Domanda
Enciclopedia online
Richiesta di beni o servizi sul
mercato. La d. individuale è la quantità di un
bene che un individuo è disposto ad acquistare in un dato
momento a un dato prezzo. Corrispondentemente, il prezzo di d.
è il prezzo massimo che l’individuo è disposto a
pagare in un dato momento per una data quantità di un
bene, la scheda , o lista di d. , la serie di prezzi che
l’individuo è disposto a pagare per acquistare successive
dosi di un bene, o il numero delle dosi che è disposto ad
acquistare ai vari prezzi. La rappresentazione grafica della
relazione prezzo-quantità è detta curva di domanda
.
1. Legge della domanda
La somma delle d. individuali
dà poi la o di mercato , che si esprime con una curva
analoga, da cui risulta evidente come la quantità
domandata, sia da un solo individuo sia dalla
collettività, aumenti con il diminuire del prezzo e
viceversa. Questa uniformità, cui si è dato il
nome di legge della d. , subisce però alcune eccezioni
reali: a) per i beni che soddisfano i bisogni non facilmente
contraibili (per es., spese mediche), nel qual caso l’aumento
del prezzo può non provocare diminuzione della richiesta;
b) per speciali categorie di prodotti di lusso, per i quali i
consumatori più abbienti non si lasciano scoraggiare
dall’aumento del prezzo e contraggono anzi la loro richiesta
quando il prezzo stesso diminuisce permettendo al prodotto di
lusso di diventare d’uso comune; c) per i beni di prima
necessità e di consumo generale (per es., il pane), per i
quali l’aumento o la diminuzione del prezzo non si traducono
rispettivamente in contrazione o dilatazione del consumo del
bene stesso, ma inducono, per il cosiddetto paradosso di Giffen*
(➔ Giffen,
sir Robert) a ridurre o ad aumentare l’acquisto di
altri beni; d) qualora mutino i gusti degli individui in
modo da indurli a comperare di più nonostante il
prezzo aumenti e viceversa.
Si hanno invece eccezioni soltanto apparenti nelle operazioni di
borsa, nelle quali si verifica un aumento della d. di titoli,
valute, merci quando le quotazioni tendono a salire e viceversa,
in questo caso interviene infatti l’elemento speculativo che
induce ad acquistare o vendere in previsione dell’ulteriore futuro
rialzo o ribasso delle quotazioni stesse. Analogo comportamento
del mercato si verifica pure quando si teme la rarefazione di una
merce e si cerca quindi di accaparrarsela nonostante il prezzo
aumenti, o quando viceversa, passato il pericolo, gli acquisti
diminuiscano nonostante la riduzione del prezzo.
[* da http://www.okpedia.it/giffen_caso_delle_patate_irlandesi
Il paradosso di Giffen è una particolare situazione
che invalida la legge della domanda. Secondo quest'ultima la
quantità domandata di un bene è in relazione inversa
rispetto al suo prezzo, aumenta se il prezzo diminuisce e
viceversa. Nel caso dei beni di Giffen accade però
l'inverso. La domanda di un bene di Giffen si presenta
paradossalmente correlata positivamente al prezzo ed inclinata
positivamente sul diagramma cartesiano. Nel diagramma seguente
poniamo un bene ordinario (carne) sull'asse delle ordinate e un
bene inferiore (patate) sull'asse delle ascisse. Una riduzione di
prezzo del bene inferiore (patate) aumenta la max. capacità
di acquisto del consumatore da X1 patate a X2 patate. Le
preferenze portano però il consumatore a ridurre il consumo
del bene inferiore e aumentare quello del bene ordinario passando
dall'equilibrio e1 all'equilibrio e2. Tutto ciò è un
paradosso in quanto si riduce la quantità domandata del
bene al ridurre del suo prezzo.

Nel XIX secolo l'economista scozzese Robert Giffen si rende conto
dell'esistenza di una eccezione alla legge della domanda. E' il
caso dei beni inferiori che compongono una quota rilevante della
spesa dei consumatori. Nel caso dei beni inferiori la domanda
aumenta al diminuire del reddito (es. generi alimentari di base).
Un aumento del prezzo dei beni inferiori comporta una radicale
diminuzione del reddito reale dei consumatori in quanto il bene in
questione occupa una quota rilevante della spesa. La riduzione del
reddito reale ha l'effetto di aumentare la domanda dei beni
inferiori e quindi anche quella del bene in questione il cui
prezzo è aumentato. Giffen osserva questa relazione nel
caso delle patate irlandesi.
Giffen osserva questo fenomeno nell'Irlanda dell'Ottocento
analizzando l'andamento della domanda di mercato delle patate a
seguito di un aumento di prezzo. L'aumento del prezzo delle patate
riduce notevolmente il reddito reale degli irlandesi in quanto la
patata occupa un posto importante nella dieta irlandese. Tuttavia,
la patata è anche un bene inferiore e un alimento a basso
costo rispetto ad altri (es. carne, farina). A seguito della
riduzione del reddito reale gli irlandesi diventano più
poveri e di conseguenza, nonostante l'aumento di prezzo,
incrementano il consumo delle economiche patate a scapito della
carne e della farina. Viceversa, una riduzione del prezzo delle
patate aumenta il reddito reale dei consumatori e permette a
questi ultimi di incrementare il consumo dei generi alimentari
più sofisticati (beni ordinari) e ridurre quello dei generi
alimentari di base (beni inferiori)]
2. Elasticità della domanda
La d. si dice elastica , quando la
quantità domandata tende a variare in proporzione o
più che proporzionalmente al variare del prezzo, e o
quando invece risente meno che proporzionalmente o non risente
affatto di tale variazione. La quantità domandata varia
anche col variare dei prezzi degli altri beni, secondo il valore
dell’elasticità incrociata, e col variare del
reddito.
La d. può riguardare sia beni di consumo sia fattori di
produzione; nel primo caso proviene dai consumatori e dipende
soprattutto dal loro reddito (oltre che dal sistema dei prezzi e
dai gusti), mentre nel secondo proviene dagli imprenditori ed
è in funzione degli sperati margini di profitto e quindi in
definitiva della possibilità di assorbimento del mercato.
3. La d. in macroeconomia
Nella teoria, oltre all’analisi
della d. di singoli beni, legata soprattutto al nome di A.
Marshall, si è dato particolare rilievo – su
impulso di J.M. Keynes – ai problemi di macroeconomia, in cui si
prende in esame la d. globale (o complessiva o aggregata) che
rappresenta l’ammontare totale di beni domandati dal sistema
economico. In generale, essa dipende dal livello del reddito del
sistema economico e va distinta in effettiva e programmata. La
d. effettiva è data dalle quantità di beni che
vengono effettivamente acquistate dal pubblico per consumi e per
investimenti, la d. programmata è costituita
dall’ammontare dei consumi che le famiglie prevedono di fare e
dall’ammontare degli investimenti programmati dalle imprese. La
d. globale effettiva è quella che viene misurata nella
contabilità nazionale; essa è rappresentata,
più precisamente, dalla d. delle famiglie per beni e
servizi di consumo, dalla d. delle imprese e dello Stato per
beni di investimento, dalla d. di autorità di governo
centrali e locali per beni e servizi, dalla d. di consumatori e
imprese di altri paesi per beni e servizi nella forma di
esportazioni. Poiché la d. globale determina il livello
della produzione e quindi dell’occupazione, l’analisi delle
determinanti di queste sue componenti costituisce il nucleo
centrale dell’analisi keynesiana della determinazione del
reddito nazionale e della occupazione.
Per la teoria della d. derivata, più nota sotto il nome di
principio di accelerazione (relazione che indica come la
variazione del reddito, o del consumo, influisce sul livello
aggregato degli investimenti) ➔ accelerazione.
Teoria della d. internazionale
reciproca
Elaborazione della originaria teoria ricardiana dei costi
comparati che fu sviluppata soprattutto da J.
Stuart Mill e A. Marshall per
determinare, partendo appunto dalle curve di d., il valore normale
internazionale.
Enciclopedia delle Scienze Sociali (1991)
di Carlo D'Adda
Domanda
Sommario: 1. Significati della parola e concetti contigui. 2. Il
concetto di domanda nel pensiero economico. 3. La teoria neoclassica
della domanda. 4. Curve di indifferenza e massimizzazione
dell'utilità. 5. Domanda, offerta e sistema dei prezzi. 6.
Utilità e razionalità. 7. Preferenze rivelate. 8.
Recenti linee di ricerca su utilità e consumo. 9. Misure
della domanda. 10. Aggregazione. 11. Prime ricerche empiriche. 12.
Metodi econometrici e diffusione della ricerca empirica. 13. Domanda
effettiva. □ Bibliografia.
1. Significati della parola e concetti contigui
Intesa come termine dell'odierno lessico economico, la parola
'domanda' possiede almeno due significati distinti. Il primo
significato è quello di domanda o assorbimento osservato di
un bene. Tale assorbimento viene per lo più paragonato a
una norma, rappresentata dal flusso di domanda che viene
soddisfatta dall'offerta normalmente disponibile. È questo
il significato a cui si deve pensare quando ci si imbatte in frasi
del tipo: "la domanda di servizi alberghieri nelle località
turistiche alpine fu straordinariamente elevata a fine anno a
causa delle lunghe vacanze scolastiche di Natale". Il secondo
significato è quello di domanda o assorbimento potenziale,
inteso come funzione di una o più variabili esplicative. Un
esempio di questo secondo significato si può ricavare dalla
seguente proposizione: "sulla base dell'esperienza accumulata, una
riduzione del 10% delle tariffe aeree sui voli interni potrebbe
provocare un aumento della domanda di viaggi aerei nella misura
del 12%".
Prima di fornire altre precisazioni terminologiche è
opportuno soddisfare una curiosità implicita. A quali
oggetti materiali o immateriali ci riferiamo quando parliamo di
domanda? Sarà il contesto a chiarire se si fa riferimento a
singoli beni o servizi, a insiemi di beni, come quando si parla ad
esempio di domanda di materie prime, oppure alla domanda globale,
cioè domanda in senso macroeconomico, rivolta all'intero
insieme dei beni prodotti. In questo senso ci si può
imbattere in espressioni come domanda mondiale, o domanda dei
paesi industrializzati. Si deve inoltre distinguere tra domanda
individuale, non importa se di un singolo bene o di un insieme di
beni, e domanda riferita a un intero mercato. Si possono pertanto
incontrare espressioni come domanda mondiale di rame, che fanno
appunto riferimento a un determinato mercato mondiale.
A qualunque oggetto o specificazione di ampiezza ci si riferisca,
vale la distinzione inizialmente introdotta tra domanda osservata,
e perciò misurabile, e domanda potenziale, intesa come
funzione di altre variabili. Si riconduce al primo significato
l'idea di domanda effettiva, ossia domanda che si è
realizzata: un'espressione originariamente introdotta da D.
Ricardo (1772-1823) e da T.R. Malthus (1766-1834), ma divenuta
comune dopo l'uso che J.M. Keynes (1883-1946) ne fece nella Teoria
generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936).
Potrà accadere in questo senso di incontrare proposizioni
del tipo: "il sistema è caduto in una situazione di
disoccupazione per mancanza di domanda effettiva" (evidentemente,
in questo caso, domanda globale). Esempi di domanda come funzione
si possono invece ritrovare nelle ben note curve di domanda (o
schede di domanda), vale a dire grafici nei quali la
quantità suscettibile di essere domandata è
rappresentata in funzione del possibile prezzo (v. fig. 1).
(Per una peculiarità dovuta ad A. Marshall, 1842-1924, che
per primo le introdusse, le curve di domanda si rappresentano
solitamente con la quantità di domanda in ascissa e il
prezzo in ordinata, anziché viceversa; ma questa è
soltanto una convenzione. Per la medesima ragione si parla
talvolta di prezzo di domanda, avendo riguardo al prezzo che i
richiedenti sarebbero disposti a pagare in relazione a una
determinata quantità). A completamento delle questioni
terminologiche è opportuno ricordare alcuni concetti
contigui a quello di domanda. Il termine consumo è
utilizzato in diversi contesti come sinonimo di domanda.
Semplicemente il termine consumo sottolinea l'aspetto
dell'utilizzo di ciò che viene domandato, piuttosto che il
semplice atto del richiedere. Per questo il termine consumo viene
più spesso riferito ai consumatori anziché alle
imprese. Spesa è viceversa il termine che pone l'accento
sull'aspetto di esborso monetario connesso alla domanda, sia essa
realizzata che potenziale. Fanno riferimento alla nozione di spesa
le curve di Engel che descrivono, in base a generalizzazioni di
carattere empirico, l'andamento della spesa (o delle quote di
spesa) nelle diverse categorie di beni al variare del reddito
totale di un consumatore o di una famiglia (v. fig. 2).
2. Il concetto di domanda nel pensiero economico
Che l'attività economica umana sia caratterizzata in modo
essenziale dalla produzione di beni diversi e che gli individui
e le collettività in diverse circostanze di tempo, luogo,
evoluzione domandino e ottengano beni diversi sono dati di fatto
troppo noti per aver bisogno di essere sottolineati. Di qui la
curiosità di natura scientifica di comprendere
perché determinati beni e servizi e non altri vengano
domandati e prodotti. Questa curiosità e la percezione di
una posizione centrale dell'attività di consumo nella
sfera economica del comportamento umano hanno radici lontane. Il
riconoscimento di questa posizione si può ritrovare nel
pensiero filosofico antico (che precede e anticipa quello
economico), per esempio in Platone, che in qualche modo vi
riconnette l'origine dello Stato ideale. Il pensiero economico
preclassico, tuttavia, dai filosofi medievali fino ai
mercantilisti, pur consapevole dell'importanza del
soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'uomo per la sua
sussistenza, non coglie nella domanda di beni una tematica degna
di preminente interesse. È viceversa A. Smith
(1723-1790), l'iniziatore della scuola di pensiero economico
detta classica, il primo, tra gli autori moderni, ad affermare
che "il consumo è il solo fine e scopo di ogni
produzione, e non ci si dovrebbe mai prender cura dell'interesse
del produttore se non in quanto ciò possa tornare
necessario per promuovere quello del consumatore". Occorre
dunque riconoscere che diversa è l'enfasi posta sulla
rilevanza della domanda di beni e sulla diversificazione dei
consumi a seconda che ci si trovi in presenza di società
prigioniere del problema della sussistenza, oppure di
società caratterizzate dalla crescita della ricchezza e
dalla disponibilità di risorse.
Vi è però un altro motivo, maggiormente sistemico,
per il quale la domanda occupa una posizione di rilievo primario
nell'analisi economica. Questo motivo va messo in relazione al
fatto che domanda e offerta sono oggi (dopo le vivaci
controversie teoriche sviluppatesi nei due secoli di storia
dell'economia come disciplina specifica) ritenute due pilastri
della teoria dei prezzi. L'altro grande problema che da sempre
ha affascinato gli economisti teorici è infatti quello di
fornire una soddisfacente spiegazione delle ragioni per cui i
diversi beni e servizi si scambiano tra loro in rapporti
determinati, che sono appunto i prezzi (relativi). La teoria
della domanda rappresenta dunque oggi, fatte salve alcune
eccezioni, una parte essenziale della teoria dei prezzi.
In Smith sia l'idea di domanda intesa come consumo e come fine
dell'attività economica, sia quella di domanda come forza
concorrente alla determinazione dei prezzi, sono entrambe
presenti. Smith afferma infatti che il prezzo (di ogni bene
prodotto) tende nel lungo periodo a identificarsi con il prezzo
naturale, che si risolve nelle categorie essenziali del costo di
produzione: salari, profitti e rendite. La domanda suscettibile
di realizzarsi in presenza del prezzo naturale è detta
domanda effettuale, ma nel breve periodo può manifestarsi
una domanda superiore o inferiore a quella effettuale, che di
conseguenza spinge il prezzo di mercato verso l'alto oppure
verso il basso. In questo autore è dunque presente sia
l'idea di prezzo naturale, inteso come costo di produzione
indipendente dalla domanda (concezione questa condivisa da
numerosi economisti appartenenti alla scuola classica, tra cui
Ricardo), sia l'idea di prezzo come indice di scarsità in
presenza di una domanda anomala (diversa da quella effettuale).
Al di là dell'affermazione di Smith sulla
centralità del consumo, l'interesse di questo autore,
come della maggior parte degli economisti classici, è
concentrato sul prodotto netto o sovrappiù. L'economista
che osserva il mondo in trasformazione agli inizi della
rivoluzione industriale è affascinato dalla crescita del
sovrappiù e pertanto la stessa idea di consumo è
concretamente considerata interessante nella misura in cui il
consumo produttivo è funzionale al processo di espansione
del sovrappiù. Questa convinzione ha indotto alcuni
studiosi (v. Zamagni, 1977) ad avanzare l'ipotesi che manchi in
diversi autori classici un'autentica teoria del consumo (non
ovviamente una riflessione di carattere empirico intuitivo)
proprio a causa della polarizzazione degli interessi sul
problema del sovrappiù e della sua continua espansione.
Altri autori classici sono inclini a minimizzare il ruolo della
domanda e della scarsità relativa nella spiegazione dei
prezzi. Ricardo, in particolare, ritiene che i prezzi si
spieghino a livello macroeconomico, in termini di salario e di
tasso di profitto, resi omogenei nel sistema dalla concorrenza.
Le terre più fertili di quella marginale riceveranno una
rendita proporzionale alla loro fertilità, mentre sulla
terra marginale non vi sarà rendita. Il prezzo (del
grano, ma per estensione di ogni altro bene) si risolverà
quindi in salario e profitto.
In anni recenti, e in opposizione alla scuola neoclassica di cui
diremo, la tesi di Ricardo sui prezzi naturali è stata
ripresa da P. Sraffa (1898-1983) e da una corrente di pensiero
detta neoricardiana che ha trovato in L. Pasinetti (n. 1930) uno
tra i più eminenti rappresentanti. Questa corrente di
pensiero, interpretando Ricardo, tende a distinguere
nell'analisi economica gli elementi naturali, ossia imposti
dalla tecnologia e dalle leggi fisiche, da quelli che sono
frutto di specificità storica e pertanto mutevoli con i
sistemi sociali e politici. La scuola neoricardiana prescinde
dal ruolo della domanda nella determinazione dei prezzi, in
quanto si concentra sulla nozione di prezzi (costi) di
produzione. Si deve tuttavia rilevare che condizione necessaria
affinché i prezzi di produzione risultino indipendenti
dalla configurazione per settori e beni imposta alla produzione
dalla domanda è che i costi unitari di produzione
(prezzi) siano costanti e dunque indipendenti dalla
quantità prodotta (rendimenti costanti di scala).
Questa è in effetti la posizione sostenuta da Sraffa (v.,
1925 e 1926) contro la tradizionale impostazione marshalliana.
Si deve d'altronde ricordare che esistono contesti analitici nei
quali l'ipotesi di costi unitari di produzione costanti non
appare opportuna. In questi casi la domanda entra come elemento
necessario nella teoria dei prezzi.
3. La teoria neoclassica della domanda
Il superamento di un'impostazione intuitiva dell'analisi della
domanda si ha con l'emergere dell'indirizzo soggettivistico
nell'economia politica nella seconda metà
dell'Ottocento. Per cercare di offrire una risposta al
problema di che cosa e quanto si domanda, ci si interroga sul
modo in cui funziona la mente umana. Si afferma l'idea che
ogni proposizione relativa al comportamento della
società o di un gruppo debba fondarsi sulla
comprensione del comportamento dell'individuo. Quindi, per
generalizzazione e per aggregazione, ci si potrà
pronunciare sul comportamento di un insieme di individui. I
maggiori rappresentanti della scuola soggettivistica sono S.W.
Jevons (1835-1882), A. Marshall, L. Walras (1834-1910), V.
Pareto (1848-1923). L'indirizzo di Marshall, dei cosiddetti
equilibri parziali, conosce una grande fortuna nel mondo degli
studi; ma, dal punto di vista metodologico, l'inserimento
dell'analisi della domanda all'interno degli schemi di
equilibrio economico generale, in conformità
all'impostazione di Walras e Pareto, si rivela più
efficace e metodologicamente fondato.
La teorizzazione parte dai bisogni del singolo individuo,
dalla considerazione di una dotazione limitata di mezzi
(potere d'acquisto) del medesimo, dall'utilità dei
diversi beni al fine del soddisfacimento dei bisogni e
dall'idea che l'utilità sia proporzionale alla
quantità di beni posseduti. A questi dati di fatto si
sovrappone un criterio di comportamento da parte
dell'individuo, che è quello della massimizzazione
dell'utilità. Il termine utilità, che
originariamente coglie un attributo dei beni, con il passare
del tempo viene così ad assumere il significato
prevalente di soddisfazione, o grado di utilità
conseguito da un individuo. Si configura così il
concetto di funzione di utilità. Tale funzione è
generalmente ipotizzata continua, monotona (cioè
crescente in tutti gli argomenti) e convessa (caratteristica
che pone limitazioni alla sostituibilità tra beni per
dati livelli di utilità); spesso si ipotizza anche che
l'utilità sia separabile, vale a dire che la funzione
di utilità presenti forma additiva. Sotto il profilo
dell'algoritmo utilizzato, dalle condizioni necessarie per
l'esistenza di un massimo vincolato della funzione di
utilità (massimo vincolato perché la dotazione
dell'individuo è limitata) si ricavano altrettante
funzioni di domanda per i diversi beni e servizi cui
l'individuo può accedere.
4. Curve di indifferenza e massimizzazione
dell'utilità
Le odierne trattazioni manualistiche fanno uso di uno
strumento grafico, quello delle curve di indifferenza,
introdotto per la prima volta da F.Y. Edgeworth nel 1881. Le
curve di indifferenza mettono in evidenza gli ipotetici
livelli della funzione di utilità e vengono
rappresentate con riferimento alle quantità (coppie)
di specifici beni, misurate lungo gli assi di un diagramma
cartesiano. Si può immaginare un mondo nel quale i
beni esistenti si riducono a due, grano e vino, oppure una
situazione in cui un bene è contrapposto all'insieme
di tutti gli altri (supposto che tale insieme sia misurabile
in opportune unità di misura). Le curve di
indifferenza vengono rappresentate con la convessità
rivolta verso l'origine e tendenti asintoticamente agli
assi, per indicare che la sostituzione tra beni, sotto il
profilo dell'utilità, diviene tanto più
difficile quanto più un bene si fa scarso. Curve di
indifferenza via via più distanti dall'origine degli
assi corrispondono a più elevati livelli di
utilità per l'individuo considerato.
Sul medesimo diagramma si rappresenta il vincolo di
bilancio, ossia l'insieme di tutte le coppie di beni
acquistabili dall'individuo considerato, nei limiti delle
risorse che questi ha disponibili. Se con il simbolo w si
conviene di rappresentare la dotazione (monetaria) di cui
l'individuo dispone, l'insieme delle coppie di beni
acquistabili è rappresentato dal triangolo che ha per
vertici l'origine degli assi 0, il punto di coordinata w/p₁
lungo l'asse q₁ e il punto di coordinata w/p₂ lungo l'asse
q₂. La retta che passa per i due vertici che giacciono sugli
assi ha evidentemente equazione
w = p1q1 + p2q2,
o, se si preferisce,
q1 = - (p1/p2)q1
+ (1/p2)w,
la cui rappresentazione grafica è detta linea di
bilancio o frontiera delle possibilità di acquisto
(v. fig. 3).
In termini grafici il problema di massimo del consumatore
corrisponde alla ricerca della curva di indifferenza
maggiormente distante dall'origine e purtuttavia compatibile
con il vincolo di bilancio. La semplice ispezione del
grafico consente di rilevare che il punto di massima
utilità è quello in cui la linea di bilancio
è tangente a una curva di indifferenza (la più
esterna rispetto all'origine tra quelle che sono
raggiungibili rimanendo sulla frontiera delle
possibilità di acquisto). Prima di I. Fisher (v.,
1892) e di V. Pareto (v., 1896-1897) l'utilità era
stata concepita come effettivamente misurabile in termini di
grado di soddisfazione (utilità cardinale). Questi
due autori hanno sostituito all'idea di utilità
cardinale quella di utilità ordinale, mettendo in
luce che una qualunque trasformazione crescente della
funzione di utilità lascia invariato l'ordine delle
preferenze e in ultima analisi le caratteristiche della
domanda. Sulla base di funzioni di utilità cardinali
Marshall e Walras avevano già ottenuto funzioni di
domanda nelle quali la quantità domandata appare
funzione della dotazione (reddito) e dei prezzi di tutti i
beni, come accade nell'esempio grafico sopra riportato. Nel
1915 E. Slutsky (1880-1948) generalizzò i risultati
precedenti utilizzando una funzione di utilità
ordinale e ricavando una funzione di domanda suscettibile di
verifica empirica nel senso odierno dell'espressione.
In particolare il contributo di Slutsky è noto per
l'analisi degli effetti sulla domanda di un bene (poniamo il
bene j) conseguenti alla variazione del prezzo di un
qualunque altro bene (poniamo il bene i). L'equazione di
Slutsky mostra come suddividere l'effetto di tale variazione
sulla domanda del bene (qj) in due distinte componenti,
dette effetto di sostituzione ed effetto di reddito. Il
primo coglie la conseguenza sulla cosiddetta domanda
compensata (ossia la domanda che si manifesterebbe rimanendo
sulla originaria curva di indifferenza) della variazione del
prezzo relativo pi/pj. Tale conseguenza è costituita
da un aumento della domanda del bene j, divenuto
relativamente meno caro del bene i. Il secondo effetto,
quello di reddito, coglie la conseguenza del fatto che la
modificazione di un singolo prezzo, nel nostro caso un
aumento del prezzo del bene i, riduce il valore reale della
dotazione monetaria dell'individuo di cui ci stiamo
occupando e di conseguenza lo spinge a spostarsi su una
curva di indifferenza meno distante dall'origine degli assi.
L'esame comparato dei due effetti, di reddito e di
sostituzione, che si manifestano congiuntamente in presenza
dell'aumento di un prezzo, consente di affermare che, mentre
l'effetto di sostituzione sarà certamente positivo,
l'effetto di reddito risulterà negativo o positivo a
seconda che il bene considerato sia un bene superiore (la
cui domanda cresce all'aumentare del reddito reale: è
il caso tipico degli alimenti carnei, ricchi di proteine, e
dei consumi culturali), oppure un bene inferiore (si pensi
ad alimenti quali patate e pane comune). L'esistenza di beni
inferiori la cui domanda possa accrescersi a causa di un
significativo effetto di reddito associato a un aumento di
prezzo fu considerata da Marshall nei Principles come
un'eccezione alla 'legge' generale della domanda, meritevole
di essere segnalata come paradosso di Giffen, dal nome di R.
Giffen (1837-1910), statistico ed economista inglese, che
per primo mise in evidenza il fenomeno.
5. Domanda, offerta e sistema dei prezzi
Abbiamo già segnalato come la tematica della
domanda si connetta profondamente a quella della
determinazione del sistema dei prezzi. Questo collegamento
è pienamente evidente nella nozione di equilibrio
economico generale, dovuta in origine a L. Walras (v.,
1874-1877) e utilizzata modernamente per indicare uno dei
maggiori filoni della ricerca teorica nel campo economico.
La teoria dell'equilibrio economico generale esprime la
massima ambizione: quella di rendere ragione delle
quantità domandate, offerte e prodotte di tutti i
beni (presenti e futuri), come pure dei prezzi, relativi e
assoluti, incluso il saggio (o i saggi) di interesse, sia
pure a livello di elevata generalizzazione (ossia
riduzione a una medesima concezione unitaria). Si
comprende come poche tematiche rilevanti della ricerca
economica siano in senso assoluto estranee all'equilibrio
generale. J. Schumpeter (1883-1950), il grande storico del
pensiero economico (History of economic analysis, 1954),
esprimeva l'avviso che l'equilibrio generale
rappresentasse la più ragguardevole delle
concezioni fino ad allora elaborate riguardo al
funzionamento del sistema economico.
Ai nostri fini è sufficiente richiamare il fatto
che, alla luce delle teorie dell'equilibrio generale,
caratterizzate da un alto grado di interdipendenza tra
tutte le variabili che entrano nell'analisi, la
distinzione tra teorie dei prezzi determinati dalla
domanda e teorie dei prezzi come espressione dei costi di
produzione perde gran parte del suo significato. Dato
l'alto grado di interdipendenza, è corretto
esprimere l'idea sintetica secondo cui i prezzi sono nel
medesimo tempo espressione di tutte le ipotesi su cui
poggia la teoria dell'equilibrio generale: preferenze
degli individui, tecnologie note e applicabili, risorse
naturali disponibili e capitale accumulato, struttura
distributiva della proprietà delle risorse e del
capitale. La formulazione sintetica che ricollega i prezzi
ai gusti, alle tecnologie e alla scarsità appare
dotata di un buon grado di realismo. Già in passato
era questa, del resto, la posizione espressa da eminenti
economisti come F. Ferrara (1810-1900) nell'Esame
storico-critico di economisti e dottrine economiche nel
secolo XVIII e prima metà del secolo XIX
(1889-1890) e V. Pareto nel Manuale di economia politica
(1906).
6. Utilità e razionalità
L'idea di utilità non è nuova
nell'economia politica. Si deve a J. Bentham (1748-1832)
l'enunciazione del principio utilitaristico. Si tratta
del postulato fondamentale secondo cui le azioni del
singolo individuo (e di conseguenza anche i fatti
sociali) debbono essere comprese sulla base dei
risultati che producono. In quanto tale il postulato non
è ovviamente verificabile. Suscettibili di
verifica empirica, secondo i canoni del positivismo
scientifico, sono viceversa le sue implicazioni (tra le
quali, come cercheremo di mostrare, vi è anche il
consumo).
Il principio utilitaristico è stato spesso
bollato per la sua asserita indipendenza da un
fondamento etico. Ma tale valenza negativa non è
necessariamente presente. Se una norma etica, o un
principio religioso, è rilevante per un dato
soggetto, tra le conseguenze di una ipotetica
trasgressione di quella norma, o di quel principio, vi
è appunto il 'peso negativo' della violazione. Il
principio utilitaristico non implica che il vantaggio
materiale debba sempre e comunque essere anteposto allo
svantaggio morale. Certo l'analisi del comportamento
soggettivo mediante una funzione di utilità
presuppone la possibilità del confronto tra
situazioni o risultati attesi tra loro alternativi. Ma
ciò sembra del tutto coerente con il principio di
razionalità, con il quale, debitamente
specificato, il principio utilitaristico può
venire a identificarsi.
Il principio di razionalità, per esemplificare,
implica che tra due alternative, differenti
esclusivamente per la misura in cui un bene è
presente nei due insiemi di scelta, venga preferita
(considerata maggiormente utile) quella che contiene la
maggiore quantità del bene in questione.
Analogamente, una volta ammessa la
confrontabilità, sotto il profilo
dell'utilità, tra alternative comportamentali
tutte perseguibili, il principio di razionalità
implica che venga scelta la più utile. Se un
individuo possiede principî morali non è
ovvio pensare che un'alternativa tale da prevedere un
comportamento immorale sia anteposta, quanto a
utilità, a un'alternativa che non implica tale
comportamento immorale. Se un altro individuo non
possiede principî morali non farà
meraviglia che il suo ordinamento delle alternative
possa attribuire maggiore utilità a comportamenti
giudicati immorali da chi possiede principi morali.
Ancora, se un individuo ammette come valore l'altruismo,
è conforme alla sua utilità che egli sia
indotto a preferire alternative di comportamento
altruistiche. In definitiva sembra che il principio
utilitaristico possa essere inteso come principio di
razionalità, non necessariamente come principio
egoistico.
7. Preferenze rivelate
Nel corso della trattazione abbiamo già avuto
occasione di stabilire una connessione tra
utilità e preferenze. A partire dagli anni
quaranta e cinquanta, autori come P. Samuelson (1948),
H.S. Houthakker (1950) e successivamente K. Arrow e G.
Debreu (v., 1954; v. Debreu, 1954) si sono proposti di
'spogliare' la teoria della domanda dalla connotazione
ideologica che secondo alcuni è connessa al
concetto di utilità, limitandosi a considerare
e a interpretare dati di fatto osservati: le
preferenze rivelate. Quando si segue questo modo di
affrontare il problema del consumatore si suppone, e
sperimentalmente si può verificare, che ciascun
individuo sia in grado di esprimere i propri gusti e
desideri dichiarando la propria preferenza tra vettori
di beni ipoteticamente consumabili o fruibili.
Più precisamente la relazione di preferenza,
rappresentabile mediante il simbolo ≿, permette
di confrontare tutti i possibili vettori di beni
appartenenti all'insieme dei vettori di beni
consumabili X (che evidentemente costituisce un
sottoinsieme dello spazio euclideo a un conveniente
numero di dimensioni). Indicando con i simboli x e y
due vettori appartenenti all'insieme X, la
proposizione simbolica
x ≿ y
significa che x è preferito o indifferente
rispetto a y. Il problema del consumatore può
essere riformulato una volta definito l'insieme
bilancio
β(p,w) = {x∈ X | px ≤ w},
dove il simbolo p rappresenta il vettore dei prezzi e
il simbolo w il valore monetario delle risorse
iniziali (può trattarsi di un vettore di beni
moltiplicato per il vettore dei prezzi). Si tratta
infatti di scegliere, nell'ambito dell'insieme
bilancio, il vettore preferito.
La relazione di preferenza viene abitualmente
caratterizzata dalle tre proprietà seguenti.
Completezza: se i vettori x e y appartengono
all'insieme X dei beni consumabili, o
x ≿ y oppure y ≿ x.
Proprietà transitiva: se i vettori x, y, z
appartengono all'insieme X e valgono le relazioni
x ≿ y e y ≿ z, allora x ≿ z.
Proprietà riflessiva: se il vettore x
appartiene all'insieme X, esso è preferito o
indifferente rispetto a se stesso, ossia
x ≿ x.
Queste tre proprietà sono generalmente ammesse
nelle formulazioni del problema delle scelte del
consumatore, in quanto richieste dalla
razionalità (tuttavia la proprietà
transitiva e quella di completezza risultano talvolta
contraddette dal comportamento osservato).
Non è difficile stabilire una corrispondenza
tra la relazione di preferenza propria del metodo
delle preferenze rivelate e la funzione di
utilità impiegata nell'ambito del metodo
tradizionale. La funzione di utilità può
dunque essere considerata uno strumento con cui
rappresentare la relazione di preferenza. Alla
relazione di preferenza vengono generalmente
attribuite caratteristiche di continuità,
monotonicità, convessità e talvolta
additività analoghe a quelle che si applicano
alla funzione di utilità.
Le ipotesi del problema sono inoltre suscettibili di
venire generalizzate, in modo che lo spazio dei beni
possa includere vettori con componenti negative, da
intendere come prestazioni onerose da parte del
consumatore (esempio tipico è quello della
prestazione lavorativa, che concorre a definire la
dotazione), nonché vettori che abbiano per
componenti beni futuri diversamente datati o persino
contingenti, cioè subordinati al realizzarsi di
determinati stati di natura.
Procedendo con il metodo delle preferenze rivelate
è possibile dimostrare la positività
dell'effetto di sostituzione, in presenza di aumento
del prezzo di un bene diverso da quello domandato,
come pure la positività dell'effetto di
reddito, in presenza di aumento della dotazione,
quando il bene domandato appartiene alla categoria dei
beni
superiori, in analogia con i risultati già
illustrati descrivendo il metodo tradizionale.
È inoltre possibile ottenere una funzione di
domanda del consumatore, che genera una
rappresentazione dell'insieme bilancio del consumatore
(funzione del vettore dei prezzi e della dotazione)
nell'insieme dei vettori consumabili,
dove il simbolo B indica l'insieme dei vettori ottimi,
cioè preferiti in ogni possibile insieme
bilancio β(p, w) e dunque in corrispondenza a ogni
possibile coppia (p, w). Questa funzione di domanda
individuale corrisponde evidentemente a quella
ottenuta con il metodo tradizionale.
8. Recenti linee di ricerca su
utilità e consumo
Nel corso degli ultimi anni la ricerca teorica nel
campo della domanda di beni è stata rivolta
in parte non trascurabile a indagare se il
comportamento coerente di un consumatore possa
essere convenientemente descritto sulla base di
caratteristiche più 'deboli' di quelle della
teoria standard. Sono da segnalare al riguardo i
contributi di H. Sonnenschein (v., 1971), D. W.
Katzner (v., 1971), W. Shafer (v., 1974), R.
Kihlstrom e altri (v., 1976), T. Kim e M.K. Richter
(v., 1986).
Un altro problema di rilevante interesse concettuale
a cui la ricerca teorica recente si è
indirizzata è quello della
integrabilità delle funzioni di domanda, vale
a dire il problema della determinazione della
funzione di utilità a partire dalla funzione
di domanda. Questa linea d'indagine era già
stata aperta molto tempo addietro da G.B. Antonelli
(v., 1886). Per risultati più recenti si
può vedere D.W. Katzner (v., 1970).
Un modo nuovo di affrontare la teoria della domanda
di beni di consumo è stato inaugurato
all'inizio degli anni settanta da K. Lancaster (v.,
1966) e da D.S. Ironmonger (v., 1972), che hanno
concepito l'attività di consumo come
tecnologia del consumo, basata sulle caratteristiche
oggettive dei beni. L'idea di trattare il fenomeno
consumo e il fenomeno produzione per mezzo di un
medesimo schema si inquadra per la verità in
uno sforzo di generalizzazione che non è
nuovo nella teoria economica (basterebbe al riguardo
citare la magistrale opera di R.J. Hicks, Value and
capital, 1939). Qui però l'elemento veramente
innovativo consiste nel riconoscere, al di là
dell'apparente specificità dei beni, le
caratteristiche oggettive rilevanti ai fini del
soddisfacimento dei bisogni umani.Se quelle
ricordate costituiscono aree di nuova esplorazione,
occorre anche ricordare l'esistenza di linee di
riflessione in negativo, che contestano il
fondamento comportamentale della teoria delle
preferenze rivelate. In questa direzione si muove A.
K.Sen (v., 1973).
9. Misure della domanda
È abituale descrivere la reattività
della funzione di domanda di un bene rispetto ai
suoi argomenti, prezzo del bene medesimo, prezzi
di altri beni, dotazione (corrispondente alla
ricchezza oppure al reddito), per mezzo di una
misura relativa, indipendente dall'unità di
misura della domanda medesima:
l'elasticità. Il caso più frequente
è quello dell'elasticità della
domanda di un bene rispetto al prezzo del bene
considerato. La misura in questione εqp
in tal caso è data dalla variazione
relativa della quantità domandata divisa
per la variazione relativa del prezzo,
εqp = ∆q/q : ∆p/p,
o anche del rapporto tra valore del rapporto
incrementale e valore medio,
εqp = ∆q/∆p : q/p
L'elasticità così definita è
spesso denominata elasticità arco. Ci si
può collocare idealmente in un punto di
coordinate (q₀, p₀) della
curva di domanda e considerare variazioni della
quantità e del prezzo rispetto a quel
punto, mediante le quali valutare
l'elasticità. Anziché relativamente
a un arco, l'elasticità della domanda
può essere definita anche in modo puntuale,
come rapporto tra valore marginale e valore medio
della funzione di domanda rispetto a uno dei suoi
argomenti. Continuando a fare riferimento
all'elasticità della domanda di un bene
rispetto al prezzo del bene medesimo, si definisce
elasticità puntuale
ε'qp = ∂q/∂p : q/p.
Anche in questo caso ci si può collocare
idealmente nel punto di coordinate (q₀,
p₀), calcolare in quel punto la
derivata della quantità rispetto al prezzo,
nonché il valore medio q/p, e infine
valutare l'elasticità puntuale.
L'elasticità della domanda di un bene
rispetto al prezzo di quel medesimo bene è
ordinariamente negativa, come è
ordinariamente negativa la pendenza di una curva
marshalliana di domanda. Considerata la misura in
valore assoluto dell'elasticità della
domanda di un bene rispetto al suo prezzo, se tale
misura risulta maggiore di uno si conviene di
considerare quel bene a domanda elastica, se
minore di uno a domanda rigida, se uguale a uno a
domanda unitaria.
Non meno importante dell'elasticità della
domanda di un bene rispetto al suo prezzo è
l'elasticità della domanda del bene
medesimo rispetto al reddito:
εqy = ∆q/q : ∆y/y
= ∆q/∆y : q/y.
Questo tipo di elasticità si presta a una
definizione efficace dei beni superiori e
inferiori precedentemente ricordati: i primi sono
caratterizzati da elasticità positiva
rispetto al reddito, i secondi da
elasticità negativa.
L'interesse per la relazione tra domanda e reddito
può essere fatto risalire alle curve di
Engel. E. Engel (1821-1896), economista e
statistico tedesco, le introdusse nel 1857 come
rappresentazione della 'legge' empirica secondo la
quale, all'aumentare del reddito di un individuo,
la proporzione di reddito spesa in cibo decresce,
mentre le proporzioni di altre categorie di spesa,
come ad esempio il vestiario, crescono. Oggi con
il termine curve di Engel si indicano più
generalmente rappresentazioni grafiche
dell'andamento delle diverse categorie di spesa al
variare del reddito di un individuo o di una
famiglia. È da notare che la relazione tra
domanda e reddito sottesa alle curve di Engel
rappresenta il fondamento della teoria dinamica
della domanda, intesa come teoria interessata
all'evoluzione della domanda nel tempo,
contrapposta alla statica comparata della domanda,
in cui si analizzano modificazioni relative ai
semplici dati del problema studiato.
La domanda di un bene è anche funzione dei
prezzi degli altri beni. Quando si considerano le
reazioni della domanda a variazioni di tali prezzi
è utile fare riferimento al concetto di
elasticità incrociata (elasticità
della domanda di un bene rispetto al prezzo di un
bene diverso da quello considerato). Se
l'elasticità incrociata risulta positiva,
il bene di cui varia il prezzo si classifica come
succedaneo o surrogato, se l'elasticità
incrociata risulta negativa, il bene di cui varia
il prezzo si classifica come complementare.
Merita attenzione il concetto di elasticità
di sostituzione, introdotto da J.R. Hicks (v.,
1939 e 1956). Abbiamo introdotto in precedenza la
nozione di curva d'indifferenza, intesa come
insieme delle coppie di due diversi beni
caratterizzate dal fatto di descrivere un medesimo
livello della funzione di utilità. La
pendenza di tale curva, nel piano delle
quantità (q₁, q₂) dei
due beni considerati, misura il saggio marginale
di sostituzione, ossia il rapporto in cui i due
beni possono essere scambiati (puntualmente),
lasciando invariata l'utilità:
s = dq2/dq1|u = u0.
Il procedimento di massimizzazione
dell'utilità precedentemente richiamato
implica che ogni consumatore vada a collocarsi,
lungo la curva di indifferenza che comporta
l'utilità più elevata tra quelle da
lui raggiungibili, in un punto di pendenza (o
saggio marginale di sostituzione) pari alla
pendenza della linea di bilancio
q2 = -(p1/p2)q1
+ (1/p2)w.
La decisione ottima di domanda di q₁ e
q₂ si realizzerà dunque dove
risulta soddisfatta la condizione
s = - p1/p2.
L'elasticità di sostituzione è
definita come elasticità del rapporto q₂/q₁
rispetto al prezzo relativo p₁/p₂.
Essa costituisce dunque una misura della reazione
della composizione della domanda al variare del
rapporto tra i prezzi.
10. Aggregazione
La domanda rilevante ai fini della formazione
del prezzo di un bene è generalmente
quella relativa all'intero mercato, non quella
individuale. Naturalmente è possibile
rinvenire casi in cui la domanda è
altamente concentrata nelle mani di pochi o al
limite di un solo richiedente, ma queste
situazioni, che richiamano l'importanza della
struttura del mercato, rappresentano
l'eccezione, non la regola. La situazione
più elementare è quella
concorrenziale, in cui la domanda di un singolo
richiedente rappresenta una frazione troppo
esigua dell'intera domanda di mercato per poter
direttamente influire sulla formazione dei
prezzi. Sotto il profilo concettuale, per
passare dalla domanda individuale di un bene a
quella di mercato, si pone il problema
dell'aggregazione.
All'interno di una teoria del funzionamento
dell'intero sistema economico, la domanda di
mercato di un dato bene potrebbe essere definita
come semplice somma delle domande individuali;
ma ciò supporrebbe, data la
specificazione delle funzioni di domanda
ricordata più sopra, che la teoria
rendesse conto non soltanto di tutti i prezzi
(relativi) dei diversi beni e delle
quantità complessivamente domandate e
prodotte, ma anche dei redditi presenti e futuri
(o dotazioni) individuali. Per una comprensibile
'economia' di informazioni, la maggior parte dei
modelli anche di grandi dimensioni messi a punto
a scopo applicativo è viceversa in grado
di rendere ragione del reddito o della ricchezza
complessivamente prodotti. La costruzione di
modelli della domanda di specifici beni si trova
pertanto di fronte alla necessità di
utilizzare specificazioni indipendenti dalla
distribuzione individuale dei redditi, anche se
sotto il profilo del rigore teorico questa
procedura non è pienamente soddisfacente.
Al più, lungo la strada della
distribuzione dei redditi, si è proceduto
all'introduzione di distinte funzioni di domanda
per classi di reddito (anziché per
singoli individui), accettando in tali casi
l'onere di dover rendere conto, all'interno di
modelli generali, della distribuzione del
prodotto dell'intera economia tra le diverse
classi di reddito.
Le condizioni, non sempre empiricamente
soddisfatte, in presenza delle quali
l'aggregazione può rigorosamente essere
basata sul reddito complessivo, senza la
necessità di specificare i redditi
individuali, sono state fatte oggetto di
approfondita indagine (in particolare da H.A.
Green: v., 1964). Ancora più complesso
è il problema relativo alla
possibilità di ottenere una funzione di
preferenza applicabile all'intera
collettività a partire da funzioni di
utilità individuali.Un diverso problema
di aggregazione si pone in relazione alla
domanda di insiemi di beni. Sotto il profilo
teorico è di immediata comprensione che
l'aggregazione di più funzioni di domanda
relative a beni che siano tra loro perfettamente
complementari è possibile senza perdita
di informazioni. Il rapporto di perfetta
complementarità implica infatti che la
composizione dell'aggregato rimanga sempre
invariata. Sotto il profilo applicativo ci si
trova però dinanzi al problema di
approssimare funzioni di domanda per classi e
categorie funzionali di beni di consumo (come
alimentari, vestiario e simili). Simili
ripartizioni riflettono spesso convenzioni
sviluppate nell'ambito della contabilità
nazionale, che non sempre possono tenere
pienamente conto delle indicazioni della teoria
pura. A fini applicativi sono stati elaborati
particolari modelli di spesa, che hanno lo scopo
di 'spiegare' la ripartizione della spesa
complessiva (consumo in senso aggregato, reddito
o altre categorie generali) nelle sue
componenti. Rilevanti contributi in questa
direzione sono stati dati da R. Stone (v.,
1954). Più recentemente la materia
è stata riconsiderata da A. Powel (v.,
1966) e sistemata in modo esauriente da A.P.
Barten (v., 1968).
11. Prime ricerche empiriche
Una caratteristica che ha accompagnato lo
sviluppo della scienza economica a partire
dalla seconda metà del secolo scorso,
in corrispondenza all'emergere dell'indirizzo
di analisi neoclassico, è rappresentata
dall'ambizione di somigliare alle scienze
fisiche per quanto riguarda il metodo di
'accertamento della verità': come vuole
il positivismo, sono valide le teorie che
danno luogo a proposizioni (teoremi)
empiricamente verificate. Per questo motivo
gli economisti moderni non si sono
accontentati di teorizzare per 'capire' la
realtà economica, ma hanno dedicato
rilevanti energie intellettuali alla ricerca
empirica.
A questa ragione di ordine metodologico deve
poi esserne affiancata una seconda, se si
vuole di ordine strumentale. L'economia non
è concepita soltanto come apparato
concettuale conoscitivo, ma anche come
apparato strumentale, inteso al miglioramento
dei risultati individuali dell'agire
economico, come pure alla maggiore efficacia
dell'azione dei governi e dei pubblici poteri
(politica economica).
Ricerca empirica nel campo della domanda
significa individuazione di specifiche
funzioni matematiche capaci di descrivere
curve di domanda e curve di Engel, sulla base
di osservazioni concrete su quantità
richieste, prezzi, redditi ed eventualmente
altre variabili. Si comprende immediatamente
che si aprono due tipi di problemi, uno
connesso alla disponibilità di dati,
l'altro relativo alle metodologie di
elaborazione dei dati. Discipline quali la
statistica, l'econometria e la
contabilità nazionale sono a vario
titolo chiamate in causa. Non sorprende, a
motivo della maggiore disponibilità di
dati, che le prime ricerche empiriche sulla
domanda si siano realizzate nel campo dei
prodotti agricoli e dei beni di consumo.
Attraverso inchieste statistiche di carattere
campionario già negli anni trenta sono
stati raccolti dati sui cosiddetti bilanci
familiari, ossia descrizioni dettagliate del
modo in cui le famiglie impiegano il loro
reddito. A partire dagli anni quaranta si sono
cominciate a svolgere ricerche empiriche su
grandi aggregati e in particolare su dati
desunti dalla contabilità nazionale.
Un buon esempio di avvio di studi empirici nel
campo della domanda si può ravvisare,
appena oltre la metà del secolo scorso,
nella costruzione delle curve di Engel
precedentemente richiamate. Dopo il contributo
originario dovette però trascorrere un
secolo prima che H. S. Houthakker (v., 1957),
utilizzando i moderni metodi di stima, potesse
misurare con precisione l'elasticità
della spesa di carattere alimentare rispetto
alla spesa totale, pari a 0,6, nonché
le elasticità delle spese in vestiario
e in altri beni, rispettivamente pari a 1,2 e
a 1,6. Tra i primi esperimenti di adattamento
di una funzione di domanda a dati empirici
merita di essere ricordato quello di R. Benini
(v., 1907). Si tratta di una regressione
multipla del consumo di caffè sui
prezzi del caffè e dello zucchero,
effettuata con il metodo dei minimi quadrati.
Il metodo di stima, elaborato da Gauss
all'inizio del secolo, si sarebbe prestato a
grandi sviluppi nel campo dell'econometria.
L'economista francese M. Lenoir è
autore di uno studio pubblicato nel 1913 nel
quale vengono presentate distinte funzioni di
domanda e offerta per diversi prodotti
agricoli e carbone, ottenute con la tecnica
della regressione multipla. Ma l'autore che
nel periodo compreso tra le due guerre
mondiali ha maggiormente contribuito al
progresso della ricerca applicata nel campo
della domanda è forse H.L. Moore,
autore di diversi studi sulla domanda di
cereali, patate e cotone, pubblicati tra il
1914 e il 1929. Moore è anche l'autore
dei primi modelli applicati del funzionamento
di mercati agricoli (domanda e offerta) con
reazioni non simultanee: una volta che il
raccolto giunge sul mercato, il prezzo varia
fintantoché la domanda assorbe
l'offerta ormai data, mentre ogni decisione
relativa all'offerta viene presa con
riferimento ai prezzi osservati nel passato.
È questo lo schema noto come modello
della ragnatela, a causa della particolare
rappresentazione grafica della successione dei
punti di equilibrio tra domanda e offerta nei
processi dinamici generati dal modello, che
somiglia appunto alla tela di un ragno.
In ambiente americano accanto al nome di Moore
si deve ricordare quello del suo allievo H.
Schultz, grande sistematizzatore della
conoscenza teorica e generalizzatore degli
studi di statistica applicata nel campo della
domanda, in particolare di prodotti agricoli.
Schultz è autore di un monumentale
volume pubblicato nel 1938, che
rappresentò al tempo una sorta di summa
della teoria, delle applicazioni e dei metodi
di analisi della domanda.Con riferimento ad
altri paesi si devono ricordare le ricerche
applicate di R. Frisch (v., 1926) in Norvegia,
di W. Leontief (v., 1929) e di J. Marschak
(v., 1931) in Germania, di R. Roy (v., 1935)
in Francia, che nella loro successione
temporale indicano la rapida diffusione degli
interessi e delle ricerche in tutti i luoghi
della ricerca economica nel periodo compreso
tra le due guerre.
12. Metodi econometrici e
diffusione della ricerca empirica
Durante gli anni della seconda guerra
mondiale ha inizio un processo di rilevante
avanzamento nei metodi di stima, destinato a
produrre negli anni successivi una grande
fioritura di ricerche applicate. Ci si
avvede del fatto che molte stime della
domanda ottenute mediante metodi di
regressione multipla delle quantità
sui prezzi prestano il fianco a una critica
assai rilevante: posto che non soltanto la
domanda ma anche l'offerta è funzione
di quantità e prezzi, che cosa
può garantire il ricercatore che la
funzione di cui vengono stimati i parametri
sia propriamente una funzione di domanda,
piuttosto che una funzione di offerta o una
combinazione delle due? Ci si trova di
fronte al problema generale della stima dei
parametri nei sistemi di equazioni
simultanee, che fa sorgere la
necessità di identificare
correttamente le diverse equazioni di cui si
vogliono stimare i parametri.
Il problema dell'identificazione viene per
la prima volta posto in tutta la sua
rilevanza e risolto dall'economista
norvegese T. Haavelmo nel 1943. H. Wold
raccoglie la sfida intellettuale
rappresentata dai problemi posti da Haavelmo
circa le ricerche tradizionali sulla
domanda, mettendo in evidenza le circostanze
nelle quali le stime dei modelli di domanda
e offerta con reazioni differite mantengono
la loro validità.
Negli anni successivi l'econometria si
sarebbe affermata come disciplina autonoma,
sperimentando un rapido sviluppo del proprio
corpo metodologico. Naturalmente a questo
sviluppo non ha concorso soltanto il
successo con il quale sono stati risolti
numerosi problemi metodologici connessi alla
stima. Si deve sottolineare l'importanza di
una produzione sempre più abbondante
di dati di diverso livello di aggregazione
da parte di organizzazioni pubbliche
ufficiali, nazionali e internazionali, e di
istituti privati. Si deve infine essere
consapevoli dell'enorme influsso sugli studi
applicati esercitato dalla proliferazione di
successive generazioni di elaboratori di
dati e dai costi decrescenti nel tempo del
calcolo numerico.
Dare conto degli studi empirici sulla
domanda negli anni recenti richiederebbe un
enorme spazio, data la proliferazione degli
studi. Non si può tuttavia passare
sotto silenzio l'opera empirica monumentale
di R. Stone (v., The measurement..., 1954)
sul comportamento dei consumatori nel Regno
Unito negli anni venti e trenta. Stone
ricava le elasticità della domanda
rispetto al reddito dalle indagini sui
bilanci familiari e le combina con
informazioni desunte dalla
contabilità nazionale per ottenere
stime soddisfacenti delle funzioni di
domanda. In questo modo non soltanto ottiene
risultati conoscitivi di grande interesse,
ma offre importanti contributi di metodo che
verranno ampiamente ripresi da ricercatori
successivi.
Opere come quelle di H. Theil (v.,
1975-1976) e di A.S. Deaton (v., 1986) danno
un rendiconto ampio e aggiornato dei
risultati raggiunti dalla ricerca teorica ed
empirica in campo econometrico. La ricerca
applicata sul tema della domanda è
ampiamente praticata anche in Italia. Per un
orientamento aggiornato si può fare
riferimento allo studio di C.A. Bollino e N.
Rossi (v., 1987).
13. Domanda effettiva
Il concetto di domanda effettiva è
utilizzato in un contesto affatto
differente da quello fin qui discusso.
È Keynes a riprenderlo da Malthus
per introdurre l'idea che la realizzazione
del potenziale produttivo di un sistema
economico, a sua volta riconducibile alla
forza lavoro e al capitale accumulato, non
è automatica, ma richiede di essere
sollecitata da un opportuno volume di
domanda; non domanda di un bene specifico
o di una determinata categoria di beni, ma
domanda globale o domanda in senso
macroeconomico, in quanto è il
soddisfacimento della domanda a livello
dell'intero sistema economico, qualunque
sia la sua composizione, che richiede
l'impiego di forza lavoro. Il punto di
partenza della riflessione keynesiana in
tema di domanda effettiva è
semplice. Keynes ha in mente due classi di
soggetti: gli imprenditori e i
consumatori. I primi decidono quanto
offrire e i secondi, che dai primi
ricevono un reddito in quanto lavoratori
dipendenti, assorbono con la loro domanda
parte della produzione offerta dagli
imprenditori. Alla domanda dei consumatori
si aggiunge un secondo tipo di domanda, la
domanda di beni d'investimento, avanzata
dagli imprenditori.
La maggiore intuizione keynesiana riguarda
il legame tra la domanda dei consumatori,
detta appunto consumo, e il reddito
distribuito dagli imprenditori nel sistema
attuando le decisioni di offerta. Keynes
ritiene che in una formulazione
elementare, ma significativa, la spesa per
consumi sia una funzione stabile del
reddito distribuito, ovvero, se i salari
monetari sono considerati costanti, sia
funzione dell'occupazione. Utilizzando il
simbolo D₁ per indicare la
spesa per i consumi e il simbolo N per
indicare l'occupazione, si ha
D₁ = χ(N).
Sia invece D₂ la domanda
(spesa) di beni di investimento espressa
dagli imprenditori. Ai fini della presente
schematica trattazione si può
immaginare che tutte le componenti esogene
della domanda, compresa la domanda
pubblica che riveste fondamentale
importanza nel pensiero keynesiano, siano
inglobate in D₂. Keynes
infatti, almeno nella trattazione
introduttiva del terzo capitolo della
Teoria generale, non sviluppa ipotesi
esplicative particolari riguardo alla
variabile D₂: la ritiene
semplicemente data. A questo punto si
può definire la domanda aggregata
D = D₁ + D₂.
Date le ipotesi precedenti, l'intera
domanda (spesa) aggregata può
essere espressa in funzione
dell'occupazione:
È questa la funzione di domanda
aggregata.
A fronte di essa Keynes introduce la
nozione di prezzo dell'offerta aggregata,
intendendo con tale espressione il
complesso delle entrate che si debbono
conseguire perché sia conveniente,
dal punto di vista degli imprenditori,
l'occupazione di N lavoratori. Se si fa
l'ipotesi di salari dati e si utilizza il
simbolo Z per designare il prezzo
dell'offerta aggregata, si può
introdurre la funzione di offerta
aggregata
Z = ϕ(N).
A questo punto il meccanismo di
coordinamento tra decisioni di produzione
da parte degli imprenditori, decisioni di
consumo da parte dei consumatori e
decisioni di investimento può
essere stilizzato per mezzo di un apparato
formalmente simile a quello marshalliano
di domanda e offerta. La funzione di
domanda aggregata è suscettibile di
rappresentazione sul piano
dell'occupazione (ascissa) e della spesa
(ordinata). L'intercetta sull'asse
verticale corrisponde a D₂.
L'andamento è crescente al crescere
dell'occupazione. Nell'ipotesi più
elementare il rapporto consumo-reddito
(propensione marginale al consumo)
è costante. La funzione di domanda
aggregata in tal caso si presenta come
crescente con pendenza costante. Anche la
funzione di offerta aggregata è
suscettibile di rappresentazione sul piano
dell'occupazione e del prezzo d'offerta
dell'intera produzione. Di nuovo abbiamo a
che fare con un andamento crescente
all'aumentare dell'occupazione, ma in
questo caso la pendenza è crescente
perché il prezzo d'offerta
dell'intera produzione risente, per
Keynes, dei costi crescenti
dell'attività produttiva, che a
loro volta riflettono la
produttività decrescente del
lavoro. La nozione di prezzo d'offerta,
oggi piuttosto obsoleta, era di
comprensione immediata per economisti
formatisi nella tradizione marshalliana
che godeva di grande prestigio nei primi
decenni del Novecento. L'andamento delle
curve corrispondenti alla domanda e
all'offerta aggregate garantisce la loro
intersezione. Tale punto individua la
domanda effettiva, ossia la domanda che
effettivamente si realizza data la domanda
per investimenti (privati e pubblici) D₂.
La precisazione riguardo al livello dato
di domanda per investimenti non è
secondaria. Il meccanismo descritto
è tale per cui una decisione di
occupazione, e conseguente produzione,
presa dagli imprenditori senza tener conto
di D₂ non offre alcuna garanzia
di essere convalidata da una domanda
aggregata capace di assorbire tale
produzione. Affinché l'assorbimento
in parola avvenga è necessario che
i redditi corrisposti dagli imprenditori
occupando un certo numero di lavoratori
tornino alle imprese attraverso il
manifestarsi della domanda. Se di
conseguenza i lavoratori occupati non
spendono interamente il loro reddito, ma
ne risparmiano una parte, è
necessario, ai fini dell'uguaglianza tra
domanda e offerta aggregate, che D₂
risulti esattamente pari alla frazione di
reddito risparmiata.
Considerando l'uguaglianza tra domanda e
offerta aggregate,
χ(N) + D₂ = ϕ(N),
si comprende che la domanda di
investimenti (perciò detta
autonoma) svolge un ruolo causale
nell'individuazione della domanda
effettiva e dell'occupazione che in
concreto si realizza.Siamo così
giunti al nucleo della teoria keynesiana
della domanda effettiva: la piena
occupazione non è un risultato
automatico delle forze del mercato, ma
dipende dall'esistenza di un conveniente
volume di domanda effettiva.
È compito dello Stato, attraverso
la politica economica, garantire che la
domanda autonoma sia adeguata alle
necessità della piena
occupazione.La categoria analitica della
domanda effettiva, pur svolgendo un ruolo
rilevante nella discussione teorica
seguita alla pubblicazione, nel 1936,
della Teoria generale di Keynes e pur
ispirando per almeno tre decenni la
politica dell'occupazione dei maggiori
paesi industrializzati, non è
andata esente da critiche, in particolare
da parte della corrente di pensiero
economico monetarista che fa capo a M.
Friedman.
Alla formulazione keynesiana è
stato rimproverato che, quanto meno nel
lungo periodo, vi sono meccanismi che, in
presenza di disoccupazione, fanno reagire
la domanda aggregata, ponendo in essere
una tendenza al ripristino della piena
occupazione. Ciò pone limiti alla
possibilità di utilizzare strumenti
monetari e fiscali per stimolare in modo
permanente la crescita
dell'attività economica. Se si
eccede il proposito di una moderata
stabilizzazione del ciclo, il risultato
può essere quello di favorire
fenomeni inflazionistici o conseguenze
destabilizzanti.
La macroeconomia moderna tende ad
attenuare le divergenze che qualche
decennio addietro contrapponevano
keynesiani e monetaristi. Agli uni e agli
altri si riconoscono le rispettive ragioni
e i meriti di un apporto sostanziale alla
comprensione del funzionamento di un
moderno sistema economico.