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Loc. inglese (da trade, mestiere, e union, associazione; pl. trade
unions) usata in italiano come sf. In Inghilterra, il sindacato dei
lavoratori. Le trade union hanno la loro origine nelle associazioni
operaie e artigiane costituitesi nel corso del sec. XVIII. Tollerate
sino alla fine del secolo, nel 1799 e 1800 caddero sotto i rigori
dei Combination Acts che vedevano nelle unioni (combinations)
operaie dei centri potenzialmente rivoluzionari. L'abolizione di
queste leggi repressive (1824) diede un vigoroso impulso
all'associazionismo operaio, tanto che nel 1833 R. Owen poté
costituire il Grand National Consolidated Trade Unions. Tuttavia il
diritto di associazione venne riconosciuto pienamente solo con le
leggi del 1871-75 (rese definitive nel 1906 dal Trade Disputes Act).
Nelle elezioni del 1874 portarono alla Camera quattro deputati, mentre, anche per il diffondersi del marxismo, il numero degli iscritti continuò a crescere rapidamente (4 milioni nel 1913; 8 milioni nel 1920).
Una certa involuzione si ebbe a cominciare dal
1926, in particolare quando un altro Trade Disputes Act (1927) pose
serie limitazioni alle vertenze sindacali, ma un nuovo impulso alle
trade union si ebbe dopo la grande crisi economica (1929-33),
favorito anche dall'avvento al potere dei governi laburisti.
L'apogeo delle trade union si ebbe negli anni dal 1960 al 1980,
quando il numero degli iscritti toccò i 12 milioni. Ma la
crisi economica del 1980-83 ha radicalmente mutato il quadro sociale
del Regno Unito. La chiusura di centinaia di imprese e lo
spostamento del potere economico dalle industrie ai servizi hanno
fatto cadere il numero degli iscritti al di sotto dei 10 milioni e
gettato le trade union in una crisi senza precedenti. La sinistra
militante ha perso terreno ed è emersa una nuova leadership
moderata (congresso di Blackpool, 1983), decisa ad allentare gli
storici legami col Partito laburista.