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Il termine stalinismo, in senso stretto, indica la politica di
Stalin nel periodo in cui fu a capo dell'URSS, dal 1927 al 1953. In
parte questo termine è stato usato impropriamente come
sinonimo di comunismo ma di fatto ebbe alcune profonde
peculiarità che lo distinguono dalla linea politica di altri
teorici comunisti (ad esempio Lev Trockij e Rosa Luxemburg), sia dal
leninismo concepito da Lenin. Prendendo in considerazione l'analisi
della Storia proposta da molti teorici del Marxismo-Leninismo, il
termine 'stalinismo' risulta storicamente inesatto, ritenuto un
sinonimo semplicistico di derivazione anti-sovietica del più
corretto marxismo-leninismo teorizzato da Lenin. Questo
perché Stalin, a differenza di Lenin, non ha mai fatto
riferimento, nei suoi saggi, ad una presunta nuova via personale al
Marxismo, non ha mai utilizzato il termine 'stalinismo', ma ha
sempre fatto riferimento, almeno a parole, al marxismo di matrice
leninista, del quale si riteneva il legittimo successore.
Mentre la direzione del partito comunista russo fino alla morte di
Lenin era a carattere collegiale sotto Stalin si
caratterizzerà come "dittatura di un uomo solo", dittatura di
un uomo sull'apparato, sul partito, e infine sul paese e su tutto il
movimento operaio internazionale. La destalinizzazione, dovuta
principalmente all'opera di Nikita Khruščёv, intendeva ripristinare
la "legalità socialista" violata da Stalin, e cioè il
ritorno ai metodi collegiali anteriori, e che effettivamente
Khruščёv mise in atto.
Stalinisti furono anche definiti alcuni regimi di paesi socialisti
che si opposero alla destalinizzazione, quali la Cina di Mao
Tse-tung, la Corea del Nord, l'Albania, che modificarono
(intiepidendo) i loro rapporti con l'URSS a seguito della
destalinizzazione.
In un senso più largo il termine stalinismo indica spesso una
visione, o se si vuole, una trasformazione delle idee del marxismo e
del movimento operaio in modo da creare una rigida, e piuttosto
elementare, dottrina del mondo e della storia, una visione
filosoficamente platonica ("oggettiva") del realismo, e la
sussunzione sistematica di ogni accidente o compromesso, anche di
natura più temporanea, sotto categorie teoretiche, allo scopo
di fornirne una giustificazione in termini dottrinari e ideologici.
Sotto Stalin, cresciuto in un seminario ortodosso, anche l'ateismo
viene esercitato come una religione, che si contrappone in modo
incompatibile alle altre religioni (demolizioni di chiese, messa
fuori legge dei sacerdoti e delle pratiche religiose). In questa
accezione il termine stalinismo acquista una connotazione più
culturale che politica. Questo è ad esempio il significato
con il quale il termine viene applicato talvolta anche a partiti,
idee, personalità, che in senso stretto, politico, tali non
possono definirsi. E sempre in questo senso, l'atteggiamento e
l'azione del destalinizzatore Khruščёv di fronte alla rivoluzione
ungherese del 1956 sono stati anche definiti come stalinisti. In
questa accezione stalinista è spesso usato come un epiteto
negativo, con un senso politico e culturale più che storico.
L'opposizione allo stalinismo
All'ascesa di Stalin nel controllo totale del Partito comunista
russo l'unico che si oppose con continuità e coerenza, sia
pure inefficacemente, fu il suo principale rivale alla successione
di Lenin, cioè Lev Trockij. A differenza di Trockij, che
riteneva che la rivoluzione socialista avesse senso solo in una
prospettiva planetaria e globale (la teoria della "rivoluzione
permanente") e con una democrazia totale dei lavoratori diretta e
partecipata, Stalin riteneva che si dovesse accettare l'idea di un
"socialismo in un solo paese", anche se capitalisticamente arretrato
come la Russia, guidato da un apparato di partito autocratico e
totalmente fuori del controllo democratico della società
civile.
Trockij costituisce quella che verrà poi definita
"opposizione di sinistra" a Stalin. Trockij in seguito
prenderà la via dell'esilio per finire assassinato per mano
di un sicario di Stalin in Messico nel 1940, dopo aver fondato la
Quarta Internazionale, alternativa alla Terza, di matrice
stalinista.
Lo stalinismo nell'Unione Sovietica
Il corso politico di Stalin può essere caratterizzato da vari
elementi. Anzitutto una feroce repressione del dissenso politico,
reale o anche solo potenziale, iniziata con le Grandi purghe del
1935-1936, "l'eliminazione dei kulaki (contadini benestanti) come
classe", operazione svolta con mezzi fondamentalmente militari,
potenziamento dell'esercito e deportazioni dei gruppi sociali o
nazionali "ostili" o potenzialmente tali nei terribili campi di
concentramento sovietici (Gulag), nei quali confluiranno poi anche
molti prigionieri di guerra.
In seguito Stalin si produsse in una sistematica eliminazione di
tutto ciò che potesse in qualche modo mettere in discussione
il suo ruolo, o semplicemente - anche solo potenzialmente - fargli
ombra. Inoltre, per assicurarsi sicuri appoggi, eliminò
progressivamente ogni rappresentante di quella che di volta in volta
poteva essere considerata una "vecchia guardia", sia politica sia
professionale, allo scopo di sostituirla con elementi nuovi, da lui
promossi, e pertanto a lui grati e fedeli. Per questo procedette ad
una epurazione massiccia della stessa Armata Rossa, promuovendo
giovani quadri e ufficiali, sulla base di requisiti di
fedeltà più che di capacità, a scapito degli
elementi più esperti, ma per questo motivo più
potenzialmente autonomi. È condivisa l'opinione (espressa nei
suoi scritti su Stalin, ad esempio, da Roy Medvedeev) che agli esiti
di questa operazione, oltre a specifici errori di Stalin, si debba
la relativa facilità con la quale le armate tedesche
penetrarono profondamente nel territorio sovietico nel corso
dell'Operazione Barbarossa nonostante il preavviso a Stalin fornito
dalla spia sovietica presso i tedeschi Richard Sorge.
Allo scopo di allestire i processi (purghe) venivano utilizzate
false accuse (spionaggio verso paesi stranieri, trockijsmo,
frazionismo, in arte "formalismo", deviazionismo, cosmopolitismo,
ecc.) che spesso venivano confermate dagli stessi interessati, per
un malinteso senso di fedeltà alla causa e al partito, o
nella speranza di essere giustiziati ponendo così rapidamente
fine alle sofferenze date dalle torture.
Altro elemento che caratterizza il corso politico di Stalin è
il recupero del nazionalismo panrusso, l'ostilità verso il
"cosmopolitismo" e, in genere, contro ogni tendenza che subordinasse
l'interesse nazionale, inteso nel senso più tradizionale, ad
interessi più generali, anche se rivoluzionari o
internazionalisti.
Sotto il governo di Stalin la Čeka, poi trasformata in NKVD
(Commissariato del popolo per gli affari interni), la temuta polizia
segreta sovietica, raggiunse l'apice del suo potere. Tuttavia
neanche essa era dotata di un potere indipendente, e lo stesso suo
capo Nikolaj Ivanovič Ežov, così importante da dare per il
periodo del suo apogeo il nome alle purghe (chiamate allora in URSS
ezovcine), finì vittima a sua volta di una purga. Vi sono
testimonianze [1] che Stalin si fosse dotato di una rete di
informatori del tutto autonoma, personale, che egli utilizzava, alla
bisogna, contro i dirigenti da lui stesso favoriti e nominati.
Per questi motivi, una volta conosciuta la realtà del suo
regime, lo stalinismo è diventato sinonimo di terrore e
oppressione. Fu appunto Nikita Khruščёv, salito al potere dopo la
morte del dittatore dopo essere riuscito a sbarazzarsi dell'erede
putativo di Stalin, Lavrentij Berija, arrestandolo con un
trabocchetto, a denunciare per primo i crimini di Stalin,
definendoli "violazioni della legalità socialista".
Critiche allo stalinismo
Alcuni giudicano il regime di Stalin, lo stalinismo politico, come
una degenerazione patologica del comunismo. Lo stesso Partito
Comunista Italiano, sia pure in epoca molto posteriore ai fatti,
assunse questa posizione. Questo non ha impedito ad alcuni dirigenti
(come nel caso, tardivo, di Palmiro Togliatti) di operare dei
distinguo, separando l'azione politica di Stalin dalla sua dottrina,
criticando la prima ma salvando la seconda. I sostenitori della
visione dello stalinismo politico come degenerazione che si oppone
all'epoca di Lenin portano le seguenti ragioni:
lo stalinismo ha tratto teoricamente origine dal
leninismo ma già Lenin aveva previsto che la gestione del
partito sotto Stalin avrebbe potuto degenerare. «Il compagno
Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani
un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene
sempre con sufficiente prudenza» (Testamento di Lenin )
è stato calcolato che solo nel biennio
1937-1938 il numero di vittime della repressione ammontò a
40mila al mese, dei quali molti avrebbero dovuto essere considerati
proletari, la classe rivoluzionaria secondo i comunisti.
disse Khruščёv: «gli stessi membri del
Politburo avevano paura di essere convocati da Stalin: non sapevano
mai che cosa poteva loro capitare!». Delle 31 persone tra
coloro che entrarono nei Politburo di Lenin e Stalin (1919-1938)
effettivamente solo sei sopravvissero a Stalin (Andreev, Kaganovich,
Krusciov, Mikojan, Molotov, Voroscilov). Degli altri 25: 19 furono
fucilati, 2 si suicidarono e solo 4 morirono di morte naturale.
Questo è stato il tipico approccio di una certa "ortodossia"
abbastanza diffusa nei partiti comunisti occidentali, dopo la
destalinizzazione. I sostenitori della visione secondo la quale
invece il regime di Stalin trae origine dalle concezioni populiste
verso le quali Lenin stesso indulse, e quindi, che si trattò
di una degenerazione nel senso di estremizzazione, portano invece le
seguenti ragioni:
Stalin si impadronì di un partito oramai
divenuto a sua volta totalmente padrone del quadro politico, senza
reali riferimenti sociali, senza interlocutori né
opposizione, sostituitosi ormai allo stato, dopo la distruzione di
ogni opposizione politica e dei soviet, suggellata definitivamente
dalla repressione di Kronstadt.
Lo stesso Trockij non riuscì ad opporsi
efficacemente alla irresistibile ascesa del tiranno perché
non seppe mai liberarsi del mito del partito, all'interno del quale
la sua lotta politica restò sempre confinata, e non si
rivolse mai alla società civile per un malinteso spirito di
disciplina (anche esso fortemente derivato dalle idee del populismo
russo). In ogni caso nella società civile, anche per
responsabilità dello stesso Trockij, era stata fatta terra
bruciata e non esistevano probabilmente più forze in grado di
opporsi.
La "teoria del socialismo in un solo paese", un
ossimoro secondo le concezioni allora correnti del movimento operaio
internazionale, dei movimenti rivoluzionari europei e perfino di
quelli russi, era lo sbocco inevitabile di una "rivoluzione
proletaria senza proletariato" e cioè, in ultima analisi, di
una "non rivoluzione" per quanto spacciata come tale.
A questa visione possono essere ascritti critici della prima ora
dello stalinismo, quali Boris Souvarine, critici di matrice
socialista e in parte, salvo forse per le critiche a Trockij, di una
parte del trockijsmo. È in buona sostanza se non
esplicitamente condivisa, almeno sottesa all'opera di molti degli
storici che si sono occupati della Russia nel '900 e dell'Unione
Sovietica, quali ad esempio in Italia Piero Melograni, in Francia
Hélène Carrère d'Encausse.
Trotskismo
Il trotskismo (grafie alternative: trozkismo, trotzkismo,
trockijsmo, trockismo ecc.; pronuncia /troʦˈkizmo/) è
l'ideologia politica che fa riferimento al pensiero di Lev Trotsky,
uno dei candidati alla successione di Lenin nel 1924. Il concetto
principale della teoria trotskista è l'idea dell'espansione
della rivoluzione socialista in tutto il mondo, sull'esempio di
quella sovietica del 1917. La teoria della rivoluzione permanente
propugnata da Trotsky era contrapposta a quella dell'altro candidato
alla successione di Lenin, Josif Stalin, in quanto sosteneva che
l'obiettivo del "socialismo in un solo paese" fosse una rottura con
l'internazionalismo proletario. Altro motivo di contrapposizione
allo stalinismo ebbe origine dalla sua ambizione di una autentica
dittatura del proletariato sulla base di principi democratici,
piuttosto che di una burocrazia. La teoria trotskista trovò
molti simpatizzanti, dentro e fuori l'URSS, ma lo stalinismo ebbe la
meglio dal momento che Stalin divenne dittatore e capo assoluto
dell'Unione Sovietica. Quindi Trotsky venne dapprima esiliato, poi
perseguitato come i suoi seguaci ed infine ucciso dall'agente
stalinista Ramón Mercader nel 1940 a Città del
Messico.[1] Il trotskismo continuò ad esistere dopo la
Seconda guerra mondiale, e con esso la Quarta Internazionale,
fondata da Trotsky nel 1938. Il trotskismo ebbe vita difficile, come
era prevedibile, ma fu comunque molto attivo nel movimento dei
lavoratori, e molto "vivace" ideologicamente, subendo diverse
scissioni, riunificazioni e ricomposizioni. La Quarta Internazionale
esiste ancora ed è una delle componenti del movimento
trotskista internazionale.
Definizione
Lo statunitense James P. Cannon nel suo libro del 1942 History of
American Trotskyism ha scritto che "il trotskismo non è un
movimento nuovo, una nuova dottrina, ma il restauro, la rinascita di
un autentico marxismo come è stato esposto e praticato nella
rivoluzione russa e nei primi giorni della Internazionale comunista
". Tuttavia, il trotskismo può essere distinto da altre
teorie marxiste da quattro elementi chiave:
Il supporto alla strategia della rivoluzione
permanente, in opposizione alla teoria delle due fasi dei suoi
avversari;
La critica alla leadership post-1924 dell'Unione
Sovietica, l'analisi delle sue caratteristiche e dopo il 1933, il
supporto per una rivoluzione politica in Unione Sovietica,
considerata dai trotskisti stato operaio degenerato;
Il supporto alla rivoluzione sociale nei paesi
capitalisti avanzati attraverso l'azione di massa della classe
operaia;
Supporto all'internazionalismo proletario.
Tra le correnti marxiste, quella trotskista è considerata a
sinistra. Hanno appoggiato la lotta per i diritti democratici in
URSS e si sono opposti agli accordi politici con le potenze
imperialiste, a favore di una diffusione della rivoluzione in tutta
l'Europa e l'Oriente.
Il trotskismo e la rivoluzione russa del 1905
Secondo Trotsky, il termine 'trotskismo' è stato coniato da
Pavel Milyukov, (conosciuto anche come 'Paul Miliukoff'), il leader
ideologico del Partito democratico costituzionale (Cadetti), in
Russia. Milyukov ha combattuto un'aspra guerra contro il
'trotskismo' "già nel 1905", sostiene Trotsky. Trotsky ha
lottato per la rivoluzione proletaria in un momento in cui altre
forze di cultura socialista si esprimevano a favore di una
transizione "borghese" allo scopo di sostituire il regime feudale
dei Romanov. È stato durante questo periodo che Trotsky ha
sviluppato la teoria della rivoluzione permanente. Nel 1905, Trotsky
cita in un post scriptum un libro di Milyukov, "le elezioni della
Duma di stato secondo":
"Coloro che rimproverano ai Cadetti di protestare con insufficienza
in quel momento, attraverso l'organizzazione di incontri, contro le
'illusioni rivoluzionarie' del trotskismo e la ricaduta nel
blanquismo, semplicemente non capisco ... l'umore del pubblico
democratico in occasione delle riunioni durante tale periodo. "- Le
elezioni per la Duma di stato secondo di Pavel Milyukov Milyukov
suggerisce che l'umore del pubblico "democratico" è a
sostegno della politica di Trotsky del rovesciamento del regime dei
Romanov a fianco della rivoluzione operaia 'per rovesciare i
proprietari capitalistici, il sostegno alle azioni di sciopero e la
creazione di consigli dei lavoratori democraticamente eletti' o
"soviet".
Teoria della rivoluzione permanente
Nel 1905, Trotsky formula una teoria che divenne nota come la teoria
trotskista della rivoluzione permanente. Essa può essere
considerata una delle caratteristiche distintive del trotskismo.
Fino al 1905, i marxisti avevano solo teorizzato come una
rivoluzione in una società capitalista europea potrebbe
portare ad una socialista. Ma da questa teoria erano esclusi i paesi
non sviluppati, come la Russia. La Russia nel 1905 non aveva ancora
stabilito una società capitalista, era invece in gran parte
feudale con una piccola classe borghese. La teoria della rivoluzione
permanente ha affrontato la questione di come tali regimi feudali
dovessero essere rovesciati, e di come sia possibile raggiungere il
socialismo in mancanza di prerequisiti economici. Trotsky ha
affermato che in Russia solo la classe operaia poteva rovesciare il
feudalesimo e ottenere il sostegno dei contadini. Inoltre, egli ha
sostenuto che la classe operaia russa non debba fermarsi qui: una
volta vinta la sua rivoluzione contro la debole classe borghese,
avrebbe dovuto stabilire uno stato operaio in Russia e aiutare la
classe operaia nei paesi capitalisti avanzati di tutto il mondo.
Come risultato, la classe operaia internazionale sarebbe venuta in
aiuto della Russia, e il socialismo avrebbe potuto svilupparsi in
tutto il mondo.
La rivoluzione democratico-borghese
Trotsky ha sostenuto che in Russia non si sarebbero ripetute
rivoluzioni come quelle che in Gran Bretagna nel 17° secolo e in
Francia nel 1789 abolirono il feudalesimo e stabilirono i requisiti
di base per lo sviluppo del capitalismo. In 'Bilanci e prospettive',
scritto nel 1906, Trotsky delinea la sua teoria in dettaglio,
sostenendo: "La storia non si ripete. ... Per quanto si può
paragonare la rivoluzione russa con la Grande Rivoluzione francese,
l'una non potrà mai trasformarsi in una ripetizione
dell'altra.". Nella rivoluzione francese, la Francia
sperimentò quello che i marxisti chiamarono "rivoluzione
democratico-borghese": è stato istituito un regime in cui la
borghesia ha rovesciato il sistema feudale esistente. La borghesia
ha instaurato un regime di istituzioni parlamentari democratiche.
Tuttavia, i diritti democratici sono stati estesi solo alla classe
borghese, non sono stati resi universali. La libertà dei
lavoratori di organizzare sindacati o di scioperare non è
stata raggiunta senza dover lottare. Trotsky sostiene che in paesi
come la Russia non c'è una borghesia illuminata
rivoluzionaria che potrebbe svolgere lo stesso ruolo, e la classe
operaia costituisce una minoranza molto piccola. Al tempo delle
rivoluzioni europee del 1848, la borghesia era già in grado
di svolgere un ruolo analogo. Non voleva e non era in grado di
intraprendere la liquidazione rivoluzionaria del sistema sociale che
stava nel suo cammino verso il potere."
La debolezza dei capitalisti
Nella teoria della rivoluzione permanente si sostiene che in molti
paesi che non hanno ancora completato la loro rivoluzione
democratica borghese, la classe capitalista si opponga alla
creazione di una situazione rivoluzionaria, in quanto temono la
classe operaia che lotta per la sua aspirazioni rivoluzionarie
contro il loro sfruttamento da parte del capitalismo. In Russia, la
classe operaia, anche se è una piccola minoranza in una
società prevalentemente contadina si è organizzata in
fabbriche e in grandi quartieri. Durante la Rivoluzione russa del
1905, la classe capitalista ha ritenuto necessario allearsi con
elementi reazionari, come i proprietari terrieri feudali e le forze
dello stato zarista russo. Questo allo scopo di proteggere la loro
proprietà di fabbriche, banche, ecc dall'esproprio da parte
della classe lavoratrice rivoluzionaria. Pertanto, secondo la teoria
della rivoluzione permanente, la classe capitalista dei paesi
arretrati economicamente è debole e incapace di portare a un
cambiamento rivoluzionario. Di conseguenza, essi sono collegati ai
feudatari. Inoltre, sostiene Trotsky, dato che la maggioranza dei
settori industriali in Russia sono stati fabbricati con le
sovvenzioni e la diretta influenza dei governi, la classe
capitalista è legata alla classe dirigente. La classe
capitalistica è stati asserviti al capitale europeo.
Le fasi della classe lavoratrice
Trotsky sosteneva che soltanto il 'proletariato' o la classe operaia
erano in grado di realizzazione quegli obiettivi altrove raggiunti
con la rivoluzione borghese. Con la rivoluzione del 1905, la classe
operaia in Russia ha visto il risultato del suo lavoro come un
grande sforzo collettivo, un mezzo per lottare contro la sua
oppressione, formando consigli operai (soviet). Nel 1906, Trotsky
sosteneva:
Il sistema di fabbrica porta il proletariato in primo piano ... Il
proletariato si è trovato subito concentrato in masse enormi,
mentre tra queste masse e l'autocrazia c'era una borghesia
capitalistica, molto piccola nei numeri, isolata dal 'popolo', per
metà stranieri, senza tradizioni storiche, e ispirata solo
dalla bramosia di guadagno. - Trotsky, risultati e prospettive
La Fabbrica Putilov , per esempio, conta 12.000 addetti nel 1900, e,
secondo Trotsky, 36.000 nel mese di luglio 1917. La teoria della
rivoluzione permanente ritiene che la massa di contadini nel suo
complesso non può assumere un ruolo guida, perché
è dispersa in piccole aziende in tutto il paese e forma un
gruppo eterogeneo, tra cui i contadini ricchi che occupano
lavoratori rurali e aspirano a latifondismo così come i
contadini poveri che aspirano a possedere più terra. Trotsky
afferma: "Tutti gli antecedenti storici ... dimostrano che i
contadini sono assolutamente incapaci di prendere un ruolo politico
indipendente." I trotskisti discutono su quanto questo sia vero
oggi, ma anche i più ortodossi tendono a riconoscere nella
fine del XX secolo un nuovo sviluppo nelle rivolte dei poveri delle
campagne, l'auto-organizzazione delle lotte dei senza-terra, e molte
altre lotte che in qualche modo hanno hanno organizzato le lotte
della classe operaia non portano i segni delle divisioni di classe.
Tuttavia, trotskisti ortodossi ancora oggi sostengono che alla
città e alla lotta di classe operaia spetta il compito di una
rivoluzione socialista, legandosi alle lotte dei poveri delle
campagne. Essi sostengono che la classe operaia prende coscienza
della necessità di condurre una lotta collettiva, per esempio
nei sindacati, derivante dalle sue condizioni sociali nelle
fabbriche e luoghi di lavoro, e che tale coscienza collettiva
è un ingrediente essenziale della ricostruzione socialista
della società.
Rivoluzione internazionale
Eppure, secondo il marxismo "classico", la riforma agraria (portato
della rivoluzione democratico-borghese) nei paesi arretrati, come la
Russia, preparerebbe il terreno in ultima analisi soltanto per uno
sviluppo del capitalismo in quanto i contadini liberati diventano
piccoli proprietari, produttori e commercianti che portano alla
crescita dei mercati delle materie prime, da cui un nuova classe
capitalista sarebbe emersa. Solo il pieno sviluppo capitalista,
secondo questo schema, preparara le basi per il socialismo.
Trotsky riteneva che un nuovo Stato socialista e l'economia in un
Paese come la Russia non sarebbero stati in grado di resistere alle
pressioni di un mondo ostile capitalista, così come alle
pressioni interne. La rivoluzione secondo Trotsky avrebbe dovuto
diffondersi rapidamente nei principali Paesi capitalistici e in
tutto il mondo. Questa posizione, in contrasto rispetto al "marxismo
classico" difeso per esempio dai menscevichi, era condivisa da
Trotsky, Lenin e dai bolscevichi fino al 1924, quando Stalin, dopo
la morte di Lenin, cercando di consolidare il suo controllo sempre
più burocratico sul partito bolscevico ha iniziato a
presentare lo slogan del Socialismo in un solo paese.
Origini del termine
Una prospettiva internazionalista della rivoluzione permanente si
trova nelle opere di Karl Marx. Il termine "rivoluzione permanente"
è tratto da una frase di Marx del marzo 1850:
"Fare la rivoluzione permanente fino a quando tutte le classi,
più o meno abbienti siano state cacciate dalle loro posizioni
dominanti, fino a che il proletariato abbia conquistato il potere
dello Stato e fino a quando l'associazione dei proletari sia
progredita abbastanza lontano - non solo in un paese ma in tutti i
principali paesi del mondo - cosi che la concorrenza tra i proletari
di questi paesi cessi e le forze decisive di produzione siano
concentrate nelle mani dei lavoratori". - Marx, Discorso del
Comitato Centrale alla Lega dei comunisti
Il trotskismo e la Rivoluzione russa del 1917
Durante la sua direzione della rivoluzione russa del 1905, Trotsky
ha sostenuto che una volta divenuto evidente che l'esercito dello
Zar non si sarebbe schierato a sostegno degli operai, era necessario
ritirarsi. Nel 1917, Trotsky è stato nuovamente scelto
presidente del Soviet di Petrogrado, e ha guidato il Comitato
militare rivoluzionario, che questa volta aveva la fedeltà
della guarnigione di Pietrogrado e realizzerà insurrezione di
Ottobre. Stalin ha scritto:
"Tutto il lavoro pratico con riguardo alll'organizzazione della
rivolta è stato fatto sotto la direzione diretta del compagno
Trotsky, il presidente del Soviet di Petrogrado. Si può
affermare con certezza che il Partito è in debito verso il
compagno Trotsky per il modo efficiente in cui è stato
organizzato il lavoro del Comitato militare rivoluzionario". –
Stalin, Pravda, 6 novembre 1918
Come risultato del suo ruolo nella rivoluzione russa del 1917, la
teoria della rivoluzione permanente è stata abbracciata dal
giovane Stato sovietico fino al 1924. La rivoluzione russa del 1917
è in realtà composta da due rivoluzioni: quella
relativamente spontanea del febbraio 1917, e il 25 ottobre 1917, la
presa del potere da parte dei bolscevichi, che avevano conquistato
la leadership del Soviet di Pietrogrado. Prima della rivoluzione
russa del febbraio 1917, Lenin aveva formulato lo slogan che
auspicava la 'dittatura democratica del proletariato e della classe
contadina' ma invece, dopo la rivoluzione di febbraio, attraverso la
sua tesi di Aprile, Lenin invoca "tutto il potere ai Soviet". Lenin
ha tuttavia continuato a sottolineare (come ha fatto anche Trotsky)
la posizione marxista classica, che i contadini formavano una base
per lo sviluppo del capitalismo, non del socialismo. Prima del
febbraio 1917, Trotsky non aveva aderito alla linea bolscevica. Una
volta che nel febbraio 1917 rivoluzione russa era scoppiata, Trotsky
cambia idea, e si unisce ai bolscevichi nel luglio del 1917. Anche
se molti, come Stalin, vedono come fondamentale il ruolo di Trotsky
nella rivoluzione d'ottobre, Trotsky sostiene che senza Lenin e il
partito bolscevico la rivoluzione del 1917 non avrebbe mai avuto
luogo. Quindi, dal 1917, il trotskismo diviene una teoria politica
pienamente in linea con la concezione leninista del centralismo
democratico dell'organizzazione del partito che, sostengono i
trotskisti, non deve essere confusa con l'organizzazione del partito
che si sviluppò sotto Stalin. Trotsky aveva già
suggerito che il metodo di organizzazione di Lenin avrebbe potuto
portare ad una dittatura, anche se è importante sottolineare
che dopo il 1917 i trotskisti ortodossi hanno sostenuto che la
perdita della democrazia in Unione Sovietica è stata causata
dal fallimento del progetto di diffondere la rivoluzione a livello
internazionale, con la conseguenza delle guerre, dell'isolamento e
dell'intervento imperialista, e non a causa dello stile bolscevico
di organizzazione. La prospettiva di Lenin era sempre stata che la
rivoluzione russa avrebbe dovuto stimolare una rivoluzione
socialista nell'Europa occidentale, in modo che questa futura
società socialista europea sarebbe potuta venire in aiuto
della rivoluzione russa e consentire alla Russia di avanzare verso
il socialismo. Lenin ha dichiarato:
"Abbiamo sottolineato in molti scritti, in tutte le nostre
dichiarazioni pubbliche, e in tutte le nostre dichiarazioni sulla
stampa che ... la rivoluzione socialista può trionfare solo a
due condizioni. In primo luogo, se viene dato un supporto tempestivo
da una rivoluzione socialista in uno o più paesi avanzati". –
Lenin, Discorso in occasione del decimo Congresso RCP (B)
Questa prospettiva ha ispirato proprio la teoria di Trotsky della
rivoluzione permanente, nella quale si prevedeva che la classe
operaia non si sarebbe fermata alla fase democratico-borghese della
rivoluzione, ma avrebbe proceduto verso uno stato operaio, come
è successo nel 1917. Il trotskista Isaac Deutscher sostiene
che nel 1917, Lenin cambiò il suo atteggiamento nei confronti
della teoria di Trotsky della rivoluzione permanente e dopo la
rivoluzione d'ottobre è stata adottata dai bolscevichi. Lenin
è stato accolto con incredulità iniziale, nel mese di
aprile 1917. Trotsky sostiene che:
"Fino allo scoppio della rivoluzione di febbraio e per un certo
periodo di tempo dopo, "trotskismo" non sosteneva l'idea che era
impossibile costruire una società socialista entro i confini
nazionali della Russia (oltretutto tale possibilità non
è mai stato presa in considerazione da nessuno fino al 1924).
Trotskismo significava l'idea che il proletariato russo avrebbe
potuto far vincere in anticipo la potenza rappresentata dal
proletariato occidentale. Non sorprende, quindi, che le tesi di
Aprile di Lenin furono condannate come trotskiste. – Leon Trotsky,
Storia della rivoluzione russa