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Filosofo statunitense (Grass Valley, California, 1855 - Boston
1916).
Dopo aver studiato in America e in Germania (tra gli altri
con Lotze), fu (dal 1882) prof. alla Harvard University.
Preoccupazione dominante della filosofia di R. è il problema
morale, il persistere del male e dell’errore nell’esperienza umana.
Ma se nei suoi primi scritti, come The religious aspect of
phylosophy (1885), è più evidente la tensione tra
ideali morali ed esigenze individuali, nella sua opera più
famosa, The world and the individual (2 voll., 1900-01; trad. it., 4
voll., Il mondo e l’individuo), si afferma già pienamente la
tendenza di R. a trasferire sul piano metafisico i contrasti prima
colti a livello etico e sociale. R. divenne così il massimo
esponente, in ambito statunitense, di una forma di idealismo
influenzato dalla tradizione filosofica kantiana e postkantiana, che
divergeva talora radicalmente dalle posizioni empiristiche e
pragmatistiche dei suoi contemporanei.
Insoddisfatto delle forme
tradizionali di teoria della conoscenza, come il realismo e il
razionalismo critico (etichetta sotto la quale R. ricomprende anche
le posizioni empiriche e materialistiche a lui contemporanee), R.
sviluppò poi una sua originale posizione, in cui la
realtà risulta il compimento e l’esplicitazione del
significato interno o scopo dell’idea, intesa ancora una volta come
assoluto, sottolineando al tempo stesso l’elemento volontaristico di
questo processo d’individuazione.
Affrontò poi i problemi
più propriamente etici nella Philosophy of loyalty (1908;
trad. it. La filosofia della fedeltà), individuando nella
fedeltà, intesa come devozione a un fine etico liberamente
scelto, la virtù basilare.
Ma è in The problem of christianity (2 voll., 1913; trad. it.
Il problema del cristianesimo) che le esigenze metafisiche,
logico-metodologiche, etiche e religiose di R. trovano la loro
più persuasiva espressione. R. vi sviluppa il suo concetto di
interpretazione, riprendendo da Peirce lo schema
«triadico» (l’interpretazione, in quanto rapporto
triadico, esige un interprete che ‘medi’ tra cosa interpretata e
colui che abbisogna dell’interpretazione; nel caso limite i tre
termini possono coincidere in un unico soggetto).
Il soggetto umano,
l’individuo in quanto persona, non può essere
«conosciuto» né percettivamente né
concettualmente soltanto, ma come termine ultimo di un processo, a
rigore inesauribile, di «interpretazione», che lo
confronti con altri individui nel contesto di una comunità.
Le antitesi teoriche vengono a risolversi nel processo
interpretativo, visto come una serie di mediazioni. Il contrasto tra
assoluto e individuo si compone attraverso la mediazione
interpretativa, per cui R. potrà sostenere che il mondo reale
(mondo di segni reali, ché l’interpretazione verte su segni)
consiste proprio in questa «comunità
d’interpretazione». L’opera contiene tra l’altro un’originale
reinterpretazione del cristianesimo, incentrata sui temi della
Chiesa paolina, della perdita dell’innocenza per il peccato
originale e dell’espiazione-riparazione.
Nei suoi ultimi anni R. proporrà il tema della
«speranza della grande comunità» (The hope of the
great community, 1916), in cui si fondono le disparate
comunità «interpretative», economiche, politiche,
morali, ecc. di cui l’individuo fa parte, ritornando così,
con maggiore concretezza, alla problematica religiosa, che aveva da
sempre ispirato la sua riflessione filosofica.
Tra le altre sue opere si ricordano: The spirit of modern philosophy
(1892; trad. it. Lo spirito della filosofia moderna); Studies of
Good and Evil (1898); Outlines of psychology (1903; trad. it.
Lineamenti di psicologia); Race questions, provincial-ism and other
American problems (1908); The sources of religious insight (1912);
Lectures on modern idealism (post., 1919); Fugitive essays (post.,
1920). Interessanti lo scritto autobiografico California. A study of
the American character (1886) e il romanzo The found of Oakfield
Creek (1887).