Ungaretti e il fascismo


da http://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1997/11/05/Cultura/UNGARETTI

UNGARETTI: A MUSSOLINI, ''SIETE UN SIGNORE DEL RINASCIMENTO''
RITROVATA LA LETTERA CON LA QUALE CHIEDEVA PREFAZIONE NEL 1922

Roma, 5 nov. (Adnkronos) - Un signore del Rinascimento: così Benito Mussolini, subito dopo la presa del potere, appariva agli occhi di Giuseppe Ungaretti. Il capo del fascismo, secondo il poeta, era l'unico, in quel momento, capace di offrirgli un riconoscimento ufficiale adeguato al proprio valore artistico, attraverso il quale migliorare anche il tenore di vita. E' quanto emerge dalla lettera inedita con la quale Ungaretti richiese a Mussolini (ottenendola) la prefazione alla sua piu' celebre raccolta poetica, ''Il porto sepolto'', stampata a La Spezia nel 1923. Il documento autografo, conservato all'Archivio Centrale dello Stato, e' stato ritrovato da Francesca Petrocchi, ordinario di letterature moderne comparate all'universita' di Viterbo, che lo ha inserito nel volume ''Scrittori italiani e fascismo'', di prossima pubblicazione dall'Archivio Guido Izzi di Roma.

La scoperta mostra che fu proprio Ungaretti a contattare direttamente Mussolini, senza la mediazione di Ardengo Soffici o Ettore Serra, come sostenuto da alcuni studiosi. La lettera porta la data del 5 novembre 1922 (il 31 ottobre il leader fascista era diventato capo del governo, tre giorni dopo la marcia su Roma) ed apre il ''fascicolo Ungaretti'' conservato tra le carte della Segreteria Particolare del Duce.

Ungaretti ricordava che il suo ''valore di poeta'' era stato riconosciuto tra gli altri, da Soffici, Papini e Prezzolini, cosi' come da molti illustri intellettuali francesi (Valery, Apollinaire, Breton), i quali lo avevano esaltato ''con parole non piu' usate da lungo tempo verso uno scrittore d'Italia''. Scriveva percio' a Mussolini: ''Meriterei di essere da un pubblico piu' vasto conosciuto ed amato. Finora non conosco bene che la fame. L'Italia nuova deve sapere dare di piu' al valore. Vuole Vostra Eccellenza che la rinnovata italianita' sta consacrando, innalzare anche la mia fede? Riccorro a V. E. come a un signore della Rinascenza. Quando l'Italia e' stata grandissima nel mondo, i potenti non sdegnarono di coronarla di bellezza (ch'e' la sola cosa non peritura)''.

A parere di Ungaretti, ''poche righe di prefazione'' da parte del nuovo capo di governo -''quando le gravi cure dello Stato le daranno un momento di tregua''- sarebbero state per lui ''agli occhi di tutti, un gran segno d'onore''.

*

da http://members.xoom.virgilio.it/AlbertoPian/Teledidattica/Letteratura/Vegliahtm/VegliaContenuto/UngarettiEIlFascismo.html

"Patria e rivoluzione: ecco il grido nuovo. (...) Aderisco ai fasci di combattimento, il solo partito che intende la tradizione e l'avvenire, in modo genuino."

(in: Il Popolo d'Italia, 13 novembre 1919).

Non abbiamo alcuna notizia di un ripensamento di Ungaretti sulla sua adesione al fascismo, neppure dopo la sua caduta.

L'adesione al fascismo da parte di Ungaretti è un problema notevole della critica letteraria e biografica, che andrebbe indagato a fondo e che non è mai stato preso seriamente in considerazione. Le sue poesie contro la guerra e poi la sensibilità e l'umanità dimostrata dal poeta sono in stridente contraddizione con l'adesione ad un movimento che faceva delle persecuzione politica e poi dell'alleanza con il nazismo (anche avallando e praticando direttamente le persecuzioni ebraiche), i suoi mezzi di lotta correnti. Contraddizione ancor più evidente se si pensa al nuovo massacro del secondo conflitto mondiale, del tutto simile a quello a cui si riferiva e che condannava lo stesso Ungaretti nelle sue liriche del 1915 - 1916. Ungaretti visse personalmente questo periodo. Nel 1924, per esempio, non si ha notizia di una sua reazione di fronte all'omicidio del deputato socialista Matteotti. Certo, nel 1944 scrisse nuovamente contro la guerra: "Non gridate più", e la raccolta del "Dolore". E tuttavia mantenne i suoi rapporti con il fascismo ed addirittura le sue relazioni personali con Mussolini, che gli fece avere la cattedra universitaria Roma.

L'adesione di Ungaretti al fascismo rimane dunque una grande ombra sulla sua vita e sulla sua integrità morale. D'altra parte la sua poesia e le sue riflessioni, cariche di umanità, testimoniano la genuinità della sua lirica che non era certo al servizio del "regime".

Resta quindi, in sede biografica, l'interrogativo: come si conciliava in Ungaretti l'alta valenza morale ed umana delle sua poetica con la propria posizione politica? E' possibile che il dissidio tra poetica e prassi giunga fino a limiti così estremi e, se sì, perché?

*

Wikipedia


Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è stato un poeta e scrittore italiano.

Biografia

Anni giovanili

Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto, nel quartiere periferico di Moharrem Bey, l'8 febbraio 1888 (ma venne denunciato all'anagrafe come nato il 10 febbraio, e festeggiò sempre il suo compleanno in quest'ultima data) da genitori italiani originari di Lucca. Il padre, operaio allo scavo del Canale di Suez, morì due anni dopo la nascita del poeta in un incidente sul lavoro, nel 1890. La madre, Maria Lunardini, mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale garantì gli studi al figlio, che si poté iscrivere in una delle più prestigiose scuole di Alessandria, la Svizzera École Suisse Jacot.

L'amore per la poesia nacque durante questo periodo scolastico e si intensificò grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo; Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata ed una badante argentina.

In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all'abbonamento a La Voce, alla letteratura italiana: inizia così a leggere le opere, tra gli altri, di Rimbaud, Mallarmé, Leopardi, Nietzsche, Baudelaire, quest'ultimo grazie all'amico Moammed Sceab.

Ebbe anche uno scambio di lettere con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l'esperienza della "Baracca Rossa", un deposito di marmi e legname dipinto di rosso che divenne sede di incontri per anarchici e socialisti.

Lavorò per qualche tempo come corrispondente commerciale, ma realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per svolgere gli studi universitari.

Soggiorno in Francia

Nel 1912 Ungaretti, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lasciò l'Egitto e si recò a Parigi. Nel tragitto vide per la prima volta l'Italia ed il suo paesaggio montano. A Parigi frequentò per due anni le lezioni del filosofo Bergson, del filologo Bédier e di Strowschi, alla Sorbonne e al Collège de France.

Venuto a contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, e analoga amicizia strinse anche con Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Picasso, De Chirico, Modigliani e Braque. Invitati da Papini, Soffici e Palazzeschi iniziarono la loro collaborazione alla rivista Lacerba.

Nel 1913 morì l'amico d'infanzia Sceab, suicida nell'albergo di rue des Carmes che condivideva con Ungaretti. Nel 1916, all'interno de Il porto sepolto, verrà pubblicata la poesia a lui dedicata, In memoria.

In Francia Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le sue conoscenze letterarie e il suo stile poetico. Dopo qualche pubblicazione su Lacerba, decise di partire volontario per la Grande Guerra.

La Grande Guerra

Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, Ungaretti partecipò alla campagna interventista, per poi arruolarsi volontario nel 19º reggimento di fanteria, quando il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra. Combatté sul Carso e in seguito a questa esperienza scrisse le poesie che, raccolte dall'amico Ettore Serra (un giovane ufficiale), vennero stampate in 80 copie presso una tipografia di Udine nel 1916, con il titolo Il porto sepolto. Collaborava a quel tempo anche al giornale di trincea Sempre Avanti. Trascorse un breve periodo a Napoli, nel 1916 (testimoniato da alcune poesie, per esempio Natale: "Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo di strade..."). Il 26 gennaio 1917 a Santa Maria la Longa (UD) scrisse la nota poesia Mattina.

Nella primavera del 1918 il reggimento al quale apparteneva Ungaretti andò a combattere in Francia nella zona di Champagne. Al suo rientro a Parigi il 9 novembre 1918, nel suo attico parigino, trovò il suo amico Apollinaire stroncato dalla Spagnola.

Tra le due guerre

Al termine della guerra il poeta rimase a Parigi dapprima come corrispondente del giornale Il Popolo d'Italia, ed in seguito come impiegato all'ufficio stampa dell'ambasciata italiana. Nel 1919 venne stampata a Parigi la raccolta di poesie francesi La guerre, che sarà poi inserita nella seconda raccolta di poesie Allegria di naufragi pubblicata a Firenze nello stesso anno.

Nel 1920 il poeta sposò Jeanne Dupoix, dalla quale avrà due figli, Anna Maria (o Anna-Maria, come soleva firmare, con trattino alla francese), detta Ninon (17 febbraio 1925) e Antonietto (19 febbraio 1930).

Nel 1921 si trasferì a Marino (Roma) e collaborò all'Ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Gli anni venti segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Egli aderì al fascismo firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925.

In questi anni egli svolse una intensa attività su quotidiani e riviste francesi (Commerce e Mesures) e italiane (sulla La Gazzetta del Popolo), e realizzò diversi viaggi in Italia e all'estero per varie conferenze, ottenendo nel frattempo vari riconoscimenti di carattere ufficiale, come il Premio del Gondoliere. Furono questi anche gli anni della maturazione dell'opera Sentimento del Tempo; prime pubblicazioni di alcune sue liriche avvennero su L'Italia letteraria e Commerce. Nel 1923 venne ristampato Il porto sepolto presso La Spezia, con una sbrigativa prefazione di Benito Mussolini, che aveva conosciuto nel 1915, durante la campagna dei socialisti interventisti.

L'8 agosto 1926, nella villa di Pirandello, nei pressi di Sant'Agnese, sfidò a duello Massimo Bontempelli a causa di una polemica nata sul quotidiano romano "Il Tevere". Ungaretti fu leggermente ferito al braccio destro e il duello finì con una riconciliazione. Nel 1928 maturò invece la sua conversione religiosa al cattolicesimo, evidente nell'opera Sentimento del Tempo.

A partire dal 1931 ebbe l'incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo e si recò in Egitto, in Corsica, in Olanda e nell'Italia meridionale, raccogliendo il frutto delle esperienze vissute in Il povero nella città (che sarà pubblicato nel 1949), e nella sua rielaborazione Il deserto e dopo, che vedrà la luce solamente nel 1961. Nel 1933 il poeta aveva raggiunto il massimo della sua fama.

Nel 1936, durante un viaggio in Argentina su invito del Pen Club, gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana presso l'Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi con tutta la famiglia, vi rimarrà fino al 1942. A San Paolo nel 1939 morirà il figlio Antonietto, all'età di nove anni, per un'appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di grande prostrazione interiore, evidente in molte delle poesie raccolte ne Il Dolore del 1947 e in Un Grido e Paesaggi del 1952.

La seconda guerra mondiale e il dopoguerra

Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia e venne nominato Accademico d'Italia e «per chiara fama» professore di letteratura moderna e contemporanea presso l'Università di Roma, ruolo che mantenne fino al 1958 e poi, come "fuori ruolo", fino al 1965. Intorno alla sua cattedra si formarono alcuni intellettuali che in seguito si sarebbero distinti per importanti attività culturali e notevoli carriere accademiche, come Leone Piccioni, Luigi Silori, Mario Petrucciani, Guido Barlozzini, Raffaello Brignetti, Ornella Sobrero, Elio Filippo Accrocca.

A partire dal 1942 la casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione dell'opera omnia di Ungaretti, intitolata Vita di un uomo. Nel secondo dopoguerra Ungaretti pubblicò nuove raccolte poetiche, dedicandosi con entusiasmo a quei viaggi che gli davano modo di diffondere il suo messaggio, e ottenendo significativi premi come il Premio Montefeltro nel 1960 e il Premio Etna-Taormina nel 1966.

Gli ultimi anni

In Italia raggiunse una certa notorietà presso il grande pubblico nel 1968, grazie alle sue intense letture televisive di versi dell'Odissea (che precedevano la nota versione italiana del poema omerico per il piccolo schermo, a cura del regista Franco Rossi).

Nel 1958 ricevette la cittadinanza onoraria di Cervia. Nel 1969 fondò l'associazione Rome et son histoire.

Nella notte tra il 31 dicembre 1969 e il 1º gennaio 1970 scrisse l'ultima poesia, L'Impietrito e il Velluto, pubblicata in una cartella litografica il giorno dell'ottantaduesimo compleanno del poeta.

Nel 1970 conseguì un prestigioso premio internazionale dell'Università dell'Oklahoma, negli Stati Uniti, dove si recò per il suo ultimo viaggio che debilitò definitivamente la sua pur solida fibra.

Morì a Milano nella notte tra il 1º e il 2 giugno 1970 per broncopolmonite. Il 4 giugno si svolse il suo funerale a Roma, nella Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, ma non vi partecipò alcuna rappresentanza ufficiale del Governo italiano.

È sepolto nel Cimitero del Verano accanto alla moglie Jeanne.

Poetica

L'Allegria segna un momento chiave della storia della letteratura italiana: Ungaretti rielabora in modo molto originale il messaggio formale dei simbolisti (in particolare dei versi spezzati e senza punteggiatura dei Calligrammes di Guillaume Apollinaire), coniugandolo con l'esperienza atroce del male e della morte nella guerra. Al desiderio di fraternità nel dolore si associa la volontà di ricercare una nuova "armonia" con il cosmo che culmina nella citata poesia Mattina (1917), o in Soldati. Questo spirito mistico-religioso si evolverà nella conversione in Sentimento del Tempo e nelle opere successive, dove l'attenzione stilistica al valore della parola (e al recupero delle radici della nostra tradizione letteraria), indica nei versi poetici l'unica possibilità dell'uomo, o una delle poche possibili, per salvarsi dall'"universale naufragio".

Il momento più drammatico del cammino di questa vita d'un uomo (così, come un "diario", definisce l'autore la sua opera complessiva) è sicuramente raccontato ne Il Dolore: la morte in Brasile del figlioletto Antonio, che segna definitivamente il pianto dentro del poeta anche nelle raccolte successive, e che non cesserà più d'accompagnarlo. Solo delle brevi parentesi di luce gli sono consentite, come la passione per la giovanissima poetessa brasiliana Bruna Bianco, o i ricordi d'infanzia ne I Taccuini del Vecchio, o quando rievoca gli sguardi d'universo di Dunja, anziana tata che la madre aveva accolto nella loro casa d'Alessandria:
   
« Il velluto dello sguardo di Dunja
Fulmineo torna presente pietà »
    (da L'Impietrito e il Velluto, 1970)

La fortuna di Ungaretti

La poesia di Ungaretti creò un certo disorientamento sin dalla prima apparizione del Porto Sepolto. A essa arrisero i favori sia degli intellettuali de La Voce, sia degli amici francesi, da Guillaume Apollinaire ad Aragon, che vi riconobbero la comune matrice simbolista. Non mancarono polemiche e vivaci ostilità da parte di molti critici tradizionali e del grande pubblico. Non la compresero, per esempio, i seguaci di Benedetto Croce, che ne condannarono il frammentismo.

A riconoscere in Ungaretti il poeta che per primo era riuscito a rinnovare formalmente e profondamente il verso della tradizione italiana, furono soprattutto i poeti dell'ermetismo, che, all'indomani della pubblicazione del Sentimento del tempo, salutarono in Ungaretti il maestro e precursore della propria scuola poetica, iniziatore della poesia «pura». Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento.

*

da http://www.homolaicus.com/letteratura/ungaretti.htm

GIUSEPPE UNGARETTI (1888-1970)

Nasce ad Alessandria d'Egitto nel 1888 da genitori lucchesi, che vi erano emigrati sia per motivi di lavoro che per le loro idee anarchiche. Il padre, operaio allo scavo del Canale di Suez, morirà due anni dopo la nascita del poeta. La madre era fornaia. Può comunque fare gli studi superiori in una delle più prestigiose scuole di Alessandria. Nella prima giovinezza frequenta le associazioni anarchiche e socialiste dei nostri emigrati. Legge Baudelaire, Leopardi e Nietzsche.

Dal 1912 al '14 frequenta a Parigi la Sorbona e partecipa ai dibattiti delle avanguardie artistiche e letterarie del tempo, legandosi d'amicizia al poeta surrealista Apollinaire e a pittori come Picasso (cubista), Modigliani e De Chirico (metafisico). Apprezza anche il simbolismo di Valery e la filosofia intuizionistica di Bergson. Ma lo interessano anche le esperienze di rinnovamento della forma e della parola poetica, operate dai crepuscolari e dai futuristi (ha infatti scambi epistolari con Soffici, Papini, Palazzeschi).

Giunto in Italia nel 1914, entra subito in contatto con i giovani intellettuali che facevano capo alle riviste "La Voce" (antidannunziana) e "Lacerba" (su quest'ultima -di indirizzo futurista- pubblica le sue prime poesie, anch'esse influenzate dai modi crepuscolari e futuristi). Nel 1916 pubblica, in pochissime copie, la sua prima raccolta di poesie, Il porto sepolto, che confluirà poi nell'Allegria di naufragi del 1919. In questa raccolta è evidente lo stretto legame tra poesia ed esperienza autobiografica.

Viene chiamato alle armi e combatte dal 1915 al '18 come soldato semplice prima sul Carso e sull'Isonzo, poi sul fronte francese. Ungaretti era di idee interventiste. E' nel corso della guerra che matura i temi fondamentali della sua poesia. Egli cioè matura la convinzione che, essendo la sua un'epoca "tragica", la poesia deve fornire una conoscenza a-logica, a-razionale, intuitiva, che aiuti a ritrovare l'originaria purezza-innocenza.

Dopo la fine della guerra soggiorna ancora a Parigi, poi nel '20 si stabilisce a Roma con un impiego presso il Ministero degli esteri. Nel '23 ripubblica Il porto sepolto: questa volta con una presentazione di Mussolini. Intorno al '28, nel monastero di Subiaco, matura la sua conversione religiosa, poiché egli si rende conto che scoprire il mistero dell'animo umano significa, in ultima istanza, scoprire Dio. Scrive gli Inni, che sono il cuore del suo secondo libro, Sentimento del tempo, pubblicato nel '33. Nel '31 aveva ripubblicata la raccolta Allegria di naufragi, col titolo Allegria.

Nel '36, a causa di ristrettezze economiche, decide di accettare la cattedra di Letteratura italiana presso l'Università di San Paolo in Brasile, dove resterà, con la famiglia, sino al '42, cioè fino a quando anche il Brasile entrerà nella seconda guerra mondiale. Nel '39 gli muore il figlio Antonio di 9 anni: questa esperienza, insieme a quella della morte del fratello e allo scoppio della guerra, lo portano a scrivere nel '47 Il dolore.

Finalmente ottiene, per chiara fama, la cattedra di Letteratura moderna e contemporanea all'Università di Roma, dove resterà fino al '58. Muore a Milano nel 1970, al ritorno da un viaggio negli Usa. Poco prima Mondadori aveva pubblicato in un unico volume tutta la sua produzione letteraria: Vita d'un uomo.

IDEOLOGIA E POETICA

Ungaretti vive nel periodo in cui la borghesia, dopo aver realizzato in Italia il capitalismo, non porta avanti gli ideali di giustizia e libertà, ma si chiude in se stessa, temendo di perdere la propria egemonia, e affida la risoluzione delle proprie contraddizioni sociali prima al colonialismo-imperialismo, poi alla guerra mondiale, al fascismo e alla II guerra mondiale.

Ungaretti è il maestro riconosciuto dell'Ermetismo. Il termine "ermetico" significa "chiuso", "oscuro". La definizione venne adottata per la prima volta dalla critica nel '36, in riferimento soprattutto alla sua poesia. Successivamente si inclusero negli ermetici anche Montale, Saba e in parte Quasimodo.

- L'Ermetismo si oppone soprattutto al Decadentismo di D'Annunzio, cioè agli atteggiamenti estetizzanti e superomistici; ma anche a quello del Pascoli, giudicato troppo bozzettistico e malinconico, troppo soggettivo e poco universale.

- L'Ermetismo si oppone anche ai crepuscolari, ai futuristi, ai "vociani", perché non si accontenta di una riforma stilistica e non sopporta la retorica.

E' l'esperienza della guerra che rivela al poeta la povertà dell'uomo, la sua fragilità e solitudine, ma anche la sua spontaneità e semplicità (primitivismo) che viene ritrovata nel dolore. L'esistenza è un bene precario ma anche prezioso. In guerra egli si è sottratto ad ogni vanità e orgoglio; nella distruzione e nella morte ha però riscoperto il bisogno di una vita pura, innocente, spontanea, primitiva. Ha acquisito compassione per ogni soldato coinvolto nell'assurda logica della guerra: ha maturato, per questo, un profondo senso di fraterna solidarietà. La sua visione esistenziale è dolorosa perch'egli pensa che l'uomo non abbia la possibilità di concretizzare le sue aspirazioni conoscitive e morali. Ungaretti non crede nelle filosofie razionali e cerca di cogliere la realtà attraverso una poetica che s'incentri sull'analogia, cioè sul rapido congiungimento di ordini fenomenici diversi, di immagini fra loro molto lontane che la coscienza comune non metterebbe insieme.

Questa esperienza lo porta a rifiutare -soprattutto nell'Allegria- ogni forma metrica tradizionale: rifiuta il lessico letterario, le convenzioni grammaticali, sintattiche e retoriche (ad es. elimina la punteggiatura, il "come" nelle analogie, ecc. Diventano importanti gli accenti tonici, le pause). Crea un ritmo totalmente libero, con versi scomposti, brevissimi, scarni, fulminei, dove la singola parola acquista un valore assoluto, dove il titolo è parte integrante del testo. La poetica qui è frammentaria, allusiva, scabra, anche perché il poeta non ha una realtà ben chiara da offrire.

Ne Il porto sepolto Ungaretti lascia intendere che poesia significa possibilità di contemplare la purezza in un mondo caotico e assurdo, ma la poesia dev'essere espressione di un'esperienza particolare, intensamente vissuta: la ricerca del vocabolo giusto è faticosa, perché l'uomo deve liberarsi del male che è in lui e fuori di lui.

Ne L'allegria il poeta non accetta le illusioni e preferisce star solo con la sua sofferenza (cfr. Peso, dove al contadino-soldato che si affida, ingenuamente, alla medaglia di Sant'Antonio per sopportare meglio il peso della guerra, il poeta preferisce stare "solo", "nudo", cioè senza illusioni ("senza miraggio"), con la sua anima. Ungaretti tuttavia non è ateo: si limita semplicemente a chiedersi che senso ha Dio in un mondo di orrori (cfr Risvegli) e perché gli uomini continuano a desiderarlo quando ciò non serve loro ad evitare gli orrori (cfr Dannazione). Il contrasto è fra una religiosità tradizionale, superficiale, e una religiosità più intima e sofferta, che in Fratelli si esprime come profonda umanità, partecipazione al dolore universale. E' solo negli Inni che Ungaretti ripone nella fede religiosa la soluzione delle contraddizioni umane (cfr La preghiera).

Il superamento dell'autobiografismo e la modificazione dello stile ermetico avviene nel Sentimento del tempo. Qui il poeta ha consapevolezza che il tempo è cosa effimera rispetto all'eterno (la riflessione è molto vicina ai temi della religione). La poesia aspira a dar voce ai conflitti eterni, a interrogativi drammatici: solitudine e ansia di una comunicazione con gli altri, rimpianto di un'innocenza perduta e ricerca di un'armonia col mondo, ecc. In questa raccolta Ungaretti ritrova i metri e i moduli della tradizione poetica italiana (ad es. riscopre il valore dell'endecasillabo, del sistema strofico, della struttura sintattica).

L'ultima importante raccolta, Il dolore, contiene 17 liriche dedicate al figlio e altre poesia di contenuto storico (sulla IIa guerra mondiale). Qui il discorso diventa più composto, quasi rasserenato. Toni e parole paiono affiorare da un'alta saggezza raggiunta al prezzo di una drammatica sofferenza. Il poeta esprime una inappagata ma inesauribile tensione alla pace e all'amore universali.

La tristezza di Ungaretti

I)

L'ermetismo è una forma d'individualismo ma sofferente. E' più profondo del decadentismo del Pascoli e di tutte le correnti ad esso contemporanee: futurismo, crepuscolarismo, superomismo dannunziano, "vocismo"...; forse lo si può paragonare al simbolismo francese.

L'ermetismo però non contiene messaggi etico-politici significativi. Anzi, con Ungaretti (che era partito, come il Pascoli, dal socialismo anarchico), esso giunge a desiderare la dittatura politica, nell'illusione di poter risolvere i mali sociali.

Il suo ermetismo, che fu apprezzato da Mussolini, esprime il bisogno di recuperare la purezza originaria degli individui, la loro primitiva semplicità e forza d'animo. L'intenzione, di per sé, è lodevole, ma se in politica si cerca di affermare un principio del genere, senza realizzare, nel contempo, una rivoluzione sociale e culturale, lo sbocco verso l'ideologia fascista diventa inevitabile, anche se un poeta come Ungaretti non potrà non accorgersi, in seguito, che il regime fascista, incapace di affrontare la complessità della vita, predicava solo illusioni e mistificazioni.

II)

C'è della sensualità nella poesia Natale, soprattutto laddove si parla di "caldo buono" e di "quattro capriole". Il poeta sembra aver rifiutato l'invito dei suoi amici soldati, in licenza come lui, di dimenticare (forse in qualche postribolo) le fatiche e gli orrori della guerra.

Al poeta non piacciono gli atteggiamenti superficiali, evasivi: egli ha "troppa stanchezza", cioè troppa amarezza, per poter fingere. Preferisce star solo coi suoi pensieri piuttosto che, senza pensieri, nelle braccia d'una donna d'occasione. Gli sembrerebbe di tradire se stesso, di venir meno all'impegno di prendere con serietà le cose della vita.

Il "caldo buono" è quello che riscalda l'anima, non il corpo, quello che riconcilia con l'esistenza, che aiuta ad accettare il dolore con sobrietà e coerenza. Anche questo è un modo di vivere la sensualità: "le quattro capriole di fumo nel focolare" gli tengono compagnia come un'amante che lo conosca nel suo più profondo.