Joseph Vialatoux
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Joseph Vialatoux (1880-1970) filosofo francese, appartenente al
cattolicesimo democratico francese, le cui matrici sono da
ricondurre a Félicité de Lamennais e il cui maggior
rappresentante novecentesco è Jacques Maritain1.
Bibliographie
La Liberté de la Personne Humaine (P.U.F.)
La Philosophie séparatiste de Locke et
l'irresponsabilité libérale, 1913.
Un Grand débat catholique et français:
Témoignages sur l'Action française,Paris, 1927.
La Doctrine catholique et l'école de Maurras, étude
critique [Texte imprimé], Paris, 1927.
Le Discours et l'intuition : leçons philosophiques sur la
connaissance humaine et la croyance, introductives à
l'étude de la logique et de la métaphysique, Paris,
1930.
Morale et politique : réflexions sur les études du P.
de Broglie, science politique et doctrine chrétienne, 1931.
Philosophie économique : études critiques sur le
naturalisme, 1932.
La Cité totalitaire de Hobbes : théorie naturaliste de
la civilisation : essai sur la signification de l'existence
historique du totalitarisme, 1935.
De Durkheim à Bergson, Ed. Bloud & Gay, 1939.
Pour lire Platon, Paris, 1939.
Le Problème de la légitimité du pouvoir, Vichy,
ou de Gaulle ?, Paris, 1945.
L'intention philosophique, Paris, 1952.
Signification humaine du travail, Paris, 1953.
La morale de Kant, Paris, 1956.
Le peuplement humain : faits et questions, doctrines et
théories, signification humaines du mariage. Tome premier,
Faits et questions, Paris, 1957
Le peuplement humain : faits et questions, doctrines et
théories, signification humaine du mariage. Tome II,
Doctrines et théories, Signification humaine du mariage,
Paris, 1959.
La répression et la torture : essai de philosophie morale et
politique, 1957.
da
http://www.cosmopolisonline.it/20110715/campanini.php
Il cattolicesimo democratico
di Giorgio Campanini
1 Il "cattolicesimo democratico" non è un partito,
né un movimento, né un soggetto politico fra gli
altri, ma piuttosto una mentalità, una cultura, uno stile di
far politica, un modo di intendere il rapporto tra la fede e la
storia. Si tratta, dunque, di una realtà difficilmente
definibile: in questo caso – forse più che in altri – sono
gli uomini concreti (le idee che essi incarnano, i progetti di cui
si fanno portatori) che danno concretezza storica a quella complessa
e polimorfa categoria concettuale che è appunto il
"cattolicesimo democratico".
Gli "antenati"
Le origini del cattolicesimo democratico possono essere fatte
risalire, attraverso un'ideale galleria di personalità
rappresentative, a quella concitata fase della storia dell'Occidente
che accompagnò e seguì la Rivoluzione francese del
1789. Allora, già all'interno dell'Assemblea nazionale (nella
quale, almeno agli inizi, significativa era la presenza del clero e
dei laici cattolici) si delineò una vera e propria spaccatura
fra quanti intendevano conservare, sia pure ammodernandolo, l'ancien
régime, e quanti ritenevano invece necessario orientarsi
verso lo Stato di diritto e la democrazia, quella democrazia che da
poco più di due decenni era stata anche formalmente
instaurata negli Stati uniti, anche con il concorso di eminenti
personalità francesi, primo fra tutti M.-J. Lafayette, e che
alcuni decenni più tardi avrebbe avuto il suo grande
interprete nel Tocqueville de La Démocratie en
Amérique.
Emersero in questa fase, all'interno del clero più aperto
alle innovazioni, coloro che vennero chiamati abbés
démocrates, quanti, cioè, ritenevano possibile
l'incontro fra i valori del cattolicesimo e i nuovi ideali politici.
Questa corrente di pensiero – che alimentò quello che
più tardi venne definito "cattolicesimo liberale" –
trovò vasti, sia pure elitari, consensi tanto in Francia
quanto in Italia (da Montalembert a Ozanam, da Rosmini a Manzoni) e,
pur nella grande varietà di posizioni, si caratterizzò
per la comune convinzione che fosse ormai conclusa la stagione dei
regimi autoritari e che fosse necessario caratterizzare la forma di
governo in senso democratico (secondo la famosa formula di Ozanam,
occorreva passer aux Barbares). Si trattò comunque, sin
dall'inizio di un movimento di pensiero sostanzialmente elitario,
seppur non marginale, perché gran parte del mondo cattolico
dell'Ottocento rimase legato alle antiche monarchie, nell'ambito di
una concezione autoritaria del potere, e restò diffidente nei
confronti della modernità, anche nella sua espressione
politica. Il cattolicesimo liberale, da questo punto di vista,
può essere considerato l'ideale antecedente del cattolicesimo
democratico, che tuttavia si affermò circa un secolo dopo,
nel mutato contesto dell'Europa del Novecento, e soprattutto dopo la
constatazione del drammatico fallimento dei regimi autoritari.
La contrapposizione fra cattolici conservatori, moderati,
intransigenti, clericali (per ricorrere alle tradizionali, anche se
un poco generiche, definizioni) da una parte e cattolici liberali (e
poi cattolici democratici) dall'altra ha rappresentato una costante
nella storia del cattolicesimo fra Ottocento e primo Novecento e per
certi aspetti è continuata, sia pure in forme diverse, anche
nella fase apertasi dopo la fine della seconda guerra mondiale. La
distinzione, e talora la contrapposizione, fra cattolici
conservatori e cattolici democratici non ha riguardato tuttavia, da
allora, l'accettazione o meno del metodo democratico quanto
piuttosto la qualità della democrazia: in questo senso la
lacerazione che si aprì all'indomani del 1789 non è
stata del tutto ricomposta.
Il graduale affermarsi delle posizioni del cattolicesimo liberale –
divenuto, nella sostanza, da minoritario maggioritario a conclusione
di un percorso secolare in cui punti iniziali e terminali possono
essere considerati, in Italia, i Progetti di costituzione redatti da
Rosmini attorno al 1848 e la Costituzione repubblicana del 1948 – si
è verificato attraverso una serie di tappe che è
possibile, in questa sede, ricostruire soltanto a grandi linee.
Un importante punto di svolta è stato rappresentato – dopo le
dure contrapposizioni, anche fra cattolici, determinatesi nel secolo
successivo ai fatti del 1789 – dalla Rerum novarum di Leone XIII e
dall'opera teorica, al magistero leoniano strettamente legata, di
Giuseppe Toniolo. Nella linea inaugurata da Papa Pecci lo stesso
Toniolo dava alle stampe del 1897 un saggio ben presto divenuto
famoso, Il concetto cristiano di democrazia, nel quale la democrazia
viene esplicitamente accettata sia pure non in senso politico ma in
senso sociale, come «azione benefica a favore del
popolo», nella linea, appunto, aperta dell'enciclica leoniana.
Nei successivi decenni – nonostante le opposizioni, tacite o
esplicite, che la linea di Leone XIII suscitò negli ambienti
conservatori – caddero a poco a poco le riserve nei confronti della
democrazia politica, sino al finale riconoscimento della democrazia
come forma di governo ispirata più di ogni altra ai grandi
valori del Cristianesimo da parte di colui che può essere
considerato il maggior teorico del cattolicesimo democratico del
Novecento, e cioè Jacques Maritain. La "svolta" impressa al
rapporto tra Chiesa e modernità avrebbe dato i suoi frutti
maturi, mezzo secolo più tardi, in Christianisme et
Démocratie, nel quale il filosofo francese sintetizzava una
posizione di pensiero che era andata maturando progressivamente
appunto a partire dalla Rerum novarum.