Luigi Torelli

 

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Patriota e uomo politico italiano (Tirano 1810 - ivi 1887). Dopo aver partecipato alle Cinque giornate di Milano entrò, come ufficiale, nell'esercito sardo. Trasferitosi in Piemonte, fu ministro dell'Agricoltura nel Regno di Sardegna (1848) e nel Regno d'Italia (1864-65); deputato alla Camera subalpina fino al 1859 e senatore dal 1860, fu prefetto a Palermo (1862; 1866) e a Venezia (1867-72). Ritiratosi a vita privata, si dedicò a studî storici, economici e politici.

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Luigi Torelli (Villa di Tirano, 9 febbraio 1810 – Tirano, 14 novembre 1887) è stato un politico italiano. Fu Ministro dell'agricoltura, industria e commercio.

Fu governatore, poi prefetto di Sondrio dal 1859 al 9 ottobre 1861. Successivamente venne nominato prefetto di Bergamo, Palermo (durante la cosiddetta rivolta del sette e mezzo*), Pisa e Venezia.

Ricoprì il ruolo di ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d'Italia nel Governo La Marmora I.

Fu fondatore e promotore della Società per l'apertura del Canale di Suez.

Viene ricordato anche per il suo gesto simbolico di issare con onore una grande bandiera tricolore sulla Madonnina del Duomo di Milano al termine delle Cinque giornate il 20 marzo 1848.

Il 24 settembre 2011, nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, il conte Luigi Torelli è stato ricordato con lo scoprimento di un busto e di una formella bronzea nella piazza di Tirano.


* Rivolta del sette e mezzo fu la sollevazione popolare avvenuta a Palermo dal 16 al 22 settembre 1866. Chiamata del "sette e mezzo" perché durò sette giorni e mezzo nel contesto storico delle sommosse popolari e guerriglia del Sud Italia.

Cause

Fu una violenta dimostrazione antigovernativa, avvenuta al termine della terza guerra di indipendenza, organizzata da ex garibaldini (che si erano uniti ai Mille dopo lo sbarco) delusi, reduci dell'esercito meridionale, partigiani borbonici e repubblicani, che insieme formarono una giunta comunale.

Tra le cause: la crescente miseria della popolazione, il colera e le sue 53 000 vittime, l'integralismo dei funzionari statali, che consideravano "quasi barbari i palermitani", le pesanti misure poliziesche e vessatori balzelli introdotti.

La rivolta

Migliaia di persone insorsero, anche armati, provenienti anche dai paesi vicini. Quasi 4.000 rivoltosi assalirono prefettura e questura, uccidendo l'ispettore generale del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. La città restò in mano agli insorti e la rivolta si estese nei giorni seguenti anche nei paesi limitrofi, come Monreale e Misilmeri: fu stimato che in totale gli insorti armati fossero circa 35.000 in provincia di Palermo. Negli scontri di quei giorni persero la vita ventuno carabinieri e dieci guardie di pubblica sicurezza. Palermo per sette giorni rimase così in mano ai rivoltosi.

Reazione governativa

Il governo italiano decise di proclamare lo stato d'assedio e ad adottare contro il popolo palermitano una dura repressione, con rappresaglie, persecuzioni, torture e violenze.

Dovette intervenire l'esercito comandato da Raffaele Cadorna, mentre le navi della Regia Marina e quelle inglesi bombardarono la città. Dopo lo sbarco dei fanti di marina del Reggimento San Marco per sedare la rivolta, molti dei rivoltosi furono arsi vivi, combattendo casa per casa e distruggendo Palermo, che fu riconquistata da circa 40.000 soldati. Alla fine furono oltre 200 le perdite militari e oltre mille i civili passati per le armi.