Riforma Gentile

 

Wikipedia

Per riforma Gentile s'intende la riforma scolastica varata in Italia nel 1923 con una serie di atti normativi (i regi decreti legislativi 31 dicembre 1922, n. 1679, 16 luglio 1923, n. 1753, 6 maggio 1923, n. 1054, 30 settembre 1923, n. 2102 e 1 ottobre 1923, n. 2185), ad opera del ministro dell'Istruzione del governo Mussolini, il filosofo neoidealista Giovanni Gentile.

La riforma Gentile è stata alla base del sistema scolastico italiano, mantenuta dopo la caduta del fascismo stesso, fino al 1962.

Gentile avviò una rifondazione in senso idealistico della pedagogia, negandone i nessi con la psicologia e con l'etica: nel suo pensiero l'educazione doveva essere intesa come un divenire dello spirito stesso, il quale realizzava così la propria autonomia.

Caratteristiche della riforma

Punti salienti della riforma furono:

 *   innalzamento dell'obbligo scolastico sino al quattordicesimo anno di età. Dopo i primi cinque anni di scuola elementare uguali per tutti, l'alunno deve scegliere tra liceo scientifico, ginnasio e scuola complementare per l'avviamento al lavoro. Solo la scuola media consente l'accesso ai licei e a sua volta solo il liceo classico permette l'iscrizione a tutte le facoltà universitarie;
  *  disciplina dei vari tipi di istituzioni scolastiche, statali, private e parificate;
  *  insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole elementari, considerata "fondamento e coronamento" dell'istruzione primaria mentre nei licei era previsto lo studio della filosofia come forma di acculturamento superiore riservato alla futura classe dirigente nazionale. Tuttavia dopo la firma dei Patti Lateranensi l'insegnamento della religione cattolica venne esteso anche ai licei.
  *  creazione dell'istituto magistrale per la formazione dei futuri insegnanti elementari;
  *  istituzione di scuole speciali per gli alunni portatori di handicap;
  *  la messa al bando dello studio della pedagogia, della didattica e di ogni attività di tirocinio;
  *  graduale messa al bando dagli istituti scolastici di ogni ordine e grado delle lingue delle comunità nazionali appena annesse all'Italia (tedesco, sloveno e croato).

La scuola di Gentile è severa ed elitaria. Gli studi superiori, nella concezione del filosofo, sono "aristocratici, nell'ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori".

La riforma, definita da Mussolini "la più fascista delle riforme", rimase sostanzialmente in vigore inalterata anche dopo l'avvento della Repubblica, fino a quando il Parlamento italiano, con la legge del 31 dicembre 1962, n 1859, abolendo la scuola di avviamento, diede vita alla scuola media unificata. Gentile fu ministro della Pubblica Istruzione e nel 1923 mise in atto la sua riforma scolastica, elaborata assieme a Giuseppe Lombardo Radice.

Dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di tipo aristocratico, cioè pensata e dedicata "ai migliori" e non a tutti e rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo professionale per il popolo e la classe lavoratrice. Le scienze naturali e la matematica furono quindi messe in secondo piano, mentre le discipline tecniche ad esse correlate avevano la loro importanza solo a livello professionale.

L'obbligo scolastico fu innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni. L'allievo che terminava la scuola elementare aveva la possibilità di scegliere tra quattro possibilità:

 *   il ginnasio, quinquennale, che dava l'accesso al liceo (quello che sarebbe stato in seguito denominato liceo classico), al liceo scientifico o al liceo femminile;
 *  l'istituto tecnico, articolato in un corso inferiore, triennale, seguito da corso superiore, quadriennale; il corso inferiore dava accesso anche al liceo scientifico;
 *   l'istituto magistrale, articolato in un corso inferiore, quadriennale, e in un corso superiore, triennale, destinato alla preparazione dei maestri di scuola elementare; il corso inferiore dava accesso anche al liceo femminile;
 *  la scuola complementare di avviamento professionale, triennale, al termine della quale non era possibile iscriversi ad alcun'altra scuola.

Si trattava di un sistema che riprendeva molti aspetti della vecchia legge Casati, anche per quanto riguarda l'accesso alla università: solo i diplomati del liceo classico avrebbero potuto frequentare tutte le facoltà universitarie, mentre ai diplomati del liceo scientifico sarebbe stato possibile accedere alle sole facoltà tecnico-scientifiche (erano quindi precluse le facoltà di giurisprudenza e di lettere e filosofia). Agli altri diplomati era invece impedita l'iscrizione all'università.

Alla base di questa impostazione c'era una concezione aristocratica della cultura e dell'educazione: una scuola superiore riservata a pochi, considerati i migliori, vista come strumento di selezione della futura classe dirigente.

Il maggiore spazio dato nella scuola gentiliana alle materie umanistiche-filosofiche a scapito di quelle scientifiche, non fu tuttavia esente da critiche anche al tempo della sua approvazione, sia da parte di oppositori del regime sia da parte di studiosi: contrari furono per esempio diversi membri dell'Accademia dei Lincei, che ritenevano un errore allontanare gli allievi, soprattutto i più giovani, dal rigore e dalla precisione insita nelle materie scientifiche, per fargli seguire invece una visione più astratta e non ben definita legata alle varie correnti del pensiero filosofico.

La religione cattolica è insegnata obbligatoriamente a livello primario; Gentile riteneva infatti che tutti i cittadini dovessero possedere una conoscenza religiosa, soprattutto egli sosteneva che la dottrina religiosa fosse il maggior traguardo intellettuale per le classi popolari per le quali era sostanzialmente concepito il ciclo della scuola elementare. Gentile tuttavia, riteneva che per la formazione dell'elite della nazione, compito affidato ai licei, non servisse più lo studio della religione (relegata al rango di cultura popolare) ma fosse necessario lo studio della filosofia che rappresentava il più alto traguardo intellettuale nell'educazione di un cittadino della futura classe dirigente, per questo nei licei venne reso obbligatorio lo studio della filosofia e non quello della religione. Tuttavia nel 1929 dopo la firma dei Patti Lateranensi, la Chiesa ottenne che lo studio della religione cattolica (divenuta con tale concordato religione di Stato) fosse esteso anche ai licei, contrariando lo stesso Gentile.

Liceo femminile

Il liceo femminile fu una scuola media superiore nata con la riforma del ministro Gentile. L'obiettivo di questo liceo era quello di dare un diploma alle persone di sesso femminile, poiché nei licei allora esistenti (liceo classico e liceo scientifico) le donne erano escluse. Il liceo femminile costituì la versione statale degli educandati femminili, gestiti da autorità religiose (in genere suore), che sin dal XVIII secolo detenevano il monopolio dell’educazione delle signorine di agiata famiglia. Alla fine degli studi in questa scuola si faceva un esame, la cui licenza però non permetteva l'accesso all'università. Questa scuola veniva frequentata dopo i cinque anni di ginnasio. [...]


Modifiche alla riforma

La riforma Gentile come approvata nel 1923 non sopravvisse che pochi anni: dopo i Patti Lateranensi le idee del filosofo vennero considerate troppo laiche, mentre Mussolini la considerò successivamente: "un errore dovuto ai tempi e alla forma mentis dell'allora ministro", in quanto una scuola che trasmetteva ideali borghesi e sfornava troppi laureati. L'opera di smantellamento dei vari decreti era già ben avviata nell'autunno del 1928 tanto che lo stesso ex ministro pubblicò una propria presa di posizione sul Corriere, ma questo non servì a molto: i "ritocchi" come definiti dall'Osservatore Romano si protrassero sino al luglio del '33.

Anche questa sistemazione definita "definitiva" dallo stesso Mussolini, non sopravvisse al cambiamento di mentalità del dittatore seguito alla conclusione della campagna d'Etiopia. I cambiamenti che si volevano apportare furono delineati ne "La carta della scuola" (1939), una proposta di riforma complessiva del sistema scolastico dovuta all'allora ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Bottai che, però, a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, rimase in gran parte sulla carta.

Si arriverà poi, dopo lunghe trattative tra DC e PSI, alla legge n.1859 del 31 dicembre 1962, che riprendeva alcune idee della Carta nei confronti di scuola media ed istruzione professionale.