Ugo Spirito

 

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 Ugo Spirito (Arezzo 1896 - Roma 1979) è stato uno dei principali filosofi italiani del Novecento.

Cresciuto alla scuola di Giovanni Gentile, ha collaborato con il filosofo siciliano alla redazione di numerose riviste e alla Enciclopedia italiana. Nel 1927 ha fondato e diretto, insieme con Arnaldo Volpicelli, i "Nuovi studi di diritto, economia e politica": questa esperienza lo porta ad incontrare l'economia e il corporativismo, nonché a stabilire rapporti di grande collaborazione e amicizia con Giuseppe Bottai, ministro dell'Economia corporativa dal 1927.

Dal 1932 lasciò l'insegnamento della filosofia e accettò la cattedra di Economia corporativa a Pisa che Bottai gli propose e nello stesso anno, a Ferrara, al II convegno di studi sindacali e corporativi, espose la famosa teoria della "corporazione proprietaria", per un definitivo superamento della concezione tradizionale della proprietà privata: venne attaccato da tutti, industriali e sindacalisti, non fu sufficientemente sostenuto da Bottai, ma trovò l'appoggio di Mussolini.
 
Tra il 1935 e il 1938 insegnò filosofia nelle università di Messina, Genova, quindi di Roma, presso la facoltà di magistero. Fu questo il periodo più fecondo della sua attività scientifica: pubblicò La vita come ricerca, il suo libro più famoso, con il quale segnò la sua distanza dall'attualismo gentiliano. Il volume suscitò polemiche: la più nota fu quella di Delio Cantimori che difese l'ortodossia gentiliana contro Spirito.

Nel 1941 pubblicò La vita come arte e intanto continuò la collaborazione, anche se in termini sempre più critici, con il regime: scrisse il saggio Guerra rivoluzionaria (che la Fondazione ha pubblicato postumo nel 1989), partecipò a seminari sul Romanticismo e l'ordine nuovo, a convegni sull'idea di Europa e sul piano economico, collaborando ancora con Bottai ma soprattutto con Camillo Pellizzi, il nuovo presidente dell'Istituto nazionale di cultura fascista, nello sviluppo delle teorie corporative nell'ottica della guerra in corso.
 
Dopo la morte di Gentile (1944), Spirito ereditò la direzione scientifica della casa editrice Sansoni.

Sottoposto al procedimento di epurazione per apologia e collaborazione con il fascismo e subito riammesso in servizio, nel 1947 assunse la direzione del "Giornale critico della filosofia italiana", mentre l'anno dopo pubblicò Il problematicismo, momentaneo punto d'arrivo della sua evoluzione filosofica. Si considerò politicamente vicino al Pci e pubblicò La filosofia del comunismo, che tuttavia suscitò la netta disapprovazione di Togliatti, che non lo considerva comunista. Nel 1953 pubblicò La vita come amore, l'ultimo volume della trilogia iniziata nel 1936.

Nel 1956 visitò l'Unione Sovietica, alla ricerca di punti di riferimento in merito al proprio "comunismo"; non avendoli trovati nonostante un lungo dialogo con Kruscev, optò nel 1961 per la Cina di Mao, con il quale ebbe anche un colloquio. Le impressioni di questi viaggi furono contenute nel volume Comunismo cinese e comunismo russo edito nel 1962.
 
La sostanziale delusione del comunismo realizzato portò Spirito a misurarsi con un nuovo elemento che lo affascinò particolarmente, la scienza. Pubblicò nel 1966 Dal mito alla scienza, dove pose nuovi orizzonti al proprio problematicismo, scrisse con Del Noce Tramonto o eclissi dei valori tradizionali (1971) e nello stesso anno diede alle stampe Storia della mia ricerca, nel quale ripercorse il proprio rapporto con la filosofia e la scienza.
Contemporaneamente riprese gli studi corporativi e come presidente della Fondazione Gentile, insieme con l'Enciclopedia italiana e la Scuola Normale Superiore di Pisa, organizzò il primo convegno su Giovanni Gentile (1975).

L'anno dopo pubblicò Dall'attualismo al problematicismo, che con le Memorie di un incosciente (1977), costituì il bilancio scientifico della sua vita di ricerca. L'anno successivo completò la prima stesura di Ho trovato Dio, un saggio nel quale affrontò il problema religioso e che fu pubblicato postumo dalla Fondazione. Morì a Roma nel 1979.

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Nato ad Arezzo nel 1896, Ugo Spirito è morto a Roma nel 1979, dove insegnava da molti anni filosofia teoretica. Dopo aver aderito assai giovane all' attualismo gentiliano, di cui fu uno dei più brillanti interpreti, se ne distaccò gradualmente negli anni '30, pur senza rinnegarne alcuni principi di fondo. Andò così elaborando una concezione speculativa che volle chiamare " problematicistica ", consegnata alle sue opere maggiori: Scienza e filosofia (1933), La vita come ricerca (1937), La vita come arte (1941), Il problematicismo (1948), La vita come amore (1953).

Nell' ultima fase del suo pensiero, approfondì gli assunti del problematicismo nella direzione di una dottrina definita "onnicentrismo": una visione filosofica radicalmente immanentistica che da un lato sottolineava l' infinita pluralità e relatività del mondo e dall' altro valorizzava la "positività del tutto" e la "centralità di ogni cosa", approfondendo insieme il principio (cruciale in Spirito) della "ricerca", vista come lo strumento più adeguato per appropriarsi di questa realtà polimorfa e contradditoria.

Le opere più tarde di Spirito - Significato del nostro tempo (1955), Inizio di una nuova epoca (1961), Nuovo umanesimo (1964), Dal mito alla scienza (1966) - se non ne modificano sostanzialmente le tesi essenziali, offrono la testimonianza di un pensiero sempre assai vivace e aperto.

Nella prima fase del proprio lavoro Spirito, fu essenzialmente, come è stato scritto, "un divulgatore entusiasta ed un apologista instancabile dell' attualismo". Tale fase fu avviata già con la prima opera (Il pragmatismo nella filosofia contemporanea , 1921), e proseguita col più importante volume L' idealismo italiano e i suoi critici (1930), in cui veniva riconosciuto a Gentile il ruolo di massima guida filosofica, perchè in lui, il "concetto di filosofia" si esplica "nella sua piena dialetticità" e "lo spirito annulla ogni alterità e si afferma nella sua infinità creatrice".

Tuttavia, già con Scienza e Filosofia, Spirito delineava una prospettiva per più versi originale e autonoma rispetto all' attualismo, collocandosi con Guido Calogero ed altri su quel fronte che fu detto della "sinistra attualistica". Il principale obiettivo di questi pensatori era di mantenere sì il primato gentiliano del fare (dell' Atto) ma, insieme, di demetafisicizzarlo: di ancorarlo al concreto agire degli uomini entro il concreto orizzonte mondano. Mentre però Calogero svilupperà questo programma in direzione essenzialmente etica, considerando esaurita e conclusa quella che chiamava "la filosofia del conoscere", Spirito si impegnerà intensamente proprio nell' ambito della problematica gnoseologica, pervenendo a risultati assai diversi da quelli cui erano giunti un Gentile e un Croce.

Così, in particolare, egli sottolinea con forza la non inferiorità della conoscenza scientifica rispetto alla conoscenza filosofica, l'impossibilità di sopprimere la scienza nella filosofia e la necessità di stabilire tra esse un' organica collaborazione. Si tratta, insomma, di " are sul serio scienza che sia filosofia e filosofia che sia scienza", in un costante nesso dialettico. In questa prospettiva Spirito chiama la propria concezione "attualismo costruttore", in quanto vede il pensiero chiamato ad un'elaborazione attiva ("costruttrice" appunto), a un perseguimento di sapere e di certezze (pur mai definitive) da condursi non lontano ma dentro le scienze positive. A questo proposito, non è un caso che il filosofo abbia studiato (benchè sempre in modo assai "speculativo") i fondamenti teorici e la storia di alcune di queste scienze.

Autore, negli anni della maggior militanza attualistica, di una significativa Storia del diritto penale italiano (1925), negli anni '30 si occuperà di scienze economico-sociali ( I fondamenti dell' economia corporativa , 1932; Dall' economia liberale al corporativismo , 1939), inserendosi così nel dibattito promosso dal fascismo sul corporativismo e sull' organizzazione di una nuova società. Come ben s'intende, la prospettiva teorica accennata sopra esigeva non solo un nuovo concetto di scienza ma anche un nuovo concetto di filosofia. Ed è proprio tale esigenza, congiunta con un' interpretazione estremamente mossa e complessa del rapporto conoscenza-realtà e uomo-mondo, che stà alla base del "problematicismo" di Spirito.

"Problematicistica" la concezione del pensatore romano lo è anzitutto per l' abbandono dei fondamenti metafisico-assoluti cari alla tradizione idealistico-attualistica. La sostituzione del concetto gentiliano di Atto con quello di "vita" e di "prassi" vuole appunto esprimere in prima istanza il privilegiamento di un orizzonte dotato di una terrena, concreta, imprevedibile (e proprio per ciò problematica) pluralità di forme e di valori. "Problematicistica" tale concezione lo è poi anche (e soprattutto) per l' insistita e appassionata interpretazione della filosofia come " problema e non soluzione, apertura e non conclusione; processo di dubbio che tende a diventare sempre più radicale ".

Alla luce di tutto ciò non sorprende che Spirito accentui il modus operandi della "ricerca" quale carattere peculiare della filosofia. La "ricerca" pone infatti in luce la struttura costitutivamente aperta, complessa , problematica, anzi addirittura "antinomica" della vita. Pensare la vita (questo, per Spirito, è uno dei compiti primari della filosofia) significa accettare la sfida dell' "antinomia sempre risorgente" e che "non dà tregua" sollevata appunto dalla vita. Da questo punto di vista né il razionalismo metafisico, né il positivismo, né l' irrazionalismo offrono adeguate soluzioni, perché tendono a superare o a dissolvere l' antinomia. Solo lo storicismo ha imboccato la strada giusta, quella della " soluzione dialettica dell' antinomia ", ma non l' ha portata ad una realizzazione completa, esasperandone invece l' aspetto "intellettualistico".

Per Spirito si tratta invece di articolare ulteriormente questa "soluzione dialettica", ancorandola all' uomo concreto che vive " nell' esigenza sempre più imperiosa di allargare i limiti della propria esperienza, tendendo all' ideale di un' esperienza totale". Tale "soluzione dialettica" è resa trasparente nella vita assunta come arte , cioè assunta nelle dimensioni di immediatezza, tensione vissuta, creatività che si manifestano nel modo più evidente e intenso nell' attività lato sensu estetica." Quell' arte da cui abbiamo tratto i motivi per caratterizzare l'immediatezza spirituale di chi ricerca, se ha potuto veder slargati i propri limiti fino a coincidere con la vita, resta poi, nella sua specificità, a segnare i punti culminanti della vita stessa, in quanto protesa nello spazio per raggiungere l'universale " (La vita come arte, I). La dimensione dell'arte viene poi allargata e integrata da Spirito con quella dell' amore : dell'amore come fruizione appagante dell'immediato e come unità profonda con gli altri uomini "ricercanti", che vanno riconosciuti nella loro costitutiva diversità e per ciò stesso "amati".

L'accentuazione del pluralismo dell'esperienza e della diversità negli esseri umani trova la propria definitiva formulazione teorica nella già ricordata concezione "onnicentristica". Anch'essa, per Spirito, è essenzialmente un'ipotesi, che un giorno dovrà, come tute le altre, essere superata e accantonata. Tuttavia per ora interpreta efficacemente la condizione spirituale dell'uomo contemporaneo: la sua coscienza della precareità dell'esperienza e insieme il suo bisogno di assolutezza.

Nella prospettiva dell'onnicentrismo la vita si fa "atto di radicale affermazione" in ogni sua forma: forma che è "sempre assoluta in quanto centro, relativa in quanto periferia", e che viene così ad identificarsi col mondo, con la realtà assunta nella sua poliedricità e attualità, caratterizzata dalla pluralità dei suoi "centri", sempre in movimento in se stessi e rispetto agli altri. L'onnicentrismo è anche in grado, per Spirito, di ispirare un nuovo umanesimo, che deve essere affermato sul terreno sia etico-sociale sia educativo. Si tratta di un umanesimo che riserva uno spazio privilegiato alla scienza, rivaluta più in generale tutte le attività dell'uomo (a cominciare dal lavoro) e accoglie in sè anche la dimensione della religiosità, interpretata come il senso dell'assoluto e dell'infinito. In tale contesto l'uomo "è riportato alla società" e "il suo conoscere e il suo agire diventano realtà collettiva"; la "vera trasformazione è data dalla sostituzione del soggetto sociale a quello singolo, e la sostituzione non può non ingigantire le possibilità della conoscenza e dell'azione".