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Dal Messaggero, 7 gennaio 1913 : “A Roccagorga questa mattina
avvennero gravissimi fatti in seguito a una rivolta popolare contro
il municipio che, secondo i rivoltosi, sarebbe colpevole di aver
principalmente trascurato il servizio sanitario. Il paese di
Roccagorga, che dista 7 chilometri da Piperno e 35 da Frosinone, si
trova nel centro dei monti Lepini, a 298 metri s.l.m. E’ un ex
feudo dei Doria – Pamphij. Gli abitanti sono circa tremila..”...
“Quel Giorno”, “Il Sei Gennaio”, segnarono a lungo il lessico e la
memoria collettiva di generazioni di “Rocchigiani”. La truppa era
stata inviata dal Prefetto di Frosinone a difesa del Sindaco e del
Medico Condotto, contro la cui mala amministrazione era stata
annunciata una dimostrazione molto partecipata. Il clima politico
dell’Italia dell’epoca, caratterizzato dallo sforzo bellico sul
suolo di Tripoli, risentiva di fortissime tensioni sociali in
seguito alla serie di “Eccidi Proletari”, che segnarono i primi
giorni del 1913, da Boganzola (Parma) a Comiso (Ragusa). In
quell’anno, tra l’altro, vi fu la concessione del Suffragio
universale maschile.
La folla di “quel giorno” era in gran parte composta di donne del
paese, stante l’accusa di abusi sessuali reiterati a carico del
Medico. E furono le “Rocchigiane” a prelevare e a tentare di portare
in piazza il Tricolore dalla sede della Società Agricola
Savoia, sotto la cui egida la dimostrazione era stata indetta.
Dal Messaggero, 8 gennaio 1913 : “La Società Agricola Savoia
, causa delle agitazioni e dei conseguenti disordini, venne
costituita il 2 giugno dello scorso anno ad iniziativa specialmente
di alcuni contadini tornati dall’America.Essendo stata incoraggiata
dalle autorità locali, le fu dato uno Statuto, secondo il
quale doveva mantenersi alla associazione carattere apolitico con
intenti di mutuo soccorso”…
“…il titolo del Sodalizio indica che covo di sovversivi esso
sia!...”, Avanti!,8 gennaio 1913.
Dopo il comizio del Presidente della Savoia, Signor Dante Mucci, “Un
gruppo numeroso di intervenuti comprese parecchie donne volle
recarsi sotto il Municipio e ripetere l’espressione della
volontà popolare affermata nel comizio stesso e salì
nei locali della Società a prendere la bandiera tricolore che
era stata esposta a un balcone e porsi in marcia verso il Comune”.
Avanti!, 8 gennaio.
L’apparizione del Vessillo scatena l’ira dei Reali Carabinieri, “..e
sul balcone si impegnò una violenta colluttazione per
impedire che fosse asportata la bandiera, mentre gli altri
assalivano senza ragione e percuotevano bell’e niente la folla
rimasta in piazza”… (ancora l’Avanti!).
“..La bandiera invece non venne ritirata e i carabinieri allora si
slanciarono verso colei che portava il vessillo per toglierglielo
dalle mani. Ma le donne raggruppatesi attorno alla vessillifera
difesero accanitamente la bandiera, che nella colluttazione venne
ridotta a brandelli, mentre l’asta finiva in pezzi”. Il Messaggero,
8 gennaio.
E’ questo il momento, concordano le fonti, che vide i primi lanci di
sassi..
“Fu allora che il Tenente Gregori, che a quanto pare aveva anch’egli
perso la testa, visto sanguinare il viso di un soldato, ordinava il
fuoco, e fu un fuoco di plotone , secco e compatto!”…, Avanti!, 8
gennaio...
In totale, furono sparati 170 colpi di moschetto, in 20 secondi...
Sette il numero delle vittime (tra cui un bambino di 5 anni).
La vasta eco dell’Eccidio recherà al piccolo centro laziale
una notorietà inedita, quanto poco desiderata, che, su tutti
gli organi di informazione del Regno d’Italia, porterà la
notizia della tragedia a contendere la prima pagina alle
celebrazioni dell’annessione della Colonia di Libia, avvenute in
forma solenne all’Altare della Patria, in data 20 gennaio.
“…Pertanto, siccome domenica si premieranno le bandiere tornate
dalla Libia ,il proletariato romano vada all’Altare della Patria a
fare la sua controdimostrazione, a dire che se in Libia fu permesso
di uccidere impunemente, ciò non può, non deve essere
permesso in Italia..”, dall’intervento dell’esponente del Partito
Repubblicano Vanni alla Casa del Popolo di Roma, 12 gennaio.
“…E ci avevano insegnato che Arabi e Turchi erano i Barbari..”, da
una testimonianza di un sopravvissuto all’Eccidio raccolta
dall’Avanti!
In un celebre editoriale datato 7 gennaio e recante il titolo
Assassinii di Stato, il Direttore dell’Avanti! indicò negli
“Eccidi proletari” del gennaio 1913 la molla che, finalmente,
avrebbe spinto il movimento operaio italiano verso lo sciopero
generale rivoluzionario. Il nome di quel Direttore era Benito
Mussolini: denunciato per istigazione alla sovversione presso il
Tribunale di Milano, sarà assolto con tutta la redazione del
giornale. Nel corso dell’anno successivo, allo scoppio della Grande
guerra, passerà, come è noto, dalla “neutralità
attiva ed operante” all’interventismo, iniziando così una
“nuova e luminosa carriera”.
“..Se il fatto che diede origine agli avvenimenti si ebbe ad Ancona,
bisogna ricordare che l’origine risale all’Eccidio di Roccagorga,
tipicamente meridionale, e che si trattava di opporsi alla
tradizionale politica di Giolitti, ma anche di tutti gli altri
partiti, di passare immediatamente per le armi i contadini
meridionali che elevassero una protesta pacifica, contro il
malgoverno e le cattive amministrazioni di tutti i governi..”
Così, a lunghi anni di distanza, commenterà Antonio
Gramsci, indicando il massacro dei “Rocchigiani” come evento
anticipatore dei moti della “Settimana Rossa” del 1914, estremo e
finale tentativo insurrezionale, prima dell’entrata dell’Italia
nella I guerra mondiale.