Loria (lorianesimo) e I nipotini di Padre Bresciani

“Achille Loria è meritatamente celebre in tutto l'orbe terracqueo per alcune sue scoperte che molto hanno contribuito al progresso della civiltà. […] Ha pubblicato studi severi su una sua particolare interpretazione del materialismo storico (facendo ridere parecchio e Antonio Labriola e Federico Engels e B. Croce, ma, si sa, molti sono gli invidiosi e i denigratori di chi primo fa dono agli uomini di qualche nuovo ritrovato)…

Quante perle profumate sono scivolate dalle sue labbra, che sontuoso banchetto ha egli imbandito! Non più la scienza di tedescheria, aduggiatrice delle giovani intelligenze, ma la scienza della pietà del suo trinomio: chimica della bontà, algebra dell'amore, calcolo infinitesimale della carità, che verrà finalmente a alleviare le miserie degli uomini…

La «scienza della pietà» una cosa almeno ha insegnato: ad aver pietà della scienza pidocchiosa del prof. Loria.” (AV, 16 dicembre 1915)

I nipotini di padre Bresciani. Sarebbe certo ingiusto volere che ogni anno o anche ogni dieci anni la letteratura di un paese abbia un Promessi Sposi, o un Sepolcri ecc. ecc. Ma appunto perciò la critica che si può fare di queste epoche è una critica di "cultura", una critica di "tendenza". È vero che in certi periodi le quistioni pratiche assorbono tutte le intelligenze per la loro risoluzione (in un certo senso, tutte le forze umane vengono concentrate nel lavoro strutturale e non ancora si può parlare di superstrutture: gli americani addirittura, secondo ciò che scrive il Cambon nella prefazione alla traduzione francese dell’autobiografia di Ford, hanno creato da ciò una teoria) sicché sarebbe "poesia" cioè "creazione" solo quella economico-pratica: ma di ciò si tratta appunto: che ci sia una creazione, in ogni caso, e d’altronde si potrebbe domandare come mai questa opera "creativa" economico-pratica, in quanto esalta le forze vitali, le energie, le volontà, gli entusiasmi, non assuma anche forme letterarie che la celebrino. 

In verità ciò non avviene: le forze non sono espansive, ma puramente repressive e si badi, puramente e totalmente repressive, non solo della parte avversa, ciò che sarebbe naturale, ma della propria parte, ciò che appunto è tipico e dà a queste forze il carattere repressivo. Ogni innovazione è repressiva per i suoi avversari, ma scatena forze latenti nella società, le potenzia, le esalta, è quindi espansiva. Le restaurazioni sono universalmente repressive: creano appunto i "padri Bresciani", la letteratura alla padre Bresciani. La psicologia che ha preceduto queste innovazioni è il "panico", la paura comica di forze demoniache che non si comprendono e non si possono controllare. Il ricordo di questo "panico" perdura per lungo tempo e dirige le volontà e i sentimenti: la libertà creatrice è sparita, rimane l’astio, lo spirito di vendetta, l’accecamento balordo. Tutto diventa pratico, inconsciamente, tutto è "propaganda", è polemica, è negazione, ma in forma meschina, ristretta, gesuitica appunto. Quando si giudica uno scrittore e si conosce solo il suo primo libro, il giudizio terrà conto dell’"età", perché giudizio di cultura: un frutto acerbo di un giovane, è un bozzacchione se di un vecchio. (Q3)

I nipotini di padre Bresciani. Filippo Crispolti. Ho già notato in altro paragrafo come il Crispolti non esiti a porre se stesso come paradigma per giudicare il dolore del Leopardi. Nel suo articolo Ombre di romanzi manzoniani il Manzoni diventa paradigma per autogiudicare il romanzo effettivamente scritto dal Crispolti Il duello e un altro romanzo Pio X che poi non fu scritto. L’arroganza del Crispolti è persino ridicola: i Promessi sposi trattano di un "impedimento brutale ad un matrimonio", il Duello del Crispolti tratta del duello; ambedue si riferiscono al dissidio che esiste nella società tra l’adesione al Vangelo che condanna la violenza, e l’uso brutale della violenza. 

C’è una differenza tra il Manzoni e il Crispolti; il Manzoni proveniva dal giansenismo, il Crispolti è un gesuita laico; il Manzoni era un liberale e un democratico del cattolicesimo (sebbene di tipo aristocratico) ed era favorevole alla caduta del potere temporale; il Crispolti era un reazionario nerissimo e lo è rimasto; se si staccò dagli intransigenti papalini e accettò di essere senatore è stato solo perché voleva che i cattolici diventassero il partito ultradestro della nazione. 

È interessante la trama del romanzo non scritto Pio X solo perché riferisce alcune difficoltà obbiettive che si presentano nella convivenza a Roma di due potenze come la monarchia e il papa, riconosciuto come sovrano già dalle guarentigie. Ogni uscita del papa dal Vaticano per attraversare Roma domanda: 1) ingenti spese statali per l’apparato d’onore dovuto al papa; 2) è una minaccia di guerra civile perché bisogna obbligare i partiti progressivi a non fare dimostrazioni e implicitamente pone la quistione se questi partiti possano mai andare al potere col loro programma, cioè interferisce sulla sovranità dello Stato sinistramente. (Q6)

I nipotini di padre Bresciani. Répaci. Osservare il suo carattere di linguaiolo che pare si sia ancor più sviluppato in questi ultimi tempi, come appare dalle ultime novelle, per es. Guerra di fanciulli. Le parolette infilzate a serie, l’uso di ribobolerie toscane per racconti di ambiente calabrese fanno l’effetto più buffo: e ancora, come diventa meccanico il tentativo fatto dall’esterno di costruire novelle "psicoanalitiche" quando invece si è spinti da un superficiale impulso del pittoresco folcloristico! (Q6)

Einaudi e il materialismo storico.[…] Della "Riforma Sociale" è sempre stato scrittore apprezzato (e in qualche tempo anche membro della redazione) Achille Loria, cioè il divulgatore, nel senso deteriore, del materialismo storico. Si può dire anzi che in Italia gran parte di ciò che si chiama materialismo storico non sia altro che lorianismo: recentemente, proprio nella "Riforma Sociale" il Loria ha pubblicato un suo zibaldone di schede caoticamente disposte, intitolandolo Nuove conferme dell’economismo storico. (Q7)

I nipotini di padre Bresciani. Papini come apprendista gesuita. L’articolo di Papini nella "Nuova Antologia" del 1° marzo 1932 (Il Croce e la Croce) mi pare dimostri che anche come gesuita il Papini non sarà mai più che un modesto apprendista. Questo è un vecchio somaro che vuole continuare a fare il somarello nonostante il peso degli anni e gli acciacchi e sgambetta e saltella turpemente. Mi pare che la caratteristica di questo articolo sia l’insincerità. Vedere come il Papini inizi l’articolo coi soliti lazzi stereotipati e meccanici contro il Croce e come verso la fine, facendo l’agnello pasquale, annunzi untuosamente che nella raccolta delle sue opere, gli scritti sul Croce saranno espurgati di ogni "piacevolezza" e apparirà solo la discussione "teorica". 

L’articolo è scritto di getto, si vede, e nel corso della scrittura il Papini ha cambiato atteggiamento, ma non si è curato d’intonare i latrati delle prime pagine ai belati delle ultime: il letterato soddisfatto di sé e dei colpi di fioretto, che egli crede azzeccati, è sempre superiore al pseudocattolico, ma anche al gesuita, ahi lui! e non ha voluto sacrificare il già scritto. Ma tutto lo scritto appare impacciato, tirato, costruito meccanicamente, come una ciliegia tira l’altra, specialmente la seconda parte, in cui l’ipocrisia traspare in modo repugnante. Mi pare però che Papini appaia ossessionato dal Croce: il Croce ha in lui la funzione della coscienza, delle "mani insanguinate" di lady Macbeth, e che egli reagisca a questa ossessione ora facendo lo spavaldo, tentando lo scherzo e lo sfottimento, ora piagnucolando miseramente. Lo spettacolo è sempre pietoso. Lo stesso titolo dell’articolo è sintomatico: che il Papini si serva della "croce" per fare dei bisticci testimonia della qualità letteraria del suo cattolicesimo. (Q8)

I nipotini di padre Bresciani. G. Papini. In Papini manca la rettitudine: dilettantismo morale. Nel primo periodo della sua carriera letteraria questa deficienza non impressionava, perché Papini basava la sua autorità su se stesso, era il "partito di se stesso". Divertiva, non poteva essere preso sul serio, altro che da pochi filistei (ricordare la discussione con Annibale Pastore). Oggi Papini si è innestato in un vasto movimento da cui trae autorità: la sua attività è divenuta perciò canagliesca nel senso più spregevole, dello sparafucile, del sicario mercenario. Se un bambino rompe i vetri per divertirsi e per monelleria, sia pure artificiosa, è una cosa: ma se rompe i vetri per conto dei venditori di vetro è un’altra cosa. (Q17)

Di alcuni aspetti deteriori e bizzarri della mentalità di un gruppo di intellettuali italiani e quindi della cultura nazionale (disorganicità, assenza di spirito critico sistematico, trascuratezza nello svolgimento dell’attività scientifica, assenza di centralizzazione culturale, mollezza e indulgenza etica nel campo dell’attività  scientifico-culturale ecc., non adeguatamente combattute e rigidamente colpite: quindi irresponsabilità verso la formazione della cultura nazionale) che possono essere descritti sorto il titolo comprensivo di ”lorianismo”. (Q28)

La "leziosità letteraria" notata dal Croce è un elemento secondario dello squilibrio loriano, ma ha una certa importanza: 1) perché si manifesta continuamente; 2) perché l’immagine e l’enfasi letteraria trascinano meccanicamente il Loria al grottesco come nei secentisti e sono origine immediata di alcune "bizzarrie". Altro elemento del genere è la pretesa infantile e scriteriata all’"originalità" intellettuale ad ogni costo. Non manca nel Loria, oltre al "grande opportunismo", anche una notevole dose di "piccolo opportunismo" della più bassa estrazione. 

[…] È da notare che ogni periodo ha il suo lorianismo più o meno compiuto e perfetto e ogni paese ha il suo: l’hitlerismo ha mostrato che in Germania covava, sotto l’apparente dominio di un gruppo intellettuale serio, un lorianismo mostruoso che ha rotto la crosta ufficiale e si è diffuso come concezione e metodo scientifico di una nuova "ufficialità". Che Loria potesse esistere, scrivere, elucubrare, stampare a sue spese libri e libroni, niente di strano: esistono sempre gli scopritori del moto perpetuo e i parroci che stampano continuazioni della Gerusalemme Liberata. Ma che egli sia diventato un pilastro della cultura, un "maestro", e che abbia trovato "spontaneamente" un grandissimo pubblico, ecco ciò che fa riflettere sulla debolezza, anche in tempi normali, degli argini critici che pur esistevano: è da pensare come, in tempi anormali, di passioni scatenate, sia facile a dei Loria, appoggiati da forze interessate, di traboccare da ogni argine e di impaludare per decenni un ambiente di civiltà  intellettuale ancora debole e gracile. (Q28)

Corso Bovio. Corso Bovio deve essere collocato nel quadro del Lorianismo, ma occorre nello stesso tempo, ricordare di mantenere le distanze per la prospettiva. Nel quadro Loria è un "elefante", cos’è Corso Bovio? Certi fiamminghi mettono sempre un cagnolino nei loro quadri, ma forse il cagnolino è già un animale troppo grosso e stimabile: una blatta è forse più adeguata a rappresentare Corso Bovio. (Q28)