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Filosofo e storico della filosofia (Bomba 1817 - Napoli 1883).
Assunti gli ordini sacerdotali più per condiscendenza verso
la famiglia che per intima convinzione, si stabilì (1840) a
Napoli e aprì (1846) col fratello Silvio una scuola privata
di filosofia, che dovette presto chiudere; fu poi (1848-50) nella
casa del generale Pignatelli come precettore del figlio. Lasciato
l'ufficio di precettore e anche la veste sacerdotale, si
stabilì a Torino. Avversato dall'ambiente, S. non
riuscì a ottenere un insegnamento, e dovette guadagnarsi la
vita con traduzioni e articoli. Ciò lo condusse a prendere
posizione rispetto a problemi importanti come quello della
libertà di insegnamento (pubblicò a questo proposito
articoli nel Progresso, 1851). Altra polemica, e di più vasta
portata, fu quella che S. condusse in questo periodo contro i
gesuiti della Civiltà cattolica.
Nominato da De Sanctis all'università di Napoli nel 1861,
dopo una breve permanenza all'università di Bologna, S. vi
tenne quelle lezioni che diedero origine ai suoi studî sulla
filosofia hegeliana: Le prime categorie della logica di Hegel
(1863); Principî di filosofia (1867, ripubblicati completi da
Gentile nel 1911 col titolo Logica e metafisica); Studi sull'etica
di Hegel (1869, ristampato nel 1904 col titolo Principii di etica);
Frammento inedito (pubblicato con questo titolo da Gentile nella
Riforma della dialettica hegeliana, 1913). In questi scritti S.
propose la propria riforma dello hegelismo, ispirandosi
all'interpretazione di K. Fischer e sviluppandola nel senso di una
più forte accentuazione del momento dinamico, attivo o
produttivo, dell'identità di essere e pensiero. S. sottolinea
infatti l'attualità dell'essere, il quale non è mai
semplicemente e immediatamente, perché è sempre
divenire, cioè atto o pensiero. In altri termini, S. nega
qualunque residuo oggettivo di un essere, puro, indeterminato,
estraneo al pensiero, giacché l'essere pensato è in
quanto viene pensato, quindi è esso stesso pensiero. L'ente,
afferma S. nel Frammento inedito, non è semplicemente dato,
non è semplicemente trovato: non è estrinseco alla
mente, giacché né la mente è mente senza
l'ente, né l'ente è ente se non è mentale. Di
qui l'esigenza, avvertita da S. nella sua riflessione sulla logica
hegeliana e sulle difficoltà di quest'ultima messe in rilievo
da F. A. Trendelenburg, di "mentalizzare la logica".
Attraverso una critica radicale della distinzione tra Denken e
Nachdenken, S. afferma l'inseparabilità di essere e
non-essere, nel senso che l'essere si nega nel non-essere nell'atto
stesso del pensare. Erano così poste le premesse dello
sviluppo attualistico del neo-hegelismo di Gentile (il quale,
scolaro di D. Jaja, fu indirettamente discepolo di S., che
studiò a fondo e del quale ristampò le opere).
L'esperienza della filosofia tedesca portò S. a studiare e a
interpretare, in relazione a essa, la tradizione filosofica italiana
moderna, dal Rinascimento in poi (Prolusione e introduzione alle
lezioni di filosofia nella Università di Napoli, 1862,
ristampato col titolo La filosofia italiana nelle sue relazioni con
la filosofia europea, 1908; La filosofia del Gioberti, 1863; Saggi
di critica filosofica, politica e religiosa, 1867).
S. sostenne una stretta connessione tra filosofia italiana moderna e
filosofia europea, e formulò la tesi della "circolazione
della filosofia europea", secondo la quale gli originarî
spunti speculativi dei platonici e dei telesiani italiani, di Bruno
e di Campanella, sarebbero stati sviluppati fuori d'Italia da
Spinoza, da Kant e da Hegel, e sarebbero poi stati ripresi in Italia
da P. Galluppi, A. Rosmini e V. Gioberti. In questa linea di
sviluppo S. inserì anche Vico, da lui visto come il
precursore di Kant e degli idealisti tedeschi per la "metafisica
della mente" contenuta nella seconda Scienza nuova. In questo modo
S. compiva un vigoroso sforzo per sprovincializzare lo studio della
tradizione culturale e filosofica italiana, affermando l'esigenza di
considerarla in connessione con la cultura europea.
S. fondò (1872), con F. Fiorentino, V. Imbriani, A. C. De
Meis e altri, il Giornale napoletano di filosofia e lettere, a cui
collaborò intensamente. Socio corrispondente dei Lincei
(1876).
Postume apparvero le due opere Esperienza e metafisica (1888) e
Introduzione alla critica della psicologia empirica (1915).
L'attività scientifica non impedì a S. una notevole
attività politica: fu, fra l'altro, deputato al parlamento
fino alla caduta della Destra nel 1876.
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Bertrando Spaventa (Bomba, 26 giugno 1817 – Napoli, 20 settembre
1883) è stato un filosofo italiano.
Biografia
Fratello maggiore del patriota Silvio Spaventa, Bertrando nacque da
un'agiata famiglia borghese. Sua madre, Maria Anna Croce, fu prozia
del filosofo Benedetto Croce. All'anagrafe venne registrato come
Beltrando.
Studiò presso il Seminario diocesano di Chieti e venne
ordinato sacerdote: nel 1838, ottenuto l'incarico di docente di
matematica e retorica presso il locale seminario, si trasferì
col fratello a Montecassino. La sua formazione continuò a
Napoli, dove giunse nella seconda metà del 1840, imparando
anche il tedesco e l'inglese; fu infatti tra i primi a studiare i
filosofi stranieri nella loro lingua originale. Si avvicinò
ai circoli liberali e a pensatori come Ottavio Colecchi e Antonio
Tari. Fondò una scuola privata di filosofia; inoltre
partecipò alla redazione del Il Nazionale, il giornale
fondato e diretto dal fratello Silvio. Nel 1848, dopo l'abrogazione
della Costituzione da parte di Ferdinando II, fu costretto a
lasciare Napoli per trasferirsi prima a Firenze, quindi a Torino,
dove depose l'abito sacerdotale e divenne giornalista scrivendo su
giornali e riviste piemontesi: "Il Progresso", "Il Cimento", "Il
Piemonte", "Rivista Contemporanea". È nel periodo torinese
che Spaventa si avvicinò al pensiero di Hegel ed
elaborò il suo sistema filosofico e il suo pensiero politico:
pubblicò, tra l'altro, una serie di saggi in cui polemizzava
con La Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti, rifiutando
l'idea di religione come passo necessario per lo sviluppo umano.
Nel 1858 ottenne la cattedra di Filosofia del Diritto presso
l'Università di Modena, poi quella di Storia della Filosofia
presso l'Università di Bologna (1860) e, l'anno successivo,
quella di Filosofia a Napoli. E proprio a Napoli, tra il novembre e
il dicembre del 1861, Spaventa tenne le lezioni in cui espose le sue
teorie sul rapporto di circolarità tra pensiero italiano ed
europeo. Mentre per la critica tradizionale la filosofia italiana
era caratterizzata dalla sua ininterrotta fedeltà alla linea
platonico-cristiana, con gli studi dedicati al pensiero del
Rinascimento lo Spaventa cercò di dimostrare che la filosofia
moderna, laica e idealistica, era nata in Italia, anche se aveva
conosciuto il suo massimo sviluppo in Germania: cercò di
dimostrare l'identità del pensiero di Tommaso Campanella con
quello di Cartesio, di Giordano Bruno con quello di Baruch Spinoza,
di Giambattista Vico e Antonio Rosmini con quello di Immanuel Kant,
di Vincenzo Gioberti con gli idealisti tedeschi. Lo scopo di questa
interpretazione era quello di liberare la cultura filosofica
italiana dal suo provincialismo. Spaventa diffuse in italia
l'idealismo hegeliano: la sua opera influenzò profondamente
anche Giovanni Gentile; Benedetto Croce, che dopo la morte dei
genitori andò a vivere da Silvio Spaventa, seguì le
lezioni di Bertrando, apprezzandone soprattutto lo spirito
profondamente liberale. Altri scolari del filosofo abruzzese furono
Sebastiano Maturi, Donato Jaja, Filippo Masci, Felice Tocco, Antonio
Labriola.
Spaventa fu anche deputato del Regno d'Italia per tre legislature:
fu sostenitore di una politica laica e legata ad un forte senso
dello Stato, considerato come sorgente dei princìpi e dei
valori ispiratori di un armonioso sviluppo civile, da cui gli
individui e la comunità devono trarre l'alimento necessario
per una crescita "ordinata e corretta".
Opere principali