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    Poeta italiano, nasce ad Alessandria d'Egitto, l'8 febbraio 1888, da
    genitori lucchesi, colà emigrati, perché il padre
    Antonio lavorava come sterratore al canale di Suez. 
Frequenta l'École Suisse Jacot e si forma sui classici francesi: Baudelaire e Mallarmé soprattutto. Stringe amicizia con Enrico Pea e i fratelli Thuile; con Kavàfis e Zervos (il gruppo di "Grammata"). Nel 1912 U. migra a Parigi, si iscrive alla Sorbona (tesina su Maurice de Guérin con Strowski; segue i corsi di Bergson al Collège de France). Si lega ai futuristi italiani a Parigi - le sue prime poesie appariranno nel 1915 su Lacerba - ma anche ad Apollinaire, Paul Fort, Léger.
Nel 1914 rientra in Italia e si arruola come volontario, soldato semplice, sul Carso. Nasce Il Porto Sepolto, stampato a Udine nel 1916. Finita la guerra, pubblica, per impulso di Papini, Allegria di naufragi, presso Vallecchi, 1919. Sposa Jeanne Dupoix, 1920. Si trasferisce a Roma nel 1921, una Roma barocca e cattolica, che fa da sfondo al Sentimento del Tempo, 1933. Nel 1936 si stabilisce a San Paolo del Brasile, ove gli è stata offerta la cattedra di Lingua e letteratura italiana presso l'università. Nel 1937 muore il fratello, nel 1939 il figlio Antonietto; nel 1942 rientra in Italia, ove è nominato "per chiara fama" titolare della prima cattedra di Letteratura italiana contemporanea presso l'università di Roma. Dai lutti privati e collettivi nasce l'esperienza del Dolore, 1947.
Dalla vicenda di barbarie della
    seconda guerra mondiale sorge più alta l'esigenza di
    raccogliere, nella meditazione dei classici, la memoria della
    dignità e della tragedia di essere uomini: saranno le
    mirabili traduzioni dei 40 Sonetti di Shakespeare, delle Visioni di
    Blake, della Fedra di Racine, delle poesie di Gongora e
    Mallarmé, dell'Eneide e delle "Favole indie della genesi".
    Potrà così compiersi il viaggio e l'ultima 'mira': La
    Terra Promessa, 1950 e Il Taccuino del vecchio, 1960; rielabora poi,
    'a lume di fantasia', le prose d'arte e di viaggio: Il Deserto e
    dopo, 1961. Raffinato esercizio di autoesegesi e di poetica sono le
    quattro lezioni, tenute nel 1964 alla Columbia University, New York,
    sulla Canzone. Muore a Milano nella notte fra il 1° e il 2
    giugno 1970, già accolti, a Capodanno, "Gli scabri messi
    emersi dall'abisso", in una poesia che sempre "torna presente
    pietà" (L'impietrito e il velluto). L'opera di U. è
    oggi riunita nei volumi Vita d'un uomo. Tutte le poesie (a cura di
    L. Piccioni, 1969); Vita d'un uomo. Saggi e interventi (a cura di M.
    Diacono e L. Rebay, 1974); Vita d'un uomo. Viaggi e lezioni (a cura
    di P. Montefoschi, 2004). Alla conoscenza del laboratorio giovanile
    ungarettiano ha contribuito il vol. di Poesie e prose liriche.
    1915-1920 (a cura di C. Maggi Romano e M. A. Terzoli, 1989),
    autografi ritrovati, con le lettere, tra le carte di Papini. In ed.
    crit. sono apparsi: L'allegria (a cura di C. Maggi Romano, 1982) e
    Sentimento del tempo (a cura della stessa e di R. Angelica, 1988).
    
    "Amo le mie ore di allucinazione [...]. Anche le mie ore di
    randagio, d'immaginario perseguitato in esodo verso una terra
    promessa" (G. Ungaretti, lettera a G. Papini del 25 luglio 1916
    dalla zona di guerra). Introdurre al Porto Sepolto (1916) con una
    citazione che presenta il nomade già in viaggio, in esodo,
    verso una Terra promessa, significa proporre la visione non
    già di un incipit, ma di un'origine, sempre ricercata e
    sempre più lontana; attestare non tanto un''opera prima', ma
    il nucleo generatore più fecondo dei grandi miti ungarettiani
    di "riconoscimento" e di "quête" sino - appunto - alla Terra
    Promessa.
    
    Così, al compimento del proprio percorso di poetica Ungaretti
    raggiungerà - poeta europeo - i modelli che l'avevano
    accompagnato, sin dalla Jeune Parque, 1917, di Paul Valéry o
    dalla Waste Land, 1922, di Eliot ove già si figura nel
    "drowned Phoenician Sailor" il "Piloto vinto d'un disperso emblema"
    del Recitativo di Palinuro. E, più ancora, affiora la recente
    esperienza dei Four Quartets, 1936-42, ove "Moves perpetually in its
    stillness", - perpetuamente muove nella sua quiete - il desiderio di
    forma: "effimero / Eterno freme in vele d'un indugio" (Cori [...] di
    Didone, VIII).
    
    Come nel suo Petrarca, il Triumphus Eternitatis sarà
    assorbito dal buio nella notte dell'ossimoro: "Mi fanno più
    non essere che notte, / Nell'urlo muto, notte" (Ultimi Cori per la
    Terra Promessa, 12; dal Taccuino del Vecchio, 1960), nell'afono
    vuoto: "Che, dal fondo di notti di memoria, / Recuperate, in vuoto /
    S'isoleranno presto, / Sole sanguineranno" (ivi, 12). La poesia
    dell'ultimo Ungaretti si colloca accanto alle voci più nude
    della desolazione, come quella di Celan, che tradurrà
    mirabilmente La Terra Promessa (Das verheissene Land) e il Taccuino
    del Vecchio (Das Merkbuch des Alten). Anche quando non rimanga che
    "dondolo del vuoto" (L'impietrito e il velluto, 1970), deserto e
    Lösspuppen, crisalidi di Loess e "impalpabile dito di macigno",
    pure, per memoria di forma, il ritorno è, sempre, istante
    possibile: "Petrarca / ist wieder / in Sicht" (Celan), "Fulmineo
    torna presente pietà" (L'impietrito e il velluto, clausola),
    nell'eterno bagliore / abbaglio di illuminazione e miraggio:
    "Incontro al lampo dei miraggi / Nell'intimo e nei gesti, il vivo /
    Tendersi sembra sempre" (Monologhetto). L'eterno Ist wieder:
    è di ritorno, nuovamente, nostra unica eternità,
    memoria di poesia che rinnova ricreando, unico e solo "diritto di
    ritorno" - "zurück - und zurückreicht" - che sempre ci
    resta:
    
    E nel silenzio restituendo va,
    
    A gesti tuoi terreni
    
    Talmente amati che immortali parvero,
    
    Luce.
    
    (Ungaretti, Segreto del poeta).
    
    Und in der Stille
    
    deinen Erden-Gesten
    
    - so sehr geliebt, daß sie mir
    
    [unsterblich schienen -
    
    zurück - und zurückreicht:Licht.
    
    (Celan, Dichters Geheimnis).
    
    Carlo Maria Ossola