Domanda
    
      Enciclopedia online
    
    Richiesta di beni o servizi sul
        mercato. La d. individuale è la quantità di un
        bene che un individuo è disposto ad acquistare in un dato
        momento a un dato prezzo. Corrispondentemente, il prezzo di d.
        è il prezzo massimo che l’individuo è disposto a
        pagare in un dato momento per una data quantità di un
        bene, la scheda , o lista di d. , la serie di prezzi che
        l’individuo è disposto a pagare per acquistare successive
        dosi di un bene, o il numero delle dosi che è disposto ad
        acquistare ai vari prezzi. La rappresentazione grafica della
        relazione prezzo-quantità è detta curva di domanda
        . 
    1. Legge della domanda
    La somma delle d. individuali
        dà poi la o di mercato , che si esprime con una curva
        analoga, da cui risulta evidente come la quantità
        domandata, sia da un solo individuo sia dalla
        collettività, aumenti con il diminuire del prezzo e
        viceversa. Questa uniformità, cui si è dato il
        nome di legge della d. , subisce però alcune eccezioni
        reali: a) per i beni che soddisfano i bisogni non facilmente
        contraibili (per es., spese mediche), nel qual caso l’aumento
        del prezzo può non provocare diminuzione della richiesta;
        b) per speciali categorie di prodotti di lusso, per i quali i
        consumatori più abbienti non si lasciano scoraggiare
        dall’aumento del prezzo e contraggono anzi la loro richiesta
        quando il prezzo stesso diminuisce permettendo al prodotto di
        lusso di diventare d’uso comune; c) per i beni di prima
        necessità e di consumo generale (per es., il pane), per i
        quali l’aumento o la diminuzione del prezzo non si traducono
        rispettivamente in contrazione o dilatazione del consumo del
        bene stesso, ma inducono, per il cosiddetto paradosso di Giffen*
        (➔ Giffen,
              sir Robert) a ridurre o ad aumentare l’acquisto di
            altri beni; d) qualora mutino i gusti degli individui in
            modo da indurli a comperare di più nonostante il
            prezzo aumenti e viceversa. 
    Si hanno invece eccezioni soltanto apparenti nelle operazioni di
      borsa, nelle quali si verifica un aumento della d. di titoli,
      valute, merci quando le quotazioni tendono a salire e viceversa,
      in questo caso interviene infatti l’elemento speculativo che
      induce ad acquistare o vendere in previsione dell’ulteriore futuro
      rialzo o ribasso delle quotazioni stesse. Analogo comportamento
      del mercato si verifica pure quando si teme la rarefazione di una
      merce e si cerca quindi di accaparrarsela nonostante il prezzo
      aumenti, o quando viceversa, passato il pericolo, gli acquisti
      diminuiscano nonostante la riduzione del prezzo.
    
    [* da http://www.okpedia.it/giffen_caso_delle_patate_irlandesi
    
     Il paradosso di Giffen è una particolare situazione
      che invalida la legge della domanda. Secondo quest'ultima la
      quantità domandata di un bene è in relazione inversa
      rispetto al suo prezzo, aumenta se il prezzo diminuisce e
      viceversa. Nel caso dei beni di Giffen accade però
      l'inverso. La domanda di un bene di Giffen si presenta
      paradossalmente correlata positivamente al prezzo ed inclinata
      positivamente sul diagramma cartesiano. Nel diagramma seguente
      poniamo un bene ordinario (carne) sull'asse delle ordinate e un
      bene inferiore (patate) sull'asse delle ascisse. Una riduzione di
      prezzo del bene inferiore (patate) aumenta la max. capacità
      di acquisto del consumatore da X1 patate a X2 patate. Le
      preferenze portano però il consumatore a ridurre il consumo
      del bene inferiore e aumentare quello del bene ordinario passando
      dall'equilibrio e1 all'equilibrio e2. Tutto ciò è un
      paradosso in quanto si riduce la quantità domandata del
      bene al ridurre del suo prezzo.
    
    
    
    
    
      Nel XIX secolo l'economista scozzese Robert Giffen si rende conto
      dell'esistenza di una eccezione alla legge della domanda. E' il
      caso dei beni inferiori che compongono una quota rilevante della
      spesa dei consumatori. Nel caso dei beni inferiori la domanda
      aumenta al diminuire del reddito (es. generi alimentari di base).
      Un aumento del prezzo dei beni inferiori comporta una radicale
      diminuzione del reddito reale dei consumatori in quanto il bene in
      questione occupa una quota rilevante della spesa. La riduzione del
      reddito reale ha l'effetto di aumentare la domanda dei beni
      inferiori e quindi anche quella del bene in questione il cui
      prezzo è aumentato. Giffen osserva questa relazione nel
      caso delle patate irlandesi.
      
      Giffen osserva questo fenomeno nell'Irlanda dell'Ottocento
      analizzando l'andamento della domanda di mercato delle patate a
      seguito di un aumento di prezzo. L'aumento del prezzo delle patate
      riduce notevolmente il reddito reale degli irlandesi in quanto la
      patata occupa un posto importante nella dieta irlandese. Tuttavia,
      la patata è anche un bene inferiore e un alimento a basso
      costo rispetto ad altri (es. carne, farina). A seguito della
      riduzione del reddito reale gli irlandesi diventano più
      poveri e di conseguenza, nonostante l'aumento di prezzo,
      incrementano il consumo delle economiche patate a scapito della
      carne e della farina. Viceversa, una riduzione del prezzo delle
      patate aumenta il reddito reale dei consumatori e permette a
      questi ultimi di incrementare il consumo dei generi alimentari
      più sofisticati (beni ordinari) e ridurre quello dei generi
      alimentari di base (beni inferiori)]
    
    2. Elasticità della domanda
    La d. si dice elastica , quando la
        quantità domandata tende a variare in proporzione o
        più che proporzionalmente al variare del prezzo, e o
        quando invece risente meno che proporzionalmente o non risente
        affatto di tale variazione. La quantità domandata varia
        anche col variare dei prezzi degli altri beni, secondo il valore
        dell’elasticità incrociata, e col variare del
        reddito. 
    La d. può riguardare sia beni di consumo sia fattori di
      produzione; nel primo caso proviene dai consumatori e dipende
      soprattutto dal loro reddito (oltre che dal sistema dei prezzi e
      dai gusti), mentre nel secondo proviene dagli imprenditori ed
      è in funzione degli sperati margini di profitto e quindi in
      definitiva della possibilità di assorbimento del mercato. 
    3. La d. in macroeconomia
    Nella teoria, oltre all’analisi
        della d. di singoli beni, legata soprattutto al nome di A.
          Marshall, si è dato particolare rilievo – su
        impulso di J.M. Keynes – ai problemi di macroeconomia, in cui si
        prende in esame la d. globale (o complessiva o aggregata) che
        rappresenta l’ammontare totale di beni domandati dal sistema
        economico. In generale, essa dipende dal livello del reddito del
        sistema economico e va distinta in effettiva e programmata. La
        d. effettiva è data dalle quantità di beni che
        vengono effettivamente acquistate dal pubblico per consumi e per
        investimenti, la d. programmata è costituita
        dall’ammontare dei consumi che le famiglie prevedono di fare e
        dall’ammontare degli investimenti programmati dalle imprese. La
        d. globale effettiva è quella che viene misurata nella
        contabilità nazionale; essa è rappresentata,
        più precisamente, dalla d. delle famiglie per beni e
        servizi di consumo, dalla d. delle imprese e dello Stato per
        beni di investimento, dalla d. di autorità di governo
        centrali e locali per beni e servizi, dalla d. di consumatori e
        imprese di altri paesi per beni e servizi nella forma di
        esportazioni. Poiché la d. globale determina il livello
        della produzione e quindi dell’occupazione, l’analisi delle
        determinanti di queste sue componenti costituisce il nucleo
        centrale dell’analisi keynesiana della determinazione del
        reddito nazionale e della occupazione. 
    Per la teoria della d. derivata, più nota sotto il nome di
      principio di accelerazione (relazione che indica come la
      variazione del reddito, o del consumo, influisce sul livello
      aggregato degli investimenti) ➔ accelerazione.
        
    Teoria della d. internazionale
        reciproca
    Elaborazione della originaria teoria ricardiana dei costi
      comparati che fu sviluppata soprattutto da J.
        Stuart Mill e A. Marshall per
      determinare, partendo appunto dalle curve di d., il valore normale
      internazionale. 
    
    Enciclopedia delle Scienze Sociali (1991)
    di Carlo D'Adda
    Domanda 
    
    Sommario: 1. Significati della parola e concetti contigui. 2. Il
    concetto di domanda nel pensiero economico. 3. La teoria neoclassica
    della domanda. 4. Curve di indifferenza e massimizzazione
    dell'utilità. 5. Domanda, offerta e sistema dei prezzi. 6.
    Utilità e razionalità. 7. Preferenze rivelate. 8.
    Recenti linee di ricerca su utilità e consumo. 9. Misure
    della domanda. 10. Aggregazione. 11. Prime ricerche empiriche. 12.
    Metodi econometrici e diffusione della ricerca empirica. 13. Domanda
    effettiva. □ Bibliografia. 
    
    1. Significati della parola e concetti contigui
      
      Intesa come termine dell'odierno lessico economico, la parola
      'domanda' possiede almeno due significati distinti. Il primo
      significato è quello di domanda o assorbimento osservato di
      un bene. Tale assorbimento viene per lo più paragonato a
      una norma, rappresentata dal flusso di domanda che viene
      soddisfatta dall'offerta normalmente disponibile. È questo
      il significato a cui si deve pensare quando ci si imbatte in frasi
      del tipo: "la domanda di servizi alberghieri nelle località
      turistiche alpine fu straordinariamente elevata a fine anno a
      causa delle lunghe vacanze scolastiche di Natale". Il secondo
      significato è quello di domanda o assorbimento potenziale,
      inteso come funzione di una o più variabili esplicative. Un
      esempio di questo secondo significato si può ricavare dalla
      seguente proposizione: "sulla base dell'esperienza accumulata, una
      riduzione del 10% delle tariffe aeree sui voli interni potrebbe
      provocare un aumento della domanda di viaggi aerei nella misura
      del 12%".
      
      Prima di fornire altre precisazioni terminologiche è
      opportuno soddisfare una curiosità implicita. A quali
      oggetti materiali o immateriali ci riferiamo quando parliamo di
      domanda? Sarà il contesto a chiarire se si fa riferimento a
      singoli beni o servizi, a insiemi di beni, come quando si parla ad
      esempio di domanda di materie prime, oppure alla domanda globale,
      cioè domanda in senso macroeconomico, rivolta all'intero
      insieme dei beni prodotti. In questo senso ci si può
      imbattere in espressioni come domanda mondiale, o domanda dei
      paesi industrializzati. Si deve inoltre distinguere tra domanda
      individuale, non importa se di un singolo bene o di un insieme di
      beni, e domanda riferita a un intero mercato. Si possono pertanto
      incontrare espressioni come domanda mondiale di rame, che fanno
      appunto riferimento a un determinato mercato mondiale.
      
      A qualunque oggetto o specificazione di ampiezza ci si riferisca,
      vale la distinzione inizialmente introdotta tra domanda osservata,
      e perciò misurabile, e domanda potenziale, intesa come
      funzione di altre variabili. Si riconduce al primo significato
      l'idea di domanda effettiva, ossia domanda che si è
      realizzata: un'espressione originariamente introdotta da D.
      Ricardo (1772-1823) e da T.R. Malthus (1766-1834), ma divenuta
      comune dopo l'uso che J.M. Keynes (1883-1946) ne fece nella Teoria
      generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (1936).
      Potrà accadere in questo senso di incontrare proposizioni
      del tipo: "il sistema è caduto in una situazione di
      disoccupazione per mancanza di domanda effettiva" (evidentemente,
      in questo caso, domanda globale). Esempi di domanda come funzione
      si possono invece ritrovare nelle ben note curve di domanda (o
      schede di domanda), vale a dire grafici nei quali la
      quantità suscettibile di essere domandata è
      rappresentata in funzione del possibile prezzo (v. fig. 1). 
      
    
    
       
    
      (Per una peculiarità dovuta ad A. Marshall, 1842-1924, che
      per primo le introdusse, le curve di domanda si rappresentano
      solitamente con la quantità di domanda in ascissa e il
      prezzo in ordinata, anziché viceversa; ma questa è
      soltanto una convenzione. Per la medesima ragione si parla
      talvolta di prezzo di domanda, avendo riguardo al prezzo che i
      richiedenti sarebbero disposti a pagare in relazione a una
      determinata quantità). A completamento delle questioni
      terminologiche è opportuno ricordare alcuni concetti
      contigui a quello di domanda. Il termine consumo è
      utilizzato in diversi contesti come sinonimo di domanda.
      Semplicemente il termine consumo sottolinea l'aspetto
      dell'utilizzo di ciò che viene domandato, piuttosto che il
      semplice atto del richiedere. Per questo il termine consumo viene
      più spesso riferito ai consumatori anziché alle
      imprese. Spesa è viceversa il termine che pone l'accento
      sull'aspetto di esborso monetario connesso alla domanda, sia essa
      realizzata che potenziale. Fanno riferimento alla nozione di spesa
      le curve di Engel che descrivono, in base a generalizzazioni di
      carattere empirico, l'andamento della spesa (o delle quote di
      spesa) nelle diverse categorie di beni al variare del reddito
      totale di un consumatore o di una famiglia (v. fig. 2).
      
    
    
 
       
     
      2. Il concetto di domanda nel pensiero economico
        
        Che l'attività economica umana sia caratterizzata in modo
        essenziale dalla produzione di beni diversi e che gli individui
        e le collettività in diverse circostanze di tempo, luogo,
        evoluzione domandino e ottengano beni diversi sono dati di fatto
        troppo noti per aver bisogno di essere sottolineati. Di qui la
        curiosità di natura scientifica di comprendere
        perché determinati beni e servizi e non altri vengano
        domandati e prodotti. Questa curiosità e la percezione di
        una posizione centrale dell'attività di consumo nella
        sfera economica del comportamento umano hanno radici lontane. Il
        riconoscimento di questa posizione si può ritrovare nel
        pensiero filosofico antico (che precede e anticipa quello
        economico), per esempio in Platone, che in qualche modo vi
        riconnette l'origine dello Stato ideale. Il pensiero economico
        preclassico, tuttavia, dai filosofi medievali fino ai
        mercantilisti, pur consapevole dell'importanza del
        soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'uomo per la sua
        sussistenza, non coglie nella domanda di beni una tematica degna
        di preminente interesse. È viceversa A. Smith
        (1723-1790), l'iniziatore della scuola di pensiero economico
        detta classica, il primo, tra gli autori moderni, ad affermare
        che "il consumo è il solo fine e scopo di ogni
        produzione, e non ci si dovrebbe mai prender cura dell'interesse
        del produttore se non in quanto ciò possa tornare
        necessario per promuovere quello del consumatore". Occorre
        dunque riconoscere che diversa è l'enfasi posta sulla
        rilevanza della domanda di beni e sulla diversificazione dei
        consumi a seconda che ci si trovi in presenza di società
        prigioniere del problema della sussistenza, oppure di
        società caratterizzate dalla crescita della ricchezza e
        dalla disponibilità di risorse.
        
        Vi è però un altro motivo, maggiormente sistemico,
        per il quale la domanda occupa una posizione di rilievo primario
        nell'analisi economica. Questo motivo va messo in relazione al
        fatto che domanda e offerta sono oggi (dopo le vivaci
        controversie teoriche sviluppatesi nei due secoli di storia
        dell'economia come disciplina specifica) ritenute due pilastri
        della teoria dei prezzi. L'altro grande problema che da sempre
        ha affascinato gli economisti teorici è infatti quello di
        fornire una soddisfacente spiegazione delle ragioni per cui i
        diversi beni e servizi si scambiano tra loro in rapporti
        determinati, che sono appunto i prezzi (relativi). La teoria
        della domanda rappresenta dunque oggi, fatte salve alcune
        eccezioni, una parte essenziale della teoria dei prezzi.
        
        In Smith sia l'idea di domanda intesa come consumo e come fine
        dell'attività economica, sia quella di domanda come forza
        concorrente alla determinazione dei prezzi, sono entrambe
        presenti. Smith afferma infatti che il prezzo (di ogni bene
        prodotto) tende nel lungo periodo a identificarsi con il prezzo
        naturale, che si risolve nelle categorie essenziali del costo di
        produzione: salari, profitti e rendite. La domanda suscettibile
        di realizzarsi in presenza del prezzo naturale è detta
        domanda effettuale, ma nel breve periodo può manifestarsi
        una domanda superiore o inferiore a quella effettuale, che di
        conseguenza spinge il prezzo di mercato verso l'alto oppure
        verso il basso. In questo autore è dunque presente sia
        l'idea di prezzo naturale, inteso come costo di produzione
        indipendente dalla domanda (concezione questa condivisa da
        numerosi economisti appartenenti alla scuola classica, tra cui
        Ricardo), sia l'idea di prezzo come indice di scarsità in
        presenza di una domanda anomala (diversa da quella effettuale).
        Al di là dell'affermazione di Smith sulla
        centralità del consumo, l'interesse di questo autore,
        come della maggior parte degli economisti classici, è
        concentrato sul prodotto netto o sovrappiù. L'economista
        che osserva il mondo in trasformazione agli inizi della
        rivoluzione industriale è affascinato dalla crescita del
        sovrappiù e pertanto la stessa idea di consumo è
        concretamente considerata interessante nella misura in cui il
        consumo produttivo è funzionale al processo di espansione
        del sovrappiù. Questa convinzione ha indotto alcuni
        studiosi (v. Zamagni, 1977) ad avanzare l'ipotesi che manchi in
        diversi autori classici un'autentica teoria del consumo (non
        ovviamente una riflessione di carattere empirico intuitivo)
        proprio a causa della polarizzazione degli interessi sul
        problema del sovrappiù e della sua continua espansione.
        
        Altri autori classici sono inclini a minimizzare il ruolo della
        domanda e della scarsità relativa nella spiegazione dei
        prezzi. Ricardo, in particolare, ritiene che i prezzi si
        spieghino a livello macroeconomico, in termini di salario e di
        tasso di profitto, resi omogenei nel sistema dalla concorrenza.
        Le terre più fertili di quella marginale riceveranno una
        rendita proporzionale alla loro fertilità, mentre sulla
        terra marginale non vi sarà rendita. Il prezzo (del
        grano, ma per estensione di ogni altro bene) si risolverà
        quindi in salario e profitto.
        
        In anni recenti, e in opposizione alla scuola neoclassica di cui
        diremo, la tesi di Ricardo sui prezzi naturali è stata
        ripresa da P. Sraffa (1898-1983) e da una corrente di pensiero
        detta neoricardiana che ha trovato in L. Pasinetti (n. 1930) uno
        tra i più eminenti rappresentanti. Questa corrente di
        pensiero, interpretando Ricardo, tende a distinguere
        nell'analisi economica gli elementi naturali, ossia imposti
        dalla tecnologia e dalle leggi fisiche, da quelli che sono
        frutto di specificità storica e pertanto mutevoli con i
        sistemi sociali e politici. La scuola neoricardiana prescinde
        dal ruolo della domanda nella determinazione dei prezzi, in
        quanto si concentra sulla nozione di prezzi (costi) di
        produzione. Si deve tuttavia rilevare che condizione necessaria
        affinché i prezzi di produzione risultino indipendenti
        dalla configurazione per settori e beni imposta alla produzione
        dalla domanda è che i costi unitari di produzione
        (prezzi) siano costanti e dunque indipendenti dalla
        quantità prodotta (rendimenti costanti di scala).
        Questa è in effetti la posizione sostenuta da Sraffa (v.,
        1925 e 1926) contro la tradizionale impostazione marshalliana.
        Si deve d'altronde ricordare che esistono contesti analitici nei
        quali l'ipotesi di costi unitari di produzione costanti non
        appare opportuna. In questi casi la domanda entra come elemento
        necessario nella teoria dei prezzi. 
        
        3. La teoria neoclassica della domanda
          
          Il superamento di un'impostazione intuitiva dell'analisi della
          domanda si ha con l'emergere dell'indirizzo soggettivistico
          nell'economia politica nella seconda metà
          dell'Ottocento. Per cercare di offrire una risposta al
          problema di che cosa e quanto si domanda, ci si interroga sul
          modo in cui funziona la mente umana. Si afferma l'idea che
          ogni proposizione relativa al comportamento della
          società o di un gruppo debba fondarsi sulla
          comprensione del comportamento dell'individuo. Quindi, per
          generalizzazione e per aggregazione, ci si potrà
          pronunciare sul comportamento di un insieme di individui. I
          maggiori rappresentanti della scuola soggettivistica sono S.W.
          Jevons (1835-1882), A. Marshall, L. Walras (1834-1910), V.
          Pareto (1848-1923). L'indirizzo di Marshall, dei cosiddetti
          equilibri parziali, conosce una grande fortuna nel mondo degli
          studi; ma, dal punto di vista metodologico, l'inserimento
          dell'analisi della domanda all'interno degli schemi di
          equilibrio economico generale, in conformità
          all'impostazione di Walras e Pareto, si rivela più
          efficace e metodologicamente fondato.
          La teorizzazione parte dai bisogni del singolo individuo,
          dalla considerazione di una dotazione limitata di mezzi
          (potere d'acquisto) del medesimo, dall'utilità dei
          diversi beni al fine del soddisfacimento dei bisogni e
          dall'idea che l'utilità sia proporzionale alla
          quantità di beni posseduti. A questi dati di fatto si
          sovrappone un criterio di comportamento da parte
          dell'individuo, che è quello della massimizzazione
          dell'utilità. Il termine utilità, che
          originariamente coglie un attributo dei beni, con il passare
          del tempo viene così ad assumere il significato
          prevalente di soddisfazione, o grado di utilità
          conseguito da un individuo. Si configura così il
          concetto di funzione di utilità. Tale funzione è
          generalmente ipotizzata continua, monotona (cioè
          crescente in tutti gli argomenti) e convessa (caratteristica
          che pone limitazioni alla sostituibilità tra beni per
          dati livelli di utilità); spesso si ipotizza anche che
          l'utilità sia separabile, vale a dire che la funzione
          di utilità presenti forma additiva. Sotto il profilo
          dell'algoritmo utilizzato, dalle condizioni necessarie per
          l'esistenza di un massimo vincolato della funzione di
          utilità (massimo vincolato perché la dotazione
          dell'individuo è limitata) si ricavano altrettante
          funzioni di domanda per i diversi beni e servizi cui
          l'individuo può accedere. 
          
          4. Curve di indifferenza e massimizzazione
            dell'utilità
            
            Le odierne trattazioni manualistiche fanno uso di uno
            strumento grafico, quello delle curve di indifferenza,
            introdotto per la prima volta da F.Y. Edgeworth nel 1881. Le
            curve di indifferenza mettono in evidenza gli ipotetici
            livelli della funzione di utilità e vengono
            rappresentate con riferimento alle quantità (coppie)
            di specifici beni, misurate lungo gli assi di un diagramma
            cartesiano. Si può immaginare un mondo nel quale i
            beni esistenti si riducono a due, grano e vino, oppure una
            situazione in cui un bene è contrapposto all'insieme
            di tutti gli altri (supposto che tale insieme sia misurabile
            in opportune unità di misura). Le curve di
            indifferenza vengono rappresentate con la convessità
            rivolta verso l'origine e tendenti asintoticamente agli
            assi, per indicare che la sostituzione tra beni, sotto il
            profilo dell'utilità, diviene tanto più
            difficile quanto più un bene si fa scarso. Curve di
            indifferenza via via più distanti dall'origine degli
            assi corrispondono a più elevati livelli di
            utilità per l'individuo considerato.
            Sul medesimo diagramma si rappresenta il vincolo di
            bilancio, ossia l'insieme di tutte le coppie di beni
            acquistabili dall'individuo considerato, nei limiti delle
            risorse che questi ha disponibili. Se con il simbolo w si
            conviene di rappresentare la dotazione (monetaria) di cui
            l'individuo dispone, l'insieme delle coppie di beni
            acquistabili è rappresentato dal triangolo che ha per
            vertici l'origine degli assi 0, il punto di coordinata w/p₁
            lungo l'asse q₁ e il punto di coordinata w/p₂ lungo l'asse
            q₂. La retta che passa per i due vertici che giacciono sugli
            assi ha evidentemente equazione 
            w = p1q1 + p2q2,
            o, se si preferisce, 
            q1 = - (p1/p2)q1
            + (1/p2)w,
            la cui rappresentazione grafica è detta linea di
            bilancio o frontiera delle possibilità di acquisto
            (v. fig. 3).
            
          
    
     
    
            
            In termini grafici il problema di massimo del consumatore
            corrisponde alla ricerca della curva di indifferenza
            maggiormente distante dall'origine e purtuttavia compatibile
            con il vincolo di bilancio. La semplice ispezione del
            grafico consente di rilevare che il punto di massima
            utilità è quello in cui la linea di bilancio
            è tangente a una curva di indifferenza (la più
            esterna rispetto all'origine tra quelle che sono
            raggiungibili rimanendo sulla frontiera delle
            possibilità di acquisto). Prima di I. Fisher (v.,
            1892) e di V. Pareto (v., 1896-1897) l'utilità era
            stata concepita come effettivamente misurabile in termini di
            grado di soddisfazione (utilità cardinale). Questi
            due autori hanno sostituito all'idea di utilità
            cardinale quella di utilità ordinale, mettendo in
            luce che una qualunque trasformazione crescente della
            funzione di utilità lascia invariato l'ordine delle
            preferenze e in ultima analisi le caratteristiche della
            domanda. Sulla base di funzioni di utilità cardinali
            Marshall e Walras avevano già ottenuto funzioni di
            domanda nelle quali la quantità domandata appare
            funzione della dotazione (reddito) e dei prezzi di tutti i
            beni, come accade nell'esempio grafico sopra riportato. Nel
            1915 E. Slutsky (1880-1948) generalizzò i risultati
            precedenti utilizzando una funzione di utilità
            ordinale e ricavando una funzione di domanda suscettibile di
            verifica empirica nel senso odierno dell'espressione.
            
            In particolare il contributo di Slutsky è noto per
            l'analisi degli effetti sulla domanda di un bene (poniamo il
            bene j) conseguenti alla variazione del prezzo di un
            qualunque altro bene (poniamo il bene i). L'equazione di
            Slutsky mostra come suddividere l'effetto di tale variazione
            sulla domanda del bene (qj) in due distinte componenti,
            dette effetto di sostituzione ed effetto di reddito. Il
            primo coglie la conseguenza sulla cosiddetta domanda
            compensata (ossia la domanda che si manifesterebbe rimanendo
            sulla originaria curva di indifferenza) della variazione del
            prezzo relativo pi/pj. Tale conseguenza è costituita
            da un aumento della domanda del bene j, divenuto
            relativamente meno caro del bene i. Il secondo effetto,
            quello di reddito, coglie la conseguenza del fatto che la
            modificazione di un singolo prezzo, nel nostro caso un
            aumento del prezzo del bene i, riduce il valore reale della
            dotazione monetaria dell'individuo di cui ci stiamo
            occupando e di conseguenza lo spinge a spostarsi su una
            curva di indifferenza meno distante dall'origine degli assi.
            L'esame comparato dei due effetti, di reddito e di
            sostituzione, che si manifestano congiuntamente in presenza
            dell'aumento di un prezzo, consente di affermare che, mentre
            l'effetto di sostituzione sarà certamente positivo,
            l'effetto di reddito risulterà negativo o positivo a
            seconda che il bene considerato sia un bene superiore (la
            cui domanda cresce all'aumentare del reddito reale: è
            il caso tipico degli alimenti carnei, ricchi di proteine, e
            dei consumi culturali), oppure un bene inferiore (si pensi
            ad alimenti quali patate e pane comune). L'esistenza di beni
            inferiori la cui domanda possa accrescersi a causa di un
            significativo effetto di reddito associato a un aumento di
            prezzo fu considerata da Marshall nei Principles come
            un'eccezione alla 'legge' generale della domanda, meritevole
            di essere segnalata come paradosso di Giffen, dal nome di R.
            Giffen (1837-1910), statistico ed economista inglese, che
            per primo mise in evidenza il fenomeno. 
            
            5. Domanda, offerta e sistema dei prezzi
              
              Abbiamo già segnalato come la tematica della
              domanda si connetta profondamente a quella della
              determinazione del sistema dei prezzi. Questo collegamento
              è pienamente evidente nella nozione di equilibrio
              economico generale, dovuta in origine a L. Walras (v.,
              1874-1877) e utilizzata modernamente per indicare uno dei
              maggiori filoni della ricerca teorica nel campo economico.
              La teoria dell'equilibrio economico generale esprime la
              massima ambizione: quella di rendere ragione delle
              quantità domandate, offerte e prodotte di tutti i
              beni (presenti e futuri), come pure dei prezzi, relativi e
              assoluti, incluso il saggio (o i saggi) di interesse, sia
              pure a livello di elevata generalizzazione (ossia
              riduzione a una medesima concezione unitaria). Si
              comprende come poche tematiche rilevanti della ricerca
              economica siano in senso assoluto estranee all'equilibrio
              generale. J. Schumpeter (1883-1950), il grande storico del
              pensiero economico (History of economic analysis, 1954),
              esprimeva l'avviso che l'equilibrio generale
              rappresentasse la più ragguardevole delle
              concezioni fino ad allora elaborate riguardo al
              funzionamento del sistema economico.
              
              Ai nostri fini è sufficiente richiamare il fatto
              che, alla luce delle teorie dell'equilibrio generale,
              caratterizzate da un alto grado di interdipendenza tra
              tutte le variabili che entrano nell'analisi, la
              distinzione tra teorie dei prezzi determinati dalla
              domanda e teorie dei prezzi come espressione dei costi di
              produzione perde gran parte del suo significato. Dato
              l'alto grado di interdipendenza, è corretto
              esprimere l'idea sintetica secondo cui i prezzi sono nel
              medesimo tempo espressione di tutte le ipotesi su cui
              poggia la teoria dell'equilibrio generale: preferenze
              degli individui, tecnologie note e applicabili, risorse
              naturali disponibili e capitale accumulato, struttura
              distributiva della proprietà delle risorse e del
              capitale. La formulazione sintetica che ricollega i prezzi
              ai gusti, alle tecnologie e alla scarsità appare
              dotata di un buon grado di realismo. Già in passato
              era questa, del resto, la posizione espressa da eminenti
              economisti come F. Ferrara (1810-1900) nell'Esame
              storico-critico di economisti e dottrine economiche nel
              secolo XVIII e prima metà del secolo XIX
              (1889-1890) e V. Pareto nel Manuale di economia politica
              (1906). 
              
              6. Utilità e razionalità
                
                L'idea di utilità non è nuova
                nell'economia politica. Si deve a J. Bentham (1748-1832)
                l'enunciazione del principio utilitaristico. Si tratta
                del postulato fondamentale secondo cui le azioni del
                singolo individuo (e di conseguenza anche i fatti
                sociali) debbono essere comprese sulla base dei
                risultati che producono. In quanto tale il postulato non
                è ovviamente verificabile. Suscettibili di
                verifica empirica, secondo i canoni del positivismo
                scientifico, sono viceversa le sue implicazioni (tra le
                quali, come cercheremo di mostrare, vi è anche il
                consumo).
                Il principio utilitaristico è stato spesso
                bollato per la sua asserita indipendenza da un
                fondamento etico. Ma tale valenza negativa non è
                necessariamente presente. Se una norma etica, o un
                principio religioso, è rilevante per un dato
                soggetto, tra le conseguenze di una ipotetica
                trasgressione di quella norma, o di quel principio, vi
                è appunto il 'peso negativo' della violazione. Il
                principio utilitaristico non implica che il vantaggio
                materiale debba sempre e comunque essere anteposto allo
                svantaggio morale. Certo l'analisi del comportamento
                soggettivo mediante una funzione di utilità
                presuppone la possibilità del confronto tra
                situazioni o risultati attesi tra loro alternativi. Ma
                ciò sembra del tutto coerente con il principio di
                razionalità, con il quale, debitamente
                specificato, il principio utilitaristico può
                venire a identificarsi.
                
                Il principio di razionalità, per esemplificare,
                implica che tra due alternative, differenti
                esclusivamente per la misura in cui un bene è
                presente nei due insiemi di scelta, venga preferita
                (considerata maggiormente utile) quella che contiene la
                maggiore quantità del bene in questione.
                Analogamente, una volta ammessa la
                confrontabilità, sotto il profilo
                dell'utilità, tra alternative comportamentali
                tutte perseguibili, il principio di razionalità
                implica che venga scelta la più utile. Se un
                individuo possiede principî morali non è
                ovvio pensare che un'alternativa tale da prevedere un
                comportamento immorale sia anteposta, quanto a
                utilità, a un'alternativa che non implica tale
                comportamento immorale. Se un altro individuo non
                possiede principî morali non farà
                meraviglia che il suo ordinamento delle alternative
                possa attribuire maggiore utilità a comportamenti
                giudicati immorali da chi possiede principi morali.
                Ancora, se un individuo ammette come valore l'altruismo,
                è conforme alla sua utilità che egli sia
                indotto a preferire alternative di comportamento
                altruistiche. In definitiva sembra che il principio
                utilitaristico possa essere inteso come principio di
                razionalità, non necessariamente come principio
                egoistico. 
                
                7. Preferenze rivelate
                  
                  Nel corso della trattazione abbiamo già avuto
                  occasione di stabilire una connessione tra
                  utilità e preferenze. A partire dagli anni
                  quaranta e cinquanta, autori come P. Samuelson (1948),
                  H.S. Houthakker (1950) e successivamente K. Arrow e G.
                  Debreu (v., 1954; v. Debreu, 1954) si sono proposti di
                  'spogliare' la teoria della domanda dalla connotazione
                  ideologica che secondo alcuni è connessa al
                  concetto di utilità, limitandosi a considerare
                  e a interpretare dati di fatto osservati: le
                  preferenze rivelate. Quando si segue questo modo di
                  affrontare il problema del consumatore si suppone, e
                  sperimentalmente si può verificare, che ciascun
                  individuo sia in grado di esprimere i propri gusti e
                  desideri dichiarando la propria preferenza tra vettori
                  di beni ipoteticamente consumabili o fruibili. 
                  
                  Più precisamente la relazione di preferenza,
                  rappresentabile mediante il simbolo ≿, permette
                  di confrontare tutti i possibili vettori di beni
                  appartenenti all'insieme dei vettori di beni
                  consumabili X (che evidentemente costituisce un
                  sottoinsieme dello spazio euclideo a un conveniente
                  numero di dimensioni). Indicando con i simboli x e y
                  due vettori appartenenti all'insieme X, la
                  proposizione simbolica 
                  x ≿ y
                  significa che x è preferito o indifferente
                  rispetto a y. Il problema del consumatore può
                  essere riformulato una volta definito l'insieme
                  bilancio 
                  β(p,w) = {x∈ X | px ≤ w},
                  dove il simbolo p rappresenta il vettore dei prezzi e
                  il simbolo w il valore monetario delle risorse
                  iniziali (può trattarsi di un vettore di beni
                  moltiplicato per il vettore dei prezzi). Si tratta
                  infatti di scegliere, nell'ambito dell'insieme
                  bilancio, il vettore preferito.
                  La relazione di preferenza viene abitualmente
                  caratterizzata dalle tre proprietà seguenti.
                  Completezza: se i vettori x e y appartengono
                  all'insieme X dei beni consumabili, o 
                  x ≿ y oppure y ≿ x.
                  Proprietà transitiva: se i vettori x, y, z
                  appartengono all'insieme X e valgono le relazioni 
                  x ≿ y e y ≿ z, allora x ≿ z.
                  Proprietà riflessiva: se il vettore x
                  appartiene all'insieme X, esso è preferito o
                  indifferente rispetto a se stesso, ossia 
                  x ≿ x.
                  
                  Queste tre proprietà sono generalmente ammesse
                  nelle formulazioni del problema delle scelte del
                  consumatore, in quanto richieste dalla
                  razionalità (tuttavia la proprietà
                  transitiva e quella di completezza risultano talvolta
                  contraddette dal comportamento osservato).
                  
                  Non è difficile stabilire una corrispondenza
                  tra la relazione di preferenza propria del metodo
                  delle preferenze rivelate e la funzione di
                  utilità impiegata nell'ambito del metodo
                  tradizionale. La funzione di utilità può
                  dunque essere considerata uno strumento con cui
                  rappresentare la relazione di preferenza. Alla
                  relazione di preferenza vengono generalmente
                  attribuite caratteristiche di continuità,
                  monotonicità, convessità e talvolta
                  additività analoghe a quelle che si applicano
                  alla funzione di utilità.
                  
                  Le ipotesi del problema sono inoltre suscettibili di
                  venire generalizzate, in modo che lo spazio dei beni
                  possa includere vettori con componenti negative, da
                  intendere come prestazioni onerose da parte del
                  consumatore (esempio tipico è quello della
                  prestazione lavorativa, che concorre a definire la
                  dotazione), nonché vettori che abbiano per
                  componenti beni futuri diversamente datati o persino
                  contingenti, cioè subordinati al realizzarsi di
                  determinati stati di natura.
                  
                  Procedendo con il metodo delle preferenze rivelate
                  è possibile dimostrare la positività
                  dell'effetto di sostituzione, in presenza di aumento
                  del prezzo di un bene diverso da quello domandato,
                  come pure la positività dell'effetto di
                  reddito, in presenza di aumento della dotazione,
                  quando il bene domandato appartiene alla categoria dei
                  beni 
                  superiori, in analogia con i risultati già
                  illustrati descrivendo il metodo tradizionale.
                  
                  È inoltre possibile ottenere una funzione di
                  domanda del consumatore, che genera una
                  rappresentazione dell'insieme bilancio del consumatore
                  (funzione del vettore dei prezzi e della dotazione)
                  nell'insieme dei vettori consumabili, 
                  
                
     
       
     
                  dove il simbolo B indica l'insieme dei vettori ottimi,
                  cioè preferiti in ogni possibile insieme
                  bilancio β(p, w) e dunque in corrispondenza a ogni
                  possibile coppia (p, w). Questa funzione di domanda
                  individuale corrisponde evidentemente a quella
                  ottenuta con il metodo tradizionale. 
                  
                  8. Recenti linee di ricerca su
                    utilità e consumo
                    
                    Nel corso degli ultimi anni la ricerca teorica nel
                    campo della domanda di beni è stata rivolta
                    in parte non trascurabile a indagare se il
                    comportamento coerente di un consumatore possa
                    essere convenientemente descritto sulla base di
                    caratteristiche più 'deboli' di quelle della
                    teoria standard. Sono da segnalare al riguardo i
                    contributi di H. Sonnenschein (v., 1971), D. W.
                    Katzner (v., 1971), W. Shafer (v., 1974), R.
                    Kihlstrom e altri (v., 1976), T. Kim e M.K. Richter
                    (v., 1986).
                    Un altro problema di rilevante interesse concettuale
                    a cui la ricerca teorica recente si è
                    indirizzata è quello della
                    integrabilità delle funzioni di domanda, vale
                    a dire il problema della determinazione della
                    funzione di utilità a partire dalla funzione
                    di domanda. Questa linea d'indagine era già
                    stata aperta molto tempo addietro da G.B. Antonelli
                    (v., 1886). Per risultati più recenti si
                    può vedere D.W. Katzner (v., 1970).
                    Un modo nuovo di affrontare la teoria della domanda
                    di beni di consumo è stato inaugurato
                    all'inizio degli anni settanta da K. Lancaster (v.,
                    1966) e da D.S. Ironmonger (v., 1972), che hanno
                    concepito l'attività di consumo come
                    tecnologia del consumo, basata sulle caratteristiche
                    oggettive dei beni. L'idea di trattare il fenomeno
                    consumo e il fenomeno produzione per mezzo di un
                    medesimo schema si inquadra per la verità in
                    uno sforzo di generalizzazione che non è
                    nuovo nella teoria economica (basterebbe al riguardo
                    citare la magistrale opera di R.J. Hicks, Value and
                    capital, 1939). Qui però l'elemento veramente
                    innovativo consiste nel riconoscere, al di là
                    dell'apparente specificità dei beni, le
                    caratteristiche oggettive rilevanti ai fini del
                    soddisfacimento dei bisogni umani.Se quelle
                    ricordate costituiscono aree di nuova esplorazione,
                    occorre anche ricordare l'esistenza di linee di
                    riflessione in negativo, che contestano il
                    fondamento comportamentale della teoria delle
                    preferenze rivelate. In questa direzione si muove A.
                    K.Sen (v., 1973). 
                    
                    9. Misure della domanda
                      
                      È abituale descrivere la reattività
                      della funzione di domanda di un bene rispetto ai
                      suoi argomenti, prezzo del bene medesimo, prezzi
                      di altri beni, dotazione (corrispondente alla
                      ricchezza oppure al reddito), per mezzo di una
                      misura relativa, indipendente dall'unità di
                      misura della domanda medesima:
                      l'elasticità. Il caso più frequente
                      è quello dell'elasticità della
                      domanda di un bene rispetto al prezzo del bene
                      considerato. La misura in questione εqp
                      in tal caso è data dalla variazione
                      relativa della quantità domandata divisa
                      per la variazione relativa del prezzo, 
                      εqp = ∆q/q : ∆p/p,
                      o anche del rapporto tra valore del rapporto
                      incrementale e valore medio,
                       εqp = ∆q/∆p : q/p
                      
                      L'elasticità così definita è
                      spesso denominata elasticità arco. Ci si
                      può collocare idealmente in un punto di
                      coordinate (q₀, p₀) della
                      curva di domanda e considerare variazioni della
                      quantità e del prezzo rispetto a quel
                      punto, mediante le quali valutare
                      l'elasticità. Anziché relativamente
                      a un arco, l'elasticità della domanda
                      può essere definita anche in modo puntuale,
                      come rapporto tra valore marginale e valore medio
                      della funzione di domanda rispetto a uno dei suoi
                      argomenti. Continuando a fare riferimento
                      all'elasticità della domanda di un bene
                      rispetto al prezzo del bene medesimo, si definisce
                      elasticità puntuale 
                      ε'qp = ∂q/∂p : q/p.
                      
                      Anche in questo caso ci si può collocare
                      idealmente nel punto di coordinate (q₀,
                      p₀), calcolare in quel punto la
                      derivata della quantità rispetto al prezzo,
                      nonché il valore medio q/p, e infine
                      valutare l'elasticità puntuale.
                      L'elasticità della domanda di un bene
                      rispetto al prezzo di quel medesimo bene è
                      ordinariamente negativa, come è
                      ordinariamente negativa la pendenza di una curva
                      marshalliana di domanda. Considerata la misura in
                      valore assoluto dell'elasticità della
                      domanda di un bene rispetto al suo prezzo, se tale
                      misura risulta maggiore di uno si conviene di
                      considerare quel bene a domanda elastica, se
                      minore di uno a domanda rigida, se uguale a uno a
                      domanda unitaria.
                      
                      Non meno importante dell'elasticità della
                      domanda di un bene rispetto al suo prezzo è
                      l'elasticità della domanda del bene
                      medesimo rispetto al reddito: 
                      εqy = ∆q/q : ∆y/y
                      = ∆q/∆y : q/y.
                      Questo tipo di elasticità si presta a una
                      definizione efficace dei beni superiori e
                      inferiori precedentemente ricordati: i primi sono
                      caratterizzati da elasticità positiva
                      rispetto al reddito, i secondi da
                      elasticità negativa.
                      
                      L'interesse per la relazione tra domanda e reddito
                      può essere fatto risalire alle curve di
                      Engel. E. Engel (1821-1896), economista e
                      statistico tedesco, le introdusse nel 1857 come
                      rappresentazione della 'legge' empirica secondo la
                      quale, all'aumentare del reddito di un individuo,
                      la proporzione di reddito spesa in cibo decresce,
                      mentre le proporzioni di altre categorie di spesa,
                      come ad esempio il vestiario, crescono. Oggi con
                      il termine curve di Engel si indicano più
                      generalmente rappresentazioni grafiche
                      dell'andamento delle diverse categorie di spesa al
                      variare del reddito di un individuo o di una
                      famiglia. È da notare che la relazione tra
                      domanda e reddito sottesa alle curve di Engel
                      rappresenta il fondamento della teoria dinamica
                      della domanda, intesa come teoria interessata
                      all'evoluzione della domanda nel tempo,
                      contrapposta alla statica comparata della domanda,
                      in cui si analizzano modificazioni relative ai
                      semplici dati del problema studiato.
                      
                      La domanda di un bene è anche funzione dei
                      prezzi degli altri beni. Quando si considerano le
                      reazioni della domanda a variazioni di tali prezzi
                      è utile fare riferimento al concetto di
                      elasticità incrociata (elasticità
                      della domanda di un bene rispetto al prezzo di un
                      bene diverso da quello considerato). Se
                      l'elasticità incrociata risulta positiva,
                      il bene di cui varia il prezzo si classifica come
                      succedaneo o surrogato, se l'elasticità
                      incrociata risulta negativa, il bene di cui varia
                      il prezzo si classifica come complementare.
                      Merita attenzione il concetto di elasticità
                      di sostituzione, introdotto da J.R. Hicks (v.,
                      1939 e 1956). Abbiamo introdotto in precedenza la
                      nozione di curva d'indifferenza, intesa come
                      insieme delle coppie di due diversi beni
                      caratterizzate dal fatto di descrivere un medesimo
                      livello della funzione di utilità. La
                      pendenza di tale curva, nel piano delle
                      quantità (q₁, q₂) dei
                      due beni considerati, misura il saggio marginale
                      di sostituzione, ossia il rapporto in cui i due
                      beni possono essere scambiati (puntualmente),
                      lasciando invariata l'utilità:
                      s = dq2/dq1|u = u0.
                       
                      
                      Il procedimento di massimizzazione
                      dell'utilità precedentemente richiamato
                      implica che ogni consumatore vada a collocarsi,
                      lungo la curva di indifferenza che comporta
                      l'utilità più elevata tra quelle da
                      lui raggiungibili, in un punto di pendenza (o
                      saggio marginale di sostituzione) pari alla
                      pendenza della linea di bilancio 
                      q2 = -(p1/p2)q1
                      + (1/p2)w.
                      
                      La decisione ottima di domanda di q₁ e
                      q₂ si realizzerà dunque dove
                      risulta soddisfatta la condizione 
                      s = - p1/p2.
                      
                      L'elasticità di sostituzione è
                      definita come elasticità del rapporto q₂/q₁
                      rispetto al prezzo relativo p₁/p₂.
                      Essa costituisce dunque una misura della reazione
                      della composizione della domanda al variare del
                      rapporto tra i prezzi. 
                      
                      10. Aggregazione
                        
                        La domanda rilevante ai fini della formazione
                        del prezzo di un bene è generalmente
                        quella relativa all'intero mercato, non quella
                        individuale. Naturalmente è possibile
                        rinvenire casi in cui la domanda è
                        altamente concentrata nelle mani di pochi o al
                        limite di un solo richiedente, ma queste
                        situazioni, che richiamano l'importanza della
                        struttura del mercato, rappresentano
                        l'eccezione, non la regola. La situazione
                        più elementare è quella
                        concorrenziale, in cui la domanda di un singolo
                        richiedente rappresenta una frazione troppo
                        esigua dell'intera domanda di mercato per poter
                        direttamente influire sulla formazione dei
                        prezzi. Sotto il profilo concettuale, per
                        passare dalla domanda individuale di un bene a
                        quella di mercato, si pone il problema
                        dell'aggregazione.
                        
                        All'interno di una teoria del funzionamento
                        dell'intero sistema economico, la domanda di
                        mercato di un dato bene potrebbe essere definita
                        come semplice somma delle domande individuali;
                        ma ciò supporrebbe, data la
                        specificazione delle funzioni di domanda
                        ricordata più sopra, che la teoria
                        rendesse conto non soltanto di tutti i prezzi
                        (relativi) dei diversi beni e delle
                        quantità complessivamente domandate e
                        prodotte, ma anche dei redditi presenti e futuri
                        (o dotazioni) individuali. Per una comprensibile
                        'economia' di informazioni, la maggior parte dei
                        modelli anche di grandi dimensioni messi a punto
                        a scopo applicativo è viceversa in grado
                        di rendere ragione del reddito o della ricchezza
                        complessivamente prodotti. La costruzione di
                        modelli della domanda di specifici beni si trova
                        pertanto di fronte alla necessità di
                        utilizzare specificazioni indipendenti dalla
                        distribuzione individuale dei redditi, anche se
                        sotto il profilo del rigore teorico questa
                        procedura non è pienamente soddisfacente.
                        Al più, lungo la strada della
                        distribuzione dei redditi, si è proceduto
                        all'introduzione di distinte funzioni di domanda
                        per classi di reddito (anziché per
                        singoli individui), accettando in tali casi
                        l'onere di dover rendere conto, all'interno di
                        modelli generali, della distribuzione del
                        prodotto dell'intera economia tra le diverse
                        classi di reddito.
                        
                        Le condizioni, non sempre empiricamente
                        soddisfatte, in presenza delle quali
                        l'aggregazione può rigorosamente essere
                        basata sul reddito complessivo, senza la
                        necessità di specificare i redditi
                        individuali, sono state fatte oggetto di
                        approfondita indagine (in particolare da H.A.
                        Green: v., 1964). Ancora più complesso
                        è il problema relativo alla
                        possibilità di ottenere una funzione di
                        preferenza applicabile all'intera
                        collettività a partire da funzioni di
                        utilità individuali.Un diverso problema
                        di aggregazione si pone in relazione alla
                        domanda di insiemi di beni. Sotto il profilo
                        teorico è di immediata comprensione che
                        l'aggregazione di più funzioni di domanda
                        relative a beni che siano tra loro perfettamente
                        complementari è possibile senza perdita
                        di informazioni. Il rapporto di perfetta
                        complementarità implica infatti che la
                        composizione dell'aggregato rimanga sempre
                        invariata. Sotto il profilo applicativo ci si
                        trova però dinanzi al problema di
                        approssimare funzioni di domanda per classi e
                        categorie funzionali di beni di consumo (come
                        alimentari, vestiario e simili). Simili
                        ripartizioni riflettono spesso convenzioni
                        sviluppate nell'ambito della contabilità
                        nazionale, che non sempre possono tenere
                        pienamente conto delle indicazioni della teoria
                        pura. A fini applicativi sono stati elaborati
                        particolari modelli di spesa, che hanno lo scopo
                        di 'spiegare' la ripartizione della spesa
                        complessiva (consumo in senso aggregato, reddito
                        o altre categorie generali) nelle sue
                        componenti. Rilevanti contributi in questa
                        direzione sono stati dati da R. Stone (v.,
                        1954). Più recentemente la materia
                        è stata riconsiderata da A. Powel (v.,
                        1966) e sistemata in modo esauriente da A.P.
                        Barten (v., 1968). 
                        
                        11. Prime ricerche empiriche
                          
                          Una caratteristica che ha accompagnato lo
                          sviluppo della scienza economica a partire
                          dalla seconda metà del secolo scorso,
                          in corrispondenza all'emergere dell'indirizzo
                          di analisi neoclassico, è rappresentata
                          dall'ambizione di somigliare alle scienze
                          fisiche per quanto riguarda il metodo di
                          'accertamento della verità': come vuole
                          il positivismo, sono valide le teorie che
                          danno luogo a proposizioni (teoremi)
                          empiricamente verificate. Per questo motivo
                          gli economisti moderni non si sono
                          accontentati di teorizzare per 'capire' la
                          realtà economica, ma hanno dedicato
                          rilevanti energie intellettuali alla ricerca
                          empirica.
                          
                          A questa ragione di ordine metodologico deve
                          poi esserne affiancata una seconda, se si
                          vuole di ordine strumentale. L'economia non
                          è concepita soltanto come apparato
                          concettuale conoscitivo, ma anche come
                          apparato strumentale, inteso al miglioramento
                          dei risultati individuali dell'agire
                          economico, come pure alla maggiore efficacia
                          dell'azione dei governi e dei pubblici poteri
                          (politica economica).
                          
                          Ricerca empirica nel campo della domanda
                          significa individuazione di specifiche
                          funzioni matematiche capaci di descrivere
                          curve di domanda e curve di Engel, sulla base
                          di osservazioni concrete su quantità
                          richieste, prezzi, redditi ed eventualmente
                          altre variabili. Si comprende immediatamente
                          che si aprono due tipi di problemi, uno
                          connesso alla disponibilità di dati,
                          l'altro relativo alle metodologie di
                          elaborazione dei dati. Discipline quali la
                          statistica, l'econometria e la
                          contabilità nazionale sono a vario
                          titolo chiamate in causa. Non sorprende, a
                          motivo della maggiore disponibilità di
                          dati, che le prime ricerche empiriche sulla
                          domanda si siano realizzate nel campo dei
                          prodotti agricoli e dei beni di consumo.
                          Attraverso inchieste statistiche di carattere
                          campionario già negli anni trenta sono
                          stati raccolti dati sui cosiddetti bilanci
                          familiari, ossia descrizioni dettagliate del
                          modo in cui le famiglie impiegano il loro
                          reddito. A partire dagli anni quaranta si sono
                          cominciate a svolgere ricerche empiriche su
                          grandi aggregati e in particolare su dati
                          desunti dalla contabilità nazionale.
                          
                          Un buon esempio di avvio di studi empirici nel
                          campo della domanda si può ravvisare,
                          appena oltre la metà del secolo scorso,
                          nella costruzione delle curve di Engel
                          precedentemente richiamate. Dopo il contributo
                          originario dovette però trascorrere un
                          secolo prima che H. S. Houthakker (v., 1957),
                          utilizzando i moderni metodi di stima, potesse
                          misurare con precisione l'elasticità
                          della spesa di carattere alimentare rispetto
                          alla spesa totale, pari a 0,6, nonché
                          le elasticità delle spese in vestiario
                          e in altri beni, rispettivamente pari a 1,2 e
                          a 1,6. Tra i primi esperimenti di adattamento
                          di una funzione di domanda a dati empirici
                          merita di essere ricordato quello di R. Benini
                          (v., 1907). Si tratta di una regressione
                          multipla del consumo di caffè sui
                          prezzi del caffè e dello zucchero,
                          effettuata con il metodo dei minimi quadrati.
                          Il metodo di stima, elaborato da Gauss
                          all'inizio del secolo, si sarebbe prestato a
                          grandi sviluppi nel campo dell'econometria.
                          L'economista francese M. Lenoir è
                          autore di uno studio pubblicato nel 1913 nel
                          quale vengono presentate distinte funzioni di
                          domanda e offerta per diversi prodotti
                          agricoli e carbone, ottenute con la tecnica
                          della regressione multipla. Ma l'autore che
                          nel periodo compreso tra le due guerre
                          mondiali ha maggiormente contribuito al
                          progresso della ricerca applicata nel campo
                          della domanda è forse H.L. Moore,
                          autore di diversi studi sulla domanda di
                          cereali, patate e cotone, pubblicati tra il
                          1914 e il 1929. Moore è anche l'autore
                          dei primi modelli applicati del funzionamento
                          di mercati agricoli (domanda e offerta) con
                          reazioni non simultanee: una volta che il
                          raccolto giunge sul mercato, il prezzo varia
                          fintantoché la domanda assorbe
                          l'offerta ormai data, mentre ogni decisione
                          relativa all'offerta viene presa con
                          riferimento ai prezzi osservati nel passato.
                          È questo lo schema noto come modello
                          della ragnatela, a causa della particolare
                          rappresentazione grafica della successione dei
                          punti di equilibrio tra domanda e offerta nei
                          processi dinamici generati dal modello, che
                          somiglia appunto alla tela di un ragno.
                          
                          In ambiente americano accanto al nome di Moore
                          si deve ricordare quello del suo allievo H.
                          Schultz, grande sistematizzatore della
                          conoscenza teorica e generalizzatore degli
                          studi di statistica applicata nel campo della
                          domanda, in particolare di prodotti agricoli.
                          Schultz è autore di un monumentale
                          volume pubblicato nel 1938, che
                          rappresentò al tempo una sorta di summa
                          della teoria, delle applicazioni e dei metodi
                          di analisi della domanda.Con riferimento ad
                          altri paesi si devono ricordare le ricerche
                          applicate di R. Frisch (v., 1926) in Norvegia,
                          di W. Leontief (v., 1929) e di J. Marschak
                          (v., 1931) in Germania, di R. Roy (v., 1935)
                          in Francia, che nella loro successione
                          temporale indicano la rapida diffusione degli
                          interessi e delle ricerche in tutti i luoghi
                          della ricerca economica nel periodo compreso
                          tra le due guerre. 
                          
                          12. Metodi econometrici e
                            diffusione della ricerca empirica
                            
                            Durante gli anni della seconda guerra
                            mondiale ha inizio un processo di rilevante
                            avanzamento nei metodi di stima, destinato a
                            produrre negli anni successivi una grande
                            fioritura di ricerche applicate. Ci si
                            avvede del fatto che molte stime della
                            domanda ottenute mediante metodi di
                            regressione multipla delle quantità
                            sui prezzi prestano il fianco a una critica
                            assai rilevante: posto che non soltanto la
                            domanda ma anche l'offerta è funzione
                            di quantità e prezzi, che cosa
                            può garantire il ricercatore che la
                            funzione di cui vengono stimati i parametri
                            sia propriamente una funzione di domanda,
                            piuttosto che una funzione di offerta o una
                            combinazione delle due? Ci si trova di
                            fronte al problema generale della stima dei
                            parametri nei sistemi di equazioni
                            simultanee, che fa sorgere la
                            necessità di identificare
                            correttamente le diverse equazioni di cui si
                            vogliono stimare i parametri. 
                            
                            Il problema dell'identificazione viene per
                            la prima volta posto in tutta la sua
                            rilevanza e risolto dall'economista
                            norvegese T. Haavelmo nel 1943. H. Wold
                            raccoglie la sfida intellettuale
                            rappresentata dai problemi posti da Haavelmo
                            circa le ricerche tradizionali sulla
                            domanda, mettendo in evidenza le circostanze
                            nelle quali le stime dei modelli di domanda
                            e offerta con reazioni differite mantengono
                            la loro validità. 
                            
                            Negli anni successivi l'econometria si
                            sarebbe affermata come disciplina autonoma,
                            sperimentando un rapido sviluppo del proprio
                            corpo metodologico. Naturalmente a questo
                            sviluppo non ha concorso soltanto il
                            successo con il quale sono stati risolti
                            numerosi problemi metodologici connessi alla
                            stima. Si deve sottolineare l'importanza di
                            una produzione sempre più abbondante
                            di dati di diverso livello di aggregazione
                            da parte di organizzazioni pubbliche
                            ufficiali, nazionali e internazionali, e di
                            istituti privati. Si deve infine essere
                            consapevoli dell'enorme influsso sugli studi
                            applicati esercitato dalla proliferazione di
                            successive generazioni di elaboratori di
                            dati e dai costi decrescenti nel tempo del
                            calcolo numerico. 
                            
                            Dare conto degli studi empirici sulla
                            domanda negli anni recenti richiederebbe un
                            enorme spazio, data la proliferazione degli
                            studi. Non si può tuttavia passare
                            sotto silenzio l'opera empirica monumentale
                            di R. Stone (v., The measurement..., 1954)
                            sul comportamento dei consumatori nel Regno
                            Unito negli anni venti e trenta. Stone
                            ricava le elasticità della domanda
                            rispetto al reddito dalle indagini sui
                            bilanci familiari e le combina con
                            informazioni desunte dalla
                            contabilità nazionale per ottenere
                            stime soddisfacenti delle funzioni di
                            domanda. In questo modo non soltanto ottiene
                            risultati conoscitivi di grande interesse,
                            ma offre importanti contributi di metodo che
                            verranno ampiamente ripresi da ricercatori
                            successivi.
                            
                            Opere come quelle di H. Theil (v.,
                            1975-1976) e di A.S. Deaton (v., 1986) danno
                            un rendiconto ampio e aggiornato dei
                            risultati raggiunti dalla ricerca teorica ed
                            empirica in campo econometrico. La ricerca
                            applicata sul tema della domanda è
                            ampiamente praticata anche in Italia. Per un
                            orientamento aggiornato si può fare
                            riferimento allo studio di C.A. Bollino e N.
                            Rossi (v., 1987). 
                            
                            13. Domanda effettiva
                              
                              Il concetto di domanda effettiva è
                              utilizzato in un contesto affatto
                              differente da quello fin qui discusso.
                              È Keynes a riprenderlo da Malthus
                              per introdurre l'idea che la realizzazione
                              del potenziale produttivo di un sistema
                              economico, a sua volta riconducibile alla
                              forza lavoro e al capitale accumulato, non
                              è automatica, ma richiede di essere
                              sollecitata da un opportuno volume di
                              domanda; non domanda di un bene specifico
                              o di una determinata categoria di beni, ma
                              domanda globale o domanda in senso
                              macroeconomico, in quanto è il
                              soddisfacimento della domanda a livello
                              dell'intero sistema economico, qualunque
                              sia la sua composizione, che richiede
                              l'impiego di forza lavoro. Il punto di
                              partenza della riflessione keynesiana in
                              tema di domanda effettiva è
                              semplice. Keynes ha in mente due classi di
                              soggetti: gli imprenditori e i
                              consumatori. I primi decidono quanto
                              offrire e i secondi, che dai primi
                              ricevono un reddito in quanto lavoratori
                              dipendenti, assorbono con la loro domanda
                              parte della produzione offerta dagli
                              imprenditori. Alla domanda dei consumatori
                              si aggiunge un secondo tipo di domanda, la
                              domanda di beni d'investimento, avanzata
                              dagli imprenditori.
                              
                              La maggiore intuizione keynesiana riguarda
                              il legame tra la domanda dei consumatori,
                              detta appunto consumo, e il reddito
                              distribuito dagli imprenditori nel sistema
                              attuando le decisioni di offerta. Keynes
                              ritiene che in una formulazione
                              elementare, ma significativa, la spesa per
                              consumi sia una funzione stabile del
                              reddito distribuito, ovvero, se i salari
                              monetari sono considerati costanti, sia
                              funzione dell'occupazione. Utilizzando il
                              simbolo D₁ per indicare la
                              spesa per i consumi e il simbolo N per
                              indicare l'occupazione, si ha 
                              D₁ = χ(N).
                              
                              Sia invece D₂ la domanda
                              (spesa) di beni di investimento espressa
                              dagli imprenditori. Ai fini della presente
                              schematica trattazione si può
                              immaginare che tutte le componenti esogene
                              della domanda, compresa la domanda
                              pubblica che riveste fondamentale
                              importanza nel pensiero keynesiano, siano
                              inglobate in D₂. Keynes
                              infatti, almeno nella trattazione
                              introduttiva del terzo capitolo della
                              Teoria generale, non sviluppa ipotesi
                              esplicative particolari riguardo alla
                              variabile D₂: la ritiene
                              semplicemente data. A questo punto si
                              può definire la domanda aggregata 
                              D = D₁ + D₂. 
                              
                              Date le ipotesi precedenti, l'intera
                              domanda (spesa) aggregata può
                              essere espressa in funzione
                              dell'occupazione: 
                              
                            
     
       
    
                              
                              È questa la funzione di domanda
                              aggregata.
                              
                              A fronte di essa Keynes introduce la
                              nozione di prezzo dell'offerta aggregata,
                              intendendo con tale espressione il
                              complesso delle entrate che si debbono
                              conseguire perché sia conveniente,
                              dal punto di vista degli imprenditori,
                              l'occupazione di N lavoratori. Se si fa
                              l'ipotesi di salari dati e si utilizza il
                              simbolo Z per designare il prezzo
                              dell'offerta aggregata, si può
                              introdurre la funzione di offerta
                              aggregata 
                              Z = ϕ(N).
                              
                              A questo punto il meccanismo di
                              coordinamento tra decisioni di produzione
                              da parte degli imprenditori, decisioni di
                              consumo da parte dei consumatori e
                              decisioni di investimento può
                              essere stilizzato per mezzo di un apparato
                              formalmente simile a quello marshalliano
                              di domanda e offerta. La funzione di
                              domanda aggregata è suscettibile di
                              rappresentazione sul piano
                              dell'occupazione (ascissa) e della spesa
                              (ordinata). L'intercetta sull'asse
                              verticale corrisponde a D₂.
                              L'andamento è crescente al crescere
                              dell'occupazione. Nell'ipotesi più
                              elementare il rapporto consumo-reddito
                              (propensione marginale al consumo)
                              è costante. La funzione di domanda
                              aggregata in tal caso si presenta come
                              crescente con pendenza costante. Anche la
                              funzione di offerta aggregata è
                              suscettibile di rappresentazione sul piano
                              dell'occupazione e del prezzo d'offerta
                              dell'intera produzione. Di nuovo abbiamo a
                              che fare con un andamento crescente
                              all'aumentare dell'occupazione, ma in
                              questo caso la pendenza è crescente
                              perché il prezzo d'offerta
                              dell'intera produzione risente, per
                              Keynes, dei costi crescenti
                              dell'attività produttiva, che a
                              loro volta riflettono la
                              produttività decrescente del
                              lavoro. La nozione di prezzo d'offerta,
                              oggi piuttosto obsoleta, era di
                              comprensione immediata per economisti
                              formatisi nella tradizione marshalliana
                              che godeva di grande prestigio nei primi
                              decenni del Novecento. L'andamento delle
                              curve corrispondenti alla domanda e
                              all'offerta aggregate garantisce la loro
                              intersezione. Tale punto individua la
                              domanda effettiva, ossia la domanda che
                              effettivamente si realizza data la domanda
                              per investimenti (privati e pubblici) D₂.
                              
                              La precisazione riguardo al livello dato
                              di domanda per investimenti non è
                              secondaria. Il meccanismo descritto
                              è tale per cui una decisione di
                              occupazione, e conseguente produzione,
                              presa dagli imprenditori senza tener conto
                              di D₂ non offre alcuna garanzia
                              di essere convalidata da una domanda
                              aggregata capace di assorbire tale
                              produzione. Affinché l'assorbimento
                              in parola avvenga è necessario che
                              i redditi corrisposti dagli imprenditori
                              occupando un certo numero di lavoratori
                              tornino alle imprese attraverso il
                              manifestarsi della domanda. Se di
                              conseguenza i lavoratori occupati non
                              spendono interamente il loro reddito, ma
                              ne risparmiano una parte, è
                              necessario, ai fini dell'uguaglianza tra
                              domanda e offerta aggregate, che D₂
                              risulti esattamente pari alla frazione di
                              reddito risparmiata. 
                              
                              Considerando l'uguaglianza tra domanda e
                              offerta aggregate, 
                              χ(N) + D₂ = ϕ(N), 
                              si comprende che la domanda di
                              investimenti (perciò detta
                              autonoma) svolge un ruolo causale
                              nell'individuazione della domanda
                              effettiva e dell'occupazione che in
                              concreto si realizza.Siamo così
                              giunti al nucleo della teoria keynesiana
                              della domanda effettiva: la piena
                              occupazione non è un risultato
                              automatico delle forze del mercato, ma
                              dipende dall'esistenza di un conveniente
                              volume di domanda effettiva. 
                              
                              È compito dello Stato, attraverso
                              la politica economica, garantire che la
                              domanda autonoma sia adeguata alle
                              necessità della piena
                              occupazione.La categoria analitica della
                              domanda effettiva, pur svolgendo un ruolo
                              rilevante nella discussione teorica
                              seguita alla pubblicazione, nel 1936,
                              della Teoria generale di Keynes e pur
                              ispirando per almeno tre decenni la
                              politica dell'occupazione dei maggiori
                              paesi industrializzati, non è
                              andata esente da critiche, in particolare
                              da parte della corrente di pensiero
                              economico monetarista che fa capo a M.
                              Friedman. 
                              
                              Alla formulazione keynesiana è
                              stato rimproverato che, quanto meno nel
                              lungo periodo, vi sono meccanismi che, in
                              presenza di disoccupazione, fanno reagire
                              la domanda aggregata, ponendo in essere
                              una tendenza al ripristino della piena
                              occupazione. Ciò pone limiti alla
                              possibilità di utilizzare strumenti
                              monetari e fiscali per stimolare in modo
                              permanente la crescita
                              dell'attività economica. Se si
                              eccede il proposito di una moderata
                              stabilizzazione del ciclo, il risultato
                              può essere quello di favorire
                              fenomeni inflazionistici o conseguenze
                              destabilizzanti. 
                              
                              La macroeconomia moderna tende ad
                              attenuare le divergenze che qualche
                              decennio addietro contrapponevano
                              keynesiani e monetaristi. Agli uni e agli
                              altri si riconoscono le rispettive ragioni
                              e i meriti di un apporto sostanziale alla
                              comprensione del funzionamento di un
                              moderno sistema economico.