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Joseph Ernest Renan (Tréguier, 28 febbraio 1823 – Parigi, 2
ottobre 1892) è stato un filosofo, filologo, storico delle
religioni e scrittore francese.
Famoso per la sua definizione di nazione data nel suo discorso
Qu'est-ce qu'une nation? ma anche per i suoi contributi in storia
delle religioni, soprattutto in quanto autore della popolare Vie de
Jésus (Vita di Gesù), primo volume dell'Histoire des
Origines du Christianisme.
Biografia
L'infanzia in Bretagna
Nacque a Tréguier in Bretagna da una famiglia di pescatori.
Suo nonno, avendo guadagnato una piccola fortuna con un capanno di
pesca, comprò una casa a Tréguier e si insediò
lì, e suo padre, capitano di un piccolo cutter e un ardente
repubblicano, sposò la figlia di un uomo d'affari di idee
monarchiche proveniente dalla vicina cittadina di Lannion.
Per tutta la sua vita, Renan conservò sentimenti contrastati
a proposito delle opposte idee politiche dei genitori. Aveva 5 anni
quando suo padre morì, e sua sorella, Henriette, più
anziana di lui di 12 anni, diventò il capofamiglia morale.
Dopo aver tentato invano di tenere una scuola per ragazze a
Tréguier, Henriette si trasferì a Parigi come
insegnante in un collegio femminile.
Ernest, intanto, fu educato nel seminario del suo paese natale. La
sua valutazione scolastica lo descrive come un ragazzo "docile,
paziente, diligente, attento, accurato". Mentre i preti gli
fornivano basi di matematica e latino, sua madre completò la
sua educazione.
La madre era di origine bretone e i suoi nonni paterni provenivano
da Bordeaux. Renan era solito dire che la sua natura bretone e
quella guascone erano costantemente in lotta.
Gli studi a Parigi
Nell'estate del 1838 Renan vinse alcuni premi al collegio di
Tréguier. La sorella riferì il fatto al dottore della
scuola parigina in cui insegnava ed egli lo riferì a
Félix-Antoine-Philibert Dupanloup, che era tra gli
organizzatori del collegio ecclesiastico di Saint Nicolas du
Chardonnet, una scuola dove la giovane nobiltà cattolica e i
ragazzi più dotati potevano essere educati insieme, con
l'obiettivo di consolidare i legami tra l'aristocrazia e il mondo
ecclesiastico.
Dupanloup chiamò a sé Renan, che aveva solo 15 anni e
non era mai uscito dalla Bretagna. "Ho imparato con stupore come la
conoscenza non fosse un privilegio della Chiesa... Ho compreso il
significato delle parole talento, fama e celebrità". La
religione gli sembrava totalmente differente tra Tréguier e
Parigi. Il cattolicesimo pseudo-scientifico, superficiale e
brillante della capitale non soddisfaceva Renan, abituato alla fede
austera dei suoi insegnanti bretoni.
Nel 1840, Renan lasciò il Saint Nicolas per studiare
filosofia al seminario di Issy-les-Moulineaux. La retorica del Saint
Nicolas lo aveva stancato, e sperava di soddisfare la sua
intelligenza seria e pragmatica con il vasto e solido materiale
della teologia cattolica. Fu attratto dai lavori dei filosofi Thomas
Reid e Nicolas Malebranche, e in seguito si appassionò ai
lavori di Hegel, Immanuel Kant e Herder. Renan cominciò a
vedere le contraddizioni tra lo studio della metafisica e la fede
che professava, e cominciò a sviluppare un desiderio segreto
di verità verificabili. "La filosofia eccita e soddisfa
l'appetito di verità solo per metà; io desidero la
matematica", scrisse a Henriette.
Henriette aveva accettato un lavoro più redditizio del
precedente presso la famiglia del conte Zamoyski. Esercitava ancora
una forte influenza su suo fratello e il carteggio pubblicato rivela
una mente quasi pari a quella di Renan e una natura morale
superiore.
Non fu la matematica a placare i dubbi di Renan, ma la filologia.
I suoi studi si conclusero a Issy, dove entrò nel collegio di
Saint Sulpice per ottenere una laurea in filologia prima di entrare
nella Chiesa e lì cominciare gli studi di ebraico.
Notò che la seconda parte del libro di Isaia differisce dalla
prima non solo per stile, ma anche per data; che la grammatica e la
storia del Pentateuco sono successive ai tempi di Mosè; che
il Libro di Daniele è chiaramente scritto secoli dopo il
periodo in cui è ambientato.
Dalla religione alla scienza
A poco a poco e in segreto Renan si ritrovò lontano dalla
fede religiosa, ma desiderava continuare a vivere la vita dei
sacerdoti cattolici. La lotta tra fede e scienza fu vinta da
quest'ultima. Nell'ottobre 1845 Renan lasciò il Saint
Sulpice, per entrare a Stanislas, un collegio di laici legati alla
congregazione dell'Oratorio.
Sentendosi ancora legato al dominio della Chiesa, ruppe con qualche
riluttanza gli ultimi legami che lo legavano alla vita religiosa ed
entrò come assistente alla scuola maschile di M. Crouzet.
Renan, cresciuto dai preti, accolse l'ideale scientifico con una
straordinaria fioritura di tutte le sue facoltà. Divenne
appassionato dello splendore del cosmo. Alla fine della sua vita
scrisse di Amiel, "un uomo che ha tempo per tenere un diario privato
non ha mai compreso l'immensità dell'universo". I precetti
delle scienze naturali gli furono insegnati nel 1846 dal chimico
Marcellin Berthelot, allora diciottenne, suo studente alla scuola di
M. Crouzet. La loro amicizia continuò fino alla morte di
Renan. Renan era impegnato come assistente solo la sera: durante il
giorno continuava le sue ricerche sulla filologia semitica.
Nel 1847 ottenne il Premio Volney, uno dei principali riconoscimenti
della Académie des inscriptions et belles-lettres, per il
manoscritto della sua Storia Generale e Sistema comparato delle
Lingue Semitiche. Venne nominato Agrégé
de Philosophie - professore ordinario - e gli venne offerto un posto
di direttore in un liceo di Vendôme.
Il personaggio pubblico
Renan non era solo uno studioso. Identifica in San Paolo,
così come negli Atti degli Apostoli, un interesse per una
vita sociale allargata, per un senso di fraternità e un
recupero del sentimento democratico che ispirò L'Avenir de la
science. Nel 1869 si presentò come candidato per
l'opposizione liberale alle elezioni parlamentari di Meaux. Mentre
il suo carattere diventava sempre meno aristocratico, il suo
liberalismo lo rese più tollerante.
Poco prima della caduta dell'impero francese, Renan si trovò
per metà vicino alle posizioni napoleoniche, e se fosse stato
eletto alla Camera dei deputati si sarebbe unito al gruppo del
"L'Empire liberal", ma non venne eletto.
Un anno dopo venne dichiarata la guerra con la Prussia. L'Impero
cadde e Napoleone III venne esiliato. La Guerra franco-prussiana fu
un punto di svolta per Renan. La Prussia gli era sempre parsa come
un rifugio per la scienza libera e il pensiero. Ora, vedendo la
terra dei suoi ideali distruggere e mandare in rovina la sua terra
natale, prese a considerare i tedeschi come degli invasori.
In La Réforme intellectuelle et morale (1871) Renan
tentò di salvaguardare il futuro della Francia, ma era ancora
sotto l'influenza tedesca; l'ideale e la disciplina che proponeva
alla sua nazione sconfitta erano quelle del suo conquistatore: una
società feudale, un governo monarchico, un'élite per
cui il resto della nazione svolgeva un ruolo di supporto
subordinato; un ideale di onore e doveri imposti da una cerchia
ristretta ad una moltitudine recalcitrante e sottomessa. Gli errori
della Comune di Parigi consolidarono le idee di Renan. Allo stesso
tempo, l'ironia da sempre presente nei suoi lavori cominciò a
diventare più acida. I suoi Dialogues philosophiques, scritti
nel 1871, lEcclesiaste (1882) e lAnticristo (1876) (Il quarto volume
della Storia delle Origini del Cristianesimo, che trattava il regno
di Nerone) erano incomparabili per il loro genio letterario ma erano
esempi di un carattere scettico e disincantato.
La disillusione e la rinnovata fiducia
Renan cercò vanamente di convincere il suo paese a seguire i
suoi precetti, finché si rassegnò ad osservare
impotente la sua deriva verso la perdizione. Il progredire degli
eventi al contrario gli mostrò una Francia ogni giorno
più forte: abbandonò la propria incredulità e
disillusione e osservò con interesse la lotta per la
giustizia e la libertà di una società democratica. Nel
quinto e sesto volume della Storia delle Origini del Cristianesimo
(sulla Chiesa cristiana e Marco Aurelio) traspariva la propria
riconciliazione con la democrazia, la sua fiducia nell'ascesa
graduale dell'uomo, l'attenzione al fatto che le grandi catastrofi
non interrompono il lento ma inesorabile processo del mondo. Si
riconciliò, se non con i dogmi, almeno con la bellezza morale
del Cattolicesimo e con il ricordo della sua gioventù da
credente.
I ricordi d'infanzia e di giovinezza
In età avanzata il filosofo attraversò un periodo di
contemplazione della sua giovinezza. Era quasi sessantenne quando
nel 1883 pubblicò i Souvenirs d'enfance et de jeunesse, il
suo lavoro più famoso. Quest'opera possiede quella nota
lirica uno sfogo personale che il pubblico apprezza solitamente in
un uomo già famoso.
Mostrava all'uomo moderno che un mondo non meno poetico né
meno primitivo rispetto a quello mostrato nelle Origini della
Cristianità era esistito e ancora esisteva nella memoria
storica del nord ovest della Francia. Vi era una magia di
romanticismo antico, semplicità, naturalezza e
veracità che nel XIX secolo era così apprezzata.
L'Ecclesiaste, pubblicato pochi mesi prima, e i suoi Drames
philosophiques, raccolti nel 1888, diedero un'immagine più
adeguata al suo spirito critico e disincantato ma ancora
ottimistico. Mostravano un'attrazione verso una forma grezza di
socialismo, da filosofo liberale ma di temperamento aristocratico.
Leggiamo in queste opere come Calibano (metafora della democrazia),
da bruto primitivo, una volta educato alle proprie
responsabilità diventa dopotutto un governante all'altezza;
di come Prospero (il principio aristocratico, o, se vogliamo, la
ragione) accetta la sua detronizzazione per il bene di una maggiore
libertà nel mondo intellettuale, visto che Calibano si
dimostra un poliziotto efficace lasciando più libertà
ai suoi superiori; di come Ariel (il principio religioso) acquista
una presa più salda sulla vita e non si abbandona più
al minimo spunto di cambiamento. Ciò nonostante, Ariel si
afferma al servizio di Prospero sotto il governo esterno di
Calibano.
La religione e la conoscenza sono immortali tanto quanto il mondo
che rappresentano. Per cui, sotto sotto, traspare l'idealismo
essenziale di Ernest Renan.
Gli ultimi anni
Renan fu un grande lavoratore. A sessant'anni di età, avendo
completato le Origini della Cristianità, cominciò la
sua "Storia di Israele", basata su una vita di studi sull'Antico
Testamento, e sul Corpus Inscriptionum Semiticarum, pubblicato dalla
Académie des Inscriptions sotto la direzione di Renan a
partire dal 1881 fino alla sua morte.
Il primo volume della "Storia di Israele" apparve nel 1887; il terzo
nel 1891; gli ultimi due postumi. Come storia di fatti e teorie,
l'opera mostra molte pecche; come saggio dell'evoluzione dell'idea
religiosa, è di straordinaria importanza nonostante alcuni
passaggi di frivolezza, ironia e incoerenza; come riflessione sulla
mente di Ernest Renan, è l'immagine più viva e
realistica.
In un volume di saggi collettivi, Feuilles détachées,
anch'esso pubblicato nel 1891, troviamo la stessa attitudine
mentale, un'affermazione della necessità di una pietà
indipendente dal dogma.
Nei suoi ultimi anni ricevette numerose onorificenze, e venne fatto
amministratore del Collège de France e Grande Ufficiale della
Legione d'Onore. Due volumi della Storia di Israele, la
corrispondenza con la sorella Henriette, le sue Lettere a M.
Berthelot, e la Storia della Politica Religiosa di Filippo il Bello,
scritta negli anni immediatamente precedenti al suo matrimonio,
apparvero negli ultimi otto anni del XIX secolo.
Ernest Renan morì nel 1892 e fu seppellito nel Cimitero di
Montmartre a Parigi.
Pensiero
* Renan era estremamente affascinato dalla
scienza disinteressata in quanto permette alla conoscenza umana di
consolidarsi e accrescersi di generazione in generazione, quando, al
contrario, gli errori e gli egoismi individuali finiscono per
annullarsi per effetto delle forze antagoniste, e, pertanto, sono
destinate a non lasciare alcuna traccia (vedi anche l'articolo
noosfera)
* I rapporti con la religione cristiana sono
ambivalenti: la critica come sistema di pensiero monolitico mentre
l'apprezza in quanto ha evitato di vivere in maniera selvatica. Ne
L'avvenire della scienza, riassume la cosa nel seguente modo: Quando
sono in città, mi burlo di chi si reca a messa; ma quando
sono in campagna, al contrario, mi burlo di chi non ci va.
* Renan si allinea immediatamente alla teoria
della selezione naturale introdotta da Darwin.
* Si mostra inquieto per l'avvenire
dell'umanità, temendo la morte per esaurimento della
generosità dei cuori, analogamente a quella che l'industria
potrebbe subire a causa dell'esaurimento del carbone. Forse i nostri
discendenti vivranno come delle lucertole non pensando altro che ad
approfittare parassiticamente del sole (vedi paradosso di Fermi).
Citazioni
Dio e la scienza
« L'esistenza e la natura di un essere si
provano solamente attraverso i suoi atti particolari, individuali,
volontari e, se la Divinità avesse voluto essere percepita
dal senso scientifico, noi scopriremmo nelle leggi generali del
mondo degli atti recanti l'impronta di ciò che è
libero e voluto; la meteorologia dovrebbe essere continuamente
ostacolata per l'effetto delle preghiere degli uomini e l'astronomia
dovrebbe essere messa frequentemente in scacco. Ma nessun caso di
una tale deroga è stato scientificamente constatato, nessun
miracolo si è mai prodotto di fronte ad un gruppo di
scienziati; tutti quelli di cui si ha notizia, o sono il frutto
dell'immaginazione e della leggenda, o sono accaduti davanti a dei
testimoni che non avevano i mezzi necessari per difendersi dalle
illusioni e giudicare del carattere miracoloso di un
avvenimento. »
(La metafisica e il suo avvenire, 1860)
« Dio allora sarà completo, se la
parola Dio viene intesa come sinonimo di esistenza totale. In questo
senso Dio, piuttosto che essere, sarà: esso è in
fieri, si sta realizzando. Ma se ci fermassimo qui ci troveremmo
davanti ad una teologia molto incompleta. Dio è più
che l'esistenza totale: egli è, allo stesso tempo,
l'assoluto. È l'ordine nel quale la matematica, la
metafisica, la logica sono vere; è il luogo dell'ideale, il
principio vivente del bene, del bello, del vero. Considerato sotto
questo aspetto, Dio è pienamente e senza riserve; è
eterno e immutabile, senza progresso né divenire. »
(Le Scienze della Natura e le Scienze Storiche, 1863)
L'ebraismo
Prima di leggerne degli estratti, conviene ricordare che Renan non
nascondeva la sua ammirazione per il popolo ebreo, "il solo ad aver
saputo fare a meno di questa chimera della sopravvivenza
individuale"[senza fonte] e a cui rimproverava solo - al termine di
una analisi fondata sulla datazione di vari testi (tra cui il Libro
dei Proverbi, l'Ecclesiaste, il Libro di Giobbe) - di essersi
lasciato in fin dei conti contaminare da questo concetto, da lui
giudicato assurdo. L'ebraismo diventava a quel punto "una religione
come le altre"[senza fonte], rinunciando a quello che per lungo
tempo ne aveva fatto l'onore rispetto ad esse (Renan era di
professione filologo).
E tuttavia, si legge anche scritto da lui: L'uomo può fare
grandi cose senza credere all'immortalità; ma occorre che ci
creda per lui e attorno a lui[senza fonte].
"Renan si accanisce a riparare con una mano quello che distrugge con
l'altra"[senza fonte], aveva detto George Sand.
L'arte
« La nostra razza non iniziò affatto
con il gusto dell'agio e degli affari. Fu una razza morale,
coraggiosa, guerriera, gelosa della libertà e dell'onore,
amante della natura, capace di dedizione, preferendo molte cose alla
vita. Il commercio, l'industria sono stati esercitati per la prima
volta su grande scala da popoli semitici, o che almeno parlavano una
lingua semitica, i Fenici. Nel Medio Evo, anche gli Arabi e gli
Ebrei furono tra i nostri maestri in fatto di commercio. Tutto il
lusso europeo, dall'Antichità fino al XVII secolo, è
arrivato dall'Oriente. Dico il lusso e non l'arte; c'è
l'infinito tra uno e l'altra... »
(Che cos'è una nazione?)
Renan non poteva tuttavia ignorare il comandamento "Non intagliare
immagini" (e quindi la possibilità di prenderlo alla lettera)
così come l'esortazione a non tentare di rivaleggiare con il
Creatore rappresentando il volto umano che appare nel Corano, almeno
secondo i sunniti.
L'islamismo
« ...l'islamismo può esistere solo
come religione ufficiale; quando lo si ridurrà allo stato di
religione libera e individuale, perirà. L'islamismo non
è solo una religione di Stato, come è stato il
cattolicesimo in Francia sotto Luigi XIV, come lo è ancora in
Spagna, è la religione che esclude lo Stato... Là
risiede la guerra eterna, la guerra che cesserà solo quando
l'ultimo figlio d'Ismaele sarà morto di miseria o sarà
stato relegato dal terrore in fondo al deserto. L'Islam è la
più completa negazione dell'Europa; l'Islam è il
fanatismo, come la Spagna dell'epoca di Filippo II e l'Italia
dell'epoca di Pio V hanno conosciuto appena; l'Islam è il
disdegno della scienza, la soppressione della società civile;
è la spaventosa semplicità dello spirito semitico, che
restringe il cervello umano, chiudendolo a ogni idea delicata, a
ogni sentimento fine, a ogni ricerca razionale, per metterlo di
fronte a un'eterna tautologia: Dio è Dio... »
(Che cos'è una nazione?)
Esiste un altro brano poco amichevole verso l'Islam, nella "Vita di
Gesù". Ma passò inosservato all'epoca, a causa del
clamore suscitato dall'idea - allora scandalosa - di esaminare
questa vita soltanto con l'oggettività fredda dello storico.
La razza superiore e le razze inferiori
« La morte di un Francese è un
avvenimento nel mondo morale; quella di un Cosacco non è che
un fatto fisiologico: una macchina funzionante che non funziona
più. E quanto alla morte di un selvaggio, essa non è
più importante nell'insieme delle cose di una molla di un
orologio che si rompe; anzi, quest'ultimo avvenimento può
avere conseguenze più gravi, solo per il fatto che l'orologio
in questione fissa il pensiero e stimola l'attività degli
uomini civilizzati. »
(L'Avvenire della scienza - pensieri del 1848, 1890)
« ...La natura ha fatto una razza di
operai. È la razza cinese di una abilità manuale
meravigliosa, senza quasi alcun sentimento d'onore; governatela con
giustizia prelevando da essa, tramite tale governo, un'ampia
sopraddote a beneficio della razza conquistatrice: essa sarà
soddisfatta; una razza di lavoratori della terra, è il nero:
siate per lui buono e umano, e tutto sarà nell'ordine; una
razza di padroni e di soldati è la razza europea. Che ognuno
faccia quello per cui è fatto e tutto andrà bene
»
(La Riforma intellettuale e morale, 1871)