giovane russa conosciuta in Svizzera, sembra per sottrarla, grazie all'acquisita cittadinanza italiana, alle persecuzioni e ai divieti delle autorità russe che vorrebbero impedirle di lasciare il paese.

Tornato in Svizzera, procede a ulteriori vendite dei suoi averi e nel 1875 è nuovamente in Italia, soggiornando via via a Milano, dove è in contatto con il gruppo de La plebe, a Bologna, dove visita gli internazionalisti detenuti per i fatti del 1174, a Firenze, a Roma. Le sue condizioni economiche, dopo tante elargizioni, sono critiche e deve, per vivere, lavorare come fotografo. Da Roma invia al Bulletin de la Fédération Jurassienne di Chaux-de-Fonds una serie di corrispondenze, a firma "Gregorio", sulla situazione italiana, tratteggiando episodi e personaggi della cronaca del tempo.

A metà del 1876, conclusisi quasi dovunque con verdetti assolutori i grandi processi per i fatti del '74, si inizia una nuova fase di ripresa per la Federazione italiana, con la preparazione e lo svolgimento di alcuni congressi regionali e del congresso nazionale di Firenze-Tosi: un congresso che, a causa delle misure repressive delle autorità, si tiene in aperta campagna e in forma quasi itinerante per sfuggire alle ricerche della polizia. Il C. partecipa ai lavori e contribuisce a orientare il movimento verso un nuovo impegno insurrezionale, nel senso della cosiddetta "propaganda del fatto": cioè l'organizzazione di azioni dimostrative esemplari, capaci di attirare, indipendentemente dal loro successo, l'attenzione dell'opinione pubblica sul programma dell'Internazionale. Il C. e Malatesta vengono incaricati di affermare e illustrare questo indirizzo all'imminente congresso internazionale che si svolge a Berna dal 26 al 29 ott. 1876. Un altro tema dibattuto in questo periodo è la formulazione di un nuovo programma, in sostituzione di quello federalista-collettivista seguito nei primi tempi dell'Internazionale "antiautoritaria", ai tempi di Bakunin (che è morto il 1º luglio 1876, dopo che fra lui e il C. è intervenuta una riconciliazione). La differenza consiste in un'accentuazione anarchica quanto ai problemi politici e in una impostazione dei rapporti economici che poco più tardi sarà definita "comunista" ("a ciascuno secondo i suoi bisogni", anziché "a ciascuno secondo il suo lavoro"). Il C. è il teorico di questo nuovo corso che elaborerà successivamente in modo organico in un discorso rimasto famoso.

Intanto tutto l'inverno fra il 1875 e il 1876 passa nella preparazione del moto insurrezionale progettato per la primavera nella zona appenninica del Matese, fra Caserta e Campobasso: zona prescelta oltre che per le sue caratteristiche geografiche che si prestavano alla guerra per bande, per la sua tradizione di rivolte contadine all'epoca del "brigantaggio".

Il movimento dovrà prendere l'avvio dal paese di San Lupo, in provincia di Benevento, dove il C. prende in affitto una casa col pretesto della villeggiatura. Qui, ai primi dell'aprile 1877, cominciano a convenire da tutta Italia, ma soprattutto dalla Romagna e dalla Toscana, gli internazionalisti che hanno aderito all'iniziativa. Le autorità, già a conoscenza del disegno insurrezionale, seguono discretamente i preparativi, col proposito di intervenire al momento più opportuno. Ma un intempestivo scontro a fuoco fra carabinieri e guerriglieri (due gendarmi restano feriti e uno di essi morirà successivamente) costringe i cospiratori raccoltisi a San Lupo a prendere anticipatamente la via dei monti. La formazione, nel corso di una rapida scorribanda, invade due paesi, Letino e Gallo in provincia di Caserta, e vi compie alcune azioni di propaganda (distruzione dei contatori del macinato, distribuzione del denaro trovato nelle casse comunali, proclamazione della fine del Regno d'Italia e annuncio di un nuovo mondo di giustizia e di libertà), finché, braccata da forze militari e di polizia, rimasta a corto di viveri e battuta da una violenta bufera di neve, viene bloccata in una capanna ad alta quota. Tutti i componenti della banda sono arrestati.

Il C., che è stato uno degli animatori del movimento e che, a turno con Errico Malatesta e con Pietro Cesare Ceccarelli, ha anche tenuto il comando della banda, è imprigionato prima nelle carceri di Santa Maria Capua Vetere e poi in quelle di Benevento. Durante la detenzione si applica alla traduzione e al riassunto del primo libro del Capitale di Carlo Marx, che ha potuto avere nell'edizione francese, curata dal Roy ed edita in dispense dal Lachatre. Si tratta di un lavoro di buona fattura che lascia trasparire, oltre la forma didascalica, la passione politica dell'autore. Al processo per i fatti del Matese che si celebra a Benevento nell'agosto 1878, il C., difeso dal giovane Francesco Saverio Merfino, ha modo di perfezionare l'opera di propaganda avviata sui monti del Matese con la simbolica occupazione di Letino e Gallo, pronunciando una accalorata autodifesa politica nel corso della quale illustra il significato dei "termini del nostro programma: comunismo e anarchia", intendendo per comunismo non distribuzione di proprietà da privati a privati, ma messa in comune e uso collettivo dei beni e dei capitali, "nella federazione universa delle associazioni produttrici", e per anarchia l'opposto di gerarchia, di centralizzazione e di violenza, "uno stato verso cui tutta l'umanità s'incammina".

Il C. e i suoi compagni vengono tutti liberati alla fine del processo, in parte per assoluzione, in parte per sopravvenuta amnistia. Il C. lascia quasi subito l'Italia per la Francia, dove prende dimora nel paese di Les Molières, non lontano. da Versailles. Ha consegnato al Bignami il manoscritto de Ilcapitale compendiato che esce nella Biblioteca socialista nel 1879. L'autore ne invia due copie a Marx con una lettera di accompagnamento (23 luglio 1879), cui Marx risponde con benevoli apprezzamenti del lavoro, lodandone l'efficacia divulgativa e lamentando solo che nella prefazione non sia stata sufficientemente lumeggiata "la prova che le condizioni materiali necessarie alla emancipazione del proletariato sono spontaneamente generate dallo sviluppo della produzione capitalista".

La moglie Olimpia, dopo una drammatica fuga dalla Siberia, riesce a tornare in Svizzera. Il C. partecipa ora al movimento in Francia, stante la difficile situazione in Italia, dove, dopo l'attentato Passanante, è in corso una dura repressione con nuovi processi contro gli affiliati all'Internazionale, che è praticamente messa fuori legge.

Per aver preso parte a una riunione parigina, nel corso della quale è malmenato un funzionario di polizia, è espulso dalla Francia insieme con Malatesta (18 nov. 1879). Si reca prima a Ginevra, dove prende contatto col gruppo del Revolté, ilperiodico fondato, e redatto da Pietro Kropotkin, poi a Berna, e infine si stabilisce a Lugano. La vendita della "Baronata" gli procura un po' di denaro con cui contrae un vitalizio con una compagnia di assicurazioni di New York.

Il periodo del soggiorno luganese del C. è uno dei più intensi sotto il profilo politico. A Lugano si è infatti raccolto un nucleo di internazionalisti esuli, fra i quali Gaetano Grassi, Florido Matteucci, Egisto Marzoli, Filippo Boschiero, insieme con altri fuorusciti di varie nazionalità. Qui egli scrive il saggio Rivoluzione, pubblicato in pane su La Révolution sociale di Saint-Cloud (dal 20 febbr. al 31 luglio 1881), che è, per originalità e organicità, il suo più importante lavoro teorico. Da Lugano si allontana nell'ottobre 1880 per prender parte al congresso della Federazione del Giura a Chaux-de-Fonds (9-10 ottobre), dove pronuncia il discorso su "Anarchia e comunismo", più volte ristampato. Presiede poi i lavori del congresso della Federazione socialista dell'alta Italia, svoltosi a Chiasso il 5 e 6 dic. 1880, sostenendovi una linea contraria alla partecipazione alle elezioni sia politiche sia amministrative. Il congresso decide peraltro di partecipare, a scopo di agitazione, al movimento per il suffragio universale che sta per tenere a Roma il "comizio dei comizi", manifestazione nazionale che fa seguito a convegni e discorsi in molte città italiane. Il C., insieme con Cipriani, è delegato da alcuni gruppi a parteciparvi ma, in seguito al rinvio del la manifestazione dal 27 gennaio al 10 febbr. 1881, annuncia. il ritiro della sua adesione.

A Lugano incontra spesso Anna Kuliscioff e si giova della sua collaborazione per preparare una ristampa dei Saggi di Carlo Pisacane, di cui ha ritrovato un esemplare presso la Biblioteca del liceo cantonale: iniziativa avviata, ma poi caduta. Legge e traduce per suo uso De l'autre rive di Alessandro Herzen.

In Italia si rafforzano le tendenze favorevoli alla partecipazione alle elezioni che trovano il loro punto di riferimento in Andrea Costa, ormai risolutamente avviato, fin dalla lettera "agli amici di Romagna" (luglio 1879), al superamento della tattica insurrezionale. Contro Costa si leva il C. con una veemente lettera agli internazionalisti Vittorino Valbonesi e Ruggero Moravalli, pubblicata sul giornale napoletano Ilgrido del popolo, diretto da Francesco Saverio Merlino. Il C., Malatesta e Merlino sono ora i maggiori esponenti della tendenza rivoluzionaria e tutti e tre cooperano alla preparazione del congresso internazionale di Londra, ma il C. si limita a firmare per l'Italia la circolare di convocazione, senza poi partecipare alla riunione. Firma anche, insieme con il Malatesta e con l'internazionalista Vito Solieri, romagnolo esule a Londra, la circolare annunziante l'uscita del giornale L'Insurrezione, che poi non sarà pubblicato. Le sue idee sono infatti in questo periodo decisamente "insurrezioniste", ma per un insurrezionismo sporadico, spontaneo, volontario, contro la rivoluzione organizzata o l'organizzazione della rivoluzione, come spiega in una lettera al Gridodelpopolo, in preparazione del congresso di Londra.

Il 4 sett. 1881 il C. è arrestato dalla polizia svizzera nella sua casa di Ruvigliana (Castagnola), presso Lugano, insieme con il giovane greco-rumeno Apostolo Paolides e con un gruppo di anarchici piemontesi, suoi ospiti. Rilasciato dopo breve detenzione, lascia la Svizzera e si stabilisce nell'inverno 1881-82 a Londra. In questa città vede spesso Malatesta e Kropotkin. Comincia ad accusare in questo periodo disturbi cerebrali e mentali che hanno riflessi sul suo comportamento.

Nella primavera del 1882 rientra in Italia e annuncia, fra la sorpresa generale, la sua adesione alla tattica elettorale. Prende contatto con Enrico Bignami e Osvaldo Gnocchi-Viani) redattori de La plebe, ed invia una lettera ad Alcibiade Moneta, direttore de La favilla di Mantova, dichiarando che di fronte all'indirizzo preso dalla maggioranza dei socialisti egli ha deciso di aderirvi, per evitare l'isolamento e mantenere il contatto col movimento reale: "meglio fare un solo passo con tutti i compagni nella via reale della vita che rimanersene isolati a percorrere centinaia di leghe in astratto" (aprile 1882). Ma il 6 aprile, mentre si intrattiene in Galleria con lo Gnocchi-Viani e con l'avv. Grilloni, viene tratto in arresto. In carcere si verifica il suo primo tentativo di suicidio (o di salasso del sangue?), con un taglio praticato col vetro di un flacone di medicinali. Prosciolto da ogni accusa, viene accompagnato dalla polizia al valico di frontiera di Chiasso, ma, per le sue peggiorate condizioni psichiche, vaga sprovvisto di mezzi e di orientamento, alla ricerca di alloggio. Respinto da vari alberghi per le condizioni pietose delle vesti e del portamento, si pratica ancora un taglio a scopo suicida: questa volta alla gola col vetro degli occhiali. Accorre in suo soccorso l'amico Emilio Bellerio, che lo ricovera nella sua casa di Locarno.

Il C. vi trascorre tutto il resto dell'anno 1882 e i primi mesi del 1883, salvo una breve parentesi di villeggiatura a Prato Sornico in Val Maggia. Alterna periodi di relativa quiete a periodi di agitazione e depressione. Ormai è politicamente quasi inerte. Scrive solo qualche lettera agli amici. Interviene in una polemica sulla teoria del valore di Marx, in contrasto col Candelari, su Laplebe (1º nov. 1882).

In occasione delle elezioni politiche dell'ottobre 1882, è portato candidato-protesta a Corato, Firenze, Torino e in altri collegi, ma soccombe pur riportando numerosi suffragi. Scrive nell'occasione un commosso profilo di Emilio Covelli, anch'egli candidato-protesta, per il giornale Tito Vezio di Milano; invia una lettera d'incoraggiamento a Giuseppe Barbanti Brodano, candidato a Reggio Emilia; e poi, ad elezioni avvenute, rivolge ad Andrea Costa, eletto deputato, l'invito a entrare senza esitazioni e perplessità in Parlamento.

Nel febbraio 1883, partito improvvisamente col treno dalla Svizzera, rientra in Italia e, sceso alla stazione di Firenze, si fa condurre in carrozza a Fiesole dove prende alloggio. Poco dopo esce di casa, come fuggiasco, e viene trovato nudo presso una cava dei monti circostanti. è completamente pazzo. Ricoverato nel manicomio di S. Bonifacio, la diagnosi clinica conferma lo stato di follia. Nel corso della sua lunga degenza si abbandona ad una serie di stranezze e vaneggiamenti politico-religiosi, che in parte si riallacciano alla sua visione rivoluzionaria del mondo e in parte alle sue inclinazioni di mistico e di asceta.

Si recano a visitarlo alcuni vecchi compagni fiorentini come il Pezzi e il Grassi; viene in Italia anche la moglie Olimpia che si adopera per la liberazione del marito dal manicomio. Ottiene prima il trasferimento al manicomio di Imola nel luglio 1886 e due anni dopo, il 16 nov. 1888, in seguito a campagne di stampa e a procedure burocratiche, l'affidamento alla sua custodia. Così il C. passa alcuni mesi a Imola, in una casa campestre presso il Santemo, circondato dalle cure della moglie e dei compagni. Fa anche una apparizione nell'estate del 1889 nella casa paterna a Barletta, accolto dal fratello e festeggiato da grande concorso di popolo. Ma, dopo un breve soggiorno durante il quale riprende l'ultimo contatto con la sua terra e la sua gente, il riacutizzarsi del male impone un nuovo ricovero, questa volta al manicomio di Nocera Inferiore. Olimpia rientra ancora una volta in Russia.

Il C. muore a Nocera Inferiore il 17 luglio 1892, per tubercolosi intestinale, all'età di 45 anni. Dopo la morte si diffonde nel movimento anarchico e in quello socialista il culto della sua memoria, affidato a scrittori, poeti, pittori e soprattutto alla più umile venerazione degli ambienti popolari, per l'esempio di dedizione materiale e morale che l'uomo aveva dato nei dodici anni in cui la sua esistenza si era consumata attraverso le travagliate vicende della Prima Internazionale in Italia.

Al di là di questo aspetto umano, il contributo politico del C. è rilevante poiché egli visse intensamente nel proprio dramma personale due scelte del nascente movimento socialista in Italia: la prima fra marxismo e bakuninisino negli anni 1871-72, la seconda fta insurrezionismo e bakuninismo negli anni 1881-82. Sul piano della propaganda e della divulgazione egli dette altresì un rimarchevole apporto, soprattutto col compendio del Capitale, favorendo la conoscenza del marmo in Italia. Il suo pensiero, ancora da ricostruire compiutamente attraverso l'epistolario, la collaborazione ai giornali e gli interventi ai congressi, si colloca nella tradizione rivoluzionaria-libertaria italiana, soprattutto meridionale, inaugurata da Carlo Pisacane, cui il C. tanto spesso si richiama nei suoi scritti. Ma in lui è altresì forte l'influenza di Marx (mai ripudiata sul piano scientifico, anzi riaffermata anche negli ultimi scritti) e di Bakunin (nei cui confronti l'ammirazione del discepolo non gli impedì franche critiche sul piano personale): dal primo egli mutuò la critica all'economia capitalistica, dal secondo la polemica antiautoritaria e antistatale. Ma c'è nel C. un netto segno di originalità quando egli elabora una dottrina della "rivoluzione per la rivoluzione" non nel senso di una violenza gratuita e fine a se stessa, ma nel senso che la rivoluzione guadagna un risultato e un premio per il fatto stesso del suo incessante manifestarsi in fatti isolati e spontanei, irriducibili a una strategia generale per la conquista del potere e appunto per questo "anarchici" nel senso immediato della parola. In questa sua concezione modo e fine vengono a coincidere.

Quanto all'ultima conversione del C. verso la tattica elettorale si è discusso quanto su di essa possa aver pesato la crisi psichica, nel cui quadro sicuramente si produsse, e quanto un ripensamento sulla tattica del movimento socialista durante l'inverno londinese del 1881-1882. è probabile che il C. abbia consciamente o inconsciamente tentato, con la sua ultima sortita politica, di sfuggire a una contraddizione che intorno al 1882 stringeva il movimento anarchico fra la conclamata volontà insurrezionale e la pratica impossibilità di attuare, fra persecuzioni e provocazioni, questi propositi. E che abbia pagato questo tormento con la follia, nella cui lunga spirale egli continuò a evocare fantasie e miti di una redenzione universale.


da http://ita.anarchopedia.org/Carlo_Cafiero


Carlo Cafiero (Barletta 1° settembre 1846 - Nocera Inferiore, Salerno, 17 luglio 1892) è stato pensatore e uomo d'azione anarchico. È conosciuto come esponente della corrente comunista-anarchica ed è l'autore del Compendio del Capitale.

Biografia

Carlo Cafiero nasce a Barletta il 1° settembre 1846 da Ferdinando e Luigia Azzarini. La sua è una famiglia di tendenza conservatrice appartenente alla ricca borghesia agraria pugliese. Un fratello di Carlo, Pietrantonio (1836-1911), sarà deputato in più di tre legislature.

La gioventù

Discepolo di Emilio Covelli al seminario di Molfetta, dopo aver terminato gli studi superiori si iscrive in Giurisprudenza a Napoli. Laureatosi, entra in possesso di un grosso patrimonio in seguito alla morte del padre e si trasferisce a Firenze (allora capitale del Regno d'Italia), dove la famiglia vorrebbe avviarlo alla carriera diplomatica. Cafiero però sembra maggiormente attratto da altri interessi (occultismo, etnologia, studio delle civiltà orientali...) e prende a girare per l'Europa. Dopo un breve periodo in Francia (1870), ospite del pittore Giuseppe De Nittis, si trasferisce a Londra, dove, dopo aver visto con i propri occhi la penosa condizione in cui versa la classe operaia londinese, si "converte" alle idee socialiste.

L'incontro con Engels e l'attività in favore dell'A.I.T

A Londra incontra personalmente Friedrich Engels e abbraccia le idee marxiste. Engels lo invita a recarsi in Italia per contrastare l'influenza di Giuseppe Mazzini e Bakunin nelle sezioni italiane dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Partito da Londra nel maggio 1871, si stabilisce inizialmente a Firenze, entra in contatto con i vari circoli democratici della città toscana e conosce Luigi Castellazzo, presidente di una Società Democratica Internazionale, impegnatissima in quei giorni nel sostenere la Comune di Parigi. Una volta finita l'esperienza fiorentina, si sposta prima a Barletta e poi a Napoli, dove la situazione della locale sezione dell'AIT è assai confusionaria a causa delle scorrettezze dell'ex-presidente Stefano Caporusso. Cafiero prova a rimediare alla situazione concedendo maggiori responsabilità alle figure che egli riteneva più capaci, tra cui l'anarchico Carmelo Palladino, studente pugliese trapiantato in Campania. Quando il 20 agosto le autorità sciolgono la sezione napoletana, Cafiero subisce un'accurata perquisizione della sua casa e poi è tratto in arresto.

Rilasciato dopo pochi giorni, partecipa al congresso operaio di Roma (XXII congresso delle società operaie, 1-6 novembre) come oppositore della maggioranza mazziniana. In quel periodo collabora col foglio internazionalista «La Campana» di Napoli, prosegue il rapporto epistolare con Fredrich Engels e "assiste" al conflitto tra la sezione dell'Internazionale di Napoli, di chiaro orientamento bakunista, e il Consiglio Generale di Londra, indirizzato, specie dopo il convegno del settembre 1871, verso la burocratizzazione e centralizzazione dell'organizzazione.

L'amicizia con Bakunin e l'anarchismo

Inizialmente neutrale di fronte alla disputa tra bakunisti e marxisti, durante i primi mesi del 1872 si schiera apertamente con la fazione anarchica pro-Bakunin. Si reca allora in Svizzera per incontrare personalmente Bakunin, grazie al quale consolida ancor più la sua scelta collettivista-anarchica. In questo periodo invia una lettera ad Engels, nel quale gli illustra la sua posizione in favore dell'anarchismo. Diviene così uno dei militanti più attivi del movimento anarchico italiano.

Durante il congresso di Rimini (4-6 agosto 1872), che riunisce le sezioni italiane dell'Internazionale, Cafiero è il presidente dell’assemblea e Andrea Costa il segretario. Il convegno sancisce la definitiva rottura con la maggioranza marxista del Consiglio nazionale di Londra: gli italiani si erano oramai indirizzati verso il federalismo e l'autogestione, i seguaci di Marx verso la gerarchizzazione centralizzata dell’AIT. Cafiero partecipa anche, in qualità di osservatore, al convegno de L’Aja (2-7 settembre), nel corso del quale Bakunin e gli anarchici saranno di fatto espulsi.

Nascita dell'Internazionale antiautoritaria

Diventato uno degli anarchici più intransigenti, Cafiero si reca a Zurigo per incontrare Bakunin e partecipare con lui al convegno di Saint-Imier indetto dalla Federazione anarchica del Giura. Questo congresso sancirà la nascita dell’Internazionale antiautoritaria (16-17 settembre 1872)

Seguendo i principi organizzativi di Bakunin, insieme ad Andrea Costa, Giuseppe Fanelli, Errico Malatesta e Lodovico Nabruzzi, entra a far parte dell'Alleanza Internazionale dei Socialisti Democratici, una sorta di organizzazione segreta, dotata di speciali statuti, che doveva svolgere la funzione di organizzazione politica da affiancare all’Internazionale. Per conto della Federazione italiana conduce inoltre un’indagine nei confronti di Carlo Terzaghi, sospettato d’avere rapporti con la polizia, che si concluderà con la sua espulsione dall’organizzazione.

In occasione del secondo congresso delle sezioni italiane dell'AIT, convocato a Mirandola ma svoltosi a Bologna (15-16 marzo 1873), Cafiero è arrestato, sottoposto ad interrogatori e poi prosciolto in istruttoria. Nella seconda metà del 1873 si reca in Svizzera da Bakunin, con il quale decidono di acquistare un terreno e costruirvi una villa, che prenderà il nome di "la Baronata", che avrebbe dovuto servire da rifugio sicuro per i rivoluzionari di tutta Europa. Alcune divergenze sulla gestione finanziaria della villa determinano però vivaci discussioni con Bakunin e la fine dell'amicizia tra i due. Questa vicenda personale si va ad inserire nel quadro dei vari tentativi insurrezionali del 1874, tra cui quello di Bologna che si concluderà con il suo arresto.

La fine dell'amicizia con Bakunin e il fallimento delle insurrezioni lo portano a distaccarsi per un momento dal movimento anarchico e a trasferirsi in Russia, dove si unisce in matrimonio con la rivoluzionaria Olimpia Kutusov al fine di sottrarla alle persecuzioni zariste. Tornato in Svizzera, vende altri suoi averi e, nel 1875, ritorna in Italia, prima a Milano, dove entra in contatto con il gruppo de «La Plebe», poi a Bologna, Firenze e Roma. Dalla capitale inoltre fa il corrispondente per il «Bulletin de la Fédération Jurassienne», per cui scrive articoli, firmati con lo pseudonimo "Gregorio", sulla situazione sociale della penisola.

Dopo la conclusione dei processi per i fatti del 1874, terminati con verdetti assolutori, la Federazione italiana si prepara per alcuni convegni a carattere regionale e per quello nazionale di Firenze-Tosi, che si svolgerà in piena campagna per sfuggire alle misure repressive delle autorità che non smettevano di dare la caccia agli anarchici.

La svolta insurrezionalista e comunista anarchica

All'interno del movimento Cafiero si fa portatore di una linea insurrezionalista fondata sulla «propaganda col fatto», che possa attirare l’attenzione dell’opinione pubblica al di là o meno del successo delle azioni. Proprio Cafiero, insieme a Malatesta, è incaricato di illustrare il progetto anarchico insurrezionalista italiano al congresso anarchico internazionale di Berna (26-29 ottobre 1873).

Dopo la morte di Bakunin (1° luglio 1876), che nel frattempo si era riappacificato con Cafiero, all’interno del movimento anarchico si dibatte a lungo sulla sostituzione del programma collettivista («a ciascuno secondo il suo lavoro»), adottato inizialmente anche dall’Internazionale antiautoritaria, con quello comunista anarchico («ad ognuno secondo i suoi bisogni»). Cafiero fa parte di questa tendenza, quantunque egli pensi che a ciò si possa arrivare solo con un’insurrezione generale. Non a caso l'inverno tra il 1875 e il 1876 Cafiero l’aveva passato con Malatesta ad esplorare le zone Matese (zona fra Campobasso e Caserta in cui si susseguivano le azioni di brigantaggio), secondo loro pronte per accogliere una nuova insurrezione anarchica, e allacciando contatti con vari libertari italiani in grado di costituire un gruppo unito e deciso, quello che poi passerà alla storia come Banda del Matese. Cafiero, che aveva tenuto il comando della banda a turno, insieme a Pietro Cesare Ceccarelli e ad Errico Malatesta, è fermato insieme ad altri esponenti del gruppo e trattenuto prima nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e poi in quello di Benevento. Durante la fase detentiva si dedica alla traduzione e alla stesura del primo libro de Il Capitale di Karl Marx.

Al processo per i fatti del Matese, che si celebra a Benevento nell’agosto del 1878, Cafiero viene difeso dal giovane avvocato Francesco Saverio Merlino. Comprendendo l'importanza dell'evento, l'anarchico barlettano utilizza le udienze come cassa di risonanza per le sue idee: davanti alla giuria egli illustra il significato di «comunismo e anarchia», principi base del programma comunista anarchico; Cafiero definisce il comunismo come la collettivizzazione dei beni e dei capitali, «nella federazione universale delle associazioni produttive», e l'anarchia come il contrario della gerarchia: «uno stato verso cui tutta l’umanità s’incammina». Alla fine del processo lui e tutti i suoi compagni sono assolti e liberati.

L'esilio in Francia e Svizzera

Risolti momentaneamente i problemi giudiziari, Cafiero lascia l'Italia e parte per la Francia, fermandosi nei pressi di Versailles, a Les Molières. Nel 1879 viene dato alle stampe il Compendio del primo volume de "Il Capitale", che godrà del pubblico elogio dello stesso Marx a cui era stata inviata una copia. Intanto la moglie Olimpia, dopo una drammatica fuga dalla Siberia, riesce a raggiungere la Svizzera, nello stesso periodo in cui Cafiero è invece attivamente impegnato nel movimento anarchico francese, anche perché quello italiano è sottoposto alle dure repressioni delle autorità dopo l'attentato di Giovanni Passannante ad Umberto I. Il 18 novembre 1879 è espulso dalla Francia, insieme a Malatesta, per aver partecipato ad una riunione nel corso della quale era stato malmenato un funzionario di polizia. Recatosi in Svizzera, si stabilisce prima a Ginevra, dove entra in rapporti con gli anarchici del gruppo che ruota intorno a «Revolté», storico periodico fondato da Kropotkin, poi a Berna ed infine a Lugano.

Venduta la villa de "La Baronata", Cafiero acquisisce un po’ di finanze che gli permettono di proseguire con maggiori tranquillità la propria attività anarchica, che soprattutto durante il periodo luganese risulterà molto florida grazie agli stretti rapporti con un nucleo di internazionalisti formato da Gaetano Grassi, Florido Matteucci, Egisto Marzoli, Filippo Boschiero ed altri. A Lugano scrive anche il saggio Rivoluzione, che sarà pubblicato in parte su «La Révolution social» di Saint-Cloud (20 febbraio-31 luglio 1881).

Allontanatosi da Lugano nell’ottobre 1880 per partecipare al convegno della Federazione anarchica del Giura di Chaux de Fonds (9-10 ottobre), vi pronuncia il celebre discorso su Anarchia e comunismo, incentrato sulla convinzione che la rivoluzione sia una legge che regola la storia dell’umanità e che rende possibile il progresso dei popoli nel corso del tempo:

    «La rivoluzione è causa ed effetto di ogni progresso umano, è la condizione di vita, la legge naturale dell’umanità: arrestarla è un crimine; ristabilire il suo corso è un dovere umano».

Presiede poi anche il congresso della federazione socialista dell’alta Italia (Chiasso, 5-6 dicembre 1880), dove reitera la sua opposizione alle elezioni e al sistema parlamentare. Il congresso, al solo scopo di promuovere agitazione sociale, stabilisce ugualmente di partecipare alle manifestazioni di Roma in favore del suffragio universale. Cafiero e Cipriani sono delegati da alcuni gruppi a parteciparvi, ma a causa del rinvio della manifestazione dal 27 gennaio al 10 febbraio sono costretti a rinunciarvi.

A Lugano incontra Anna Kuluscioff e di lei si avvale per un progetto sulla ristampa dei Saggi di Carlo Pisacane, che erano stati ritrovati in una biblioteca di un liceo del luogo. L'operazione però non andrà mai in porto. Traduce e legge De l'autre vivre di Alexandre Herzen e si scaglia contro l'idea, ventilata da molti anarchici italiani, sull'abbandono dell'insurrezionalismo e l'inserimento nella vita parlamentare ed elettorale del paese. Il più clamoroso voltafaccia all'anarchismo è quello di Andrea Costa, contro cui Cafiero scrive una lettera, indirizzata agli internazionalisti Vittorino Valbonesi e Ruggero Moravalli, che sarà pubblicata su «Il Grido del popolo», giornale diretto da Francesco Saverio Merlino.

Cafiero, Malatesta e Merlino sono gli esponenti di maggior spicco dell'ala rivoluzionaria del movimento e si preparano a portare avanti la loro linea anche al congresso internazionale di Londra, a cui Cafiero non parteciperà e scriverà solo la circolare di convocazione. Insieme a Malatesta e a Vito Solieri, internazionalista in esilio a Londra, Cafiero firma anche la nascita del periodico «L'Insurrezione», che però non sarà mai pubblicato. Si dichiara a favore dell'«insurrezionismo», purché spontaneo, non organizzato strutturalmente, come poi spiega in una lettera indirizzata a «Il grido del popolo».

Il 4 settembre 1881 viene arrestato nella sua casa di Ruvigliana, vicino a Lugano, insieme al greco-rumeno Apostolo Paolides e ad un gruppo di anarchici piemontesi. Rilasciato dopo una breve detenzione, nell'inverno 1881-82 lascia la Svizzera per recarsi a Londra, dove frequentemente si incontra con Kropotkin e Malatesta.

Il rientro in Italia e la tattica elettorale

Rientrato in Italia nella primavera del 1882, annuncia, fra la sorpresa generale, la sua adesione alla tattica elettorale. Nonostante stiano cominciando a manifestarsi i primi segni della malattia mentale che in seguito limiteranno il suo attivismo, prende contatto con Enrico Bignami e Osvaldo Gnocchi-Viani, redattori de «La Plebe», ed invia una lettera ad Alcibiade Moneta, direttore de «La Favilla» di Mantova, dichiarando che di fronte alle scelte elettoralistiche dei socialisti egli sceglieva di non isolarsi dalle masse, dichiarando che era «meglio fare un solo passo con i compagni nella via reale della vita che rimanere isolati a percorrere centinaia di leghe in astratto» (aprile 1882).

Attraversato da una profonda crisi interiore, ne discute con Kropotkin e Malatesta, sostenendo di voler rinunciare «non all'ideale, ma alla pratica anarchica, non all'anarchia, ma all'anarchismo».

I problemi di salute

Dopo l'arresto avvenuto a Milano il 6 aprile, Cafiero mette in atto il primo tentativo di suicidio in carcere. Prosciolto dall’accusa, è accompagnato al valico di frontiera di Chiasso e inizia a girovagare in cerca d'alloggio, ma è respinto da quasi tutti gli alberghi che mal si fidano di lui a causa delle sue pietose vesti e del suo portamento incerto. Profondamente depresso per la situazione, tenta un nuovo suicidio anche questa volta non riuscito. In suo soccorso giunge l'amico Emilio Bellerio, che lo accoglie nella sua casa di Locarno fino ai primi mesi del 1883 (esclusa una parentesi a Prato Sornico). Alterna periodi di grave sofferenza ad altri di relativa tranquillità, ma politicamente è quasi inattivo. Di tanto in tanto scrive qualche lettera agli amici ed interviene su «La Plebe» (1° novembre 1882) in una polemica con Candelari sulla teoria del valore di Marx.

In occasione delle elezioni politiche dell'ottobre 1882 è portato come candidato-protesta in vari collegi (Corato, Firenze, Torino), ma non viene eletto anche se riporta moltissimi voti. Scrive un elogio di Emilio Covelli, altro candidato-protesta, sostiene Giuseppe Barbanti e, ad elezioni terminate, incita Andrea Costa ad entrare in Parlamento senza esitazioni.

Partito improvvisamente dalla Svizzera verso l'Italia (febbraio 1883), si ferma a Fiesole (Firenze), dove prende alloggio. Dopo qualche tempo viene ritrovato completamente nudo in mezzo ai monti del luogo: si trova in un totale stato di follia. Le analisi successive confermeranno la diagnosi.

Durante la degenza riceva la visita di molti suoi compagni, tra cui Francesco Pezzi e Grassi. La moglie Olimpia si batte per averne l'affidamento, ottenendo prima il trasferimento al manicomio di Imola (febbraio 1886) e poi l'affidamento in custodia (16 novembre 1888). Così Cafiero passa alcuni mesi ad Imola, circondato dall'affetto dei compagni e della moglie, poi per un breve periodo compare anche nella casa paterna di Barletta, dove dopo tanto tempo incontra il fratello e molti vecchi concittadini. La sua salute sembra migliorare, ma una nuova ricaduta lo porta ad un altro ricovero a Nocera Inferiore. La moglie Olimpia è costretta a ritornare ancora una volta in Russia.

Carlo Cafiero muore per tubercolosi intestinale a Nocera Inferiore (SA) il 17 luglio 1892. Dopo la sua morte si sviluppa nel movimento anarchico e socialista il culto della sua memoria, "affidato" non solo ad artisti e militanti, ma anche ai semplici popolani che gli riconoscevano l'impegno in favore degli sfruttati e degli oppressi.

Il pensiero

Per Cafiero il fine di ogni agire è la libertà, che certamente non è da intendere nel solo riconoscimento dei diritti borghesi. La via cui far ricorso per liberare l’umanità dalle catene, che limitano la libertà individuale e quella dei popoli, è la rivoluzione violenta (in questo senso concorda con Marx ed Engels):

    «Non solo l'ideale, ma la nostra pratica e la nostra morale rivoluzionaria sono contenute nell'anarchia; la quale viene così a formare il nostro tutto rivoluzionario. È per ciò che noi l'invochiamo come l'avvenimento completo e definitivo della rivoluzione; la rivoluzione per la rivoluzione».

Per Cafiero non può esistere libertà senza anarchismo (l’anarchia è l’unica condizione possibile per il libero sviluppo sia dell’individuo che della società), così come non può esserci uguaglianza senza comunismo (il comunismo è la riappropriazione di tutte le ricchezze della terra, precedentemente espropriata dalla minoranza al potere).

Il suo pensiero comunista-anarchico è certamente contrapposto all’individualismo:

    «Non solo si può essere comunisti; bisogna esserlo, a rischio di fallire lo scopo della rivoluzione una volta ci dicevamo "collettivisti" per distinguerci dagli individualisti e dai comunisti autoritari, ma in fondo eravamo semplicemente comunisti antiautoritari, e, dicendoci "collettivisti" pensavamo di esprimere in questo modo la nostra idea che tutto dev’essere messo in comune, senza fare differenze tra gli strumenti e i materiali di lavoro e i prodotti del lavoro collettivo... Non si può essere anarchici senza essere comunisti. Dobbiamo essere comunisti, perché nel comunismo realizzeremo la vera uguaglianza. Dobbiamo essere comunisti perché il popolo, che non afferra i sofismi collettivisti, capisce perfettamente il comunismo. Dobbiamo essere comunisti, perché siamo anarchici, perché l'anarchia e il comunismo sono i due termini necessari della rivoluzione.»

Cafiero era convinto che la società futura, realizzata dall’anarchia, avrebbe permesso una più equa distribuzione delle ricchezze e dei beni, la cui produzione sarà nettamente maggiore rispetto all'attuale perché conseguenza spontanea del lavoro libero e dei lavoratori liberi, mossi dal solo desiderio di contribuire alla realizzazione di una società migliore e quindi privi di interessi egoistici e capitalistici. Per Cafiero in futuro ognuno potrà contribuire alla realizzazione della società secondo le proprie capacità e ricevere secondo i propri bisogni.