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Ricordi politici e civili è un'opera letteraria di Francesco
Guicciardini, con la quale può essere considerato il
fondatore del genere dell'aforisma morale e politico.
Il libro è composto in un primo momento da due quaderni
(1512); in un'edizione del 1525 troviamo 161 pensieri, dove 8
appartengono ai quaderni e ben 153 sono nuovi. Nel 1528 sono stati
aggiunti altri pensieri fino ad arrivare ad un totale di 181, dove
in realtà solo 12 sono nuovi mentre gli altri sono ripresi
dai quaderni. Ma la stesura finale dell'opera avviene nel 1530 dove
i ricordi diventano 221. Di questi, 91 sono nuovi, e gli altri sono
stati revisionati e modificati dai precedenti.
Tematiche
Dai Ricordi emerge come Guicciardini respinga qualsiasi visione
utopica della realtà. Egli sostiene che non si faccia storia
con immagini ideali o sognanti di una società libera e
felice, non disconoscendo la nobiltà di tali ideali, ma
affermando la loro inattuabilità pratica. Nell'opera tratta
vari argomenti, tra cui la religione, che "guasta il mondo"
poiché effemina gli animi e li distoglie dal mondo reale.
Parole molto dure sono rivolte anche all'istituzione ecclesiastica,
poiché egli formula un richiamo all'essenza e alla
semplicità del messaggio evangelico.
« Io non so a chi dispiaccia più che a me la ambizione,
la avarizia e la mollizie de' preti: sì perché ognuno
di questi vizi in sé è odioso, sì perché
ciascuno e tutti insieme si convengono poco a chi fa professione di
vita dependente da Dio, e ancora perché sono visi sì
contrari che non possono stare insieme se non in uno subietto molto
strano. Nondimento el grado che ho avuto con più pontefici
m'ha necessitato a amare per el particulare mio la grandezza loro; e
se non fussi questo rispetto, arei amato Martino Luther quanto me
medesimo: non per liberarmi dalle leggi indotte dalla religione
cristiana nel modo che è interpretata e intesa communemente,
ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati a' termini debiti,
cioè a restare o sanza vizi o sanza autorità. »
(Francesco Guicciardini, Ricordi, 28)
Quindi egli manca di una visione trascendentale della storia, e
questo lo porta a sottolineare la varietà infinita di "casi e
accidenti", che può essere compresa non con una dottrina
sistematica, ma con la discrezione, ossia la capacità di
distinguere e di decidere volta per volta, a seconda delle
situazioni, in quanto la realtà non obbedisce a leggi
universali. Guicciardini scrive i ricordi perché servano da
"esempio", che può offrire un utile insegnamento (che
però non ha valore universale).
« È grande errore parlare delle cose del mondo
indistintamente e assolutamente e, per dire così, per regola;
perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione per la
varietà delle circunstanze, le quali non si possono fermare
con una medesima misura; e queste distinzione e eccezione non si
truovano scritte in su' libri, ma bisogna le insegni la discrezione.
»
(Francesco Guicciardini, Ricordi, 6)
Nell'opera i ricordi si susseguono indipendentemente l'uno
dall'altro, rinunciando a una compiutezza sistematica (questo a
dimostrazione della casualità della realtà),
costituendo così una sorta di anti-trattato che nasce
dall'esperienza di vita dell'autore. Da questi aforismi si
può leggere un ritratto, da non intendere in senso
autobiografico. L'uomo che traspare dalle pagine di Guicciardini
è l'uomo moderno, che non ha dentro di sé certezze o
illusioni, ma deve scegliere da solo il proprio cammino. Il tono
è amaro e disilluso, poiché l'opera e pervasa dal
pessimismo scettico dell'autore. Questa visione disincantata porta
all'elogio del "particulare", dell'interesse personale come scopo
perseguibile del savio.