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Cenni biografici
Francesco Ruffini frequentò il liceo classico di Ivrea, il
Liceo classico Carlo Botta. Dopo aver insegnato a Pavia e a Genova,
divenne docente a Torino prima di storia del diritto, poi di Diritto
ecclesiastico, incentrando il suo insegnamento in particolare sul
tema della libertà religiosa e, più in generale, sui
singoli diritti di libertà via via configuratisi nel corso
dei secoli. Fra i suoi allievi migliori ebbe Arturo Carlo Jemolo,
Alessandro Galante Garrone, Piero Gobetti (che fu anche suo editore)
e Mario Falco.
Fu nominato senatore del Regno d'Italia nel 1914.
Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali
antifascisti, redatto da Benedetto Croce, che nel 1927 gli
dedicò il volume Uomini e
cose della vecchia Italia. Nel 1928 Ruffini subì
un'aggressione da parte di un gruppo di fascisti all'interno
dell'università di Torino, dove insegnava. Presero le sue
difese diversi studenti, tra cui Alessandro Galante Garrone e Dante
Livio Bianco.
Strenuo laicista, insieme a Benedetto Croce e Alberto Bergamini
criticò apertamente il Concordato del 1929: nella seduta
parlamentare del 24 maggio 1929, Croce aveva attaccato, infatti,
l'ipotesi di dar vita al Concordato fra Stato e Chiesa.
Insieme al figlio, Edoardo Ruffini Avondo, nel 1931 figurò
nella dozzina di docenti che rinunciarono alla cattedra per non
prestare il giuramento di fedeltà al Fascismo. Morì
tre anni dopo a Torino.
Opere
Interessatosi sempre del rapporto fra Stato e Chiesa, Ruffini
studiò la figura di Cavour, di cui fu grande estimatore. Nel
1901 la sua analisi delle origini storiche dell'idea di
libertà religiosa sfociò nella stesura dell'opera La libertà religiosa. Storia
dell'idea, in cui egli mostra come l'idea di libertà
religiosa emerga dalle guerre di religione che attraversarono
l'Europa all'inizio dell'età moderna come «la scintilla
dall'urto tra due pietre dure».
Significativo anche lo scritto La
«Cabale Italique» nella Ginevra del Seicento,
dove Ruffini compie una breve analisi sul ceppo italiano emigrato e
stabilitosi in Svizzera, ed in particolare a Ginevra, in seguito
alla Riforma Protestante; presenti, tra l'altro, ampi riferimenti
alla storia d'Italia, con uno sguardo privilegiato alla Toscana, e
in particolare alla città di Lucca.
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Ruffini, Francesco.
Giurista e uomo politico (Lessolo 1863 - Torino 1934). Fu uno dei
pochi professori universitarî che, nel 1931, rifiutarono il
giuramento al regime fascista e furono per questo dimessi dalla
cattedra. Nel campo scientifico può considerarsi il
restauratore dello studio del diritto canonico in Italia e il
giurista che maggiormente collaborò, insieme con F. Scaduto,
alla prima elaborazione del diritto ecclesiastico italiano.
Vita e attività.
Prof. di diritto ecclesiastico a Pavia (1892), Genova (1893), Torino
(1908-31), senatore del Regno (1914), ministro della Pubblica
istruzione (1916-17); socio nazionale dei Lincei (1926). In politica
fu orientato in senso liberale, ma dopo la prima guerra mondiale si
staccò gradualmente dalla vita pubblica.
Opere.
Si ricordano: La buona fede in materia di prescrizione (1892);
l'edizione italiana del Trattato di diritto ecclesiastico cattolico
ed evangelico di E. Friedberg, arricchita di ampie note e appendici
(1893); La quota di concorso (1904); Guerra e riforme costituzionali
(1920); Corso di diritto ecclesiastico italiano (1924); De la
protection internationale des droits sur les oeuvres
littéraires et artistiques (1927, corso di lezioni tenute
all'Accademia di diritto internazionale dell'Aia). Gli interessi
storico-giuridici e la sua stessa formazione politica orientarono R.
verso i problemi della libertà religiosa e dei rapporti fra
Stato e Chiesa e, successivamente, allo studio del contributo
italiano alla Riforma e alla storia del giansenismo in Italia; La
libertà religiosa (I, Storia dell'idea, 1901); La vita
religiosa di Alessandro Manzoni (2 voll., 1931) e i numerosi saggi,
raccolti dopo la sua morte: Studi sul giansenismo (1943); Il
giansenismo piemontese e la conversione della madre di Cavour
(1943); Studi sui riformatori italiani (1955). Notevoli anche La
giovinezza del conte di Cavour (1922); Ultimi studi sul conte di
Cavour (postumo, 1936).