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« Io disprezzo la polvere di cui sono fatto e che vi parla; si
potrà perseguitare e far morire questa polvere, ma sfido a
strapparmi la vita indipendente che mi sono dato nei secoli e nei
cieli »
(Saint-Just, Istituzioni repubblicane)
Louis Antoine Léon de Richebourg de Saint-Just, più
noto come Louis Antoine de Saint-Just (Decize, 25 agosto 1767 –
Parigi, 28 luglio 1794), è stato un rivoluzionario e politico
francese. Fu tra i principali artefici del Terrore durante la
Rivoluzione francese.
Biografia
Figlio del cinquantaduenne Louis Jean, cavaliere di San Luigi ed
ex-maresciallo della gendarmeria, e dalla trentenne Marie Anne
Robinot, figlia di un notaio, si trasferisce con la famiglia, ancor
prima di compiere un anno, a Nampcel, nell'Oise e, il 16 ottobre
1776, nel piccolo paese di Blérancourt, dove il padre ha
acquistato una casa; alla morte del padre, avvenuta l'8 settembre
1777, viene mandato a studiare nel collegio degli Oratoriani di
Saint-Nicolas a Soissons.
Diplomatosi nel 1785, l'anno dopo ha una relazione con
Thérèse Sigrade-Gellé, la figlia del notaio di
Blérancourt, che nega il suo consenso alle nozze; sembra che
questo rifiuto, e il successivo matrimonio della ragazza, sia stato
la causa della sua partenza improvvisa, il 9 settembre 1786, per
Parigi, dov'è arrestato il 6 ottobre a seguito della denuncia
della madre alla quale aveva sottratto dell'argenteria.
Dopo una detenzione nella casa di Madame de Sainte-Colombe, nella
rue de Picpus, il 7 marzo 1787 può ritornare a casa, presso
la madre e le due sorelle, Louise e Marie Françoise, e
s'impiega come praticante nello studio di un avvocato di Soissons.
Nell'ottobre si iscrive alla facoltà di diritto
dell'Università di Reims, dove si laurea in meno di un anno,
il 15 aprile 1788.
Il 5 luglio del 1788, Luigi XVI, la nobiltà e il clero, di
fronte alla grave crisi finanziaria dello Stato francese e della
pressione popolare, sono costretti a convocare gli Stati generali a
Versailles; è l'inizio della caduta dell'ancien
régime. Nel maggio 1789 Saint-Just pubblica a Parigi un poema
in 20 canti, l'Organt, nella tradizione del libertinismo del secolo
e privo di valore letterario - il famoso critico Sainte-Beuve lo
definirà «un detestabile poema, passatempo di un
giovane ozioso che ha letto La Pucelle» - ma che mostra
caratteri tipici del suo pensiero, come il disprezzo per i tiranni,
la monarchia, la nobiltà e il clero. L'opera viene subito
sequestrata ma riapparirà nelle librerie nel 1792.
Scriverà ancora, nel 1790, una commedia in versi,
l'Arlecchino-Diogene, mai rappresentata, e un libretto storico sul
castello di Coucy.
La Rivoluzione
La presa della Bastiglia e i successivi, immediati sviluppi
rivoluzionari, lo vedono ancora a Blérancourt occuparsi della
politica locale; il municipio provvede al sequestro del locale
convento dei Foglianti e del castello. Il 3 giugno 1790 viene
nominato colonnello della Guardia nazionale e partecipa in tale
veste alla Festa della Federazione del 14 luglio, che si tiene al
Champ-de-Mars di Parigi.
Il 19 agosto scrive a Robespierre allegando una petizione che
garantisca il mercato di bestiame di Blèrancourt, minacciato
di essere trasferito nella vicina città di Coucy: «A
voi che difendete la patria ancora incerta di fronte alle forze del
dispotismo [...] sostenete, per favore, la petizione [...] Non vi
conosco di persona, ma so che siete un grande uomo. Infatti, voi non
siete soltanto il deputato di una provincia, ma quello
dell'umanità intera e della Repubblica [...]».
L' Esprit de la révolution
Montesquieu
Nel settembre inizia a scrivere l'Esprit de la révolution et
de la Constitution de la France, pubblicato alla fine dell'anno
seguente. Vi esprime più un'adesione allo spirito di
Montesquieu che di Rousseau, uno spirito molto più moderato
di quanto non esprimerà negli anni cruciali del Terrore (IV,
9): «Per quanta venerazione m'imponga l'autorità di J.
J. Rousseau, non ti perdono, o grand'uomo, di aver giustificato il
diritto di morte; se il popolo non può trasmettere il diritto
di sovranità, come potrà trasmettere i diritti sulla
sua vita?»; e sulla presa della Bastiglia, esprime una
fondamentale ispirazione di uomo d'ordine: per lui, il popolo, dopo
i primi eccessi (I, 3) «ebbe un momento di moralità,
sconfessò i delitti di cui aveva macchiato le proprie mani e
fu alquanto felicemente ispirato, sia dal timore che dall'influsso
dei buoni spiriti, a darsi dei capi e a obbedire».
Sui problemi sociali, si mostra favorevole al controllo delle
industrie e a forti tassazioni dei redditi maggiori procurati dalle
grandi proprietà, che giudica frutto
dell'«avarizia» e nemiche dell'eguaglianza che deve
sussistere in un'autentica Repubblica: «L'eguaglianza
dipenderà soprattutto dalle imposte. Se saranno tali da
ottenere che il ricco indolente abbandoni la sua vita oziosa per
navigare o fondare un'industria, egli perderà di colpo
l'alterigia che lo contraddistingue».
Il 20 giugno 1791 il re con la sua famiglia tenta di fuggire dalla
Francia ma a Varennes-en-Argonne è riconosciuto, arrestato e
riportato a Parigi. Il 23 agosto Saint-Just si presenta candidato
alle elezioni dell'Assemblea legislativa ma non può essere
eletto perché non ha ancora compiuto venticinque anni: viene
eletto l'anno dopo, il 5 settembre, deputato alla Convenzione per il
dipartimento dell'Aisne e il 18 settembre 1792 giunge a Parigi.
Deputato della Convenzione
Il discorso per il processo a Luigi XVI
La Convenzione, l'Assemblea che aveva preso il posto della
Costituente e della Legislativa per dare una nuova Costituzione alla
Francia, si riunì per la prima volta il 20 settembre 1792, il
giorno stesso della vittoriosa battaglia di Valmy. La Francia aveva
respinto il primo attacco della coalizione dei vecchi regimi europei
ma la lotta era tutt'altro che conclusa e all'interno era in corso
una duro confronto fra la "destra" dei girondini, appoggiati dal
centro, il "Marais", la Palude, e la "sinistra" della Montagna di
Robespierre e dello stesso Saint-Just. L'insurrezione parigina del
10 agosto, abbattendo la monarchia, accusata di intelligenza con il
nemico esterno, aveva posto il problema del processo a Luigi XVI,
che la Gironda non voleva, temendo che l'inevitabile condanna
avrebbe decisamente rafforzato i giacobini e la Comune di Parigi, il
comitato insurrezionale che spingeva per una politica di radicale
intransigenza repubblicana.
Luigi XVI
Proprio sul tema del processo il 13 novembre Saint-Just
pronunciò il suo primo discorso alla Convenzione respingendo
sia la tesi dell'inviolabilità del re che quella favorevole a
processare Luigi XVI come un comune cittadino: per lui, il processo
ha natura squisitamente politica: «Io dico che il re deve
essere giudicato come un nemico, che dobbiamo combatterlo piuttosto
che giudicarlo e che, non rientrando egli nel contratto che unisce i
francesi, le forme della procedura non si trovano nella legge civile
ma nella legge del diritto dei popoli [...] Gli uomini che stanno
per giudicare Luigi hanno una repubblica da fondare: ma coloro che
attribuiscono una qualche importanza alla giusta punizione di un re,
non fonderanno mai una repubblica [...] cosa non temeranno da noi i
buoni cittadini, vedendo la scure tremare nelle nostre mani, e
vedendo un popolo che fin dal primo giorno della sua libertà
rispetta il ricordo delle sue catene?».
Luigi XVI non può essere giudicato secondo le leggi in
vigore, perché «i cittadini si legano fra di loro col
contratto; il sovrano non si lega affatto [...] il patto è un
contratto fra i cittadini, non con il governo; non si può
rientrare in un contratto nel quale non ci si è impegnati. Di
conseguenza Luigi, che non si era impegnato, non può essere
giudicato come cittadino [...] quest'uomo deve regnare o morire
[...] Processare il re come cittadino! Un'idea simile
strabilierà la fredda posterità. Giudicare significa
applicare la legge; una legge è un rapporto di giustizia; e
che rapporto di giustizia ci può mai essere tra
l'umanità e i re? Che cosa c'è in comune tra Luigi e
il popolo francese, perché gli si usino dei riguardi dopo il
suo tradimento? [...] Non si può regnare senza colpa. Ogni re
è un ribelle e un usurpatore. Gli stessi re tratterebbero
diversamente i loro pretesi usurpatori? [...] Cittadini, il
tribunale che deve giudicare Luigi non è un tribunale
giudiziario: è un consesso, è il popolo, siete voi: e
le leggi che dobbiamo seguire sono quelle del diritto dei popoli
[...] Luigi è uno straniero fra noi: non era cittadino prima
del suo delitto, non poteva votare, non poteva portare le armi; lo
è ancor meno dopo il suo delitto [...]».
E conclude: «Luigi ha combattuto il suo popolo ed è
stato vinto. È un barbaro, uno straniero prigioniero di
guerra [...] È l'assassino della Bastiglia, di Nancy, del
Campo di Marte, di Tournay, delle Tuileries: quale nemico, quale
straniero ci ha fatto più male di lui? Deve essere processato
rapidamente: lo consigliano la saggezza e la sana politica; egli
è una specie di ostaggio che i furfanti ci conservano. Si
cerca di muovere a pietà, presto si compreranno le lacrime;
si farà di tutto per renderci interessati, per corromperci,
anche. Popolo, se il re sarà assolto, ricordati che noi non
saremo più degni della tua fiducia e tu potrai accusarci di
perfidia».
Profonda fu l'impressione del discorso di Saint-Just in tutti i
settori dell'Assemblea: lo stesso girondino Brissot scrisse che
«in questo discorso ci sono bagliori, un talento che
può onorare la Francia».
La scoperta, in un armadio segreto alle Tuileries, dei documenti che
dimostravano inequivocabilmente le trame di Luigi XVI con i nemici
della Francia, fu decisiva: nel processo, iniziato l'11 dicembre
1792 di fronte alla Convenzione, i deputati si pronunciarono a
maggioranza sulla pena di morte e il re, con enorme scandalo dei
governi di tutta Europa, fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793.
La crisi economica
Alla crisi economica, il Comitato finanziario cerca di far fronte
con una continua emissione degli assegnati, che in meno di un anno
arrivano a svalutarsi del 50%; il pane è caro, anche se il
raccolto è stato buono, perché i contadini non
intendono cambiare il grano con cartamoneta svalutata.
Nel suo discorso alla Convenzione del 29 novembre 1792 Saint-Just,
che dal 15 novembre è membro della Commissione incaricata di
redigere la nuova Costituzione e dal 24 novembre è presidente
dei giacobini, difende la libertà di commercio: «la
libertà nel commercio è madre dell'abbondanza, ma da
dove vengono gli ostacoli a questa libertà? [...] Ciò
che ha sconvolto in Francia il sistema del commercio dei grani dopo
la rivoluzione è stata la sregolata emissione dei simboli
monetari [...] Noi abbiamo molti simboli monetari ma pochissime cose
[...] Un tempo il denaro era meno abbondante; ce n'era sempre una
buona parte tesaurizzata e questo diminuiva ancora il prezzo delle
cose [...] Oggi non si tesaurizza più, non abbiamo più
oro; ma per uno Stato esso è necessario, altrimenti si
ammassano o si accaparrano le derrate e il denaro perde sempre
più valore. la penuria dei grani non deriva da altro.
L'agricoltore, che non vuole riempirsi di cartamoneta, vende
malvolentieri il suo grano».
Propone la vendita dei beni degli emigrati, il pagamento in natura
dell'imposta fondiaria, la libera circolazione dei grani
all'interno, il divieto della loro esportazione e la libertà
di commercio senza restrizioni; la Convenzione approvò le sue
proposte l'8 dicembre ma la crisi economica si aggravò.
La riorganizzazione dell'esercito
I successi militari francesi a Valmy e a Jemappes contro la
coalizione austro-tedesca non sono decisivi e permangono i problemi
della direzione delle operazioni militari e dell'organizzazione
dell'esercito. Il 28 gennaio 1793 Saint-Just si oppone invano alla
proposta di Sieyès di una riorganizzazione del Ministero
della Guerra che di fatto concedeva troppo potere alle alte cariche
militari e, il 12 febbraio, appoggia la proposta del deputato
Dubois-Crancé di una riorganizzazione dell'esercito. Questo
era allora costituito da reggimenti dell'ex esercito reale e da
nuovi reggimenti di volontari, che godevano di una paga maggiore ed
erano comandati da ufficiali eletti dai soldati. La proposta
dell'"amalgama", ossia della ricostituzione dei reggimenti mediante
la fusione di due battaglioni di volontari con uno di regolari a
eguale paga, fu approvata dalla Convenzione il 24 febbraio 1793.
Intervenne più volte nelle discussioni sul progetto
costituzionale, che fu approvato dalla Convenzione il 24 giugno
1793.
Saint-Just ebbe parte di primo piano nella difesa del territorio
nazionale con le missioni svolte presso le armate del Reno (ottobre
1793) e del nord (gennaio 1794). Eletto presidente della Convenzione
il 10 febbraio del 1794, si scagliò in maniera vigorosa
contro Georges Danton e Jacques-René Hébert, entrambi
condannati alla pena capitale.
Difensore coraggioso degli ideali repubblicani, nel giugno del 1794
fu presente come controllore inviato dal Comitato di salute pubblica
alla battaglia di Fleurus, vinta dal generale Jean-Baptiste Jourdan
contro l'alleanza della prima coalizione. Sostenitore di Robespierre
anche durante il periodo del terrore, il 27 luglio tornò a
Parigi tentando di salvare "l'incorruttibile" con un discorso
conciliante tenuto davanti ai membri della Convenzione.
Poco dopo l'arresto dell'amico egli riuscì con una banda di
partigiani a liberarlo, ma la soverchiante forza nemica lo costrinse
ad arrendersi. Sconfitto militarmente e non più sostenuto dal
popolo, il 28 luglio fu messo alla ghigliottina insieme ad altri
ventidue giacobini.