Enciclopedia delle Scienze Sociali (1994)
      
      Mercati finanziari
    
    di Tommaso Padoa-Schioppa
    
    Sommario: 1. Introduzione. 2. Aspetti istituzionali
      ed evoluzione storica. 3. La teoria dei mercati finanziari. a) L'efficienza.
      b) La formazione dei prezzi. 4. La tassazione dei mercati
      finanziari. 5. L'organizzazione dei mercati. a) Il mercato
        primario. b) Il mercato secondario. c) I
        sistemi di liquidazione. 6. La regolamentazione dei mercati
      finanziari. 7. L'internazionalizzazione dei mercati finanziari. 
      
      1. Introduzione
        
        Il termine 'mercati finanziari' può definire, nella sua
        accezione più generale, l'insieme delle strutture
        (giuridiche, operative, tecniche, fisiche) attraverso cui
        avviene lo scambio delle attività finanziarie. Nell'uso
        comune, tuttavia, il termine è andato assumendo
        connotazioni più circoscritte, riferendosi allo scambio
        di attività finanziarie standardizzate e prontamente
        mobilizzabili attraverso la cessione 'sul mercato', cioè
        ad acquirenti non noti al venditore: in tale accezione, 'mercato
        finanziario' è così divenuto sinonimo di 'mercato
        mobiliare'. Nel mercato finanziario così definito
        rientrano, tipicamente, i mercati dei titoli obbligazionari e
        azionari, mentre non sono compresi i mercati di quei prodotti
        bancari o assicurativi che, come i depositi in conto corrente,
        traggono la loro liquidità dalla promessa di rimborso a
        vista o che, come le polizze assicurative, pur presentando
        caratteristiche standardizzate non sono mobilizzabili a
        richiesta. I mercati finanziari costituiscono quindi una
        soluzione, anche se non l'unica, a due ordini di problemi: il
        primo, costituito dal trasferimento del risparmio dai centri di
        formazione a quelli di utilizzo; il secondo, dalla
        diversificazione dei rischi. Soluzioni diverse agli stessi
        problemi sono offerte dagli intermediari bancari e da quelli
        assicurativi. Dall'interazione di queste tre diverse istituzioni
        deriva la conformazione del sistema finanziario complessivo.
        
        I mercati finanziari possono essere classificati secondo una
        varietà di criteri. Vanno qui ricordati quello della
        collocazione temporale dello scambio, che porta a distinguere
        tra mercati 'a pronti' e 'a termine', a seconda che la consegna
        dei titoli sia contestuale o differita; il criterio della
        quotazione del titolo, che distingue tra mercati 'primario' e
        'secondario' rispettivamente per i titoli di nuova quotazione o
        già presenti sul mercato; quello della durata del titolo,
        che individua un mercato dei titoli a breve o a lungo termine
        (rispettivamente money market e capital market nella dizione
        inglese); quello della regolamentazione, che distingue tra
        mercati ufficiali e non (over the counter); quello del
        meccanismo di formazione dei prezzi, che distingue i mercati ad
        asta da quelli con market maker, i mercati in cui la
        contrattazione è continua da quelli in cui è
        scandita nel tempo; infine il criterio che, sulla base dello
        strumento trattato, distingue i mercati dei titoli di
        proprietà, dei titoli di debito e dei titoli 'derivati'.
        
        Il valore conoscitivo dei diversi criteri di classificazione
        emergerà dal seguito di questa esposizione, dove si
        darà conto delle principali connotazioni concettuali,
        istituzionali e storiche dei mercati finanziari. Nel cap. 2
        saranno illustrati gli aspetti che contraddistinguono l'azione
        dei mercati nel più ampio contesto del sistema
        finanziario. Successivamente, l'attività dei mercati
        finanziari verrà considerata da tre diverse angolazioni:
        quella teorica, quella organizzativa e quella della
        regolamentazione. Nel cap. 3, sulla base delle indicazioni della
        teoria economica, verranno definite le principali funzioni dei
        mercati finanziari (§ 3a) e le determinanti dei prezzi che
        su di essi si formano (§ 3b). Le diverse forme di
        tassazione presenti sui mercati finanziari saranno descritte nel
        cap. 4. Il cap. 5 affronterà il tema dell'organizzazione
        dei mercati esaminando i meccanismi di formazione dei prezzi sui
        mercati primario (§ 5a) e secondario (§ 5b) e le
        procedure di liquidazione delle transazioni in titoli (§
        5c). Da ultimo, verranno indicate le principali aree e
        finalità della regolamentazione dei mercati finanziari
        (cap. 6) e le implicazioni derivanti dalla crescente
        integrazione internazionale dei mercati (cap. 7).
        
        Le riflessioni teoriche, le analisi empiriche, le azioni
        normative che hanno avuto nei mercati finanziari il loro oggetto
        condividono con essi la duplice appartenenza al mondo
        concettualmente chiaro dei mercati e a quello più
        sfuggente dei sistemi finanziari. Cercheremo di dar conto di
        entrambe queste nature, senza, tuttavia, presumere di raccordare
        in un unico schema coerente un insieme di contributi tra i
        più vasti e i più eterogenei della riflessione
        economica. 
        
        2. Aspetti istituzionali ed evoluzione storica
          
          Le connotazioni dei mercati finanziari, intesi in senso ampio
          e in senso stretto, derivano dalle caratteristiche del
          'prodotto' che su di essi viene scambiato: le attività
          finanziarie. A differenza dei beni reali, queste non danno
          luogo alla prestazione diretta di servizi (produttivi o di
          consumo) ma conferiscono al loro detentore il diritto a
          prestazioni monetarie future a fronte di eventi quali la
          maturazione delle cedole, la scadenza del titolo, la sua
          alienazione o altro. La distribuzione nel tempo di tali flussi
          monetari conferisce ai mercati finanziari quella connotazione
          multiperiodale che ne costituisce il carattere fondamentale.
          
          I prodotti scambiati sui mercati finanziari si possono
          distinguere per il grado e il tipo di incertezza connesso alle
          prestazioni monetarie future, stabilite dal contratto che li
          origina. I titoli di debito, quali le obbligazioni, sono
          generalmente contraddistinti da pagamenti di ammontare
          definito in termini assoluti o in relazione a specifici
          parametri. I titoli di proprietà, costituiti dalle
          azioni, conferiscono invece il diritto a flussi monetari
          variabili in funzione dei risultati dell'impresa emittente e
          comunque subordinati al soddisfacimento degli obblighi
          finanziari nei confronti dei detentori dei contratti di
          debito. Vi sono, tuttavia, titoli che, come le obbligazioni
          convertibili, condividono aspetti di entrambe le categorie.
          
          A tali prodotti si aggiunge la categoria dei titoli
          'derivati', quali le opzioni, i futures, gli swaps, il cui
          prezzo è derivato da quello di altri titoli, cui sono
          legati da specifici obblighi contrattuali. In particolare, le
          opzioni conferiscono al loro possessore la possibilità,
          ma non l'obbligo, di acquistare (opzione call) o di vendere
          (opzione put) il titolo di riferimento a un prezzo
          predeterminato (strike price): ciò fa sì che il
          valore di un'opzione dipenda positivamente o negativamente dal
          prezzo del titolo cui si riferisce, a seconda che si tratti di
          una call o di una put. I futures rappresentano, invece, un
          impegno allo scambio di beni o valori mobiliari da effettuare
          a una data futura e a un prezzo prefissato. Gli swaps
          costituiscono un analogo impegno, riferito però allo
          scambio di due serie di pagamenti, definiti sulla base di due
          diversi tassi di interesse (swap di interesse) o di differenti
          valute (swap di valute).
          
          La molteplicità dei prodotti trattati sui mercati
          finanziari è strettamente legata all'offerta di una
          vasta gamma di servizi finanziari. Tra di essi vi sono i
          servizi rivolti alla gestione del rischio finanziario; i
          servizi di consulenza, intesi a facilitare l'incontro sul
          mercato dell'offerta e della domanda di fondi, ad esempio
          attraverso l'assistenza offerta agli emittenti nel
          collocamento di nuovi titoli; i servizi che migliorano la
          liquidità del mercato, come, ad esempio, l'impegno a
          effettuare quotazioni in modo continuativo. La prima categoria
          di servizi è offerta dagli investitori istituzionali,
          tradizionalmente rappresentati dai fondi comuni, dalle imprese
          di assicurazione, dai fondi pensione e dagli intermediari che
          offrono servizi di gestione fiduciaria di patrimoni mobiliari;
          le altre due categorie di servizi sono offerte dagli
          intermediari che svolgono, rispettivamente, attività di
          investment banking e di market making.
          
          Storicamente, lo sviluppo dei mercati è stato
          condizionato dal grado di standardizzazione delle
          attività finanziarie. La natura fiduciaria di queste
          ultime tende infatti a conferire a ciascuna di esse
          connotazioni fortemente individualizzate che, valorizzando i
          rapporti bilaterali, privilegiano l'intermediazione
          creditizia. La standardizzazione, viceversa, indebolendo la
          connotazione bilaterale dei rapporti di finanziamento e
          garantendo la sostituibilità delle diverse
          attività, rende praticabili le forme di scambio
          multilaterali, tipiche dei mercati finanziari.
          
          Nell'esperienza storica, lo scambio di attività
          finanziarie ha tardato ad affrancarsi dai vincoli bilaterali,
          generando un ritardo di alcuni secoli nello sviluppo dei
          mercati finanziari rispetto a quello delle prime istituzioni
          creditizie. I titoli che per primi hanno dato vita a mercati
          organizzati sono stati quelli emessi dal debitore pubblico,
          già scambiati correntemente in alcuni paesi europei nel
          XVII secolo. La nascita del mercato della carta pubblica in
          Inghilterra, Olanda, Francia affonda le sue radici nella
          riforma delle finanze dello Stato, realizzatasi nei principali
          paesi europei tra la metà del XVII e la fine del XVIII
          secolo, con il progressivo accentramento della funzione
          impositiva nelle mani dello Stato, e la conseguente
          regolarizzazione delle entrate fiscali e delle emissioni dei
          titoli del debito. Più tardivo è stato l'avvio
          di un mercato finanziario dei titoli privati, sviluppatosi
          solo dopo la rivoluzione industriale, quando l'avvio dei
          grandi lavori legati allo sviluppo della rete dei trasporti ha
          portato le iniziative industriali a dimensioni tali da
          richiedere risorse finanziarie amplissime, molto superiori a
          quelle fornite dalla ristretta cerchia di finanziatori che
          avevano dato vita alle prime manifatture. A tale esigenza ha
          risposto la modifica dell'ordinamento giuridico, che ha reso
          possibile la diffusione della società per azioni a
          responsabilità limitata.
          
          Accanto alla definizione dell'assetto legale relativo alla
          forma societaria e alla natura dei contratti di debito e di
          proprietà, un ruolo determinante per lo sviluppo dei
          mercati finanziari è stato svolto dall'attività
          di regolamentazione e di controllo di questi ultimi, intesa a
          promuoverne la stabilità. Improvvise e accentuate
          riallocazioni dei portafogli verso le attività
          più liquide, generate da crisi di fiducia in
          particolari forme di investimento finanziario, hanno, infatti,
          costituito un severo ostacolo alla crescita dei mercati fin
          dal loro esordio, provocando a più riprese drastiche
          cadute dei corsi, note come crisi finanziarie. Tra le prime
          manifestazioni di tali crisi vanno ricordate quelle che
          all'inizio del XVIII secolo posero fine alle ondate
          speculative sul mercato inglese e sul mercato francese, note
          come bolle speculative dei Mari del Sud e del Mississippi. 
          
          Numerose sono state le crisi finanziarie che nell'Ottocento
          hanno colpito i diversi mercati finanziari estendendosi
          frequentemente oltre le frontiere nazionali (v. Kindleberger,
          1989²). Gli effetti più devastanti, sia per
          l'intensità sia per l'ampiezza internazionale della sua
          propagazione, rimangono quelli provocati dalla crisi del
          mercato finanziario americano del 1929. Da allora, l'intento
          di circoscrivere gli effetti dell'instabilità dei corsi
          delle attività finanziarie ha assai rafforzato il
          processo di regolamentazione dei mercati. Ai progressi
          compiuti in tale campo può essere in parte ricondotta
          la mancata ripercussione sulla struttura produttiva della
          crisi della borsa di New York del 1987.
          
          Il ruolo dei mercati finanziari nei diversi sistemi nazionali
          è stato generalmente crescente, ma anche molto
          differenziato da paese a paese. L'evoluzione non è
          avvenuta lungo una successione di fasi determinate; al
          contrario, essa è apparsa dipendere dalle particolari
          caratteristiche degli operatori che domandano o offrono
          risorse finanziarie nei diversi contesti nazionali. Si suole
          distinguere, con riferimento a tali caratteristiche, un
          modello di stampo anglosassone, impostato sulla distinzione
          tra l'attività creditizia e quella di intermediazione
          mobiliare e caratterizzato dalla rilevanza dei mercati nel
          finanziamento delle imprese, da un modello tipico dell'Europa
          continentale, imperniato sulla possibilità per le
          banche di svolgere entrambe le attività e sull'egemonia
          degli strumenti bancari rispetto a quelli di mercato.
          
          Il mercato dei titoli azionari e quello del debito pubblico
          hanno generalmente rappresentato i segmenti di maggior rilievo
          del mercato finanziario. A essi si è affiancato, a
          partire dagli anni settanta, in un numero crescente di paesi,
          il mercato dei titoli 'derivati', il cui sviluppo è
          stato reso possibile dall'ampliamento delle conoscenze
          teoriche nel campo della formazione dei prezzi di tali
          attività e dai progressi nella elaborazione elettronica
          dei dati.In Italia, fin dalla costituzione dello Stato
          unitario, i mercati finanziari più rilevanti sono stati
          quello del debito pubblico, quello azionario e, in alcune
          fasi, quello delle obbligazioni private. Nel secondo
          dopoguerra il valore complessivo dei titoli obbligazionari
          pubblici e privati si è mantenuto inferiore a quello
          dei titoli azionari fino agli anni sessanta. Solo
          successivamente, il mancato ammodernamento del mercato di
          borsa, la stabilità degli assetti proprietari pubblici
          e privati e lo sviluppo abnorme del fabbisogno pubblico hanno
          progressivamente ridotto il rilievo dei titoli azionari
          quotati: misurati sulla base della capitalizzazione alla borsa
          valori di Milano, essi rappresentavano, alla fine del 1990,
          circa un sesto della consistenza dei titoli di Stato, mentre
          erano stati circa il doppio nel 1960. 
          
          3. La teoria dei mercati finanziari
            
            a) L'efficienza
              
            I mercati delle attività finanziarie, come quelli
            delle attività reali, hanno promosso nel tempo lo
            sviluppo del benessere: il mercato dei beni reali favorendo
            la specializzazione produttiva, quello dei prodotti
            finanziari attraverso il trasferimento di risparmio,
            altrimenti inutilizzato, dai centri di formazione a quelli
            di spesa e attraverso la sua allocazione efficiente tra
            progetti alternativi. La possibilità di mobilizzare
            la ricchezza finanziaria consente a ciascuno di commisurare
            l'entità dei propri flussi di spesa non alle risorse
            disponibili contestualmente, ma a quelle disponibili in una
            prospettiva più ampia, che può coincidere con
            la vita lavorativa o con i tempi di realizzazione di
            investimenti produttivi. Ciò amplia le
            opportunità di scelta in materia di consumo e di
            investimento e facilita il conseguimento di una più
            efficiente allocazione delle risorse.
            
            La teoria economica ha cercato di conferire precisione
            concettuale alla nozione intuitiva di 'efficienza
            allocativa', riferendola al conseguimento di una
            distribuzione delle risorse tra i diversi soggetti tale da
            non poter essere modificata senza ridurre il benessere di
            qualcuno (efficienza paretiana). La moderna teoria dei
            mercati finanziari ha approfondito l'analisi delle
            condizioni necessarie perché tali mercati realizzino
            allocazioni delle risorse rispondenti a tale criterio. Tali
            condizioni, pur avendo una natura esplicitamente teorica ed
            essendo difficilmente riscontrabili nella realtà,
            costituiscono un importante punto di riferimento per
            individuare e valutare le diverse funzioni dei mercati delle
            attività finanziarie. In estrema sintesi, le
            condizioni individuate sono: a) il prevalere di un regime di
            concorrenza perfetta, segnalato dalla impossibilità
            per il singolo operatore di influire sui prezzi; b) la
            presenza di un numero di strumenti trattati sui mercati
            sufficiente a offrire una protezione da tutte le possibili
            fonti di rischio; c) la distribuzione più ampia e
            uniforme dell'informazione tra gli operatori. L'obiettivo di
            avvicinare la situazione di fatto dei mercati a tali
            condizioni teoriche ha motivato gran parte
            dell'attività di regolamentazione volta a favorire la
            concorrenza tra gli operatori, l'ampliamento del numero
            degli strumenti finanziari disponibili e la diffusione delle
            informazioni.
            
            Delle tre condizioni considerate, le ultime due pongono in
            luce due aspetti, quello assicurativo e quello informativo,
            cui è stata frequentemente associata la nozione di
            efficienza dei mercati finanziari.
            
            Una ormai classica illustrazione della nozione di efficienza
            assicurativa è offerta dal modello di equilibrio
            generale di Arrow e Debreu. Esso mostra che, quando il
            numero dei mercati è uguale a quello degli eventi
            (stati di natura) che influenzano il prezzo dei titoli,
            è possibile combinare le attività finanziarie
            in un portafoglio che dia un rendimento certo in qualsiasi
            possibile situazione: i titoli costituiscono, in questo
            caso, lo strumento per immunizzare perfettamente la
            ricchezza finanziaria dagli shocks esterni. I mercati che
            realizzino tale condizione sono definiti 'completi', ed
            'efficienti in senso assicurativo'. L'effettiva
            capacità dei mercati di esplicare compiutamente tale
            funzione assicurativa è stata posta in dubbio, tenuto
            conto che gli eventi futuri suscettibili di influire sulle
            attività finanziarie degli operatori sono di gran
            lunga più numerosi dei mercati esistenti. È
            stato tuttavia dimostrato (v. Ross, Options..., 1976) che la
            presenza di un mercato delle opzioni equivale
            all'ampliamento del numero dei titoli esistenti e quindi
            consente di ridurre, a parità di eventi rilevanti, il
            numero dei mercati necessari al conseguimento
            dell'efficienza assicurativa.
            
            L'efficienza informativa consiste, invece, nella
            capacità del mercato di aggregare tutte le
            informazioni disperse sul mercato e di incorporarle nel
            processo di formazione dei prezzi. Tale funzione (v. Hayek,
            1945) trae origine dal fatto che non tutti gli operatori
            dispongono dello stesso insieme di informazioni e che
            ciascuno di essi, attraverso la propria domanda,
            contribuisce a determinare il prezzo coerente con tali
            informazioni. In altri termini, il mercato aggrega
            l'informazione dispersa tra tutti i partecipanti e consente
            di raggiungere prezzi di equilibrio, corrispondenti a quelli
            che avrebbero prevalso in presenza di una informazione
            comune a tutti gli operatori.
            
            L'efficienza informativa dei mercati è stata oggetto
            di un esteso lavoro di analisi volto a indagarne la
            rilevanza empirica e le implicazioni teoriche. Parte delle
            verifiche empiriche dell'ipotesi di efficienza informativa
            dei mercati si sono basate sulla osservazione che, se i
            prezzi incorporano tutte le informazioni di rilievo presenti
            sul mercato, la migliore previsione di un prezzo è
            costituita dal suo valore presente; ciò consente di
            rappresentare l'evoluzione nel tempo dei corsi delle
            attività finanziarie come un sentiero aleatorio
            (random walk). Questa nozione è alla base della
            costruzione dei test statistici sull'efficienza informativa
            dei mercati. Sulla base di una definizione di Roberts,
            ripresa da Fama (v., 1970), l'efficienza informativa dei
            mercati è stata distinta in debole, semiforte e forte
            a seconda che i prezzi incorporino solo l'informazione
            più facilmente disponibile, rappresentata
            dall'evoluzione passata dei prezzi, o incorporino tutta
            l'informazione disponibile pubblicamente, o, infine,
            rispecchino anche l'informazione privata. I lavori empirici
            hanno in genere confermato l'ipotesi di efficienza in senso
            debole dei mercati. Una seconda categoria di test empirici
            dell'ipotesi di efficienza informativa si basa sulla
            volatilità dei prezzi delle attività
            finanziarie (v. Shiller, 1989, p. 105): se infatti il valore
            di un titolo è dato dal valore scontato dei suoi
            dividendi futuri, la sua variabilità non dovrebbe
            eccedere, come invece accade, i limiti insiti nella
            variabilità dei dividendi; l'evidenza empirica a
            sostegno di tale ipotesi non può, tuttavia, essere
            considerata conclusiva (v. Kupiec, 1993).
            
            Sotto il profilo teorico l'ostacolo principale all'esistenza
            di mercati efficienti dal punto di vista informativo
            è costituito dalla constatazione che, se un mercato
            è pienamente efficiente quando trasmette tutta
            l'informazione disponibile, può non esservi una
            remunerazione per chi ha reperito tale informazione e quindi
            può mancare l'incentivo alla produzione stessa
            dell'informazione. In altri termini, un mercato efficiente
            sotto il profilo informativo potrebbe negare le premesse per
            la sua esistenza. Solo la persistenza di una componente
            aleatoria nei prezzi (noise) che renda imperfetta la
            percezione dell'informazione rilevante e consenta la
            remunerazione dell'attività di produzione
            dell'informazione può, paradossalmente, rendere
            possibile l'esistenza del mercato stesso.
            
            L'esplicito riconoscimento della diffusa presenza di
            situazioni in cui l'informazione è distribuita in
            modo disomogeneo tra gli operatori (asimmetrie informative)
            ha consentito di riconsiderare i temi dell'efficienza
            allocativa da angolazioni assai diverse da quelle del
            modello di concorrenza perfetta, rendendo possibile, in
            particolare, il confronto dell'efficienza relativa di
            sistemi finanziari tra loro differenti, come quelli basati
            sui mercati finanziari o sull'intermediazione bancaria. Il
            diverso sistema di incentivi e di vincoli presenti nei
            contratti di prestito bancari e in quelli obbligazionari e
            azionari implica, infatti, differenti modalità di
            selezione dei progetti di investimento e di controllo
            dell'efficiente uso dei fondi erogati, facendo dipendere la
            configurazione ottimale del sistema finanziario dalla natura
            dei problemi informativi di ciascun contesto nazionale. 
            
            b) La formazione dei prezzi
            
            Il prezzo delle attività scambiate sui mercati
            finanziari dipende dall'importo dei pagamenti futuri che
            tali attività comportano, dalla loro distribuzione
            nel tempo, dalle condizioni sotto le quali tali pagamenti
            vengono effettuati. Per alcune attività finanziarie,
            come i titoli di Stato, ciascuno di tali aspetti è
            definito fin dall'emissione e la definizione del prezzo
            consiste nella semplice attualizzazione dei pagamenti
            prestabiliti al tasso di interesse rilevante. Per altre,
            come i titoli azionari, la presenza di elementi di
            incertezza rende più complessa la definizione del
            valore presente dei flussi monetari futuri, che dovranno
            essere stimati sulla base dell'evoluzione attesa di
            variabili relative all'impresa, al settore industriale,
            all'economia nel suo complesso.
            
            Le opinioni soggettive degli operatori relative
            all'entità dei flussi di reddito futuri e al tasso di
            interesse con cui attualizzare i pagamenti futuri danno
            luogo all'emergere di valutazioni soggettive dei prezzi.
            Attraverso l'incontro di tali valutazioni sul mercato, in
            domanda e in offerta, avviene la formazione dei corsi e dei
            rendimenti di equilibrio. Questi ultimi possono pertanto
            essere scomposti concettualmente in due componenti riferite,
            rispettivamente, al tempo e al rischio. La prima componente,
            non influenzata da fattori di incertezza, è data
            dalla remunerazione richiesta dai sottoscrittori per
            posporre nel tempo i propri consumi (time value of money) ed
            è indipendente dal rischio insito nell'investimento
            finanziario considerato. In mancanza di tassi reali di
            interesse indenni da rischio in senso stretto, tale
            componente viene comunemente approssimata sulla base dei
            tassi reali sui titoli di Stato o sui depositi. La seconda
            componente è data dalla remunerazione per il rischio
            richiesta dagli operatori per sottoscrivere titoli i cui
            pagamenti futuri possono differire dai valori attesi.
            
            La teoria finanziaria ha individuato due principali modi
            attraverso cui i mercati possono portare alla valutazione
            della componente di rischio e alla formazione del prezzo
            (rendimento) di ciascuna attività. Il primo si
            rifà allo schema concettuale dei mercati 'completi'
            (v. § 3a) e si basa sull'esistenza di un numero di
            attività finanziarie (e di relativi mercati) almeno
            uguale a quello delle possibili cause di variazione dei
            prezzi (stati di natura). Arrow e Debreu hanno mostrato come
            a ogni pagamento futuro incerto possa essere assegnato un
            prezzo pari a una frazione di quello di un uguale pagamento
            futuro certo, e come tale frazione sia legata inversamente
            al rischio associato a ciascun pagamento. La somma del
            valore attualizzato dei diversi pagamenti futuri di un
            titolo definisce il prezzo del titolo stesso: quanto
            maggiore il rischio, tanto minore sarà il prezzo e
            più elevato il rendimento.
            
            Nella realtà, troppo ampio risulta il quadro dei
            possibili avvenimenti futuri che possono influire sui prezzi
            delle attività finanziarie perché possa essere
            conveniente, in presenza di costi di transazione e di
            informazione, creare un adeguato numero di mercati. Ma
            l'assenza di mercati completi non impedisce la valutazione
            delle attività finanziarie da parte degli operatori e
            la determinazione dei prezzi e dei rendimenti di equilibrio.
            Il processo di valutazione del rischio di ciascuna
            attività finanziaria deve pertanto poter seguire
            anche criteri diversi. La teoria finanziaria moderna ha
            individuato diverse forme di valutazione del rischio da
            parte degli operatori.
            La nozione di rischio come variabilità del rendimento
            di un'attività finanziaria è stata introdotta
            da Markowitz nell'ambito della teoria della selezione
            efficiente del portafoglio. In tale approccio il rischio
            rilevante ai fini della formazione dei prezzi delle
            attività finanziarie non è misurato dalla
            variabilità totale del rendimento, ma da quella
            componente di essa che non può essere eliminata per
            mezzo della diversificazione del portafoglio. Solo tale
            componente, nota come 'rischio sistematico', richiede un
            premio per l'assunzione del rischio.
            
            Nel Capital Asset Pricing Model (CAPM), elaborato da Sharpe,
            Lintner e Mossin, il rischio non diversificabile è
            individuato nella volatilità del rendimento del
            portafoglio rappresentativo della composizione complessiva
            della ricchezza dell'economia (portafoglio di mercato); la
            remunerazione di tale unico fattore di rischio è
            fatta dipendere dall'equilibrio della domanda e dell'offerta
            sul mercato. La verifica empirica della dipendenza del
            rendimento atteso di ciascuna attività finanziaria
            dal rendimento del portafoglio di mercato è,
            tuttavia, resa difficile dalla non osservabilità di
            quest'ultimo, dovuta all'impossibilità di censire
            accuratamente l'evoluzione della ricchezza finanziaria e
            reale degli individui (v. Roll, 1977). Merton e Breeden
            hanno formulato versioni del CAPM che considerano più
            di una fonte di rischio.
            
            L'Arbitrage Pricing Theory (APT) di Ross (v., The
            arbitrage..., 1976) non deriva i prezzi delle
            attività finanziarie dalle condizioni di equilibrio
            tra domanda e offerta ma esclusivamente da considerazioni di
            arbitraggio, ovvero della condizione per cui due
            attività finanziarie che danno diritto a identici
            flussi finanziari hanno lo stesso prezzo. Il numero e la
            natura dei fattori che possono influenzare il prezzo delle
            attività finanziarie non è specificato dalla
            teoria e deve essere desunto sulla base dell'analisi
            econometrica.L'assenza di arbitraggio costituisce una
            condizione di assoluta centralità nella
            determinazione del prezzo dei titoli sui mercati finanziari.
            Essa è alla base della determinazione del prezzo di
            quelle attività finanziarie note come 'titoli
            derivati', il cui valore è legato da precise
            relazioni a quello di altri titoli scambiati sul mercato e
            non risente pertanto dell'apprezzamento del rischio da parte
            degli investitori. Sull'assenza di arbitraggio è
            basata anche la costruzione della formula di valutazione
            delle opzioni, derivata per la prima volta da Black e
            Scholes (v., 1973), nonché la moderna derivazione
            delle relazioni fra i prezzi di titoli obbligazionari con
            diverse scadenze che è alla base della struttura per
            scadenza dei tassi di interesse (v. Cox e altri, 1985).
            
            I diversi modelli di determinazione dei prezzi fin qui
            considerati pongono in relazione il valore delle
            attività finanziarie con un numero di fattori in
            grado di influenzarne i flussi di pagamento futuri. Linee
            alternative di analisi sono state motivate dall'osservazione
            dell'accentuata variabilità dei corsi dei titoli, di
            cui le crisi finanziarie e le bolle speculative (v. cap. 2)
            costituiscono una manifestazione estrema. La presenza di
            bolle speculative suggerisce che i prezzi possano essere
            influenzati non solo da determinanti 'fondamentali',
            suscettibili di influire sui pagamenti futuri, ma anche da
            quei fattori di diversa natura, legati ad esempio a
            componenti emotive o a consuetudini degli operatori,
            sinteticamente definiti con il termine di 'mode' (fads) (v.
            Shiller, 1989, p. 7).
            Le implicazioni normative derivanti dalla teoria della
            formazione dei prezzi sui mercati finanziari sono
            molteplici. Tra di esse, hanno particolare rilevanza quelle
            relative alla misurazione della rischiosità dei
            portafogli degli intermediari finanziari; in particolare, la
            relazione tra la rischiosità del singolo titolo e
            quella del portafoglio nel suo complesso concorre a definire
            l'entità dei coefficienti patrimoniali previsti dalle
            normative di vigilanza sui diversi mercati. Sempre
            nell'ambito della misurazione del rischio, l'individuazione,
            sulla base di precise relazioni di arbitraggio, del legame
            tra il prezzo dei titoli 'derivati' e quello dei titoli
            'sottostanti' consente di ricondurre per intero a questi
            ultimi la rischiosità insita in contratti finanziari
            quali le opzioni, i futures, gli swaps. 
            
            4. La tassazione dei mercati finanziari
              
              La tassazione esercita un'importante influenza sulla vita
              dei mercati finanziari e sulla determinazione dei prezzi
              di equilibrio. Essa interviene in duplice modo: attraverso
              le imposte indirette, gravanti sugli scambi di
              attività finanziarie, e attraverso le imposte
              dirette, gravanti sul reddito degli emittenti e dei
              sottoscrittori dei titoli.
              
              Le imposte indirette, tra le quali ricade in Italia
              l'imposta sui contratti di borsa, sono commisurate al
              valore delle contrattazioni. Comportando un maggior onere
              relativo sulle operazioni di durata più breve, esse
              costituiscono un freno alle operazioni di arbitraggio. In
              alcuni casi ciò può essere desiderabile, ad
              esempio, per scoraggiare alcune operazioni a brevissimo
              termine che possono esercitare impulsi destabilizzanti
              sulle quotazioni. In altri casi l'elevatezza delle
              aliquote può avere effetti negativi, ostacolando le
              operazioni di arbitraggio necessarie a dare spessore e
              liquidità al mercato. La presenza di aliquote
              differenziate per tipo di strumento trattato e per
              categoria di contraente esercita, inoltre, indesiderati
              effetti discriminanti. Negli ultimi anni, in diversi
              paesi, tra cui l'Italia, la differenziazione delle
              aliquote è stata ridotta ed è stato
              abbassato il loro livello medio.
              
              Le imposte dirette, nella forma personale o societaria,
              gravano con aliquote diverse sui rendimenti tratti dalle
              attività finanziarie (interessi, dividendi e
              plusvalenze). Per i soggetti che emettono titoli, il costo
              del finanziamento è deducibile, in varia misura,
              dall'imposta (tipicamente, quella sulle società).
              Dal momento che le scelte di chi offre fondi e di chi li
              domanda sono determinate, rispettivamente, dai rendimenti
              e dai costi unitari al netto delle imposte, è
              evidente l'importanza dell'imposizione diretta nella
              formazione dei prezzi di equilibrio. L'esistenza di regimi
              di tassazione differenziati tra categorie di soggetti
              (persone fisiche, società, intermediari
              specializzati) e/o tra categorie di strumenti può,
              inoltre, ostacolare il raggiungimento di prezzi di
              equilibrio per tutti i soggetti e tutti gli strumenti.
              
              In genere le persone fisiche sono tassate in base
              all'imposta personale sul reddito: quasi tutti gli
              ordinamenti fiscali prevedono, almeno in linea di
              principio, l'inclusione dei dividendi e degli interessi
              nell'imponibile. Per questi ultimi, tuttavia, sono
              frequenti le eccezioni, con ritenute 'alla fonte'
              (cioè, trattenute dall'emittente e da questi
              versate al fisco per conto del contribuente) che possono
              divenire, a scelta del contribuente, d'acconto o
              definitive; in alcuni paesi le ritenute alla fonte sono
              definitive. Le plusvalenze su titoli azionari sono
              assoggettate a una pluralità di regimi, che variano
              dalla completa esenzione alla tassazione delle plusvalenze
              su tutte le operazioni effettuate. Se tassate, le
              plusvalenze sono talvolta incluse (usualmente con
              correttivi) nell'imponibile dell'imposta personale,
              talaltra sono soggette a imposta separata. Infine, la
              diversa efficacia degli accertamenti effettuati dal fisco
              da Stato a Stato fa sì che la tassazione effettiva,
              a causa dell'elusione e dell'evasione, possa essere molto
              diversa da quella prevista dalle norme fiscali.
              
              Per le imprese, i proventi conseguiti tramite l'impiego di
              capitali in attività finanziarie rientrano nella
              base imponibile dell'imposta (societaria o personale, a
              seconda della forma giuridica dell'impresa). Gli interessi
              passivi sui titoli obbligazionari emessi e sui debiti
              verso gli intermediari creditizi sono deducibili dalla
              base imponibile. Poiché gli utili distribuiti sono,
              invece, tassati come reddito d'impresa, vi è un
              incentivo per le imprese a ricorrere a finanziamenti sotto
              forma di debito piuttosto che sotto forma di capitale
              azionario. Questa tendenza è accentuata se i
              dividendi vengono nuovamente tassati in capo al
              percettore. Per evitare questa doppia imposizione, diversi
              Stati hanno introdotto correttivi: aliquote dell'imposta
              societaria più basse sugli utili distribuiti,
              oppure credito d'imposta a favore dell'azionista per
              compensare l'imposta già pagata dalla
              società partecipata. In Italia i dividendi sono
              normalmente assoggettati a ritenuta d'acconto e inclusi
              nell'imponibile IRPEF o IRPEG a seconda che il percettore
              sia una persona fisica o una persona giuridica. Il
              percettore detrae la ritenuta dall'imposta dovuta e gode
              di un credito d'imposta che compensa pienamente l'IRPEG
              pagata dalla società partecipata.
              
              Gli interessi percepiti dalle persone fisiche sono tassati
              con ritenute definitive trattenute alla fonte; per le
              persone giuridiche, la ritenuta subita sugli interessi
              attivi è a titolo d'acconto e i proventi sono
              tassati in IRPEG. Le plusvalenze di tutti i tipi sono
              tassate per le imprese; per le persone fisiche, quelle sui
              titoli azionari e sulle quote di partecipazione al
              capitale sono soggette, dal 1990, a un'imposta speciale
              (sospesa nel corso del 1992 relativamente alle azioni
              quotate).In tutti gli ordinamenti gli intermediari
              finanziari sono soggetti a regimi fiscali che
              differiscono, in misura più o meno ampia, da quelli
              applicati alla generalità delle imprese. Ciò
              è dovuto alla necessità di tener conto di
              alcune peculiarità dell'attività che essi
              svolgono, di equiparare il loro trattamento a quello delle
              persone fisiche o di favorire la loro attività.
              Alcuni intermediari finanziari sono soggetti all'imposta
              sui redditi sui proventi della loro attività, altri
              sono invece esenti o subiscono regimi particolari. Gli
              intermediari creditizi, che usualmente assumono la forma
              giuridica di società di capitali, sono tassati in
              base all'imposta sulle società; usualmente, e
              l'Italia non è un'eccezione, sono previste norme
              particolari, soprattutto in materia di accantonamenti
              esenti a fronte dei rischi, che differenziano il loro
              trattamento rispetto al regime normale che riguarda la
              generalità delle società. Anche per le
              imprese di assicurazione valgono considerazioni analoghe.
              I fondi comuni e gli altri organismi di investimento
              collettivo subiscono generalmente una tassazione che si
              ispira al criterio della 'trasparenza'; tende,
              cioè, a equiparare il carico fiscale a quello
              subito dalla persona fisica che investe direttamente in
              valori mobiliari. Anche il regime italiano si ispira a
              questo criterio: il fondo non è soggetto a imposte
              dirette e subisce a titolo definitivo le stesse ritenute
              subite dalle persone fisiche; non subisce l'imposta sulle
              plusvalenze, ma è soggetto a una imposta
              patrimoniale sul valore dei titoli detenuti. Anche i fondi
              pensione sono generalmente esenti da imposte dirette: i
              contributi versati dai lavoratori e dalle imprese godono
              anch'essi di agevolazioni (in taluni casi sono esenti),
              mentre generalmente i trattamenti erogati sono soggetti
              all'imposta personale, eventualmente con abbattimenti. 
              
              5. L'organizzazione dei mercati
                
                a) Il mercato primario
                
                Il mercato primario è definito dall'insieme dei
                potenziali sottoscrittori e dei meccanismi che
                consentono il collocamento dei titoli sia azionari che
                obbligazionari. Esso può essere riferito in senso
                lato al collocamento dei titoli di nuova emissione
                presso gli investitori o, alternativamente, al
                collocamento iniziale sui mercati ufficiali di titoli
                nuovi o di titoli già esistenti, ma non ancora
                quotati. Nell'ambito di questa seconda accezione, il
                mercato primario rappresenta quel segmento su cui si
                verifica la prima valutazione di titoli. La struttura
                del mercato primario è importante per la
                determinazione del costo di finanziamento per
                l'emittente, poiché da essa può dipendere
                l'accuratezza della valutazione dei titoli di nuova
                emissione.
                
                Il collocamento di capitale di rischio in borsa
                può riguardare sia titoli azionari non ancora
                quotati, noti nella letteratura anglosassone come
                Initial Public Offering (IPO), sia aumenti di capitale
                di titoli già quotati in borsa; i collocamenti
                possono riferirsi a una vasta gamma di strumenti
                finanziari rappresentativi del capitale di una
                società, quali azioni ordinarie, di risparmio,
                obbligazioni convertibili in azioni, warrant. Anche le
                offerte pubbliche di vendita di azioni che abbiano come
                fine la quotazione in borsa ricadono nell'ambito del
                mercato primario, in quanto, pur non facendo affluire
                all'impresa risorse finanziarie aggiuntive, danno luogo
                alla prima valutazione del titolo considerato da parte
                del mercato.Il collocamento di titoli sul mercato
                primario può avvenire attraverso una procedura
                d'asta o a fermo, cioè con offerta pubblica di
                sottoscrizione a un prezzo prefissato. La prima
                procedura viene normalmente seguita per i titoli di
                Stato; il collocamento a fermo riguarda la maggioranza
                delle sottoscrizioni di titoli azionari.
                
                I meccanismi adoperati più comunemente nel
                collocamento di titoli di Stato in Italia e all'estero
                sono noti come asta marginale (uniform price auction) e
                asta competitiva (discriminatory price auction). La
                prima prevede che tutte le domande accolte vengano
                aggiudicate a un unico prezzo pari al più basso
                fra quelli risultati aggiudicatari (prezzo marginale).
                La seconda prevede che a ogni domanda aggiudicataria sia
                applicato il prezzo al quale essa è stata
                formulata.
                
                I sistemi di asta possono prevedere meccanismi di difesa
                per l'emittente, volti a contenere forme di collusione
                fra i partecipanti o speculazioni derivanti dalla
                debolezza della domanda. Uno dei meccanismi più
                comuni è costituito dall'esistenza di un 'prezzo
                base' esplicito (noto nella letteratura economica come
                reservation price) al di sotto del quale l'emittente
                dichiara di non accettare domande. Una versione meno
                rigida di tale meccanismo prevede l'esclusione delle
                domande che in termini statistici divergano
                eccessivamente dalla media dei prezzi offerti. Un'altra
                forma di difesa prevede il diritto per l'emittente di
                non soddisfare richieste risultate aggiudicatarie a
                prezzi considerati troppo bassi pur senza la preventiva
                indicazione del prezzo di riserva.
                
                Oltre che con asta, i titoli possono venire collocati a
                fermo, cioè con offerte pubbliche di
                sottoscrizione a prezzo prefissato e per quantità
                predeterminate. Tale meccanismo, adottato in passato per
                la maggioranza dei titoli emessi dallo Stato italiano,
                è oggi utilizzato in prevalenza per il
                collocamento dei titoli azionari. Le quotazioni iniziali
                in borsa di titoli azionari avvengono tramite aumenti di
                capitale riservati ai nuovi soci o con offerte pubbliche
                di vendita di azioni di vecchi soci. In entrambi i casi
                viene abitualmente costituito un consorzio per il
                collocamento. Alcuni intermediari specializzati, banche
                e, soprattutto negli Stati Uniti, security houses,
                stabiliscono le condizioni di offerta e l'impegno
                nell'attività di collocamento. Se gli
                intermediari si impegnano a sottoscrivere i titoli non
                collocati presso il pubblico, si parla di firm
                commitment; qualora invece l'intermediario si impegni a
                collocarli al meglio delle proprie possibilità,
                non assicurando l'intera sottoscrizione, si parla di
                best effort. Nel caso italiano gli aumenti di capitale
                possono essere sottoscritti, a un prezzo prefissato,
                dagli azionisti che hanno un diritto di prelazione (o di
                opzione) nell'acquisto delle nuove azioni; tale diritto
                è proporzionale al numero delle azioni già
                possedute e può essere rivenduto dall'azionista
                o, qualora nessuno lo eserciti, dalla società. 
                
                Ciò configura una tecnica di collocamento a
                prezzo predeterminato per gli azionisti e invece
                variabile, in funzione della valutazione attribuita in
                borsa al diritto d'opzione, per gli altri
                sottoscrittori.Il meccanismo che consente di evitare il
                rischio del razionamento, dovuto alla presenza di
                eccessi di domanda, è il cosiddetto collocamento
                'a rubinetto', con il quale i titoli vengono offerti a
                prezzo prefissato ma in quantità variabile. Esso
                si pone in una situazione intermedia fra l'asta e
                l'offerta a fermo e viene utilizzato da alcuni emittenti
                esteri per il collocamento di titoli di Stato.Un
                fenomeno comune a tutti i meccanismi citati è
                l'underpricing, cioè la possibile
                sottovalutazione dei nuovi titoli da parte dei
                sottoscrittori. Nel caso delle aste, tale fenomeno
                è stato posto in relazione alla diversità
                delle informazioni dei partecipanti. Chi risulta
                aggiudicatario in asta, perché sulla base delle
                proprie informazioni ha attribuito ai titoli un valore
                più elevato di quello di altri partecipanti,
                corre il rischio di avere acquistato a un prezzo troppo
                elevato (cosiddetto fenomeno del winner's curse). Da
                questo rischio i partecipanti si cautelano formulando
                richieste a prezzi inferiori al valore da loro atteso,
                con il risultato di spingere il prezzo d'asta sotto il
                vero valore dei titoli in emissione. Considerazioni
                analoghe si applicano anche ai collocamenti a fermo dove
                l'emittente dovrà in generale offrire un prezzo
                di sottoscrizione inferiore al valore atteso dai
                sottoscrittori. Il fenomeno è tanto meno
                rilevante quanto maggiore è il grado di
                efficienza informativa dei mercati: segnali precisi sui
                titoli in emissione danno luogo infatti a una contenuta
                dispersione delle valutazioni. In asta, inoltre,
                l'underpricing può derivare da comportamenti
                speculativi, legati a imperfezioni del mercato primario
                e connessi a carenza di domanda oltre che a
                comportamenti collusivi da parte dei partecipanti. In
                presenza di tali fenomeni si attivano i meccanismi di
                difesa adottati dall'emittente: nel caso del
                collocamento a fermo la difesa è massima, mentre
                il sistema più esposto è quello ad asta
                marginale.
                
                La scelta fra i diversi meccanismi non è quindi
                indipendente dalle condizioni della domanda e
                dall'efficienza informativa dei mercati. Il collocamento
                a fermo può risultare la soluzione preferibile
                qualora vi sia una forte dispersione delle valutazioni;
                viceversa, in presenza di un mercato secondario che
                aggreghi efficientemente le informazioni, il
                collocamento con asta risulta preferibile: anche le
                piccole differenze fra il prezzo offerto e quello di
                equilibrio potrebbero infatti portare a notevoli eccessi
                di domanda o di offerta.
                
                Nell'esperienza italiana, caratterizzata dall'elevato
                livello del debito pubblico, il Tesoro ha introdotto una
                serie di innovazioni nelle tecniche di emissione per le
                diverse tipologie di titoli: per i BOT, con il passaggio
                dall'asta marginale a quella competitiva, avviato nel
                1983, e con l'abolizione del prezzo base nel biennio
                1988-1989; per i titoli a medio e a lungo termine, con
                l'introduzione dell'asta marginale, dal 1988, e con
                l'abolizione del prezzo base nel 1992. In generale, il
                Tesoro ha privilegiato il collocamento con asta dei
                titoli per i quali vi fosse un sufficiente grado di
                diffusione delle informazioni fra gli operatori. Per i
                titoli a medio e a lungo termine, i cui corsi sono
                naturalmente più volatili, il passaggio all'asta
                marginale è pertanto avvenuto solo quando, a
                seguito della cresciuta efficienza del mercato
                secondario telematico, si è ridotta la
                dispersione delle informazioni fra gli operatori. 
                
                b) Il mercato secondario
                
                Con il termine mercato secondario ci si riferisce a
                quelle strutture (regole, operatori, procedure) che
                consentono lo scambio di titoli già quotati,
                rendendo possibile la liquidazione di un investimento
                finanziario, indipendentemente dalla data di scadenza
                del titolo. Le caratteristiche di costo e di
                rapidità di una compravendita di titoli
                definiscono la liquidità di un mercato. Essa
                condiziona in misura rilevante la capacità dei
                mercati finanziari di assolvere alla propria funzione di
                trasferimento dei fondi tra le unità che
                presentano un eccesso e quelle che presentano una
                carenza di risparmio. Dal conseguimento di buone
                condizioni di liquidità dipende infatti
                l'incontro tra una domanda di fondi (offerta di titoli),
                spesso a lungo termine, e un'offerta frequentemente
                caratterizzata da orizzonti temporali più
                circoscritti.
                
                La nozione di liquidità è la risultante di
                un insieme di caratteristiche relative alle transazioni
                che si svolgono su di un mercato, tra cui rientrano la
                rapidità di esecuzione degli ordini di vendita o
                di acquisto di un volume dato di titoli (immediatezza),
                il numero di titoli che possono essere scambiati senza
                influire sui costi di esecuzione (spessore), la
                velocità con cui i prezzi assorbono le
                oscillazioni causate da scambi di elevato ammontare
                (elasticità). Le componenti del costo complessivo
                degli scambi includono le commissioni, i bolli e le
                spese di esecuzione dei contratti, tra cui lo scarto tra
                le quotazioni in lettera (ask) e in denaro (bid).
                
                Le procedure di scambio adottate per favorire la
                liquidità del mercato sono differenziate e
                consentono di distinguere i mercati in quelli a
                contrattazione continua e quelli a contrattazione
                periodica. In questi ultimi gli scambi si concentrano in
                uno o più momenti predeterminati e la formazione
                dei prezzi è generalmente affidata a meccanismi
                d'asta. Nei mercati a contrattazione continua gli scambi
                si distribuiscono nell'arco dell'intera giornata e la
                formazione dei prezzi è generalmente assicurata
                da meccanismi d'asta (order driven markets) o dalla
                presenza di market makers (quote driven markets), anche
                se combinazioni dei due sistemi sono presenti in diversi
                mercati.
                Sui mercati quote driven le quotazioni sono effettuate
                da intermediari, i market makers, che si impegnano a
                esporre con continuità prezzi in denaro e in
                lettera e ad acquistare o vendere i titoli ai prezzi
                esposti, per importi massimi predeterminati. La
                possibilità di effettuare a ogni istante scambi a
                prezzi certi conferisce a tale sistema un elevato grado
                di immediatezza, il cui costo è misurato
                dall'ampiezza dello scarto lettera-denaro.
                
                I mercati ad asta continua non richiedono la quotazione
                da parte di operatori specializzati e l'incontro tra la
                domanda e l'offerta di titoli avviene direttamente,
                attraverso la semplice chiamata di un banditore o
                l'azione di un sistema elettronico. Tale sistema
                può ridurre lo scarto denaro-lettera dal momento
                che nessun intermediario si frappone tra i due lati del
                mercato. In questo caso la liquidità del mercato
                proviene dall'ampiezza e dalla regolarità del
                flusso di ordini di acquisto o di vendita forniti a
                ciascun prezzo dagli investitori (ordini con limite di
                prezzo).
                Il mercato italiano vede la presenza di tutti i diversi
                meccanismi di contrattazione menzionati: l'asta a
                chiamata contraddistingue, nel mercato di borsa, le
                contrattazioni di titoli di Stato, di titoli
                obbligazionari privati e di parte di quelli azionari.
                Sempre nell'ambito del mercato di borsa è stato
                introdotto dal 1991, e via via esteso a un numero
                crescente di titoli azionari, un sistema di
                contrattazione ad asta continua. La contrattazione
                continua con un sistema di market makers caratterizza il
                mercato telematico dei titoli di Stato.
                
                Nell'asta a chiamata, una volta al giorno e partendo
                dalla quotazione del giorno precedente, gli operatori
                ammessi alle negoziazioni dichiarano 'alle grida' gli
                ordini della clientela per un dato livello di prezzo,
                consentendo al banditore di modificare la quotazione
                fino al conseguimento di un equilibrio tra la domanda e
                l'offerta.Nel sistema telematico di contrattazione
                continua per i titoli azionari gli ordini con limite di
                prezzo, relativi a ciascun titolo, vengono ordinati
                secondo il prezzo richiesto od offerto e le proposte per
                le quali vi sia un incrocio dei prezzi in acquisto e
                vendita vengono eseguite automaticamente. Gli ordini
                senza limite di prezzo vengono eseguiti alle migliori
                quotazioni presenti nel sistema.
                
                Nel sistema telematico dei titoli di Stato, invece,
                alcuni intermediari (operatori principali) quotano, per
                i titoli da loro prescelti, i prezzi a cui si impegnano
                ad acquistare o a vendere lotti di entità
                prestabilita, facendo uso delle proprie scorte di titoli
                per fronteggiare i possibili squilibri tra i flussi di
                domanda e di offerta.In alcuni casi gli investitori
                desiderano scambiare pacchetti consistenti di titoli
                (blocchi) in un intervallo di tempo limitato. In tal
                caso la ricerca della controparte assume una maggiore
                complessità non solo per l'entità delle
                negoziazioni ma anche perché esse possono essere
                motivate da informazioni privilegiate disponibili solo a
                cerchie ristrette di operatori (insiders): ciò
                richiede quindi procedure di scambio specifiche e
                distinte da quelle fin qui indicate. Sui principali
                mercati azionari internazionali la negoziazione di
                'blocchi' si è sviluppata a partire dagli anni
                cinquanta seguendo la crescita degli investitori
                istituzionali, che per natura e dimensioni hanno
                necessità di operare transazioni unitarie di
                elevate dimensioni.
                
                Sia il sistema di asta a chiamata che quello di asta
                continua, pur permettendo di contenere il costo delle
                singole transazioni in presenza di un numero elevato di
                scambi di dimensioni contenute, non garantiscono
                sufficiente liquidità ai 'blocchi', il cui arrivo
                sul mercato può determinare temporanei squilibri
                tra domanda e offerta e sensibili variazioni dei prezzi.
                Tali motivi hanno indotto a consentire gli scambi di
                'blocchi' al di fuori dei meccanismi d'asta. Il
                collegamento tra le quotazioni d'asta e quelle relative
                ai 'blocchi' è stato ricercato attraverso
                obblighi di pubblicità per le condizioni relative
                allo scambio di questi ultimi o garantendo
                priorità di esecuzione per gli ordini sottomessi
                in asta, che presentino condizioni migliori rispetto a
                quelle relative allo scambio di 'blocchi'.In Italia le
                transazioni di entità rilevanti di azioni possono
                avvenire fuori borsa, ma vi è l'obbligo di una
                comunicazione tempestiva delle condizioni agli organi di
                controllo, che ne informano il mercato; l'entità
                dei 'blocchi' è definita per ciascun titolo in
                base allo spessore del mercato sottostante. 
                
                c) I sistemi di liquidazione
                  
                Il 'ciclo vitale' delle transazioni in titoli
                effettuate sui mercati finanziari (primario e
                secondario) si articola nei due momenti della
                negoziazione, nel cui ambito avviene la determinazione
                degli aspetti qualificanti dello scambio (prezzo,
                quantità, scadenza), e della esecuzione o
                regolamento del contratto stesso, in cui si verifica
                l'effettivo scambio dei titoli contro mezzi di
                pagamento. Questa seconda fase, in particolare, è
                quella esposta al rischio che una delle parti non sia in
                grado di adempiere agli impegni contrattualmente
                assunti, a causa dell'emergere di situazioni di
                insolvenza o di illiquidità (rischio di
                controparte). Nei casi più gravi si può
                verificare che l'insolvenza di un operatore si estenda
                alle sue controparti, generando un pericoloso effetto di
                trascinamento (rischio sistemico).
                
                Le procedure di liquidazione dei contratti di
                compravendita di attività finanziarie prevedono
                normalmente meccanismi di prevenzione e di contenimento
                di tali rischi, quali la riduzione dell'intervallo di
                tempo che separa la negoziazione dal regolamento e la
                contestualità del trasferimento dei titoli e dei
                mezzi monetari (Delivery Versus Payment: DVP). La prima
                delle due misure mira a contenere la durata
                dell'esposizione della controparte e i costi necessari
                per sostituire il contratto qualora una delle parti si
                renda insolvente e i prezzi si siano modificati (rischio
                di mercato). Il fine della seconda è quello di
                contenere il rischio che gli operatori possano
                consegnare titoli senza ricevere il corrispettivo
                monetario o che possano effettuare il pagamento senza
                ottenere la consegna dei titoli (rischio di capitale).
                Considerata la rilevanza e la pericolosità di
                quest'ultima tipologia di rischio, la generalità
                dei sistemi di liquidazione prevede, o ha programmato di
                introdurre, meccanismi del tipo DVP.
                
                La liquidazione di un contratto finanziario si articola
                in due fasi principali: il riscontro e il regolamento.
                Nel riscontro si procede alla definizione delle
                posizioni creditorie e debitorie sia in titoli sia in
                contante. Nel regolamento si dà luogo
                all'effettivo scambio del denaro e dei titoli. Sotto
                quest'ultimo profilo occorre sottolineare che nei
                principali paesi industrializzati i titoli sono in
                prevalenza custoditi presso istituzioni di deposito
                centralizzato (Sicovam in Francia, Kassenverein in
                Germania, Monte titoli e gestione centralizzata dei
                titoli di Stato, in Italia) che consentono il
                trasferimento dei titoli stessi attraverso semplici
                scritturazioni contabili, evitando le onerose e
                inefficienti movimentazioni materiali di certificati
                cartacei.I sistemi di liquidazione possono essere
                fondati sul regolamento bilaterale delle transazioni
                (gross settlement), in cui lo scambio dei titoli e del
                controvalore fra gli operatori avviene operazione per
                operazione, ovvero sulla compensazione multilaterale
                delle operazioni (netting); tale modalità,
                seguita nel sistema italiano delle 'stanze di
                compensazione', si applica a più operazioni
                condotte in uno stesso periodo e determina la consegna
                da parte di ciascun operatore degli importi netti di
                titoli e di denaro, che risultano dalla somma algebrica
                dell'insieme di compravendite effettuate. La maggiore
                complessità di tale procedura è compensata
                dal risparmio di titoli e mezzi monetari che essa
                consente.
                
                La compensazione multilaterale può avvenire
                quotidianamente, con un regolamento giornaliero dei
                saldi (rolling settlement), come nella procedura di
                liquidazione giornaliera utilizzata per il regolamento
                delle operazioni su titoli di Stato; ovvero
                periodicamente, al termine di un intervallo temporale
                più esteso (account settlement), come per le
                liquidazioni mensili dei titoli azionari. Quest'ultima
                modalità consente di ridurre l'entità dei
                trasferimenti finali di titoli e di mezzi di pagamento,
                ma amplifica il rischio di mercato; la consapevolezza di
                tale aspetto ha spinto al suo progressivo abbandono sul
                piano internazionale, a favore del regolamento
                giornaliero.
                
                Un'importante innovazione nell'ambito delle procedure di
                liquidazione è costituita dall'introduzione,
                limitatamente ai mercati dei contratti derivati
                standardizzati (opzioni e futures), di una controparte
                centrale che in ogni transazione si interpone tra i
                contraenti originari; nel mercato italiano questa
                entità è rappresentata dalla Cassa di
                compensazione e garanzia, costituita nel marzo del 1992.
                L'affidabilità di tale istituzione e il costante
                controllo della sua esposizione complessiva, attraverso
                la quotidiana chiusura di tutte le posizioni di rischio,
                consentono il sostanziale annullamento del rischio di
                controparte. Le complesse procedure necessarie alla
                valutazione delle singole posizioni di rischio ne
                limitano, tuttavia, l'applicazione allo scambio di
                strumenti altamente standardizzati. 
                
                6. La regolamentazione dei mercati
                  finanziari
                  
                  La struttura di norme che regola il funzionamento dei
                  mercati finanziari mira a garantire la tutela
                  dell'interesse pubblico, costituito, in termini
                  generalissimi, dal pieno sviluppo e dall'ordinato
                  svolgimento degli scambi di attività
                  finanziarie e, più specificamente, dalla
                  stabilità del sistema finanziario e dalla
                  tutela dei risparmiatori. La necessità
                  dell'intervento pubblico deriva dall'incapacità
                  dei mercati di conseguire spontaneamente tali
                  obiettivi, propedeutici al conseguimento di una
                  efficiente allocazione delle risorse.
                  
                  Oggetto della regolamentazione dei mercati finanziari
                  sono gli strumenti finanziari (titoli), le tecniche di
                  contrattazione, le strutture che rendono possibile
                  l'attività di negoziazione e di scambio (borse
                  valori e circuiti telematici), gli intermediari
                  presenti sul mercato mobiliare.
                  
                  Le norme che regolano la tipologia dei contratti
                  finanziari tendono soprattutto a promuoverne la
                  standardizzazione, al fine di facilitare la
                  valutazione dei titoli e l'esercizio degli impegni e
                  dei diritti da loro derivanti. In aggiunta alle norme
                  di legge che stabiliscono, in via generale, le
                  caratteristiche delle diverse forme dei titoli di
                  proprietà e di debito, vi sono regole volte a
                  selezionare, all'interno di queste due categorie,
                  titoli dotati di requisiti comuni. A ciò
                  tendono le regole per l'ammissione alla quotazione in
                  borsa, che certificano l'esistenza di alcune
                  caratteristiche comuni a tutti i titoli quotati sul
                  mercato. In tale ambito possono ricadere anche le
                  norme relative al taglio minimo, che per taluni
                  contratti definiscono livelli minimi non frazionabili
                  di investimento in relazione alla natura al
                  'dettaglio' o all''ingrosso' del mercato su cui
                  vengono scambiati.
                  
                  La regolamentazione dei meccanismi di contrattazione e
                  scambio sui mercati finanziari abbraccia una
                  molteplicità di aspetti attinenti alla
                  negoziazione dei titoli, tra cui le modalità di
                  formulazione delle proposte di scambio, le regole di
                  priorità nell'esecuzione degli ordini, la
                  definizione degli impegni relativi alla fase di
                  liquidazione, gli obblighi di informazione nei
                  confronti del mercato. Tali norme, differenziate tra
                  mercati all'ingrosso e al dettaglio, a pronti e a
                  termine, primari e secondari, perseguono il comune
                  obiettivo di rafforzare la liquidità del
                  mercato attraverso il contenimento dei costi di
                  transazione, la riduzione dei rischi associati allo
                  scambio, la diffusione delle notizie sulla formazione
                  dei prezzi. In questo ambito ricadono non solo le
                  regole di contrattazione e liquidazione (v. cap. 5),
                  ma anche norme quali l'obbligo di concentrazione degli
                  scambi sui mercati ufficiali o la definizione di
                  limiti alle commissioni di intermediazione. Al
                  contenimento dei rischi sono rivolti i divieti
                  relativi a particolari categorie di operazioni
                  suscettibili di amplificare l'instabilità dei
                  corsi; finalità analoga perseguono le regole
                  che governano l'interruzione degli scambi in
                  condizioni di mercato eccezionali (circuit breakers).
                  Nell'ambito delle regole per la diffusione delle
                  informazioni rientrano quelle volte a contrastare
                  l'insider trading e a impedire che gli operatori
                  coinvolti nel processo di formazione dei prezzi
                  utilizzino la propria posizione privilegiata in
                  contrasto con gli interessi della loro clientela e,
                  più in generale, degli altri partecipanti al
                  mercato.
                  
                  Una rilevanza particolare rivestono sotto il profilo
                  concettuale le regole che governano la creazione dei
                  mercati, nella forma di borse valori o di reti
                  telematiche, e ne stabiliscono le modalità di
                  sorveglianza da parte delle autorità
                  competenti. La normativa su tali argomenti appare
                  ispirata a due diverse impostazioni: nei paesi
                  dell'Europa continentale i mercati sono considerati
                  come istituzioni di natura pubblicistica; nei paesi
                  anglosassoni sono visti piuttosto come imprese e la
                  loro funzione ricade preminentemente nella sfera
                  privata. Per i primi le borse valori, e più in
                  generale i mercati ufficiali, non possiedono
                  personalità giuridica e vengono istituiti da
                  norme di legge o emanate da una autorità
                  pubblica; per i secondi i mercati assumono la forma di
                  società per azioni e ricadono sotto la
                  normativa societaria. Anche l'attività di
                  supervisione appare improntata a differenti soluzioni
                  organizzative nell'ambito delle due impostazioni
                  considerate. In particolare, nei paesi dell'Europa
                  continentale l'attività di vigilanza sui
                  mercati è accentrata nelle mani
                  dell'autorità pubblica. In Italia e in Francia,
                  ad esempio, tale funzione è affidata
                  rispettivamente alla Commissione Nazionale per le
                  Società e la Borsa (CONSOB), istituita nel
                  1974, e alla Commission des Opérations de
                  Bourse (COB), istituita nel 1967. Nei paesi
                  anglosassoni vi è invece maggiore tendenza al
                  decentramento dei controlli, che sono in parte
                  delegati a organizzazioni costituite dagli stessi
                  partecipanti al mercato (Self Regulatory Organizations
                  o SROs nella dizione inglese). Negli Stati Uniti
                  l'agenzia pubblica di controllo, costituita nel 1934,
                  è la Securities and Exchange Commission (SEC)
                  che, pur svolgendo una vigilanza capillare sul
                  mercato, delega parte dell'attività normativa e
                  di vigilanza alle singole borse valori. In Inghilterra
                  l'agenzia centrale di sorveglianza del mercato, la
                  Security and Investment Board (SIB) costituita nel
                  1986 e composta da esperti di varia estrazione,
                  nominati dal governo e dalla Banca d'Inghilterra, si
                  avvale per il controllo dei diversi segmenti del
                  mercato di alcune SROs dotate di specifiche
                  competenze.
                  
                  Vi è infine la regolamentazione degli
                  intermediari che operano sul mercato mobiliare. Essa
                  ha il fine di garantire condizioni di trasparenza e di
                  prevenire l'insorgere di situazioni di insolvenza. In
                  tale ambito ricadono le norme intese a promuovere
                  l'affidabilità degli intermediari, quali
                  l'adozione della forma societaria e i requisiti di
                  professionalità e onorabilità del
                  management, nonché le norme di prevenzione dei
                  conflitti di interesse tra l'intermediario e la
                  clientela, quali gli obblighi di separatezza
                  organizzativa e contabile tra le diverse
                  attività di intermediazione finanziaria svolte
                  dallo stesso operatore (chinese walls nella dizione
                  inglese). In particolare, la protezione degli
                  investitori dal rischio di insolvenza degli
                  intermediari è affidata a norme che consentano
                  di prevenire l'insorgere di situazioni di
                  illiquidità, come quelle relative ai
                  coefficienti patrimoniali e di liquidità, o
                  che, in caso di crisi, facilitino l'ordinata
                  liquidazione dell'intermediario: a quest'ultimo fine
                  risponde, in Italia, l'istituzione del Fondo di
                  garanzia, oltre alle norme sanzionatorie quale la
                  gestione commissariale o fallimentare. Nei paesi in
                  cui le banche possono svolgere l'attività di
                  intermediazione mobiliare, la supervisione su di esse
                  è di norma affidata all'autorità di
                  vigilanza bancaria. In Italia, per prevenire la
                  frammentazione dei controlli tra intermediari bancari
                  e non, la legge n. 1 del 1991 ha adottato una
                  distinzione per obiettivi delle competenze, affidando
                  alla Banca d'Italia la vigilanza sui vincoli di
                  capitalizzazione e alla CONSOB quella sugli obblighi
                  di trasparenza relativi a tutti gli intermediari
                  operanti sul mercato. 
                  
                  7. L'internazionalizzazione dei
                    mercati finanziari
                    
                    L'integrazione tra i mercati finanziari nazionali,
                    nota come internazionalizzazione o globalizzazione
                    dei mercati, si è venuta realizzando con la
                    caduta delle barriere tecniche o amministrative che
                    hanno ostacolato in passato lo scambio di strumenti
                    e servizi finanziari tra operatori di paesi diversi.
                    Essa ha prodotto un allineamento delle condizioni
                    sui diversi mercati finanziari nazionali, una
                    crescita degli investimenti esteri sui mercati
                    domestici, uno sviluppo delle emissioni estere da
                    parte di soggetti residenti. Il processo di
                    internazionalizzazione è stato accompagnato
                    da una crescita senza precedenti dei flussi
                    finanziari tra diversi paesi: la consistenza dei
                    prestiti bancari internazionali si è ampliata
                    di oltre venti volte tra il 1973 e il 1992, passando
                    da 175 a 3.690 miliardi di dollari; le transazioni
                    valutarie giornaliere si sono portate nel 1992 in
                    prossimità di 900 miliardi di dollari, valore
                    pari al 15% del prodotto interno lordo degli Stati
                    Uniti nello stesso anno (v. Group of Ten, 1993).
                    
                    Nel recente passato i tre fattori che più
                    hanno spinto verso l'internazionalizzazione della
                    finanza sono stati la liberalizzazione dei mercati
                    dei capitali, lo sviluppo dei sistemi di
                    telecomunicazione e di elaborazione dati e
                    l''istituzionalizzazione' dei mercati, cioè
                    il progressivo trasferimento delle decisioni di
                    investimento dal piccolo risparmiatore agli
                    investitori istituzionali (fondi comuni, fondi
                    pensione). Tali sviluppi hanno favorito la crescente
                    competizione tra i diversi mercati nazionali e una
                    forte crescita delle piazze che, come Londra e New
                    York, hanno saputo offrire migliori condizioni nella
                    prestazione dei servizi finanziari.
                    
                    La crescente integrazione dei mercati ha sollevato
                    la duplice questione dell'adeguatezza delle
                    politiche macroeconomiche e di quelle di vigilanza
                    dei mercati e degli intermediari. Le prime trovano
                    crescenti ostacoli nel mantenimento di cambi stabili
                    anche in presenza di un'ordinata evoluzione degli
                    andamenti economici di fondo. L'efficacia delle
                    seconde appare ridotta a causa della mancanza di un
                    coordinamento delle diverse normative nazionali.La
                    convergenza dei diversi sistemi nazionali di
                    regolamentazione non può, tuttavia, essere
                    lasciata a una 'competizione tra sistemi
                    regolamentari' che porterebbe a favorire i mercati
                    con minore ma non necessariamente migliore
                    regolamentazione. Il processo di creazione di un
                    mercato unico dei servizi finanziari nella
                    Comunità Europea rappresenta l'esempio
                    più avanzato dello sforzo di elaborare una
                    legislazione internazionale della finanza con piena
                    efficacia giuridica. La legislazione comunitaria
                    prevede il conseguimento di un'armonizzazione
                    minima, che renda possibile il mutuo riconoscimento
                    delle norme nazionali e la supervisione degli
                    intermediari da parte del paese di origine. La
                    cooperazione che si sviluppa nell'ambito del Gruppo
                    dei Dieci ha invece carattere volontario. 
                    
                    Un impulso all'armonizzazione normativa
                    internazionale può provenire dall'adozione di
                    norme che, come i requisiti patrimoniali, siano
                    basate su criteri automatici, legati alla
                    composizione del portafoglio, piuttosto che su
                    vincoli di tipo autorizzativo e presentino,
                    pertanto, caratteristiche di maggiore trasparenza e
                    di più facile confronto internazionale.
                    
                    
                    Enciclopedia del Novecento III Supplemento (2004)
                    di Marcello de
                        Cecco
                    Mercati finanziari
                    
                    Sommario: 1. I termini essenziali.
                      a) Origine e contenuto dei mercati
                        finanziari. b) I soggetti coinvolti
                        nei mercati finanziari. c) La
                        liquidità. 2. I mercati finanziari
                      in prospettiva storica. a) Il sistema di
                        Bretton Woods. b) La crisi del sistema
                        di Bretton Woods. c) Il sistema
                        finanziario internazionale dopo Bretton Woods.
                      3. Tendenze recenti. a) I mercati azionari.
                      b) I mercati obbligazionari. c) Contratti
                        finanziari a termine e prodotti derivati. □
                      Bibliografia.
                      
                      1. I termini essenziali
                        
                        a) Origine e contenuto dei mercati
                          finanziari
                        
                        Quando si pensa a un mercato si immagina un
                        luogo fisicamente determinato, ad esempio una
                        piazza, o una fiera, nel quale convengono, in un
                        tempo stabilito, compratori e venditori di una
                        merce specifica o di molte merci allo scopo di
                        realizzare scambi in condizione di massima
                        informazione. La compresenza di una
                        pluralità di venditori e compratori,
                        delle loro merci o di campioni di esse,
                        contribuisce infatti alla diffusione di
                        informazioni. Si danno vari casi nei quali i
                        mercati sono organizzati per la vendita di una
                        sola merce o tipo di merce: mercati di bestiame,
                        mercati di derrate alimentari, mercati di
                        prodotti tessili, ecc. Anche nei mercati
                        più complessi tendono a formarsi isole
                        merceologiche. Quanto più intenso
                        è il radicamento dell'attività
                        mercantile in un luogo, tanto più
                        è probabile che intorno a esso si
                        collochino stabilmente botteghe dove mercanti
                        fissi sono pronti a fornire determinate merci, e
                        quindi anche a comprarle, entro e fuori le ore e
                        i giorni di mercato. Già Platone, nella Repubblica,
                        rileva questi fenomeni.
                        
                        Il passaggio dal mercato al negozio fornisce un
                        elemento di continuità temporale
                        all'attività mercantile, agevolandone lo
                        sviluppo, così come agevola l'emergere
                        della specializzazione fra commercianti
                        all'ingrosso e al dettaglio.
                        
                        I mercati hanno in effetti funzionato a lungo
                        senza che nessuna merce particolare fungesse da
                        intermediario degli scambi, e cioè da
                        moneta. Ma da lunghissimo tempo le
                        contrattazioni che fanno uso di un mezzo di
                        scambio e pagamento universalmente accettabile
                        (entro un universo comunque definito) hanno
                        rimpiazzato gli scambi in forma di baratto.
                        
                        La moneta, al pari delle botteghe e della
                        divisione tra ingrosso e dettaglio, costituisce
                        un espediente per agevolare gli scambi. Quando
                        si scambiano merci contro merci o merci contro
                        moneta, l'atto dello scambio - tra merci
                        ritenute di valore uguale o tra una merce e una
                        quantità di moneta ritenuta congrua da
                        entrambe le parti - segna la conclusione della
                        transazione.
                        
                        Diverso è il caso nel quale i mercati e i
                        mercanti riescono a superare gli ambiti sia
                        territoriali che temporali per allargare
                        l'universo degli scambi. Al controvalore di una
                        merce in altra merce o in moneta si sostituisce
                        una promessa di pagamento. Il contratto è
                        stipulato all'istante, ma l'effettiva consegna
                        del controvalore pattuito in merce o denaro
                        può essere differita nel tempo rispetto a
                        quella della merce. Nascono in questo modo
                        obbligazioni in forma cartolare, che
                        rappresentano l'impegno formale di una parte a
                        consegnare alla controparte una data
                        quantità di merce standard o
                        qualitativamente definita oppure una determinata
                        quantità di una ben definita moneta
                        nazionale a una data certa e in un luogo
                        definito.
                        
                        È la moltitudine di tali impegni scritti
                        che ha fatto sorgere la possibilità di
                        organizzare per essi dei veri e propri mercati,
                        uguali quasi in tutto a quelli delle merci, e
                        che prendono il nome collettivo di mercati
                        finanziari. Come i mercati delle merci, anche
                        quelli finanziari si sono per secoli e
                        addirittura millenni stabiliti in luoghi
                        definiti, spesso contigui ai mercati delle
                        merci, in particolare a quelli delle merci
                        all'ingrosso.
                        Il progresso delle tecnologie dei trasporti e
                        delle comunicazioni ha contribuito, nel corso
                        del Novecento, a una massiccia trasformazione
                        delle modalità con le quali tali mercati
                        sono organizzati. Di tale trasformazione ci
                        occuperemo nelle pagine che seguono, esaminando
                        anche come essa abbia influito sul funzionamento
                        degli stessi mercati.
                        
                        Dato che le obbligazioni a consegnare merci o
                        somme nel futuro incorporano una forte
                        componente di rischio e di incertezza, è
                        bene anche ricordare che il modo di trattare
                        questi fenomeni fa necessariamente parte
                        integrante dei problemi organizzativi dei
                        mercati finanziari, delle discipline analitiche
                        che ne studiano i comportamenti e delle norme
                        giuridiche che li regolano.
                        
                        Sui mercati finanziari si contrattano -
                        attraverso modalità di cui diremo
                        brevemente - strumenti di debito, cioè
                        impegni a ripagare in una o più soluzioni
                        somme prese a prestito. Ma, con il diffondersi
                        del metodo della proprietà collettiva -
                        suddivisa in quote - di beni capitali, anche
                        tali quote, espresse in appropriate
                        certificazioni scritte, sono divenute una parte
                        sempre più importante dei mercati
                        finanziari. Generalmente tali strumenti vanno
                        sotto il nome di azioni. Dunque, il mercato
                        finanziario è venuto a costituirsi come
                        l'insieme delle contrattazioni che hanno per
                        oggetto azioni e obbligazioni.
                        
                        Ogni strumento finanziario comporta una serie di
                        obblighi da parte di chi lo emette.
                        L'adempimento preciso di tali obblighi
                        costituisce elemento essenziale per il buon
                        funzionamento dei mercati finanziari. Gli
                        obblighi associati a ogni strumento finanziario
                        riguardano individui nei loro rapporti con altri
                        individui, ed è interessante vedere in
                        quanti modi, nel corso della storia, sia stato
                        organizzato il meccanismo sociale che garantisce
                        il rispetto delle obbligazioni. Talvolta esso
                        è stato affidato a categorie coese di
                        individui, come le corporazioni mercantili o la
                        city di Londra fino al 1986, ma
                        più spesso è stato demandato a
                        giudici e ad altre autorità statali.
                        Ciò ha posto e pone delicati problemi
                        giuridico-politici, se si pensa che una parte
                        assai grande delle obbligazioni finanziarie
                        esistenti in ogni momento è costituita da
                        strumenti del debito pubblico.
                        
                        b) I soggetti coinvolti nei mercati
                          finanziari
                        
                        L'intero edificio dei mercati finanziari
                        è stato eretto e si regge essenzialmente
                        perché, nell'articolazione sempre
                        maggiore delle società organizzate, la
                        funzione del risparmio viene a essere sempre
                        più separata da quella dell'impiego del
                        risparmio stesso. Vi sono, in altre parole,
                        sempre più individui che dispongono in
                        ogni momento di maggiori risorse di quante
                        possano o vogliano spendere immediatamente e che
                        sono dunque pronti a metterle a disposizione di
                        altri. Allo stesso tempo, vi sono individui,
                        imprese o enti pubblici che hanno la
                        capacità istituzionale di investire
                        maggiori risorse rispetto a quelle che
                        affluiscono loro in ogni momento. Da questa
                        differenziazione nascono i mercati finanziari,
                        esattamente come dalla divisione del lavoro
                        nasce lo scambio di merci e servizi. È
                        importante comprendere come, senza la
                        compresenza di entrambe le necessità, non
                        si diano scambi finanziari, e dunque non possano
                        esistere mercati finanziari. Se non ci sono
                        debitori non possono esserci nemmeno creditori,
                        e viceversa. Se non ci sono persone fisiche o
                        giuridiche disposte a consumare o investire
                        più del loro reddito, non possono esserci
                        nemmeno risparmiatori, se non entro gli ambiti
                        ristretti dell'autoconsumo differito e
                        viceversa.
                        
                        Da questa considerazione nasce la tendenza
                        teorica a considerare il valore di una somma per
                        consegna differita rispetto al valore di una
                        somma per consegna a pronti, cioè il
                        tasso di sconto, come dipendente dall'abbondanza
                        o scarsità relativa dei debitori rispetto
                        ai creditori in un dato momento. L'abbondanza o
                        scarsità relativa di risparmio
                        eserciterà dunque, a parità di
                        altre condizioni, una pressione sullo sconto
                        stesso, il quale è più comunemente
                        visto come il tasso di interesse che il
                        destinatario di un prestito per un determinato
                        periodo deve versare annualmente per poter
                        fruire della somma prestata per tale periodo. I
                        debitori saranno avvantaggiati da una situazione
                        simile, così come lo saranno coloro che
                        vogliono costituire società per
                        esercitare imprese di vario genere e ne dividono
                        la proprietà, vendendone titoli
                        rappresentativi di quote sul mercato azionario.
                        
                        Ma è bene ricordare che nelle
                        società organizzate vi è in genere
                        una forte presenza dello Stato o di altre
                        istituzioni pubbliche dotate di bilanci propri e
                        capaci di spendere somme cospicue, le quali
                        derivano dall'esazione di imposte e tasse, o
                        dall'emissione di debiti, o dalla gestione del
                        sistema monetario, il che facilita grandemente
                        gli scambi permettendo transazioni
                        multilaterali. Ed è anche necessario
                        menzionare la presenza delle banche, che
                        gestiscono scorte monetarie affidate loro dai
                        cittadini e ne rendono maggiore la
                        velocità di circolazione mediante
                        l'emissione di 'pagherò a vista' chiamati
                        assegni o, in epoche precedenti a quella
                        attuale, mediante banconote che sono ora
                        privilegio di una sola banca, la banca centrale
                        di ciascun paese, o addirittura di una sola
                        banca centrale per una molteplicità di
                        paesi, come è il caso attuale dell'Unione
                        monetaria europea.
                        
                        c) La liquidità
                        
                        Se chi emette la moneta - nelle società
                        moderne, lo Stato tramite la banca centrale -
                        non lo fa in maniera esagerata, la moneta non si
                        deprezza nei confronti delle merci e dunque
                        viene accettata senza che il prenditore richieda
                        uno sconto sul suo valore facciale. La moneta
                        può essere spesa dovunque e in qualsiasi
                        momento, entro i confini dello Stato che la
                        emette, senza che nasca incertezza sul suo
                        potere di acquisto. Chi ha moneta può
                        allora essere certo di quanto possiede e non
                        deve prendere quelle misure atte a diminuire il
                        rischio e l'incertezza che affliggono gli altri
                        strumenti finanziari.
                        
                        Da questa condizione nasce il concetto di
                        liquidità, fondamentale per lo studio dei
                        mercati finanziari. La liquidità è
                        la capacità di un'attività
                        finanziaria di restituire al suo proprietario,
                        all'atto dell'eventuale rivendita, lo stesso
                        ammontare di denaro per il quale è stata
                        acquistata. Tale capacità non è
                        conferita dalla durata temporale del titolo -
                        nel senso che un titolo a breve è
                        necessariamente più liquido di uno a
                        lunga scadenza - ma dall'esistenza, in ogni
                        momento della vita del titolo stesso, di un
                        mercato capace di assorbirlo senza perdite per
                        il venditore. Questo tipo di mercato è
                        detto secondario. Il mercato primario è
                        invece quello sul quale viene collocato
                        (cioè, venduto) un titolo alla sua
                        emissione.
                        
                        Lo strumento per eccellenza liquido è la
                        moneta emessa dallo Stato direttamente o tramite
                        la banca centrale, perché essa sola
                        può fungere come mezzo ultimo di
                        pagamento. Tutti gli altri strumenti finanziari
                        - e i mercati sui quali essi sono negoziati -
                        possono essere idealmente ordinati in un ordine
                        decrescente a seconda della liquidità che
                        offrono a chi li possiede. La moneta si scambia
                        contro altra moneta senza perdite di valore
                        capitale, ma gli altri strumenti, per i quali
                        non esiste l'assoluta certezza del ripagamento,
                        sono soggetti a uno sconto quando vengono
                        scambiati contro moneta. Lo sconto normalmente
                        cresce con l'allungarsi dell'impegno temporale.
                        Gli strumenti finanziari che rappresentano
                        debiti a breve sono dunque normalmente scambiati
                        a sconto nei confronti della moneta e a premio
                        nei confronti di strumenti finanziari a
                        più lunga scadenza. È bene
                        sottolineare che possono darsi, e frequentemente
                        si danno, casi nei quali questo non vale: lo
                        sconto sugli impegni a breve può essere
                        maggiore di quello sugli impegni a più
                        lungo termine.
                        
                        Le attività delle banche centrali e delle
                        banche commerciali influenzano il funzionamento
                        dei mercati finanziari, perché da esse
                        dipende - oltre che dall'incontro tra domanda e
                        offerta di risparmio - il livello e l'andamento
                        del saggio dello sconto, ossia del prezzo al
                        quale si scambiano strumenti finanziari di varia
                        durata. Nel tempo, si sono scontrate teorie che
                        assegnano maggiore o minore importanza a tale
                        influenza, e che quindi vedono in modo diverso
                        la gerarchia che si stabilisce tra moneta
                        statale e bancaria, da un lato, e mercati
                        finanziari, dall'altro. Alcune teorie, infatti,
                        considerano lo sconto tra presente e futuro un
                        puro fenomeno di mercato, dipendente da
                        situazioni strutturali come quella della
                        dinamica della popolazione, che può
                        essere solo temporaneamente disturbato dalle
                        azioni della banca centrale e delle banche di
                        deposito.
                        
                        2. I mercati finanziari in
                          prospettiva storica
                          
                          Mercati finanziari, banche centrali, banche
                          commerciali, banche di investimento e altri
                          intermediari finanziari costituiscono un
                          insieme che va sotto il nome di sistema
                          finanziario. Ciascuna realtà
                          finanziaria nazionale può considerarsi
                          come un sistema finanziario a sé, e si
                          potrebbe dire che la somma di tutti i sistemi
                          finanziari nazionali costituisce il sistema
                          finanziario mondiale. Molti, tuttavia,
                          criticano questo modo di vedere le cose.
                          Secondo questa visione alternativa, esiste un
                          sistema finanziario internazionale,
                          storicamente distinto da quelli nazionali,
                          all'interno del quale si intrecciano rapporti
                          finanziari che stanno a fronte di scambi
                          commerciali internazionali e che mantiene, con
                          le varie realtà nazionali, rapporti
                          più o meno intensi e duraturi. In
                          epoche come gli ultimi cinquant'anni - o come
                          nel periodo che va dal 1870 al 1914 - la
                          distinzione tra sistemi nazionali e sistema
                          internazionale ha gradualmente perso di
                          importanza, mano a mano che l'intreccio tra
                          finanza nazionale e internazionale si è
                          fatto più fitto e intenso. 
                          
                          Ma queste due epoche sono separate da un
                          periodo abbastanza lungo nel quale la
                          distinzione tra sistemi finanziari nazionali
                          è stata netta. Si tratta del periodo
                          caratterizzato dalle due guerre mondiali e
                          quindi dalla necessità, per tutti i
                          paesi belligeranti, di organizzare una
                          'finanza di guerra'. In tali condizioni, quasi
                          tutti gli Stati hanno fatto ricorso a sistemi
                          autoritari di pianificazione economica, e i
                          sistemi finanziari sono stati modificati per
                          consentire di mobilitare risorse là
                          dove lo Stato riteneva che ve ne fosse
                          bisogno. La mobilitazione delle risorse si
                          è espressa sotto forma di ciò
                          che viene comunemente indicato con il termine
                          'repressione finanziaria', vale a dire
                          l'impossibilità da parte del
                          proprietario di determinate risorse di
                          disporne in piena libertà destinandole
                          agli usi che meglio desidera, nei modi e con
                          gli strumenti che preferisce, entro e fuori i
                          confini dello Stato nel quale risiede.
                          
                          a) Il sistema di Bretton Woods
                          
                          Con l'intervallo degli anni venti del secolo
                          appena trascorso - nel quale si consumò
                          un breve e spasmodico tentativo di ritornare
                          alla realtà dei decenni immediatamente
                          precedenti la prima guerra mondiale - il
                          periodo che va dal 1914 al 1960 ha visto,
                          nella gran parte dei paesi sviluppati, il
                          permanere di stati di repressione finanziaria
                          più o meno severa, che si sono
                          gradualmente attenuati nel decennio
                          successivo. L'accordo detto di Bretton Woods -
                          raggiunto tra i paesi vincitori della seconda
                          guerra mondiale sotto l'egida e per impulso
                          degli Stati Uniti, ed esteso man mano a
                          moltissimi altri paesi - cercò di
                          favorire la riduzione delle barriere agli
                          scambi internazionali che erano state erette
                          negli anni trenta e durante la guerra,
                          instaurando un sistema di rapporti monetari
                          internazionali a cambi essenzialmente fissi
                          (anche se modificabili) sulla cui tenuta venne
                          posto a vegliare il Fondo Monetario
                          Internazionale (FMI), un'istituzione
                          specializzata delle Nazioni Unite. L'FMI
                          poteva prestare riserve valutarie a paesi
                          membri che si fossero trovati in temporaneo
                          squilibrio delle loro bilance dei pagamenti,
                          allo scopo di permettere loro di mantenere
                          aperti gli scambi internazionali su base
                          multilaterale. Scopo finale era l'abolizione
                          graduale del sistema di rigido collegamento
                          degli scambi ai pagamenti bilaterali
                          instaurato in molti paesi a partire dagli anni
                          trenta per far fronte alle conseguenze della
                          depressione mondiale e della caduta del
                          commercio internazionale che ne derivò.
                          
                          Nel sistema di Bretton Woods, l'obiettivo
                          principale era la ricostituzione di un sistema
                          di scambi multilaterali in condizioni di piena
                          occupazione per tutti i paesi partecipanti, al
                          cui raggiungimento fu sacrificato l'obiettivo
                          della libertà delle transazioni
                          finanziarie internazionali, in particolare di
                          quelle a breve termine. Si pensò allora
                          che la restaurazione della libertà dei
                          movimenti di merci valesse bene l'eventuale
                          permanere, anche in paesi importanti, della
                          repressione finanziaria. Questo perché
                          era invalsa l'abitudine, in quei decenni, di
                          addebitare ai movimenti di capitale a breve
                          l'impossibilità, per le autorità
                          nazionali di politica economica, di
                          raggiungere e mantenere nel tempo l'obiettivo
                          della piena occupazione, senza sacrificare la
                          libertà degli scambi.
                          
                          b) La crisi del sistema di Bretton Woods
                          
                          I vari mercati finanziari nazionali restarono
                          dunque a lungo fortemente segmentati al loro
                          interno e virtualmente non comunicanti tra
                          loro. Tuttavia, negli Stati Uniti, nuovo
                          centro dell'economia mondiale, cominciò
                          a delinearsi un movimento teso a riportare la
                          libertà degli scambi interni e
                          internazionali e a porre fine alla repressione
                          finanziaria. Tale movimento, sviluppatosi
                          gradualmente per tutto il dopoguerra,
                          ricevette un impulso particolare a partire dal
                          1973 - quando la prima crisi del petrolio mise
                          i paesi sviluppati di fronte alla nuova
                          realtà di un deficit
                          strutturale dei pagamenti esteri - e
                          trionfò definitivamente dopo la seconda
                          crisi petrolifera, nel 1979. Il movimento in
                          questione coinvolgeva quegli ambienti
                          finanziari che avevano sofferto maggiormente
                          delle conseguenze delle riforme imposte dal
                          presidente Roosevelt ai mercati finanziari nei
                          primi anni trenta, in particolare le grandi
                          banche di credito ordinario di New York. Tali
                          banche, cui era stato vietato di negoziare
                          azioni e obbligazioni, si vedevano spesso
                          costrette a sacrificare le proprie
                          attività di prestito, le quali erano di
                          entità assai superiore rispetto alla
                          capacità di raccolta, che, a sua volta,
                          veniva frenata dal divieto di creare filiali
                          in Stati diversi da quello d'origine, a causa
                          della mancanza di fondi sufficienti,
                          irreperibili perfino sul mercato
                          interbancario. 
                          
                          Questo stato del mercato interbancario era
                          dovuto all'enorme diffusione, nei bilanci
                          delle banche provinciali, dei titoli del
                          debito pubblico, con i quali il governo
                          statunitense aveva finanziato le spese
                          belliche del secondo conflitto mondiale. La
                          politica di sostegno ai corsi di tale debito,
                          praticata dalla Banca Centrale e dal Tesoro
                          degli Stati Uniti, continuò anche dopo
                          la fine del conflitto, rendendo nullo il
                          rischio relativo al valore capitale dei titoli
                          di Stato. In queste condizioni, le grandi
                          banche di New York avevano imparato a
                          procurarsi fondi sul mercato finanziario
                          internazionale, offerti soprattutto da quei
                          risparmiatori che guardavano agli Stati Uniti
                          come all'unico paese politicamente e
                          strategicamente sicuro in una fase ancora
                          molto perturbata dalla prospettiva di
                          espansione del comunismo. Non deve dunque
                          meravigliare se le grandi banche americane si
                          opposero energicamente e vittoriosamente al
                          suggerimento - proveniente dai due architetti
                          degli Accordi di Bretton Woods, John Maynard Keynes
                          e Harry Dexter White - di sottoporre a stretto
                          controllo i movimenti di capitale a breve
                          termine, inserendo nello Statuto dell'FMI una
                          clausola in virtù della quale le
                          perdite di riserve causate dalle fughe di
                          capitali a breve dovevano essere
                          automaticamente risarcite dai paesi
                          destinatari. Tale clausola, già
                          auspicata da Luigi Luzzatti dopo la crisi
                          finanziaria internazionale del 1907, fu
                          riproposta da Keynes e White, ma non venne
                          accolta per la decisa opposizione delle grandi
                          banche newyorchesi. Dagli stessi ambienti,
                          inoltre, fu avviata una lunga campagna per la
                          liberalizzazione del mercato finanziario
                          interno negli Stati Uniti che riuscì,
                          prima gradualmente e poi, a partire dal 1980,
                          sempre più rapidamente, a demolire uno
                          dopo l'altro i fondamenti della segmentazione
                          del sistema finanziario organizzata molto
                          prima della stessa età di Roosevelt.
                          
                          Come già accennato, il movimento di
                          liberalizzazione finanziaria interna e
                          internazionale ricevette un impulso
                          fondamentale dopo le due crisi petrolifere
                          degli anni settanta. Tutti i principali paesi
                          importatori di petrolio si trovarono a pagare
                          somme elevate, di solito in dollari, in cambio
                          del petrolio che importavano. A vendere
                          petrolio, peraltro, erano paesi incapaci di
                          importare beni e servizi per l'intero
                          ammontare che ricevevano in pagamento. Tra i
                          paesi importatori si vennero a creare due
                          gruppi: quelli dotati di sistemi finanziari
                          più capaci di intermediare grandi
                          quantità di fondi liquidi decisero di
                          chiudere i propri conti con l'estero,
                          prendendo a prestito il denaro che pagavano ai
                          paesi produttori di petrolio e riprestandolo
                          ai paesi che non avevano intermediari e
                          mercati capaci di svolgere tale funzione;
                          viceversa, quelli nei quali la repressione
                          finanziaria era ancora molto forte - come
                          Germania, Giappone e Italia - cercarono di
                          pagare la bolletta petrolifera esportando
                          merci.
                          
                          c) Il sistema finanziario internazionale
                            dopo Bretton Woods
                          
                          Motivi storico-politici e istituzionali hanno
                          fatto sì che in paesi diversi
                          prevalessero forme organizzative differenti
                          per i sistemi finanziari. Questo fu notato sin
                          dalla fine dell'Ottocento, ma è
                          soltanto nei primi decenni del Novecento che
                          si cominciò a riflettere
                          sistematicamente su queste differenze. Le
                          analisi elaborate allora furono poi riprese
                          negli anni cinquanta e nei successivi decenni
                          e condussero a conferire un rinnovato rilievo
                          alla distinzione tra sistemi finanziari basati
                          su banche 'tuttofare' o universali - che
                          esplicano le funzioni finanziarie nei
                          confronti di privati e imprese e dominano
                          anche le borse-valori, dando luogo a sistemi
                          banco-centrici - e sistemi finanziari nei
                          quali col passare del tempo e per determinate
                          vicissitudini storiche si sono evoluti
                          intermediari finanziari specializzati ciascuno
                          nell'esplicazione di una precipua funzione,
                          operanti su mercati anch'essi specializzati
                          come i mercati dei titoli di Stato, delle
                          obbligazioni private, delle azioni, ecc.,
                          dando luogo a sistemi mercato-centrici. 
                          
                          Riprendendo il concetto di liquidità
                          prima enunciato, è bene chiarire che i
                          sistemi banco-centrici si sono evoluti
                          là dove prevalevano titoli di debito
                          scarsamente liquidi, cioè in
                          realtà sfornite di mercati secondari
                          funzionali e attivi. In questi contesti il
                          ruolo delle banche si ingrandisce fino al
                          protagonismo assoluto: esse si sostituiscono a
                          mercati secondari poco efficienti - o
                          addirittura inesistenti - nell'assorbire
                          titoli che sono per forza di cose poco
                          liquidi. L'attivo di tali banche diviene di
                          conseguenza anch'esso poco liquido. È
                          allora essenziale, nei sistemi banco-centrici,
                          che al cuore del sistema esista una banca
                          centrale fornita della possibilità di
                          venire in ogni momento in soccorso di un
                          sistema bancario carente di liquidità a
                          causa delle attività assorbite. La
                          banca centrale deve avere la facoltà di
                          creare liquidità primaria in misura
                          sufficiente e senza indugi, per fornirla alle
                          banche contro le attività divenute
                          illiquide. Se la banca centrale, come accadde
                          nella seconda metà degli anni venti in
                          molti paesi europei, riceve statutariamente
                          una limitazione alla sua capacità di
                          creare moneta, può non essere in grado
                          di restituire fluidità al sistema
                          bancario.
                          
                          Nella riflessione più recente sulle
                          differenze tra sistemi finanziari si è
                          giunti addirittura a teorizzare che i sistemi
                          banco-centrici rappresentino una fase meno
                          avanzata di sviluppo finanziario rispetto a
                          quelli mercato-centrici, e che dunque sia
                          auspicabile e quasi inevitabile che dalla
                          prima si passi alla seconda fase. Tale
                          passaggio è divenuto un obiettivo della
                          politica economica internazionale di paesi
                          quali gli Stati Uniti e la Gran Bretagna,
                          tradizionalmente forniti di mercati finanziari
                          tra i più sviluppati e liberi a livello
                          mondiale. Sia gli Stati Uniti che il Regno
                          Unito si ritenevano svantaggiati nella
                          competizione sui mercati internazionali dei
                          prodotti manufatti contro paesi come Germania,
                          Giappone e Italia, i cui sistemi finanziari,
                          banco-centrici e fortemente regolamentati,
                          sembravano in grado di fornire alle imprese un
                          vantaggio competitivo in termini di
                          disponibilità di risorse finanziarie a
                          basso costo. Si ritenne allora che la
                          liberalizzazione finanziaria potesse
                          permettere ai massimi centri finanziari
                          mondiali, Londra e New York, di acquistare un
                          ruolo di leadership settoriale nella
                          nuova divisione internazionale del lavoro.
                          Abolendo le barriere finanziarie interne ai
                          vari paesi e quelle internazionali, flussi
                          crescenti di fondi sarebbero affluiti ai
                          centri finanziari di Londra e New York,
                          riducendo la possibilità - per le
                          imprese tedesche, giapponesi e italiane - di
                          ottenere fondi investibili a condizioni
                          particolarmente vantaggiose. Nella gestione
                          politica di questo obiettivo, tuttavia,
                          l'accento viene sempre maggiormente posto
                          sulla configurazione atomistica di tali
                          mercati e sull'anonimità delle
                          transazioni: in una parola, si tende a
                          rappresentare tali mercati come perfetti,
                          luoghi d'incontro di una domanda e di
                          un'offerta espresse da operatori di piccole
                          dimensioni, incapaci di influenzare con le
                          proprie decisioni strategiche le
                          quantità e quindi i prezzi. Ma la
                          realtà è assai diversa,
                          perché sin dall'inizio, e via via per
                          tutti i decenni successivi, i mercati
                          finanziari interni, e a maggior ragione quelli
                          internazionali, si sono caratterizzati proprio
                          per la presenza di intermediari di grandi
                          dimensioni, per i quali passano quote cospicue
                          delle transazioni totali.
                          
                          Negli anni a noi più vicini, inoltre,
                          tendono a perdere gradualmente importanza i
                          mercati centralmente organizzati, sul modello
                          delle borse-valori dell'Europa continentale,
                          ispirate allo stesso archetipo napoleonico e
                          basate sul metodo dell'asta competitiva,
                          mentre si affermano i cosiddetti mercati over
                            the counter. All'interno di questi
                          ultimi, intermediari specializzati (dealers)
                          sono pronti a fornire, a un prezzo da loro
                          quotato, quantità determinate di un
                          titolo, di cui dispongono direttamente o che
                          sono in grado di procurarsi a condizioni
                          più vantaggiose, e a comprare - a un
                          prezzo generalmente inferiore a quello di
                          vendita - quantità determinate dello
                          stesso titolo. Questo sistema decentrato,
                          favorito dalla prassi inglese e statunitense,
                          si estende ad altre piazze finanziarie man
                          mano che la globalizzazione dei mercati
                          finanziari aumenta. Tale metodo di
                          contrattazione è anche favorito dalle
                          innovazioni tecnologiche nel campo della
                          comunicazione, che rendono possibile stipulare
                          contratti in maniera decentrata e senza
                          perdita d'informazione, laddove, con le
                          vecchie tecnologie, un'informazione adeguata
                          richiedeva l'accentramento delle
                          contrattazioni.
                          
                          Nonostante ciò, nei decenni più
                          recenti, si sono affermate ulteriormente le
                          maggiori piazze finanziarie mondiali, quelle
                          tradizionali, Londra e New York, e quelle
                          emergenti, Francoforte e Tokyo. Come spiegare
                          questa concentrazione, che a prima vista
                          sembra in contraddizione con gli effetti
                          dell'elettronica decentrata? La verità
                          è che - a tutt'oggi, e presumibilmente
                          ancora per parecchio tempo - non tutto si
                          può fare per via virtuale. In
                          particolare, l'acquisizione di informazioni
                          riservate, così importanti per la
                          dinamica dei mercati finanziari, richiede
                          ancora contatti diretti tra gli operatori, il
                          che rende fondamentali le distanze
                          ravvicinate. Più in generale, tutte le
                          argomentazioni a favore delle economie da
                          agglomerazione contribuiscono a spiegare la
                          collocazione dei mercati finanziari in poche
                          grandi piazze, che concentrano e
                          ridistribuiscono le contrattazioni. È
                          anche vero che, nell'organizzazione dei grandi
                          affari finanziari internazionali, vi sono fasi
                          di preparazione (anche logistica) che
                          richiedono la concentrazione in un solo luogo
                          di grandi risorse umane e tecniche. Inoltre,
                          specie a Londra e a New York, sono presenti i
                          grandi studi legali internazionali
                          specializzati in transazioni finanziarie, la
                          cui consulenza costituisce un elemento
                          essenziale nell'organizzazione di ogni grande
                          operazione finanziaria. Negli stessi centri,
                          infine, sono presenti le case-madri delle
                          più grandi banche commerciali del mondo
                          e delle massime banche di investimento, oltre
                          che i maggiori intermediari non bancari. Tutti
                          questi elementi contribuiscono a costituire,
                          all'interno delle grandi piazze finanziarie
                          mondiali, una massa di economie esterne
                          veramente considerevole, perpetuando in tal
                          modo una caratteristica dei mercati che li
                          contraddistingue sin dai tempi più
                          antichi, ossia la localizzazione in un sito
                          geografico preciso. La fisicità dei
                          mercati, certamente attenuata dalle
                          innovazioni nelle comunicazioni e nei
                          trasporti, risulta in tal modo per altri versi
                          ulteriormente accentuata proprio dalle stesse
                          innovazioni, che provvedono allo stesso tempo
                          a decentrare e a riaccentrare.
                          
                          Il 15 agosto del 1971 Richard Nixon,
                          presidente degli Stati Uniti, decretò
                          l'abolizione del legame tra il dollaro e una
                          quantità fissa di oro. La parità
                          fissa tra oro e dollaro, 35 dollari per oncia,
                          resisteva da più di trent'anni ed era
                          stata reiterata dagli accordi di Bretton
                          Woods. Ma, per la persistenza di un deficit
                          strutturale nella bilancia dei pagamenti degli
                          Stati Uniti, la quantità di dollari
                          offerta sui mercati internazionali non trovava
                          una domanda equivalente, dati i tassi di
                          cambio stabiliti a Bretton Woods. Le
                          parità venivano dunque mantenute a
                          fatica, grazie all'intervento continuo delle
                          banche centrali, e coloro i quali speculavano
                          sui cambi potevano realizzare vistosi guadagni
                          scommettendo contro il dollaro nella certezza
                          del supporto ufficiale delle parità. I
                          cambi fissi hanno il grande vantaggio di
                          eliminare l'incertezza sul corso futuro dei
                          cambi dai calcoli di chi deve effettuare
                          transazioni che implicano l'uso di monete
                          diverse dalla propria. L'onere di sostenere le
                          parità ricade sulle banche centrali dei
                          vari paesi e le transazioni private
                          internazionali avvengono in condizioni di
                          certezza relativamente al corso futuro dei
                          cambi.
                          
                          A partire dal 15 agosto 1971, questo non
                          è stato più possibile. Gli Stati
                          Uniti hanno reiteratamente dichiarato, nel
                          corso del trentennio successivo, che il cambio
                          del dollaro non faceva parte delle proprie
                          responsabilità di governo, e che quindi
                          poteva essere lasciato alle forze di mercato.
                          Chiunque avesse a che fare con gli scambi
                          internazionali, magari come semplice
                          importatore o esportatore di scarpe, si
                          è così trovato nella
                          necessità di assicurarsi in qualche
                          modo contro il rischio di cambio, a meno di
                          non volere speculare apertamente. In questo
                          tipo di scambi le possibili perdite o guadagni
                          in cambi entrano necessariamente a far parte
                          del calcolo economico, a meno che non si
                          scelga di proteggersi dal rischio di cambio
                          attraverso una transazione valutaria d'importo
                          uguale e segno contrario rispetto a quella
                          effettuata per motivi commerciali. È
                          venuta pertanto in essere, nel corso degli
                          ultimi trent'anni, una gigantesca massa di
                          transazioni valutarie effettuate unicamente
                          allo scopo di proteggersi da rischi in cambi
                          connessi a transazioni reali o finanziarie che
                          nulla hanno a che fare con la speculazione. Le
                          transazioni in cambi totali assommano a molte
                          volte il valore del commercio internazionale
                          mondiale.
                          
                          Questa profonda trasformazione del mercato dei
                          cambi ha avuto ripercussioni altrettanto
                          profonde sui mercati finanziari. A essa si
                          deve aggiungere la crescita vorticosa e
                          contemporanea dei debiti pubblici nei
                          principali paesi, nonché quella del
                          commercio internazionale, sviluppatosi secondo
                          tassi d'incremento abbondantemente superiori
                          ai tassi di crescita del Prodotto Interno
                          Lordo (PIL) dei medesimi paesi a partire dal
                          1971. Parallelamente, si è verificata
                          una crescita impetuosa della capitalizzazione
                          totale delle borse valori, per l'aumento
                          enorme delle nuove emissioni e delle
                          negoziazioni di titoli esistenti e per la
                          crescita incessante dei corsi, che si è
                          arrestata e in parte invertita solo a partire
                          dal marzo 2000. Tutti insieme, questi elementi
                          hanno contribuito a costituire una struttura
                          dei mercati finanziari nazionali e
                          internazionali profondamente diversa da quella
                          del trentennio precedente. Di tale struttura
                          ci occuperemo nelle pagine seguenti,
                          mettendone in luce i caratteri principali.
                          
                          Prima di passare a descrivere tali caratteri,
                          è bene tuttavia ricordare come a
                          tutt'oggi - nonostante la crescita vertiginosa
                          delle transazioni finanziarie, in termini di
                          volumi e di complessità - permanga nei
                          principali paesi un fenomeno che va sotto il
                          nome di paradosso di Orioka-Feldstein. Tale
                          paradosso consiste nel fatto che, malgrado la
                          globalizzazione dei mercati finanziari e la
                          gran mole di investimenti esteri che ogni anno
                          vengono effettuati, si nota una forte
                          correlazione tra risparmi e investimenti in
                          ciascun paese. È come se ovunque fosse
                          disponibile, per finanziare gli investimenti,
                          solo il risparmio interno. Paesi a basso tasso
                          di risparmio si caratterizzano pertanto per un
                          basso tasso di investimento, e viceversa. Si
                          danno, è vero, anche notevoli eccezioni
                          a questa regola rozza; ma essa persiste ed
                          è confermata da tutte le stime
                          sull'argomento fatte nel corso del tempo.
                          Analogamente, persiste una regola altrettanto
                          rozza, secondo la quale i risparmiatori
                          tendono a investire prevalentemente negli
                          strumenti finanziari e nelle azioni emesse da
                          società ed enti a loro spazialmente
                          vicini. L'orizzonte dei risparmiatori e degli
                          investitori resta così ancora
                          notevolmente limitato, circoscritto da
                          conoscenze e frequentazioni dirette.
                          Quantitativamente ciò è fuori di
                          dubbio, nonostante tutte le storie, peraltro
                          vere, che si leggono e si ascoltano a
                          proposito di avventurosi investimenti fatti in
                          capo al mondo da tranquilli borghesi, i quali
                          non hanno alcuna idea dei luoghi e delle
                          istituzioni private e pubbliche nelle quali
                          hanno investito il proprio denaro.
                          
                          Caratteristica comune nella dinamica di tutti
                          i sistemi finanziari, e in particolare dei
                          mercati finanziari, negli ultimi tre decenni,
                          è la diminuzione dell'importanza
                          relativa degli investitori individuali diretti
                          e il contemporaneo affermarsi degli
                          investitori 'istituzionali'. Nella letteratura
                          specializzata tale fenomeno viene attribuito
                          alla forte incentivazione fiscale offerta alle
                          famiglie per collocare parte dei propri
                          risparmi in fondi d'investimento sia azionari
                          che obbligazionari, allestiti e gestiti da
                          istituzioni finanziarie indipendenti o
                          derivanti direttamente da intermediari
                          tradizionali come banche e società di
                          assicurazione.
                          
                          Nella letteratura specialistica si dà
                          inoltre ampio spazio alle economie di scala di
                          cui godrebbero i gestori istituzionali di
                          fondi nei confronti degli individui. Tale
                          vantaggio dovrebbe dipendere dalla superiore
                          capacità dei gestori di dedicare
                          risorse per ottenere informazioni, ma anche
                          dalla capacità di diversificare il
                          proprio portafoglio in virtù della
                          maggiore potenza contrattuale di cui godono
                          sul mercato. Tali caratteristiche sono
                          tuttavia messe in dubbio da una parte non
                          trascurabile e crescente degli studiosi, in
                          particolare per quel che riguarda la pretesa
                          superiorità nell'ottenere informazioni.
                          Si rileva, infatti, che raramente accade che i
                          gestori istituzionali di fondi riescano a
                          ottenere risultati superiori all'andamento
                          degli indici dei mercati organizzati.
                          
                          La crescita dell'investimento istituzionale
                          è stata drasticamente favorita, negli
                          ultimi decenni, dal forte aumento dei fondi
                          destinati alle pensioni private, che coincide
                          con la crisi crescente della previdenza
                          obbligatoria nei paesi sviluppati. Anche in
                          questo settore, leggi di deregolamentazione e
                          incentivi fiscali hanno nettamente favorito i
                          fondi-pensione rispetto al risparmio
                          individuale.
                          
                          3. Tendenze recenti
                            
                            a) I mercati azionari
                            
                            Nel panorama finanziario mondiale, è
                            impossibile non rendersi conto del peso del
                            mercato azionario statunitense. Esso
                            rappresenta attualmente, per
                            capitalizzazione, circa il 50° del
                            totale mondiale. È evidente quindi
                            che quel che accade a Wall Street influenza
                            fortemente ciò che accade sui mercati
                            azionari del resto del mondo, a maggior
                            ragione in seguito al formarsi di una massa
                            crescente dei capitali in movimento tra i
                            diversi mercati nazionali. Se quindi si
                            ritiene che il mutamento delle condizioni
                            della politica monetaria o della politica
                            economica più in generale influisca
                            sulle quotazioni azionarie, bisognerà
                            riconoscere che le decisioni delle
                            autorità statunitensi in materia di
                            politica economica devono avere uno speciale
                            influsso sui mercati borsistici di tutto il
                            mondo. Lo stesso vale per qualsiasi forza
                            influisca sulla dinamica delle nuove
                            emissioni di azioni, così come sul
                            volume di scambi nei mercati secondari. Il
                            rilievo di tali considerazioni è
                            accresciuto dal fatto che la gran parte
                            degli investitori istituzionali adotta il
                            cosiddetto metodo del 'portafoglio globale',
                            distribuendo i propri investimenti secondo
                            il peso della capitalizzazione delle varie
                            borse sul totale. Essi 'sovrappesano' o
                            'sottopesano' un certo mercato, ma entro
                            limiti abbastanza stretti. È facile
                            dunque comprendere in quale misura annunci e
                            previsioni relative all'andamento di
                            variabili cruciali della vita economica
                            statunitense influiscano sugli indici di
                            tutte le borse del mondo.
                            
                            Se si tiene presente tutto ciò,
                            è più facile rendersi conto
                            dell'importanza di fenomeni di matrice
                            statunitense - come il boom delle
                            azioni delle imprese della cosiddetta new
                              economy o la grande crescita delle
                            operazioni di fusione e acquisizione tra
                            imprese - per l'intero mercato finanziario
                            mondiale. Le emissioni di nuove azioni sono
                            enormemente aumentate, infatti, a partire
                            dal 1980. Secondo alcuni osservatori la
                            crescita dei fondi gestiti da investitori
                            istituzionali ha indotto, anziché la
                            diminuzione, l'aumento marcato del fenomeno
                            della 'volatilità' degli indici
                            azionari. Questo è spiegato con la
                            necessità dei gestori professionisti
                            di ottenere guadagni cospicui sui loro
                            portafogli in tempi brevi, che sono divenuti
                            anche più brevi nell'ultimo decennio.
                            I privati che investono nel risparmio
                            gestito, infatti, sono liberi ormai di
                            passare da un fondo all'altro e lo fanno
                            seguendo i risultati di breve periodo
                            enunciati dai gestori. Anche la grande
                            mobilità internazionale dei capitali
                            ha contribuito ad aumentare la
                            volatilità, propagando rialzi e
                            ribassi da un mercato all'altro. Lo sviluppo
                            del risparmio gestito in paesi privi di ampi
                            mercati di borsa ha anche avuto la
                            conseguenza, nell'ultimo quindicennio, di
                            concentrare gli investimenti dei gestori
                            europei e asiatici sulle azioni statunitensi
                            in misura persino maggiore del loro peso sul
                            totale mondiale.
                            
                            Seguendo il principio della cosiddetta
                            diversificazione del rischio, tali gestori
                            hanno trovato un numero di azioni
                            sufficientemente non correlate tra loro solo
                            nella borsa americana. L'intensificarsi dei
                            flussi di acquisti e vendite di azioni
                            denominate in valute diverse da quelle
                            nazionali degli investitori ha poi
                            fortemente aumentato la domanda di strumenti
                            finanziari capaci di immunizzare i
                            portafogli stessi contro i rischi di cambio.
                            Questo ha contribuito a far letteralmente
                            esplodere la domanda di cosiddetti 'prodotti
                            derivati', dei quali ci occuperemo
                            più avanti.
                            Molti osservatori sostengono che in
                            generale, nel corso degli ultimi due
                            decenni, sia diminuita l'attenzione degli
                            investitori per i rendimenti di lungo
                            periodo delle azioni - basati sull'andamento
                            di costi e profitti delle imprese di cui
                            tali azioni rappresentano la
                            proprietà -, attenzione che si
                            concentrerebbe invece sui rendimenti di
                            breve periodo, maggiormente soggetti ai
                            flussi speculativi e alle mutevoli
                            condizioni di liquidità dei mercati,
                            vale a dire della quantità di denaro
                            disponibile per l'acquisto di azioni.
                            
                            Molto importante è stato, infine, il
                            passaggio - avvenuto quasi ovunque
                            nell'ultimo ventennio, ma anch'esso di
                            matrice statunitense - dal sistema delle
                            commissioni fisse a quello delle commissioni
                            variabili nella negoziazione di azioni per
                            conto terzi da parte delle istituzioni
                            finanziarie, nonché il passaggio
                            dallo stato di compratore o venditore in
                            conto terzi ad attore in conto proprio da
                            parte degli agenti di borsa e degli altri
                            intermediari che operano nel mercato
                            finanziario.
                            
                            Le trasformazioni che abbiamo elencato
                            riguardano tutti i mercati finanziari e non
                            solo quelli azionari. Esse hanno avuto il
                            merito di ridurre, almeno a breve termine,
                            il costo dell'investimento finanziario per
                            gli investitori finali e per i gestori
                            professionisti di patrimoni, aumentando il
                            livello di concorrenza. Nei tempi medi,
                            però, la possibilità di
                            ridurre i costi di intermediazione
                            favorirebbe gli intermediari maggiori,
                            facendo aumentare la concentrazione dei
                            mercati e riducendo il numero dei
                            concorrenti. Sebbene una parte degli
                            economisti teorici sostenga non esservi
                            alcuna relazione tra numero di concorrenti e
                            intensità della concorrenza, tale
                            ipotesi, accettata da molte autorità
                            di tutela della concorrenza, è
                            tutt'altro che definitivamente provata.
                            
                            b) I mercati obbligazionari
                            
                            A partire dalla fine della seconda guerra
                            mondiale i mercati dei certificati di debito
                            di emittenti pubblici e privati hanno
                            conosciuto due fasi: la prima, dagli anni
                            cinquanta alla crisi petrolifera del 1973,
                            ha visto quasi ovunque la netta riduzione
                            del peso dei titoli pubblici emessi, tanto
                            in rapporto al PIL, quanto rispetto al
                            totale dei titoli obbligazionari emessi dai
                            vari paesi. Nel corso della seconda fase,
                            iniziata nel 1973, questa tendenza si
                            è invertita e il debito pubblico ha
                            ricominciato a crescere in termini assoluti
                            e rispetto al PIL in molti paesi importanti,
                            a cominciare dagli Stati Uniti. Tale
                            fenomeno non ha avuto luogo in maniera
                            sincrona nei principali paesi, ma negli
                            ultimi tre decenni tutti ne sono stati
                            interessati, sia pure in tempi diversi. Il
                            fenomeno si è altresì esteso
                            ai cosiddetti paesi 'emergenti'.
                            L'indebitamento pubblico a livello mondiale
                            ha dunque nuovamente raggiunto livelli
                            cospicui. Alcuni osservatori ritengono che
                            le notevoli oscillazioni che i tassi di
                            interesse hanno avuto nel corso degli stessi
                            decenni siano state determinate da quelle
                            del rapporto debito pubblico/PIL, cresciuto
                            a partire dal 1973, specialmente negli Stati
                            Uniti (soprattutto dopo il 1980), e
                            ridottosi intorno agli anni novanta.
                            Più ragionevolmente, si osserva come
                            la lievitazione del rapporto debito
                            pubblico/PIL sia da attribuirsi alla
                            decisione della Banca Centrale degli Stati
                            Uniti di non assecondare più, a
                            partire dal 1982, la politica fiscale
                            espansiva del governo federale con una
                            politica monetaria altrettanto espansiva, in
                            virtù della quale tassi di interesse
                            molto bassi tendono a minimizzare il costo
                            della gestione del debito pubblico. Si
                            riteneva che tale politica fosse stata
                            responsabile della forte inflazione
                            registratasi negli Stati Uniti tra la fine
                            degli anni settanta e i primi anni ottanta e
                            che, come tale, si dovesse operare una
                            correzione di rotta onde tornare alla
                            stabilità dei prezzi.
                            
                            Alla fine della politica monetaria
                            espansiva, però, non seguì
                            affatto la riduzione della spesa pubblica
                            federale. Il governo si limitò
                            piuttosto a prendere a prestito dal pubblico
                            statunitense e dalle autorità
                            monetarie di alcuni grandi paesi che
                            registravano eccedenze nella bilancia dei
                            pagamenti, facendo così esplodere il
                            rapporto debito pubblico/PIL, senza
                            preoccuparsi della enorme lievitazione dei
                            tassi di interesse da pagare sullo stesso
                            debito.
                            L'alto costo del denaro, così
                            generato, si estese a tutti i mercati
                            finanziari mondiali dei titoli pubblici come
                            dei certificati di debito privati e dei
                            prestiti bancari. La carenza di
                            liquidità, volutamente indotta dalle
                            autorità monetarie statunitensi,
                            produsse inoltre condizioni recessive,
                            riducendo drasticamente le
                            possibilità per le imprese di
                            finanziarsi emettendo azioni. Anche i paesi
                            emergenti furono colpiti dall'alto costo del
                            denaro sui mercati internazionali, dovendo
                            affrontare considerevoli aumenti nel
                            servizio del proprio debito internazionale,
                            fortemente aumentato per le occasioni
                            offerte dal riciclaggio dei petrodollari
                            iniziato dopo il 1973.
                            
                            Questa fase si concluse nel 1985, quando le
                            autorità monetarie statunitensi (che
                            con la loro politica avevano indotto anche
                            un forte rialzo del corso del dollaro nei
                            confronti del marco e dello yen, e la
                            conseguente invasione del mercato nazionale
                            da parte di merci europee e giapponesi)
                            decisero di attenuare la stretta monetaria,
                            favorendo il ribasso dei tassi di interesse
                            e un boom di borsa, conclusosi
                            nell'ottobre 1987 con una crisi a Wall
                            Street. Sulle cause di tale crisi, risolta
                            solo dal deciso intervento della Federal
                            Reserve, non c'è ancora
                            unanimità di opinioni. A partire dal
                            1985, dunque, la fase più acuta del
                            costo del denaro si concluse. Il ribasso dei
                            tassi di interesse statunitensi, tuttavia,
                            non condusse immediatamente a una riduzione
                            del rapporto debito/PIL, che anzi continuava
                            ad aumentare.
                            
                            A partire dal 1992, e per tutti gli anni
                            novanta, una politica monetaria di segno
                            generalmente espansivo (con brevi eccezioni
                            nel 1994 e nel 2000) ha generato tassi di
                            interesse molto più bassi rispetto al
                            decennio precedente, e una notevole
                            riduzione del rapporto debito/PIL. Tale
                            riduzione si spiega soprattutto con la forte
                            accelerazione che il tasso di crescita del
                            PIL ha registrato negli Stati Uniti negli
                            anni novanta: le entrate fiscali sono
                            infatti aumentate in maniera tale da
                            ridurre, fino ad azzerarlo, il deficit
                            pubblico. Ma nei primi anni del nuovo secolo
                            assistiamo a una nuova inversione di
                            tendenza. La politica monetaria statunitense
                            diviene nuovamente restrittiva nel 2001 e il
                            boom dell'economia si trasforma in
                            profonda recessione, peggiorata della
                            tragedia dell'11 settembre 2001. Il deficit
                            pubblico torna a crescere e il rapporto
                            debito/PIL ad aumentare, anche se questa
                            volta la Banca Centrale si impegna in una
                            decisa politica monetaria espansiva. Ma
                            è il livello delle entrate fiscali,
                            ridottosi per effetto della recessione e
                            degli sgravi fiscali, a determinare il
                            ritorno del governo federale sul mercato del
                            debito con nuove emissioni destinate a
                            chiudere il deficit nei conti
                            pubblici.
                            
                            A partire dal 1980, dunque, si può
                            affermare che le autorità
                            statunitensi abbiano determinato, con il
                            loro comportamento, la gran parte delle
                            turbolenze registratesi sul mercato dei
                            titoli pubblici, aumentandone la
                            variabilità. Anche altri importanti
                            governi nazionali - come quello tedesco, a
                            partire dalla riunificazione, e quello
                            giapponese, molto più tardi nel corso
                            del decennio - hanno fortemente aumentato le
                            emissioni dei propri titoli a reddito fisso.
                            La Germania ha così raggiunto un
                            rapporto debito/PIL del 60° e il
                            Giappone superiore al 140°. Altri paesi
                            - come l'Italia, il Belgio e la Grecia -
                            hanno lasciato lievitare i propri debiti
                            pubblici fino a superare il 100° del
                            PIL. Anche i paesi emergenti hanno
                            incrementato fortemente il loro debito
                            estero, fidando in un flusso costante di
                            capitale straniero, che spesso è in
                            realtà capitale nazionale travestito
                            da straniero per motivi fiscali. A partire
                            dall'inizio del nuovo secolo, però,
                            questo flusso si è arrestato,
                            causando seri problemi sia agli emittenti
                            che agli investitori e facendo lievitare
                            ulteriormente i deficit delle
                            bilance dei pagamenti dei paesi stessi. Il
                            persistere di una direzione espansiva nella
                            politica monetaria statunitense a partire
                            dal settembre 2001, tuttavia, ha ridotto i
                            pericoli di insolvenza per i governi e i
                            debitori privati dei paesi emergenti.
                            
                            Sui mercati delle obbligazioni non si
                            negoziano solo titoli di Stato, ma anche
                            titoli emessi da enti locali, agenzie
                            para-governative, imprese e banche. Nei
                            decenni recenti, inoltre, si sono affermate
                            le cosiddette 'eurobbligazioni', titoli
                            sottoscritti da consorzi internazionali di
                            banche e offerti simultaneamente in
                            più paesi. Loro caratteristica
                            principale è di essere emessi fuori
                            dalla giurisdizione dei singoli paesi.
                            
                            Le emissioni di titoli non governativi hanno
                            rappresentato dapprima una proporzione
                            decrescente del totale dei titoli emessi,
                            specie in alcune importanti realtà
                            nazionali, come conseguenza della menzionata
                            rapida crescita dello stock di
                            debito pubblico, soprattutto negli Stati
                            Uniti, in Germania, in Italia e in Giappone.
                            A partire dai primi anni novanta, questa
                            tendenza si è invertita là
                            dove la crescita del debito pubblico era
                            stata più rapida (Stati Uniti,
                            Italia), mentre il debito pubblico
                            giapponese ha cominciato a crescere
                            rapidamente proprio a metà degli anni
                            novanta. Negli Stati Uniti, il fenomeno
                            più rilevante sul mercato
                            obbligazionario è stato il forte
                            aumento nelle emissioni di titoli da parte
                            delle agenzie para-governative per il
                            finanziamento dell'edilizia (Fannie Mae,
                            Freddie Mac). Ben diverse, però, sono
                            le conseguenze di una crescita del debito
                            pubblico, e in generale delle emissioni
                            obbligazionarie, in Europa o negli Stati
                            Uniti rispetto al Giappone. I titoli
                            pubblici europei e statunitensi sono infatti
                            assorbiti in grande percentuale da
                            investitori esteri, mentre quelli giapponesi
                            sono acquistati quasi esclusivamente da
                            investitori locali. In generale la
                            volatilità dei titoli tenuti in
                            portafoglio da investitori stranieri tende a
                            essere maggiore, in relazione a un possesso
                            che si considera meno stabile rispetto a
                            quello dei titoli nazionali.
                            
                            Se si pensa che ben il 51° sul totale
                            delle obbligazioni presenti sui mercati
                            proviene da emittenti statunitensi, si
                            comprende ancora meglio quanto già
                            affermato a proposito dell'importanza della
                            politica monetaria statunitense rispetto
                            all'andamento dei corsi delle obbligazioni
                            in tutto il mondo.
                            
                            L'aumento delle oscillazioni nei tassi di
                            interesse - indotto dalla decisione delle
                            autorità monetarie statunitensi di
                            controllare il tasso di inflazione
                            servendosi quasi esclusivamente della leva
                            monetaria - ha reso più rischioso il
                            possesso di obbligazioni per tutti gli
                            investitori tranne per quelli che detengono
                            i titoli dall'emissione alla scadenza (i
                            quali sono una minoranza rispetto al
                            totale). Sono dunque enormemente aumentati,
                            anche in questa sezione dei mercati
                            finanziari, i rischi derivanti dalle
                            oscillazioni dei corsi, le
                            possibilità di guadagno e la
                            necessità di immunizzarsi contro tali
                            rischi. Una necessità del genere
                            è stata sentita, in maniera
                            particolare, da parte di tutti quegli
                            investitori che per un verso sono attirati
                            dalla certezza relativa dei flussi di cassa
                            provenienti dagli interessi maturati sui
                            titoli stessi, ma che per l'altro temono i
                            rischi in conto capitale, insiti nel
                            possesso di obbligazioni comprate dopo
                            l'emissione e da vendersi prima della
                            scadenza. Ne è seguita una domanda
                            forte e crescente di prodotti derivati da
                            utilizzarsi per immunizzazione finanziaria,
                            che si è aggiunta a quella indotta
                            dall'oscillazione dei cambi.
                            
                            Il valore di tutte le obbligazioni presenti
                            sui mercati mondiali si è
                            quintuplicato tra il 1975 e il 1987 e si
                            è quadruplicato tra il 1987 e il
                            2001. Gran parte della dinamica del primo
                            periodo si deve ai titoli di Stato, mentre
                            nel secondo periodo anche gli altri
                            emittenti hanno mostrato maggiore attivismo.
                            
                            Dal punto di vista tecnico, il mercato delle
                            obbligazioni ha registrato sviluppi molto
                            importanti e complessi nei decenni di cui ci
                            stiamo occupando. L'arrivo in massa degli
                            investitori istituzionali, unito al forte
                            aumento dei rischi derivanti dalle
                            oscillazioni dei tassi di interesse, ha
                            fatto sì che enormi risorse fossero
                            dedicate allo studio di tecniche di
                            emissione e gestione sempre più
                            complesse. Si è diffusa, ad esempio,
                            la tecnica di separare le cedole di un
                            titolo a reddito fisso dal capitale del
                            medesimo, negoziando poi tali cedole come se
                            si trattasse di obbligazioni senza cedola (zero
                              coupon bonds) e vendendole a
                            operatori interessati a ricevere la somma
                            corrispondente alla cedola nel momento in
                            cui essa giunge a maturazione. In questo
                            modo, il mercato cosiddetto 'a termine',
                            fiorito da molti decenni intorno ai titoli
                            azionari, si è potuto sviluppare
                            anche per i titoli a reddito fisso, usando
                            appunto le tecniche approntate per i mercati
                            azionari e inventandone di nuove.
                            
                            Il mercato delle obbligazioni ha visto
                            aumentare le sue dimensioni non solo a causa
                            dell'enorme crescita dei debiti pubblici in
                            molti paesi del mondo, ma anche per
                            l'introduzione di tecniche che permettono di
                            emettere obbligazioni basate su crediti
                            'cartolarizzati'. La 'cartolarizzazione'
                            consiste nella trasformazione di un debito
                            in un titolo negoziabile sul mercato:
                            l'esempio più rilevante è
                            costituito dai mutui ipotecari,
                            tradizionalmente forniti da banche o
                            intermediari specializzati a persone fisiche
                            o giuridiche per l'acquisto di immobili,
                            mediante accensione di ipoteche sugli stessi
                            a garanzia dei mutui. Negli ultimi decenni
                            si è realizzata la
                            possibilità, per i creditori di tali
                            mutui, di venderli ad altri investitori
                            prima della scadenza. Onde evitare
                            l'eccessiva rischiosità di tali
                            operazioni, si è pensato di
                            'consolidare' molti contratti di mutuo in
                            'pacchetti' rappresentati da obbligazioni,
                            salvaguardando le garanzie e la
                            titolarità giuridica dei crediti
                            ceduti attraverso complesse procedure.
                            L'attività di emissione e
                            negoziazione delle mortgage backed
                              securities, titoli rappresentativi di
                            attività immobiliari, si è
                            quindi estesa ad altri crediti, come i mutui
                            concessi per l'acquisto di automezzi e altri
                            beni di consumo durevole, e persino ai
                            crediti accesi da titolari di carte di
                            credito con le istituzioni finanziarie che
                            tali carte emettono.
                            
                            Per quanto riguarda il settore immobiliare,
                            lo sviluppo della cartolarizzazione negli
                            Stati Uniti, che anche in questo caso hanno
                            fatto da battistrada (se si eccettua la
                            cospicua esperienza, precedente di molti
                            lustri, dei Pfandbriefe tedeschi),
                            è stato ampiamente favorito dalla
                            creazione, da parte del Congresso, di alcune
                            società parastatali, come le
                            ricordate Fannie Mae e Freddie Mac, che
                            forniscono il credito agli acquirenti di
                            case unifamiliari mediante fondi reperiti
                            attraverso l'emissione di obbligazioni. La
                            garanzia del governo federale statunitense
                            su tali obbligazioni non è certa, ma
                            probabile, tanto da avere indotto numerose
                            banche centrali straniere ad acquistarne,
                            negli anni a cavallo del 2000, quantitativi
                            ingenti da usare come riserve valutarie a
                            causa del temporaneo rarefarsi delle
                            emissioni di titoli di Stato statunitensi,
                            normalmente usati per questo scopo dalle
                            banche centrali di tutto il mondo.
                            
                            c) Contratti finanziari a termine e
                              prodotti derivati
                            
                            I contratti nei quali si fissa un prezzo di
                            vendita per un bene da consegnarsi a una
                            data futura sono, per quanto riguarda le
                            merci - in particolare le merci
                            standardizzate come alcuni prodotti agricoli
                            e materie prime - di origine relativamente
                            antica. Il loro scopo originario è
                            abbastanza chiaro: i contraenti possono
                            essere interessati a estendere il campo
                            della loro contrattazione a merci non ancora
                            prodotte, fissando in anticipo le condizioni
                            di prezzo e quantità alle quali tali
                            scambi avranno luogo. L'interesse verso
                            operazioni del genere tende a svilupparsi
                            solo quando i prezzi delle merci
                            (naturalmente di merci standard) sono
                            soggetti a oscillazioni. Se, ad esempio, un
                            individuo deve vendere a un altro una
                            tonnellata di grano tra sei mesi e pensa che
                            il prezzo del grano possa oscillare, egli
                            potrà cautelarsi contro tali
                            oscillazioni (che potrebbero essere per lui
                            favorevoli o sfavorevoli) fissando il prezzo
                            e magari addirittura facendoselo versare
                            dalla controparte. Ma se l'acquirente non
                            è interessato a questo tipo di
                            operazione - in altre parole, se vuole
                            speculare sul prezzo futuro della merce -
                            egli potrà ottenere il risultato che
                            si prefigge se riuscirà a trovare sul
                            mercato qualcuno disposto a vendergli oggi
                            la stessa merce per consegna a sei mesi, ma
                            a un prezzo oggi stesso definito. In questo
                            modo, l'acquirente s'immunizza contro le
                            oscillazioni possibili del prezzo della
                            merce in questione.
                            
                            Il mercato a termine può assumere una
                            forma organizzata, simile a quella della
                            borsa valori, per cui anche nel caso in cui
                            si trattino solamente merci vere e proprie
                            esso diviene quasi naturalmente un mercato
                            nel quale una cospicua parte dei
                            partecipanti è interessata solo al
                            lato finanziario delle transazioni. Il
                            produttore di grano ha un genuino interesse
                            a non rischiare e può trovare sul
                            mercato, con l'aiuto di un mediatore
                            professionista, un utilizzatore finale di
                            grano che voglia fare un'operazione opposta
                            alla sua. Molto più spesso, tuttavia,
                            egli trova sul mercato un operatore
                            interessato esclusivamente alla speculazione
                            finanziaria, cioè a scommettere che
                            il prezzo che s'impegna a pagare al
                            venditore per la merce in questione
                            oscillerà nella direzione a lui
                            favorevole. Avendo ad esempio fissato un
                            prezzo pari a dieci euro per una tonnellata
                            di grano per consegna a sei mesi, egli
                            scommette sul fatto che al momento della
                            consegna possa rivendere lo stesso grano a
                            un prezzo superiore. Il guadagno
                            dell'operazione scaturisce dalla differenza
                            fra i due prezzi, al netto dei costi
                            connessi a partire dagli interessi di sei
                            mesi sulla somma in questione.
                            
                            La maggiore volatilità dei tassi di
                            interesse, verificatasi a partire dalla fine
                            del sistema di cambi fissi di Bretton Woods,
                            ha avuto riflessi sui mercati a termine. Gli
                            operatori hanno cominciato a dichiararsi
                            disponibili a fornire contratti a termine
                            sullo scambio di valute estere o sui tassi
                            di interesse. Col passare degli anni - viste
                            le notevolissime oscillazioni dei cambi e
                            dei tassi di interesse, oscillazioni che
                            continuano a verificarsi tuttora - questi
                            mercati hanno acquisito dimensioni sempre
                            maggiori. Poiché molti di coloro che
                            si rivolgono a essi per ottenere
                            un'immunizzazione dal rischio di cambio o di
                            interesse trovano come controparte solo
                            speculatori puri, l'instabilità
                            strutturale di tali mercati è
                            notevolmente cresciuta.
                            
                            L'instabilità è vieppiù
                            aumentata nel momento in cui buona parte
                            delle transazioni a termine, aventi per
                            oggetto i cosiddetti 'prodotti derivati', si
                            è trasferita dalle borse organizzate,
                            regolamentate dalle autorità, alle
                            sedi di alcune grandi banche. Qui i prodotti
                            derivati, così chiamati in quanto il
                            loro valore deriva da quello di
                            un'obbligazione sottostante, sono
                            confezionati seguendo le necessità
                            dei singoli richiedenti che hanno come
                            controparti le stesse banche (v. anche finanza dei derivati, vol.
                              XII). Queste transazioni si definiscono over
                                the counter, cioè 'allo
                              sportello'. Le banche confezionano
                              prodotti derivati che ritengono
                              interessanti per loro clientela e poi ne
                              affiggono le caratteristiche e i prezzi ai
                              loro 'sportelli', che in realtà
                              sono degli schermi di computer collegati a
                              una rete accessibile alle banche e a
                              coloro che vogliono negoziare con loro.
                              
                              Tra i prodotti derivati - oltre ai
                              contratti futuri (standardizzati,
                              scambiati nei mercati organizzati e
                              approvati dalle autorità di
                              vigilanza su tali mercati) e quelli a
                              termine (negoziati 'allo sportello' tra
                              grandi banche e singoli clienti) - vale la
                              pena di ricordare, per la loro crescente
                              importanza, i contratti cosiddetti di
                              'opzione'. Essi si originano nei mercati
                              azionari e danno al contraente la
                              facoltà ma non l'obbligo di
                              comprare o vendere da chi fornisce
                              l'opzione (solitamente una grande banca o
                              un operatore professionista che opera su
                              un mercato organizzato) un certo prodotto
                              finanziario. La facoltà di
                              esercitare tale opzione ha una scadenza
                              fissa (opzioni europee) o una scadenza
                              ultima, entro la quale il diritto di
                              esercizio può essere fatto valere
                              (opzioni statunitensi). Scaduta la data
                              ultima o fissa, l'opzione si intende
                              abbandonata. Il prezzo al quale tale
                              facoltà di acquistare o vendere un
                              prodotto finanziario può essere
                              esercitata è fissato secondo regole
                              matematiche abbastanza complesse, che sono
                              state banalizzate in algoritmi calcolabili
                              automaticamente, fornendo alcuni semplici
                              parametri, su calcolatrici elettroniche di
                              costo modesto. Da quando tali calcolatrici
                              sono divenute disponibili, il mercato
                              delle opzioni ha ricevuto un impulso
                              straordinario. Come avviene quasi sempre
                              nel caso dei prodotti derivati, ciò
                              comporta notevoli pericoli. La
                              possibilità di calcolare i prezzi
                              dei prodotti stessi fornendo alle macchine
                              calcolatrici solo pochi parametri non
                              significa che chi le utilizza si renda
                              veramente conto di come sono ottenuti tali
                              algoritmi e delle implicazioni derivanti
                              dal mutamento di qualche parametro o delle
                              altre condizioni di mercato o delle
                              variabili esogene. Come spesso accade nei
                              casi in cui i partecipanti ai mercati non
                              siano perfettamente in grado di
                              comprendere a fondo tutte le
                              caratteristiche di funzionamento dei
                              mercati stessi e degli strumenti in essi
                              negoziati, il cambiamento improvviso e
                              inatteso dei parametri o delle variabili
                              esogene può determinare conseguenze
                              impreviste e indurre il subitaneo ritiro
                              dai mercati di molti partecipanti, che
                              solo in questi momenti si rendono conto di
                              non avere un grado di informazione tecnica
                              sufficiente. In tal caso, il ritiro dal
                              mercato viene visto come la politica meno
                              pericolosa, ma induce la repentina
                              scomparsa di una parte notevole del
                              mercato stesso, con pesanti conseguenze in
                              termini di volatilità dei prezzi e
                              instabilità.
                              
                              La disponibilità di un'ampia gamma
                              di prodotti derivati, sempre più
                              complessi e tagliati su misura per le
                              esigenze dei singoli operatori, ha offerto
                              notevoli possibilità, specie a
                              banche e società di assicurazioni,
                              di eludere le regole che le
                              autorità di vigilanza, isolatamente
                              o riunite in consorzi come i Comitati di
                              Basilea, hanno stabilito per ridurre la
                              volatilità e l'instabilità
                              dei mercati (fissando ad esempio
                              coefficienti obbligatori di capitale su
                              vari tipi di operazioni di banca). Sembra
                              dunque che, in tutti questi modi, sia
                              venuta a determinarsi una situazione nella
                              quale le autorità fissano regole
                              per ridurre la volatilità e
                              l'instabilità dei mercati
                              finanziari, e i partecipanti a tali
                              mercati - nel tentativo di eluderle
                              proprio utilizzando gli strumenti offerti
                              dagli stessi mercati - contribuiscono ad
                              aumentare volatilità e
                              instabilità. Si può dunque
                              dire che, in un certo senso, è
                              proprio l'attività di
                              regolamentazione, condotta in un contesto
                              nel quale gli organizzatori dei mercati
                              possono eludere tale attività, a
                              far aumentare i fenomeni negativi dei
                              quali si vuol ridurre la frequenza e la
                              portata.
                              
                              Qualche dato servirà a dar conto
                              dello sviluppo raggiunto attualmente dai
                              mercati delle opzioni e degli altri
                              prodotti derivati. Al dicembre 2002, il
                              valore nozionale di tutti i contratti
                              derivati esistenti è stato
                              calcolato dalla Banca dei Regolamenti
                              Internazionali in oltre 141 miliardi di
                              dollari, mentre al dicembre 2000 tale
                              valore era ancora a 95 miliardi di
                              dollari. Si tratta in massima parte di
                              contratti relativi a movimenti dei tassi
                              di interesse, mentre i contratti sui cambi
                              riguardano il 12° del totale. I
                              mercati dei prodotti derivati, nonostante
                              o forse a causa delle numerose crisi
                              finanziarie internazionali che si sono
                              verificate, continuano dunque a crescere a
                              tassi estremamente elevati.