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Antonio Salvotti (Mori, 1789 – Trento, 1866) è stato un
magistrato imperiale austriaco, consigliere dell'Imperatore
d'Austria
Biografia
Nel suo ruolo di magistrato condusse l'istruttoria di tutti i
processi del 1821, compreso il celeberrimo Processo Maroncelli
Pellico, a carico dei cospiratori anti-austriaci nel
Lombardo-Veneto, territorio soggetto all'epoca alla sovranità
dell'Austria. Tra i condannati vi furono Piero Maroncelli e Silvio
Pellico, che, dapprima condannati alla pena capitale, si videro, per
grazia imperiale, commutata la pena in quella del carcere duro, da
scontarsi nella fortezza dello Spielberg: Maroncelli per venti anni,
Pellico per quindici.
Paradossalmente, il figlio Scipione entrerà in futuro tra le
file dei patrioti e sarà arrestato per alto tradimento dagli
austriaci.
Di origine familiare borghese, Antonio Salvotti ottenne in
età matura il titolo di barone di Eichenkraft-Bindeburg.
Studiò legge in Germania e lì conobbe Friedrich Carl
von Savigny, personaggio fondamentale nella sua formazione di
giurista.
Salvotti ha lasciato un ricordo che ancora divide gli
"storici-giuristi". Infatti all'epoca dei processi contro i patrioti
italiani fu considerato nell'ambiente milanese nella quale operava
da magistrato come un «geniale aguzzino al soldo
dell'Austria». Lo storico Luzio, invece, diceva agli italiani
di «non parlare di Salvotti come di un mostro».
Ciò che è certo, è che fu sempre un fedele
suddito dell'Impero austriaco e non credette mai ad un'Italia
indipendente, nemmeno dopo la proclamazione del Regno d'Italia. Al
fine di far riconsiderare i processi da lui gestiti, e disperato dai
giudizi negativi espressi nei suoi confronti dai "risorgimentalisti"
cominciò a scrivere le sue Memorie, che però sono
rimaste incompiute. Nei decenni successivi alla sua morte, l'operato
di Salvotti è stato rivisto ed i giudizi espressi nei suoi
confronti sono stati piuttosto benigni. Soprattutto per quanto
riguarda la non conoscenza, da parte di Salvotti, dei trattamenti
disumani adottati nelle carceri imperiali.
La cultura giuridica
Antonio Salvotti era un "legalitario": il suo modello era uno stato
di diritto fondato su legalità, interesse comune e diritto
pubblico. Considerava un punto fermo la "codificazione del diritto
penal-processuale", mentre era contrario alla codificazione del
diritto civile. Il suo errore fu di credere con troppa convinzione
nella fede giuridica di tradizione asburgica e soprattutto
nell'Impero d'Austria, nel quale Salvotti rivedeva quella medesima
funzione "unificante" che in passato aveva svolto l'Impero Romano.
Non a caso era considerato un "austriacante". Nel suo ruolo di
inquisitore, fu un fedele applicatore della massima dura lex, sed
lex.
I contrasti politici con il figlio Scipione
Il figlio fu arrestato ed incarcerato per essere un patriota
italiano in un territorio, quello trentino, che sarà annesso
all'Italia solo molti decenni dopo. Il padre, molto legato
all'imperatore, avrebbe ben potuto adoperarsi per farlo liberare, ma
ciò era contrario ai suoi principi di legalità e al
personale concetto di Diritto. Si limitò a garantirgli un
trattamento umano, ma parlò di lui come di un "liberale
esaltato", soprattutto quando Scipione più volte si
rifiutò di tornare in famiglia dopo esser tornato in
libertà. Solo negli ultimi anni di vita di Antonio Salvotti,
Scipione tornerà a Trento.