Edoardo Scarfoglio

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Scrittore e giornalista (Paganica 1860 - Napoli 1917); fece gli studî di lettere a Roma, dove cominciò a collaborare al Capitan Fracassa con scritti di critica e polemica letteraria, legandosi di amicizia con G. D'Annunzio, C. Pascarella, C. De Titta, G. Salvadori, e con Matilde Serao, che sposò nel 1885. Il meglio di quelle prose fu raccolto nel Libro di Don Chisciotte (1885), che, con le novelle di Il processo di Frine (1884), ambientate in un Abruzzo selvaggio e "primitivo", gli diede fama di scrittore robusto e polemista scintillante.

Con la Serao passò alla Tribuna (i suoi articoli sono raccolti nel vol. In Levante e a traverso i Balkani: note di viaggio, 1890) e diede vita al Corriere di Roma (1886-87) e quindi al Corriere di Napoli (1888), che subito rivaleggiò con la migliore stampa nazionale; nel 1891 ne uscì per fondare, sempre a Napoli e con la Serao, Il Mattino, che diresse sino alla morte.

Fu sostenitore della politica africana di F. Crispi (la sua intensa attività giornalistica di quel periodo è rispecchiata nei volumi Le nostre cose in Africa, 1895; Itinerario verso i paesi d'Etiopia, 1895-96; Il cristiano errante, 1897, frutto anche di viaggi), ma i rovesci del 1896, le accuse contro di lui e la politica "domestica" dell'Italia dopo il 1898 lo portarono a un amaro scetticismo.

Nel 1914 parteggiò per la Triplice Alleanza, temendo un consolidamento dell'egemonia anglo-francese nel Mediterraneo.

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Edoardo Scarfoglio (Paganica, 26 settembre 1860 – Napoli, 6 ottobre 1917) è stato un poeta, giornalista e scrittore italiano.

Biografia

Il padre, Michele, era un magistrato di origine calabrese e la madre, Marianna Volpe, era di origine abruzzese. Ebbe una difficile carriera scolastica a causa del suo temperamento ribelle e dopo aver ripetuto diverse classi nel liceo "Giambattista Vico" di Chieti, fu inviato a Roma presso lo zio Carlo, per studiare presso il liceo "Visconti".

Nel 1878, appena diciottenne, aveva pubblicato il primo articolo ("Gli atomi") sulla rivista sarda "Vita di pensiero", fondata e diretta da Antonio Scano. L'articolo espone il piano programmatico che poi Scarfoglio seguirà per tutta la sua vita.

A Roma riuscì a completare gli studi secondari, proseguendo nel contempo l'attività giornalistica (articoli ancora su "Vita di pensiero", su "Rivista Minima" e sul giornale “Fanfulla della Domenica”, diretto da Ferdinando Martini) e letteraria (raccolta di poesie "Papaveri", pubblicata nel 1880 dall'editore Carabba di Lanciano su “Palestra dei giovani”). In quest'unica raccolta poetica è evidente la volontà di agganciarsi ai movimenti contemporanei e l'imitazione dei "classici" quali Petrarca, Foscolo, Leopardi e Carducci: la parte più originale è quella in cui il giovane scrittore esalta la natura, dando libero sfogo ai propri sentimenti.

Si iscrisse insieme all'amico Giulio Salvadori all'Università, seguendo i corsi di filologia romanza di Ernesto Monaci e frequentando la Biblioteca Vaticana.

Fece parte della redazione del Capitan Fracassa, fondato nel 1880 da Gandolin, dove scrisse con lo pseudonimo di "Papavero". Presso il giornale incontrò nuovamente il poco più giovane Gabriele D'Annunzio, che aveva conosciuto giovanissimo a Francavilla. Il giornale era anche un cenacolo del nuovo giornalismo e della nuova letteratura italiana e un salotto letterario da cui passavano i più importanti personaggi.

Importantissima figura nella vita di Scarfoglio fu la moglie, Matilde Serao con la quale ebbe un rapporto alquanto burrascoso e con cui fondò Il Mattino.

Il circolo Sommaruga

Nel 1881 Scarfoglio passò al circolo di Angelo Sommaruga e collaborò alla rivista "Cronaca bizantina" da questi appena fondata, insieme all'amico Giulio Salvadori e a Cesare Testa. L'astro principale era il Carducci, ma vi scrissero le firme più importanti del momento (tra cui Matilde Serao, Giustino Ferri, Alfonso Ridola, Ugo Fleres, Luigi Lodi, Gabriele D'Annunzio, Cesare Pascarella). Scarfoglio collaborò con Sommaruga anche alla rivista "Domenica letteraria, pubblicando un idillio, poesie, bozzetti storici, articoli di critica letteraria.

Pubblicò nel 1883 un volume di racconti ("Processo di Frine") e nel 1884-1885 una raccolta di scritti critici ("Il libro di Don Chisciotte"), a lungo annunciato sulle pagine di "Cronache Bizantine". Il volume aveva intenti soprattutto provocatori e polemici contro la letteratura contemporanea (soprattutto francese: persino il venerando Hugo, era tacciato di decadenza senile, Balzac “dottrinario e cattedratico”, espressi con una prosa giornalistica fatta di intuizioni e efficacia stilistica. La letteratura contemporanea (soprattutto francese) veniva denigrata in nome del classicismo, che avrebbe tuttavia dovuto per la narrativa esprimersi in una nuova lingua più moderna (il classicismo impediva a Carducci di aderire alle soluzioni dei nuovi scrittori naturalisti, mentre la Serao scriveva “in un neonapoletano illustre curiosissimo” e il Verga usava una lingua “artifiziosa e faticosa”).

Il volume di racconti del "Processo di Frine", fu pensato come esperimento narrativo che avrebbe dovuto portarlo in seguito ad un'opera più matura, ripercorrendo le esperienze del romanticismo, di Émile Zola, di Luigi Capuana e del Verga.

Nel 1884 i rapporti con Sommaruga furono interrotti polemicamente e in modo brusco e in conseguenza questi in breve fallì e dovette fuggire all'estero.

Il 28 febbraio del 1885 sposò Matilde Serao. Le partecipazioni consistettero in un biglietto scritto a mano: «Avvisiamo gli amici che ci siamo sposati oggi», con le due firme e la data.

Con la moglie fondò e condusse prima un giornale a Roma ("il Corriere di Roma") e poi, a Napoli il "Corriere di Napoli" e quindi "Il Mattino".

Dal matrimonio nacquero quattro figli (Antonio, Carlo, Paolo e Michele). Ma Scarfoglio ebbe numerose avventure extraconiugali, tra cui una relazione durata per circa un anno con Gabrielle Bessard: una cantante francese, che, quando egli decise di troncare nel 1894, si uccise davanti alla sua porta, lasciandogli la bambina nata dal loro rapporto. La bimba, Paolina, venne quindi allevata in famiglia. Il matrimonio e la collaborazione con la Serao si interruppero nel 1904.

Viaggiò molto per lavoro e passione (D'Annunzio lo chiamerà "Ulisse" e ricorderà nel poema “Laus vitae” il viaggio in Grecia che fecero insieme nel 1895). Scarfoglio lasciò anche due libri di viaggi ("Le nostre cose in Africa", del 1895, e "Il cristiano errante" del 1897). Nel 1936 il figlio Carlo pubblicò una raccolta degli scritti "africani" del padre ("Viaggio in Abissinia. Nascita del colonialismo italiano"). Amava le imbarcazioni e nel corso della sua vita ne possedette otto, vivendovi spesso anche quando non era in viaggio.

I giornali

Il Corriere di Roma

Nonostante il cattivo stato delle finanze della coppia, appena sposata, Scarfoglio percorse l'intera Italia alla ricerca di finanziatori per fondare un nuovo giornale. Fu fatta una "sottoscrizione di azionisti", con azioni a 1000 lire l'una, e il primo numero uscì per il Natale del 1885. Appena sei mesi dopo, tuttavia, si dovettero mettere in vendita nuove azioni a 250 lire.

Al giornale collaborarono tra gli altri Nicola Misasi, la Contessa Lara, Giuseppe Giacosa, Salvatore di Giacomo, Antonio Fogazzaro, Giovanni Verga. Nonostante una nutrita redazione (il Cesareo, anche E. Boutet, P. Bernasoni, C. Paladini, A. Pardo, G. Petrai, V. Gervasi, R. Marvasi, G. Ventura, P. Mantegazza e G. Gavazzi Spech) vi comparvero spesso grossolani errori (per esempio un 29 febbraio al posto di un 1 marzo). Scarfoglio vi scrisse spesso con lo pseudonimo di "Tartarin", che continuò ad utilizzare anche in seguito.

Vi furono pubblicati a puntate due romanzi di appendice e si sperimentò la pubblicazione di una rivista ("La Civetta") come dono per gli abbonati. Nel secondo anno il giornale uscì il pomeriggio (al posto della "Libertà" che aveva cessato le pubblicazioni). Nonostante questi tentativi, tuttavia, il passivo del giornale continuava ad aumentare e non si riusciva a sostenere la concorrenza degli altri giornali, che usufruivano di mezzi più consistenti.

Nel 1886 il giornale concorrente La Tribuna annunciò che avrebbe offerto ai propri abbonati per l'anno successivo un nuovo libro di D'Annunzio, “Isotta Guttadauro", e in risposta, sulle pagine del Corriere, le cui condizioni finanziarie non permettevano alcuna offerta del genere, venne annunciata l'uscita di un poema "eroi-comico" intitolato "Risaotta al pomidauro", una parodia dell'opera dannunziana, che iniziò la pubblicazione sul giornale il 16 ottobre. Successivamente anche sulla rubrica mondana della Serao comparve un secondo poemetto parodistico ("Risaottina allo zafferano"). D'Annunzio rispose con una lettera pubblicata il 27 ottobre sulla "Tribuna". Sentendosi offeso, Scarfoglio lo sfidò a duello. Scarfoglio ebbe la meglio: il giornalista ferì il poeta al terzo assalto. Più tardi Scarfoglio e D'Annunzio si riappacificarono.

Per sopperire alla cattiva situazione finanziaria, uno dei principali finanziatori del giornale, il banchiere napoletano Matteo Schilizzi, propose alla coppia di passare a Napoli, accollandosi i debiti del giornale romano (tra le 14.000 e le 15.000 lire) e il "Corriere di Roma" cessò le pubblicazioni il 14 novembre del 1887.

Il Corriere di Napoli

A Napoli esistevano i giornali "Il Roma" e "Il pungolo". Soprattutto il primo aveva un ampio numero di lettori, per il programma democratico e il carattere popolaresco. La coppia con il finanziamento di Schilizzi, vi fondò un nuovo giornale, il "Corriere di Napoli", che rivoluzionò il giornalismo meridionale mediante una nuova veste tipografica, nuovi contenuti, e una diversa amministrazione e gestione, dalla pubblicità alla diffusione. Rispetto al "Corriere di Roma" aveva meno letteratura e più notizie (da Parigi, da Berlino, da Londra, da New York). Grazie anche alla collaborazione di Carducci e di D'Annunzio il giornale ebbe successo e Scarfoglio (che ancora si firmava con lo pseudonimo di Tartarin) divenne il giornalista più popolare d'Italia.

Il Corriere partecipò all'agone politico, secondo le intenzioni del suo finanziatore Schilizzi. Lo stesso Scarfoglio si presentò nel 1890 come candidato presso il collegio di Caserta, ma nonostante l'appoggio del giornale non venne eletto. Le divergenze sulla politica africana incrinarono il rapporto con Schilizzi: Scarfoglio favoriva una attiva politica coloniale, mentre il banchiere appoggiava ora l'uno ora l'altro dei politici a seconda delle proprie simpatie. Nel 1891 Scarfoglio attaccava il ministro dell'interno Giovanni Nicotera, che invece Schilizzi favoriva. Il contrasto fu momentaneamente sanato inviando il giornalista in un viaggio di circa sei mesi nella provincia dell'Harrar in Etiopia, per indagare le possibilità di un'eventuale espansione coloniale italiana.

Al ritorno, Scarfoglio e la moglie lasciarono il "Corriere di Napoli", di cui cedettero il proprio quarto di proprietà con 100.000 lire.

Il Mattino

Con questo capitale la coppia decise la fondazione di un nuovo giornale, che venne chiamato "Il Mattino" e uscì con il primo numero il 16 marzo del 1892. L'editoriale prometteva di dare voce alle proteste del Mezzogiorno. Il pubblico a cui si rivolgeva era tuttavia la vecchia aristocrazia e la borghesia emergente, gli unici alfabetizzati, e che si interessava alla politica, ma desiderava anche essere informato sugli avvenimenti mondani. Oltre alla coppia vi scrissero Ferdinando Russo, Francesco Saverio Nitti, D'Annunzio e Federigo Verdinois.

La sede fu nella centralissima Galleria Umberto I, con i macchinari (la nuovissima "macchina a rotazione o a carta continua") nei sotterranei. Il giornale costava 5 centesimi e l'abbonamento 15 lire. La pubblicità inizialmente gestita in proprio e curata dal marchese Franz Lecaldano, venne in seguito affidata alla ditta Haas Enstein & Vogler. Le campagne promozionali per il giornale furono per la prima volta utilizzate prendendo spunto da quelle dei prodotti commerciali, con manifesti e regali per gli abbonati.

Il giornale offriva ai lettori due romanzi a puntate (Alle due Beatrici di Anton Giulio Barilli, Bel Ami di Guy de Maupassant, Il Simoniaco (seguito dell'Innocente) di Gabriele D'Annunzio, I fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij, Tramontando il sole di Matilde Serao, Il figlio del fantasma di Ferdinando Musso furono quelli annunciati nel primo numero), ed ebbe un ruolo determinante nella città, facendola diventare un polo letterario importante.

Garantiva inoltre corrispondenti da Roma (Luigi Mercatelli), da tutte le capitali europee e dalle province meridionali e prestava attenzione fin alle vicende del Mediterraneo orientale, dove Scarfoglio si recò spesso in viaggio dalla Grecia, alla Turchia, ai Balcani.

Il giornale, liberale, democratico, nazionalista e antisocialista, rappresentò il volto complesso di Napoli, cadendo più volte in contraddizione: appoggiò la povera gente durante la "rivoluzione del pane" rischiando il sequestro e la cessazione delle pubblicazioni, ma contemporaneamente invocò il pugno di ferro contro il socialismo e le lotte operaie, difendendo la borghesia.

Malgrado il successo presso il pubblico non ebbe mai rilevanti guadagni e la famiglia Scarfoglio fu sempre in debito, ipotecando le future pubblicità e i futuri romanzi.

La linea di Scarfoglio e del Mattino

La linea di Scarfoglio, più giornalistica che veramente politica, difendeva i lavoratori e il popolo napoletano disoccupato e ne propugnava il progresso, che riteneva tuttavia dovesse essere sorretto e guidato, per mancanza di saggezza e cultura, e tenendo dunque a distanza il socialismo. Fu di volta in volta a favore dei governi che si impegnavano a dare importanza alla questione meridionale.

La linea del principale articolista politico, Nitti, era invece per lo sviluppo di un’economia capitalistica, diretta da un’attiva e consapevole borghesia in collaborazione con una classe di lavoratori moderna e organizzata. Nel 1894 Nitti lasciò il giornale per andare a dirigere la torinese “Riforma Sociale” e il giornale assunse posizioni sempre più conservatrici.

Già durante lo scandalo della Banca Romana, che aveva coinvolto Crispi, Scarfoglio ne aveva inizialmente difeso il presidente, Bernardo Tanlongo, in appoggio a Crispi di cui condivideva la politica interventista. Quando tuttavia Crispi, tornato al potere, prese misure repressive contro le rivolte in Sicilia, il giornale si schierò contro il governo. Nel 1896 la sconfitta di Adua provocò la caduta di Crispi. La netta opposizione al nuovo governo di Antonio Starrabba, che aveva firmato la pace, e le critiche alla monarchia provocarono numerosi sequestri del giornale.

Nel 1898 in seguito alla nuova tassa sul macinato imposta dal governo e al vertiginoso aumento di prezzi che ne era derivato, originò la "rivolta del pane" prima a Milano, e quindi in tutte le principali città. Il governo scelse la linea della repressione e il Mattino si schierò contro di esso e contravvenne alla censura governativa: il giornale fu sequestrato tra il 12 maggio e il 28 luglio, mentre Scarfoglio dovette fuggire in Svizzera.

Il giornale subì uno scossone ancor più grave per l'appoggio fornito al discusso sindaco Celestino Summonte, del quale l'inchiesta di Giuseppe Saredo provò nel 1901 i legami con la camorra. L'inchiesta coinvolse anche il giornale e Scarfoglio, che venne accusato di aver ricevuto denaro per scrivere i suoi articoli nella direzione voluta dagli accusati. Scarfoglio nei tre anni della durata dell'inchiesta attaccò a più riprese violentemente Saredo.

Appoggiò i governi di Giuseppe Zanardelli e di Giovanni Giolitti nel 1903, sebbene rimanesse deluso dalla mancanza di ministri meridionali.

Nel 1911 appoggiò fortemente la conquista della Libia, ma in seguito ai problemi legati all'intervento Scarfoglio si allontanò quindi dal giornale, scrivendovi sempre più raramente.

Fu contrario all'intervento nella prima guerra mondiale, ma una volta che l'Italia entrò in guerra rimase fedele al proprio nazionalismo e scrisse auspicandone la vittoria e il mantenimento dell'unità. Non vide la fine della guerra, stroncato da un infarto pochi giorni prima della disfatta di Caporetto.