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Il razionalismo (dal termine latino ratio, «ragione»)
è una corrente filosofica basata sull'assunto che la ragione
umana può in principio essere la fonte di ogni conoscenza.
In generale i filosofi razionalisti sostengono che, partendo da
«principi fondamentali», individuabili intuitivamente o
sperimentalmente, come gli assiomi della geometria, i principi della
meccanica e della fisica, si possa arrivare tramite un processo
deduttivo ad ogni altra forma di conoscenza.
Il razionalismo si è costituito a partire da diversi
orientamenti filosofici, avutisi nell’antica Grecia, nel Medioevo,
nel Rinascimento e nell’età moderna. In generale si
definiscono razionalisti quei sistemi filosofici in cui la
realtà è vista come governata da una serie di leggi e
principi che sono perfettamente comprensibili con la ragione umana e
che coincidono con il pensiero stesso.[1]
La filosofia razionalista si contrappone all'irrazionalismo, il
quale privilegia invece altre facoltà umane legate
all’istinto, alla volontà cieca, allo scetticismo, ecc.
Il razionalismo è anche un orientamento pedagogico che ha
fiducia nella possibilità di incremento delle conoscenze
umane da parte dell'individuo e della società, in quanto
mediate dal sapere.
Il razionalismo nell’antichità
L’origine del pensiero razionale si suole far risalire agli antichi
filosofici greci ed ellenistici,[2] dai quali tuttavia non gli viene
attribuita quella valenza assoluta che sarà tipica della
filosofia moderna.[3] Non solo presso i greci, ma per tutto il
Medioevo rimase valida la differenza fra ratio (o dianoia) e
intelletto (nous).[4]
Con Talete di Mileto del VI secolo a.C. lo studio delle proporzioni
fra le grandezze geometriche e astronomiche iniziò a portare
questo modo razionale di pensare anche in campo filosofico. Nelle
proporzioni o rapporti matematici infatti si confrontano fra loro
varie grandezze geometriche o fisiche. Allo stesso modo nella
filosofia, da Talete in poi, si iniziarono a confrontare fra loro in
modo razionale le ipotesi, le cause, le spiegazioni e le
dimostrazioni relative a diversi fenomeni naturali e ai quesiti
fondamentali dell’esistenza umana.
Si possono considerare in parte razionaliste anche altre filosofie
del periodo presocratico ed in particolare quella di Pitagora e
della sua scuola, in quanto Pitagora ritiene che nei numeri vi sia
il principio e la spiegazione di tutti gli aspetti della
realtà. Di carattere razionalistico si possono definire le
filosofie greche classiche del IV secolo a.C. di Socrate, di Platone
e di Aristotele.
Il pensiero di Socrate è caratterizzato dalla ricerca
razionale della conoscenza di se stessi e dei princìpi dei
fenomeni naturali e delle leggi riconosciute dalla comunità
ateniese. A differenza dei sofisti, garanzia di verità non
è per lui la condivisione irriflessa di argomenti esposti in
maniera retorica e suggestiva, bensì l'uso critico della
ragione che porta a distinguere correttamente il vero dal falso e
quindi a convincimenti razionalmente fondati.
Il pensiero filosofico di Platone è razionalistico per la sua
attenzione alla matematica, alla geometria e alla ricerca della
regolarità dei fenomeni naturali, pur avendo anche un
carattere idealistico per la sua teoria delle idee.[5]
La filosofia di Aristotele è razionalista per l'importanza
attribuita alla Logica e alle regole del ragionamento.[6] La
filosofia aristotelica ha tuttavia un carattere più realista
ed empirista rispetto alla filosofia platonica.
Al razionalismo appartengono anche le successive scuole
dell'Accademia Platonica e del Liceo Aristotelico, e i sistemi
filosofici degli epicurei e soprattutto degli stoici, che nelle loro
opere approfondirono con contributi originali i temi della logica e
dei metodi della ricerca scientifica razionale.
Nella filosofia medioevale assumono un carattere razionalista alcuni
sistemi di pensiero sviluppati dai padri della chiesa, che
approfondiscono talvolta anche temi di carattere logico e
scientifico. Di impronta razionalista è il sistema filosofico
di Tommaso d'Aquino, che nelle sue tematiche si richiama al
razionalismo e alla logica di Aristotele.
Comune a tutti questi pensatori è comunque l'idea che la
ragione da sola non è sufficiente per approdare alla scienza
o all’episteme: accanto alla ragione essi infatti ricorrono spesso
allo strumento dell'intuizione (come facoltà distinta dalla
ragione stessa) per giungere alla conoscenza.[7]
Il razionalismo nell'età moderna
Dopo il periodo medioevale e rinascimentale si ha una forte
rinascita della filosofia razionalista. Sono decisamente
razionalisti sistemi filosofici di Thomas Hobbes, di Francesco
Bacone, di Galileo Galilei, di Cartesio, e di altri filosofi
moderni, presso i quali il razionalismo viene inteso sempre
più come capacità autonoma e autosufficiente di
approdare alla verità. Quest'ultima viene progressivamente
slegata da una dimensione contemplativa, mentre la ragione non
è più un semplice accessorio ma diventa lo strumento
per eccellenza della conoscenza.[8]
Il carattere razionale del pensiero di Galileo è presente nel
suo forte impegno rivolto alla ricerca scientifica e alle sue
scoperte in campo fisico, che portarono poi, con il contributo di
Newton e degli scienziati successivi ad esprimere le leggi
fondamentali della meccanica con formule matematiche.
L'opera Discorso sul metodo (1637) del filosofo francese Cartesio
è da diversi storici della filosofia considerata un vero e
proprio "manifesto programmatico del razionalismo". All'inizio di
quest'opera Cartesio afferma che la ragione è presente ed
è simile in tutti gli esseri umani e distingue l’uomo dagli
animali.[9]
Il Discorso sul metodo approfondisce poi i metodi della ricerca
scientifica e della conoscenza, che Cartesio sintetizzò in
quattro criteri:
le conoscenze per intuizione
le conoscenze per analisi dei problemi
le conoscenze per sintesi di quelle già
acquisite
l'enumerazione finale e controllo di quanto
elaborato con i tre metodi precedenti.
Cartesio da un lato sembra avvicinarsi a Platone, dall'altro
tuttavia se ne discosta. Platone infatti attribuiva grande
importanza al sapere intuitivo e immediato,[10] raggiungibile al
culmine tramite la contemplazione e l'elevazione dell'anima ad una
dimensione sovra-razionale;[11] Cartesio al contrario partiva
dall'intuito per giungere alla fine ad una fondazione razionale del
mondo, ritenendo che la conoscenza della verità, la quale
comprendeva le verità della matematica e le basi
epistemologiche e metafisiche delle altre scienze, potesse essere
raggiunta dalla sola ragione. Le altre conoscenze richiedevano poi
l'esperienza del mondo, aiutata dal metodo scientifico.
Il filosofo inglese Francesco Bacone rivolse la sua attenzione ai
metodi induttivi della ricerca scientifica e all’importanza pratica
della ragione e della scienza al fine di un "miglioramento della
tecnica" e della qualità della vita sociale.
A partire dal Rinascimento vi furono anche alcuni filosofi del
diritto che iniziarono a studiare i sistemi giuridici con metodo
razionale. Questo indirizzo di pensiero che porterà al
"giusnaturalismo" fu sviluppato in particolare da Ugo Grozio, da
Thomas Hobbes e altri studiosi del diritto moderno.
Sviluppi tra Seicento e Settecento
Il razionalismo si diffuse nel corso del XVII e XVIII secolo in
Europa, grazie soprattutto a Leibniz e Spinoza che si impegnarono
per risolvere i problemi epistemologici e metafisici posti da
Cartesio, reinterpretandolo però in una prospettiva
mistico-religiosa e rivalutando il ruolo dell'intuizione.
Parallelamente in Gran Bretagna si affermava l'empirismo, secondo il
quale tutte le idee sorgono in noi attraverso l'esperienza e dunque
la conoscenza ha origini essenzialmente empiriche. La demarcazione
tra le due correnti è tuttavia dovuta ad un'interpretazione
successiva, mentre in realtà non era così netta, visto
che i più importanti filosofi razionalisti concordavano
sull'importanza della scienza empirica.
Il pensiero del medico e filosofo inglese John Locke si considera a
metà fra empirismo e razionalismo: infatti Locke non
riconosce l’esistenza di idee innate e ritiene che le idee razionali
siano dovute ad una rielaborazione mentale delle percezioni visive e
di quelle dovute agli altri sensi. Tuttavia Locke, nel suo Trattato
sull'intelletto Umano (1690)[12] indica una descrizione precisa del
«procedimento psicologico di astrazione», che dalle
percezioni sensoriali porta alla formazione dei concetti generali
nella mente umana. Per questo motivo Locke può essere
considerato uno dei precursori della psicologia moderna e anche uno
fra i maggiori filosofi razionalisti.
Un grande filosofo razionalista tra Seicento e Settecento è
il tedesco Gottfried Leibniz che si dedicò a studi
fondamentali dei principi della logica, dell'analisi matematica,
della fisica e della filosofia. Il suo pensiero ha però una
rilevante differenza da quello di Locke in quanto prevede
l'esistenza anche di idee innate e indipendenti dall'esperienza,
immutabili ed identiche in ogni essere umano, tanto da essere alla
portata dell'individuo capace di riconoscere in sé le proprie
facoltà. Notevoli sono anche le sue prese di distanza da
Cartesio, reo secondo lui di aver assimilato tutta la conoscenza
alle idee chiare e distinte della ragione.
Leibniz elaborò un programma di «studi di
logica», sviluppato da lui stesso e poi da altri filosofi
nelle epoche successive. Questo programma è contenuto
nell'opera De Arte Combinatoria (Sull'arte delle combinazioni,
1666), e indica come studiare le regole della logica e delle
dimostrazioni razionali. La logica di Leibniz ricerca un metodo
affidabile per ricavare indicazioni sui fenomeni naturali o su altri
aspetti, una volta definiti i principi dai quali nasce il
ragionamento.[13]
Il razionalismo nel secolo dei lumi
L'orientamento razionalista è fortemente presente in tutti i
personaggi dell'illuminismo europeo, fra cui in particolare
Montesquieu, Voltaire e gli enciclopedisti Jean Baptiste Le Rond
d'Alembert e Diderot. Per la capillare diffusione del razionalismo
in tutti i sistemi di pensiero scientifici, giuridici e sociali
sviluppatisi nel Settecento, questo secolo fu denominato «Il
secolo dei lumi» o «Il secolo della ragione».
Secondo l'illuminismo infatti la ragione si contrappone alle
credenze immaginarie e a quelle legate alle superstizioni e
all'irrazionalità.
I filosofi illuministi pensavano che tutta la conoscenza, compresa
la conoscenza scientifica, potesse essere raggiunta a priori
mediante il solo uso della ragione.
Anche Kant partì da concezioni in parte razionalistiche, ma
in seguito alle opere di Hume sviluppò maggiormente gli
aspetti di critica delle conoscenze scientifiche, religiose e etiche
che si ritenevano dedotte puramente a priori. Il pensiero di Kant
pertanto è in parte vicino all'empirismo, in parte allo
scetticismo, e più propriamente viene denominato criticismo.
Il razionalismo nei secoli XIX e XX
Nell'ottocento si sviluppò in Francia, Inghilterra ed altri
paesi europei il positivismo che si avvicina ai capisaldi della
filosofia razionalista dei secoli precedenti, condividendone in
particolare la fiducia nella scienza e nella ragione, sia per la
comprensione dei fenomeni naturali, sia per il miglioramento della
vita sociale.
Fra i maggiori esponenti di questo movimento si ricorda il filosofo
francese Auguste Comte, che codificò un criterio sistematico
di "classificazione delle scienze" e il filosofo inglese John Stuart
Mill che sviluppò studi fondamentali di logica deduttiva e
induttiva, oltre a studi sull'applicazione della scienza razionale
alle materie economiche e sociali.
Nel novecento si sono avuti diversi movimenti di pensiero di matrice
razionalista, fra i quali si ricorda il pragmatismo americano e gli
studi di filosofia della scienza sviluppati in Europa ed in America.
Fra i principali studiosi che hanno applicato metodi razionalistici
alla filosofia e metodologia della scienza ricordiamo Karl Popper,
Ernst Mach, Rudolf Carnap, Thomas Kuhn e Imre Lakatos. In Italia gli
studi sul razionalismo e la metodologia delle scienze sono stati
sviluppati nel Novecento in particolare da Federigo Enriques,
Ludovico Geymonat, Nicola Abbagnano, Paolo Rossi, Marcello Pera e
altri.
Aspetti complementari
L'uso odierno del termine "razionalismo" indica la convinzione che i
comportamenti e le credenze dell'uomo debbano basarsi sulla ragione
piuttosto che sulla fede e sui dogmi religiosi: privilegia l'ottica
dell'immanenza a quella della trascendenza.
Il razionalismo è talvolta legato all'umanismo e
all'agnosticismo nella misura in cui si propone di fornire una
cornice di riferimento per discorrere di problemi di ordine sociale
e filosofico al di fuori delle credenze religiose. Il razionalismo
tuttavia diverge da entrambe le correnti per altri aspetti:
l'umanismo, come il nome stesso suggerisce,
sostiene la centralità della società umana e
dell'uomo, ritenuti oggetto privilegiato di indagine rispetto alla
natura e a ciò che essa contiene;
l'agnosticismo sospende il giudizio
sull'esistenza di Dio, mentre la maggior parte dei filosofi
razionalisti dell'età moderna hanno più volte proposto
dimostrazioni dell'esistenza di dio.
Note
1. Vedi Ludovico Geymonat, Dizionario dei termini
filosofici, p. 77, Garzanti, 1989.
2. Ibid., Immagini dell'Uomo', Garzanti, 1989,
volume I: L'antichità e il medioevo.
3. Terence Irwin, I principi primi di Aristotele,
Vita e Pensiero, Milano 1996
4. Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q.
79, a. 8.
5. Cfr. la teoria delle idee e il mito della
caverna descritto da Platone nel dialogo La Repubblica, libro VII,
514 a – 518 b, trad. di F. Adorno, Utet, Torino 1970.
6. Cfr. le opere di Aristotele dedicate alla
logica raccolte nel trattato Organon formato da vari libri: Le
categorie, De Interpretazione, Analitici primi, Analitici secondi,
Topici, Elenchi sofistici.
7. Aristotele, Etica Nicomachea, X, 7, 1177 a 15.
8. Cfr. Paolo Vicentini, Intelletto e ragione
negli antichi ed in Kant.
9. Si veda Cartesio, Il Discorso sul metodo
(1637), parte prima, in cui si afferma che: «Il buon senso
è la cosa del mondo meglio ripartita: infatti ognuno pensa di
esserne così ben provvisto, che coloro stessi che sono
più difficili ad accontentare in ogni altro campo, non
desiderano averne più di quella che hanno ... la
facoltà di distinguere il vero dal falso - che è
quello che si chiama ragione - è per natura identica in tutti
gli uomini».
10. Cfr. Platone, Repubblica, VII, 533 d.
11. Platone, Fedone, 79 c-d.
12. Si veda: Locke, Trattato sull'intelletto
umano, edizione italiana Utet, Torino 1971. La descrizione del
procedimento di astrazione è contenuta nel Libro II Delle
idee e la descrizione dei metodi di conoscenza empirici e razionali
è contenuta nel libro IV Della conoscenza e della
probabilità. In particolare il capitolo 17° Della ragione
del Libro IV descrive i procedimenti di conoscenza razionali, mentre
altri capitoli sono dedicati alle conoscenze empiriche e per
intuizione.
13. Si veda: Leibniz, Sull’arte combinatoria,
1666 (ed. italiana Utet, Torino 2000, p. 400), in cui si afferma
che:
« Tutto ciò che conosciamo con
certezza consiste in dimostrazioni o in esperimenti. E in entrambi
detta legge la ragione. (…) Ma per tornare all'espressione del
pensiero mediante caratteri, questo è il mio parere: che si
potrà facilmente porre termine alle controversie …
riconducendo i ragionamenti complicati a calcoli semplici. (…)
Ciò fatto, quando nasceranno controversie, non vi sarà
più bisogno di disputare fra due filosofi più che tra
due contabili: basterà infatti prendere in mano la penna,
sedersi davanti all'abaco e (preso con sé, volendo, un amico)
dirsi a vicenda: calcoliamo »