www.treccani.it
Centro turistico degli Stati Uniti, nel New Hampshire. Nel luglio
1944 vi fu tenuta la Conferenza monetaria e finanziaria delle
Nazioni Unite, che deliberò gli accordi, entrati in vigore
il 27 dicembre 1945, per la costituzione del Fondo monetario
internazionale (FMI*) e della Banca
internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. Con
tali accordi furono poste le basi del sistema monetario
internazionale a cambi fissi, basato sulla convertibilità
del dollaro in oro, che è durato fino al 1971, quando la
convertibilità del dollaro fu sospesa.
* FMI
Sigla di Fondo Monetario Internazionale (IMF, International
Monetary Fund), istituto sorto, insieme con la Banca
internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (Banca
Mondiale), dalla conferenza delle Nazioni Unite tenuta a Bretton
Woods nel luglio 1944 ed entrato in funzione il 27 dicembre 1945.
Ha sede a Washington – dato che gli USA hanno contribuito alla sua
dotazione iniziale con la maggiore quota (2750 milioni di dollari,
pari al 33,80% del totale) – ed è retto da un consiglio dei
governatori (in cui tutti gli Stati membri sono rappresentati) e
da un consiglio di direttori esecutivi o amministratori.
1. Funzioni
L’FMI è nato con l’intento di promuovere la cooperazione
monetaria internazionale e la stabilizzazione dei cambi,
facilitare l’espansione e la crescita equilibrata del commercio
mondiale, aiutare gli Stati membri a correggere temporanei
squilibri nelle bilance dei pagamenti. Il numero dei paesi membri,
originariamente 44, è salito progressivamente fino a 185.
Ciascun paese contribuisce alla dotazione dell’FMI tramite una
quota (calcolata in base ai principali indicatori economici
nazionali) che viene versata per il 75% in moneta nazionale e per
il 25% in valuta di riserva e diritti speciali di prelievo.
L’insieme delle disposizioni originarie rappresentò un
compromesso tra la tesi del ritorno puro e semplice al sistema
aureo e la tesi, sostenuta soprattutto da J.M. Keynes, di una
moneta manovrata, e rese flessibile il meccanismo di Bretton
Woods, pur ponendo ancora l’oro alla base dei sistemi monetari
degli Stati aderenti. Infatti nel gold exchange standard, sistema
di tassi di cambio fissi ma aggiustabili, ciascun paese fissava
una parità iniziale della propria unità monetaria
con il dollaro o l’oro e si impegnava a mantenerla entro limiti di
oscillazione dell’1% al di sopra e al di sotto. La parità
iniziale poteva essere ufficialmente variata sino al 10%, mentre
per mutamenti di entità superiore, motivati solo da uno
squilibrio grave e permanente tra il corso dei cambi e i fattori
economici da cui esso dipende, il paese doveva richiedere
l’autorizzazione dell’FMI. Gli strumenti di finanziamento di breve
periodo concessi dall’FMI per la difesa del tasso di cambio e la
correzione degli squilibri nelle bilance dei pagamenti sono, a
esclusione dei prelievi automatici concessi in misura limitata,
crediti condizionati al perseguimento di determinate misure di
politica economica e monetaria atte a riassorbire in breve tempo
lo squilibrio originale. Diverse facilitazioni creditizie furono
inoltre predisposte negli anni 1970 per fronteggiare le
difficoltà causate dalla crisi petrolifera e dalla forte
oscillazione nei prezzi delle materie prime. Ma gli squilibri
delle varie bilance dei pagamenti si sono dimostrati ben
più gravi e meno sanabili con prestiti a breve di quanto si
era immaginato. Le risorse dell’FMI sono risultate spesso
inadeguate, nonostante siano state più volte aumentate le
quote di partecipazione e siano stati stipulati, a partire dal
1962, gli accordi generali di prestito, con i quali i paesi del
Gruppo dei dieci si impegnano ad assicurare all’FMI risorse
addizionali.
L’attività dell’FMI ha favorito senz’altro il
raggiungimento di importanti obiettivi, quali il ‘multilateralismo
degli scambi’ con il ripristino della convertibilità
esterna delle monete (1958) e la progressiva abolizione delle
discriminazioni e dei controlli di carattere valutario e degli
ostacoli al commercio internazionale. Già dagli anni 1960
però incominciarono a verificarsi inconvenienti che
incrinarono progressivamente il sistema monetario creato con gli
accordi di Bretton Woods: intensificazione dei movimenti di
capitale tra i vari paesi, movimenti che l’FMI ritenne di
finanziare per difendere le monete che ne erano maggiormente
colpite, quantunque ciò non rientrasse tra i suoi compiti
statutari; difficoltà a imporre politiche di riequilibrio
sia ai paesi persistentemente deficitari sia ai paesi largamente
eccedentari; creazione sovrabbondante di dollari, che i paesi
membri erano costretti ad accettare in base agli obblighi inerenti
al mantenimento di cambi fissi. Tutto ciò, attraverso varie
crisi, portò, nell’agosto 1971, alla dichiarazione di
inconvertibilità del dollaro e, nel dicembre dello stesso
anno, all’ampliamento dei margini di oscillazione dei cambi
(dall’1% al 2,25% al di sopra e al di sotto della parità).
Nonostante i diversi riallineamenti operati tra le valute
successivamente all’esplosione della crisi, alcuni paesi decisero
di adottare la libera fluttuazione della propria moneta rispetto
alle altre valute. Nel 1976 l’impossibilità del
mantenimento di un sistema internazionale di tassi di cambio fissi
fu definitivamente sancito attraverso il riconoscimento della
libertà per ciascuno Stato di adottare il regime di cambio
preferito.
Si fissa nuovi obiettivi alla luce delle mutate condizioni
monetarie internazionali, tra cui la riduzione del ruolo dell’oro
(abolizione del prezzo ufficiale dell’oro e dell’obbligo di
versamento di parte della quota in oro) per incentivare invece
l’uso dei Diritti speciali di prelievo (SDR, special drawing
rights) come principale attività di riserva internazionale,
e la predisposizione di ulteriori meccanismi di finanziamento
soprattutto per le esigenze di liquidità dei paesi in via
di sviluppo.
La creazione degli SDR, approvata nell’assemblea tenuta a Rio de
Janeiro nel luglio 1967, rappresenta il tentativo di dar vita a
una moneta fiduciaria internazionale, emessa da un organismo
finanziario internazionale quale l’FMI, per venire incontro alle
sempre maggiori esigenze di liquidità mondiale che
né l’oro né il dollaro potevano soddisfare. Con la
creazione degli SDR, l’FMI ha accentuato la sua funzione di banca
internazionale rispetto a quella di organo di consultazione e di
ispezione, ma i vincoli politici e di statuto cui è
soggetto rimangono numerosi e ne condizionano la funzione di
organismo monetario sovranazionale.
2. Strumenti e prospettive
Le vicende economiche e finanziarie degli anni 1970 (crisi
petrolifere), 1980 (crisi del debito), 1990 (transizione verso il
mercato delle economie dei paesi dell’Europa centro-orientale,
crisi finanziarie in Messico, in Asia, in Russia e il pericolo
della loro estensione) hanno portato l’FMI a creare nuovi
strumenti finanziari e linee di credito specifici per gestire le
singole situazioni di crisi come la ESAF (Enhanced Structural
Adjustment Facility), la STF (Systemic Transformation Facility),
la EFF (Extended Fund Facility), la SRF (Supplemental Reserve
Facility), la CCL (Contingent Credit Lines). L’FMI si è
interessato anche degli aspetti distributivi dei programmi di
aggiustamento, come pure degli effetti che tali programmi possono
avere sull’ambiente. Di particolare importanza sono, inoltre, sia
gli interventi diretti a fornire assistenza alle economie in
transizione in difficoltà con la bilancia dei pagamenti,
sia quelli tendenti a sostenere, nel medio termine, attraverso la
PRGF (Poverty Reduction and Growth Facility), creata nel 1999 in
sostituzione dell’ESAF, i programmi di riforma e di riduzione
della povertà nei paesi in via di sviluppo.
Nel corso del dibattito sulle linee di riforma delle istituzioni
di Bretton Woods, svoltosi all’interno e all’esterno delle
istituzioni stesse, sono emersi alcuni principi che dovrebbero
ispirare la riforma del FMI di cui si vorrebbe rafforzare il ruolo
nella prevenzione delle crisi estendendo la funzione di
sorveglianza, a esso tradizionalmente attribuita, agli aspetti
rilevanti per la stabilità finanziaria dei singoli paesi.
È stato anche posto l’accento sia sull’esigenza di
accrescere le quote dei paesi aderenti per rafforzare la
capacità dell’FMI di fronteggiare situazioni di crisi sia
sui pericoli di propensioni al moral hazard che la presenza di un
prestatore di ultima istanza, dotato di risorse maggiori, farebbe
crescere ulteriormente. Il dibattito sulle modalità di
intervento dell’FMI ha prodotto toni ancor più accesi e
contrastati a proposito della crisi finanziaria iniziata nel 2008,
date le sue pesanti ricadute soprattutto sui paesi poveri, dato il
blocco dei crediti e il rallentamento del commercio
internazionale.