Lionel Charles Robbins

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Economista inglese (Sipson, Middlesex, 1898 - Londra 1984). Uno dei maggiori economisti inglesi del sec. 20º, R. è noto soprattutto per il suo fondamentale studio sulla natura della scienza economica (An essay on the nature and significance of economic science, 1932, ed. ampl. 1935; trad. it. 1947), nel quale l'economia è definita come la scienza che studia la distribuzione di mezzi scarsi tra fini alternativi.

Vita e opere.

Prof. all'univ. di Londra (1929-61); socio straniero dei Lincei (1947). Le definizione di economia elaborata da R., oggi generalmente accettata, ha risolto il problema della delimitazione dell'ambito di studio dell'economista, ha reso possibile una nuova prospettiva per ciò che concerne il metodo proprio dell'analisi economica e si è rivelata compatibile con gli sviluppi successivi della teoria economica.

Tra le altre opere: The great depression (1934; trad. it. 1935); Economic planning and international order (1937; trad. it. 1948); The economic basis of class conflict and other essays (1939; trad. it. 1952); Readings in the theory of income distribution (1946; trad. it. 1952); The economic problem in peace and war (1947; trad. it. 1952); The theory of economic policy in english classical political economy (1952; trad. it. 1956); The economist in the 20th century, ecc. (1954); Robert Torrens and the evolution of classical economics (1958); Politics and economics. Paper in political economy (1963; trad. it. 1965); The university in the modern world (1966); The theory of economic development in the history of economic thought (1968; trad. it. 1970); The evolution of modern economic theory (1970); Autobiography of an Economist (1971).

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Wikipedia

Lionel Charles Robbins è considerato uno dei più grandi esponenti della teoria Marginalista.

Pensiero ed influenze

Robbins divenne famoso nell'ambiente accademico per la sua definizione di economia:
«L'economia è la scienza che studia la condotta umana nel momento in cui, data un graduatoria di obiettivi, si devono operare delle scelte su mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi.»

Seguace di William Stanley Jevons e Philip Wicksteed, Robbins fu influenzato da diversi economisti dell'Europa continentale: Léon Walras, Vilfredo Pareto, Eugen von Böhm-Bawerk, Friedrich von Hayek, Friedrich von Wieser e Knut Wicksell. Nel 1929 Robbins ottenne la cattedra alla London School of Economics and Political Science sostituendo Allyn Young. Qui ebbe i primi incontri col premio Nobel Hayek. Proprio in quel periodo alla LSE sotto Hayek si formò una nuova classe di economisti anglo-sassoni, tra i quali spiccano certamente John Hicks, Abba Lerner, Tibor Scitovsky e Nicholas Kaldor.

Robbins divenne quasi familiare con gli economisti continentali, tanto da inserirsi nel dibattito sul "calcolo economico" in uno stato socialista, a fianco di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek e contro Abba Lerner e Oskar Lange.

Inizialmente Robbins fu un feroce oppositore delle teorie keynesiane. Nel 1934, nel suo trattato sulla Grande depressione, incolpò parzialmente della crisi proprio queste teorie. Robbins vedeva la sua LSE come un baluardo contro Cambridge, ateneo popolato da keynesiani e marshalliani.

Nonostante (tra le autorità della LSE) Robbins sia rimasto negli strascichi, l'economista britannico è anche uno dei maggiori responsabili del sistema educativo e universitario inglese odierno. Tra il 1961 e il 1964 guidò una commissione che stilò il cosiddetto Robbins Report, ossia un programma in tema universitario adottato dal governo di allora, che prevedeva una forte espansione degli atenei, espansione che avvenne infatti a partire dagli anni '60. Nel 1968 venne nominato Chancellor (ossia rettore) dell'University of Stirling.

Nell'ultima parte della sua vita tornò allo studio della Storia del pensiero economico, studio dal quale nacquero diverse pubblicazioni.

Nel 1959 ottenne il titolo di Lord, diventando Baron Robbins.

Pubblicazioni

I primi saggi di Robbins erano estremamente combattivi e mettevano l'accento sulla soggettività della teoria del valore. Nel 1932 scrisse un famoso saggio sulla metodologia economica (Essay on the Nature and Significance of Economic Science). I suoi lavori sul prezzo (lavori scritti tra il 1930 e il 1934) abbracciano totalmente la teoria del "costo alternativo" di Friedrich von Wieser. Le sue critiche alle teorie della representative firm di Marshall (1928) e alle teorie di Arthur Cecil Pigou (1932 e 1938) furono decisive per la fine dell'egemonia del pensiero marshalliano nel mondo accademico.

L'opera che diede fama continentale a Robbins fu Essay on the Nature and Significance of Economic Science, nel quale ridefinì il ruolo che secondo lui aveva l'economia, ossia "lo studio della condotta umana nel momento in cui, data un graduatoria di obiettivi, si devono operare delle scelte su mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi" (1932).

Il suo stile, la sua difesa a priori delle teorie esposte e gli attacchi decisi contro le teorie marshalliane ricordano molto i saggi di Ludwig von Mises.

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Storia del pensiero economico: Lionel Robbins

La sistemazione epistemologica di Robbins e l’economia del benessere

da http://firenzeappunti.weebly.com/lionel-robbins-storia-del-pensiero-economico.html



Definizione robbinsiana della scienza economica

Nel 1932 Robbins pubblicò il “Saggio sulla natura e l’importanza della scienza economica”, nel quale rese esplicito il concetto di attività economica e, correlativamente, di scienza economica.

Robbins parte dal concetto di scarsità walrasiano, intesa come insieme di utilità e limitatezza di un bene, dalla quale deriva il problema di ciascun soggetto economico, il quale cerca di trarre il massimo profitto dalle risorse scarse a sua disposizione (problema del consumatore, del risparmiatore, dell’investitore ecc).

La definizione che Robbins dà della scienza economica è analitica e non classificatoria, ovvero cerca di indicare in che cosa consiste l’aspetto propriamente economico della condotta umana.

Approfondendo il concetto di scarsità walrasiano Robbins precisa quali sono le condizioni necessarie e sufficienti che rendono l’azione umana passibile di considerazione economica:

1)      gli scopi devono essere molteplici

2)      gli scopi devono avere diversa importanza ed essere classificabili in ordine d’importanza

3)      i mezzi devono essere limitati

4)      i mezzi devono avere usi alternativi

Nessuna di queste 4 condizioni, considerata isolatamente, è in grado di fondare l’economicità.

Definizione di scienza economica:

“la scienza che studia la condotta umana come una relazione tra scopi e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi”.

Dalla definizione di Robbins discendono varie conseguenze. Noi esaminiamo quelle più importanti per il lavoro scientifico e le impostazioni pratiche di politica economica:

-          carattere deduttivo della scienza economica

-          “neutralità rispetto ai fini” della scienza economica

-          differenza tra economia e tecnica

L’economia come scienza deduttiva

L’economia è una scienza che deduce le sue proposizioni da alcuni postulati inizialmente ammessi. Questi postulati sono semplici ed indiscutibili fatti dell’esperienza relativi al modo in cui la scarsità dei beni, che è appunto l’oggetto dell’economia, si rivela effettivamente nel mondo reale.

Se i presupposti son giusti, sono giuste le teorie su essi fondate. E per Robbins i suoi presupposti sono addirittura indiscutibili per nessuna società, perché derivati dall’esperienza di tutti i giorni.

Neutralità rispetto ai fini

L’economia è indifferente rispetto ai fini, nel senso che essa non è in grado di dare su di essi un giudizio, allo stesso titolo per cui non è in grado di dare un giudizio sugli usi dei mezzi più (moralmente) giusti per pervenire ai fini stessi. Questo non esclude che un economista, in quanto uomo e non economista, possa dare giudizi sia su fini sia su mezzi.

Compito dell’economista: è quello di indicare in qual modo i mezzi a disposizione vadano usati per conseguire quei fini nel migliore dei modi. Ne deriva un’economia libera da giudizi di valore.

Economia e tecnica

Neanche i mezzi, al di fuori del loro rapporto coi fini, costituiscono interesse per l’economia.

Tecnica : si occupa dell’idoneità dei mezzi a raggiungere certi fini, prescindendo però completamente sia dal grado di scarsità dei mezzi sia dall’ordine di importanza nel quale i fini si trovano disposti

Economia : accettando come un dato quanto affermato dalla tecnica, valuta i mezzi in conformità della loro scarsità e dell’importanza relativa dei fini con essi raggiungibili.

Esempio chiarificativo non dell’autore: una stampante serigrafica è tecnicamente migliore rispetto ad una stampante laser, tuttavia non è detto che lo sia anche economicamente.

La base economica dei conflitti di classe

Dopo una breve introduzione Robbins definisce interesse soggettivo quell’interesse ritenuto tale da un soggetto; interesse oggettivo quell’interesse che è vero che si verificherà in assenza di “circostanze perturbatrici”.

La teoria mercantile dei conflitti di gruppo

Robbins intende studiare la base dei contrasti tra comunanze oggettive di interessi. Egli vuole cioè ricercare semplicemente se certe strutture sociali siano oggettivamente in disarmonia, a prescindere dal fatto che esse lo percepiscano o meno.

Robbins crede alla possibilità di tali disarmonie, ma non pensa certamente che in mancanza di convenienti rimedi istituzionali vi sia una tendenza innata verso l’armonia (al contrario di quanto affermato da Smith relativamente alla mano invisibile).

Prima di dare definizioni di classi sociali, pensa che sia necessario determinare se esistano determinati conflitti, per poi definirle in seguito a tali classificazioni.

Ideale secondo Robbins è partire da un’analisi del mercato:

nella società scambistica il mercato è il riflesso di tutta quanta la rete delle relazioni economiche.

I fenomeni del mercato, cioè i prezzi, forniscono gli stimoli delle azioni umane.

Ci sono due situazioni fondamentali di conflitto:

1)      quando gli individui si trovano di fronte a gruppi monopolistici

i prezzi in stato di monopolio sono meno favorevoli per gli individui non del monopolio rispetto a quelli in stato di concorrenza. Dunque quando tanti contadini individualmente si trovano davanti ad un unico compratore o ad un piccolo numero di compratori che agiscono insieme, egli probabilmente si sentirà, spesso a ragione, danneggiato. Difficilmente queste situazioni possono degenerare in conflitti di classe, ma, se ripetute, può anche accadere.

2)      quando ci sono gruppi in contrasto contro altri gruppi

in termini generali si può dire che l’interesse di un gruppo è quello di massimizzare le proprie entrate nette. Questo obiettivo può facilmente essere in contrasto con gli interessi di altri membri della società (ad esempio quando le condizioni di una domanda sono tali che una quantità minore si vende per un valore complessivo maggiore: per il gruppo venditore è bene offrire di meno, per il gruppo compratore, ovvero per tutta la restante società, è meglio avere di più).

Questo conflitto di interessi, ha carattere permanente soltanto se i servizi dei produttori sono specializzati o se godono di uno stato monopolistico anch’esso permanente.

Esempio: supponiamo nell’esempio precedente che un’invenzione faciliti la produzione di quel bene. Gli individui del resto della società saranno incentivati ad utilizzare tale invenzione per produrre loro stessi; il che diminuirebbe il costo di produzione, aumenterebbe l’offerta e farebbe diminuire il prezzo di tale bene. Questo può però accadere soltanto in uno stato senza ostacoli all’ingresso, di libera concorrenza e con mobilità.

La nascita di conflitti di classe in questi casi, oltre che dalla mobilità di mercato e dalla concorrenza del Paese, dipenderà anche dalla propaganda politica e istituzionale che di tale conflitto viene fatta, dall’apparato di comunicazione e dal grado di disarmonia generato a livello globale.

Il significato dell’omogeneità di mercato

I gruppi di cui abbiamo analizzato le comunanze di interesse Robbins li definisce omogenei in
relazione al mercato. Con questo intende dire che come in quel determinato mercato quei gruppi sono potuti diventare gruppi così al cambiare di questo è probabile che smettano di esserlo.

La teoria della lotta di classe

Le precedenti analisi diventano importanti quando riferite al contesto contemporaneo a Robbins, in cui la teoria marxista della lotta di classe poneva schierati gli uni contro gli altri proprietari terrieri e “nullatenenti”.

...critica in un contesto internazionale ..Robbins parte da una constatazione:

-          nel Manifesto si esortano gli operai di tutto il mondo ad unirsi…si capisce da qui che non c’era prima di tale scritto una solidarietà proletaria internazionale.

Giudicata secondo i criteri di Robbins la lotta di classe non può essere generalizzata a livello internazionale, dati gli innumerevoli contesti di mercato presenti nelle numerose diverse nazioni.

“Misure che perpetuano la povertà dei lavoratori giapponesi potrebbero essere benefiche se prese nei confronti degli operai del Lancashire”.

…critica in un contesto di società chiusa …dal momento che viene spesso contestato di applicare un metodo internazionale a questi temi, Robbins, seppur convinto delle sue ragioni, passa a considerare il problema in una società chiusa.

Anche in questa rinviene un particolare trascurato da Marx, da lui ripreso dai classici, che permette di criticarlo:

-          il lavoro non è tale da poter essere generalizzato in una classe. Esistono innumerevoli tipi di lavori, le cui diverse relazioni nella produzione e nel mercato non generano una comunanza generale di interessi del tipo da Robbins discusso. Basti pensare alla divisione fra operai qualificati e non qualificati per dar luogo alla possibilità di un conflitto interno. Una misura che avvantaggia ad esempio gli operai non qualificati può danneggiare quelli qualificati e viceversa.

…critica in un contesto di “lavoro omogeneo” ..ammettiamo che la classificazione “mercato di lavoro” non sia una semplificazione ma una realtà e che tutto il lavoro sia omogeneo. Ci troviamo di fronte ad un urto oggettivo dei due tipi prima considerati?

Non sembra possibile asserire che il “mercato del lavoro” si troverebbe di fronte un monopolio dei datori di lavoro. Esistono monopoli particolari all’interno del mercato, ma non certo universali. La società di caste è di monopolio, in quanto non è possibile cambiare posizione. Ma nell’attuale società, chiunque abbia accumulato un certo quantitativo di beni, può legalmente intraprendere un’attività. Questo significa quantomeno che le diseguaglianze presenti all’interno della nostra società sono, a differenza di quelle delle caste, non restrizionistiche, ovvero non imposte dal sistema stesso.

Conflitti di classe e ineguaglianza di possibilità individuali

Robbins aveva affermato che quando i produttori sono confinati a particolari settori di produzione per impossibilità di assicurarsi altrove delle opportunità, si hanno allora conflitti oggettivi di interesse. Nella società “puramente individualistica” non tutti possono offrire altro oltre al loro lavoro, poiché per fare ciò è necessario disporre di capitale da anticipare.

“Non è forse il caso che chi manca di tali vantaggi è costretto a lavorare su margini più bassi di quanto sarebbe altrimenti necessario? E se così è, non è questo un senso in cui si può dire che c’è un conflitto oggettivo di interessi fra i possidenti ed i non possidenti?”

Da questo deriva:

-          diseguaglianza di reddito: dovuta ad una diseguaglianza di proprietà. Tuttavia il grado di diseguaglianza dipende dal grado delle differenze di proprietà. Dunque Robbins afferma che, prima di dichiarare che questi conflitti sono inevitabili, sarebbe opportuno dimostrare che il sistema giuridico attuale riguardo la proprietà è anch’esso inevitabile. E Robbins ritiene che si possa migliorare. Sebbene ritenga che una certa diseguaglianza di reddito provenga da istituzioni che espletano una funzione sociale necessaria ed i cui benefici non sono limitati ai soli possidenti, ritiene che si dovrebbe tentare di ridurre tali disuguaglianze.

La lotta di classe e il sistema della libera impresa

La teoria marxista va al di là della semplice diseguaglianza di reddito. Essa asserisce che la società senza proprietà privata soddisfa le domande dei cittadini più di quanto non faccia ora la nostra società. Secondo Robbins però, oltre a enunciare questa sua teoria, dovrebbe dimostrarla, il che non è molto facile. “Certamente l’esperienza effettiva di quegli Stati che si sono più avvicinati all’ideale del collettivismo totale non dà una grande base all’ottimismo a questo riguardo”.

RIASSUMENDO:

la comunanza di interessi del proletariato internazionale è una comunanza soggettiva piuttosto che oggettiva; essa è cioè derivata da supposizioni astratte di soggetti più che da dimostrazioni empiriche della realtà esistente.