Razionalismo

 

Wikipedia

Il razionalismo (dal termine latino ratio, «ragione») è una corrente filosofica basata sull'assunto che la ragione umana può in principio essere la fonte di ogni conoscenza.

In generale i filosofi razionalisti sostengono che, partendo da «principi fondamentali», individuabili intuitivamente o sperimentalmente, come gli assiomi della geometria, i principi della meccanica e della fisica, si possa arrivare tramite un processo deduttivo ad ogni altra forma di conoscenza.

Il razionalismo si è costituito a partire da diversi orientamenti filosofici, avutisi nell’antica Grecia, nel Medioevo, nel Rinascimento e nell’età moderna. In generale si definiscono razionalisti quei sistemi filosofici in cui la realtà è vista come governata da una serie di leggi e principi che sono perfettamente comprensibili con la ragione umana e che coincidono con il pensiero stesso.[1]

La filosofia razionalista si contrappone all'irrazionalismo, il quale privilegia invece altre facoltà umane legate all’istinto, alla volontà cieca, allo scetticismo, ecc.

Il razionalismo è anche un orientamento pedagogico che ha fiducia nella possibilità di incremento delle conoscenze umane da parte dell'individuo e della società, in quanto mediate dal sapere.

Il razionalismo nell’antichità

L’origine del pensiero razionale si suole far risalire agli antichi filosofici greci ed ellenistici,[2] dai quali tuttavia non gli viene attribuita quella valenza assoluta che sarà tipica della filosofia moderna.[3] Non solo presso i greci, ma per tutto il Medioevo rimase valida la differenza fra ratio (o dianoia) e intelletto (nous).[4]

Con Talete di Mileto del VI secolo a.C. lo studio delle proporzioni fra le grandezze geometriche e astronomiche iniziò a portare questo modo razionale di pensare anche in campo filosofico. Nelle proporzioni o rapporti matematici infatti si confrontano fra loro varie grandezze geometriche o fisiche. Allo stesso modo nella filosofia, da Talete in poi, si iniziarono a confrontare fra loro in modo razionale le ipotesi, le cause, le spiegazioni e le dimostrazioni relative a diversi fenomeni naturali e ai quesiti fondamentali dell’esistenza umana.

Si possono considerare in parte razionaliste anche altre filosofie del periodo presocratico ed in particolare quella di Pitagora e della sua scuola, in quanto Pitagora ritiene che nei numeri vi sia il principio e la spiegazione di tutti gli aspetti della realtà. Di carattere razionalistico si possono definire le filosofie greche classiche del IV secolo a.C. di Socrate, di Platone e di Aristotele.

Il pensiero di Socrate è caratterizzato dalla ricerca razionale della conoscenza di se stessi e dei princìpi dei fenomeni naturali e delle leggi riconosciute dalla comunità ateniese. A differenza dei sofisti, garanzia di verità non è per lui la condivisione irriflessa di argomenti esposti in maniera retorica e suggestiva, bensì l'uso critico della ragione che porta a distinguere correttamente il vero dal falso e quindi a convincimenti razionalmente fondati.

Il pensiero filosofico di Platone è razionalistico per la sua attenzione alla matematica, alla geometria e alla ricerca della regolarità dei fenomeni naturali, pur avendo anche un carattere idealistico per la sua teoria delle idee.[5]

La filosofia di Aristotele è razionalista per l'importanza attribuita alla Logica e alle regole del ragionamento.[6] La filosofia aristotelica ha tuttavia un carattere più realista ed empirista rispetto alla filosofia platonica.

Al razionalismo appartengono anche le successive scuole dell'Accademia Platonica e del Liceo Aristotelico, e i sistemi filosofici degli epicurei e soprattutto degli stoici, che nelle loro opere approfondirono con contributi originali i temi della logica e dei metodi della ricerca scientifica razionale.

Nella filosofia medioevale assumono un carattere razionalista alcuni sistemi di pensiero sviluppati dai padri della chiesa, che approfondiscono talvolta anche temi di carattere logico e scientifico. Di impronta razionalista è il sistema filosofico di Tommaso d'Aquino, che nelle sue tematiche si richiama al razionalismo e alla logica di Aristotele.

Comune a tutti questi pensatori è comunque l'idea che la ragione da sola non è sufficiente per approdare alla scienza o all’episteme: accanto alla ragione essi infatti ricorrono spesso allo strumento dell'intuizione (come facoltà distinta dalla ragione stessa) per giungere alla conoscenza.[7]

Il razionalismo nell'età moderna

Dopo il periodo medioevale e rinascimentale si ha una forte rinascita della filosofia razionalista. Sono decisamente razionalisti sistemi filosofici di Thomas Hobbes, di Francesco Bacone, di Galileo Galilei, di Cartesio, e di altri filosofi moderni, presso i quali il razionalismo viene inteso sempre più come capacità autonoma e autosufficiente di approdare alla verità. Quest'ultima viene progressivamente slegata da una dimensione contemplativa, mentre la ragione non è più un semplice accessorio ma diventa lo strumento per eccellenza della conoscenza.[8]

Il carattere razionale del pensiero di Galileo è presente nel suo forte impegno rivolto alla ricerca scientifica e alle sue scoperte in campo fisico, che portarono poi, con il contributo di Newton e degli scienziati successivi ad esprimere le leggi fondamentali della meccanica con formule matematiche.

L'opera Discorso sul metodo (1637) del filosofo francese Cartesio è da diversi storici della filosofia considerata un vero e proprio "manifesto programmatico del razionalismo". All'inizio di quest'opera Cartesio afferma che la ragione è presente ed è simile in tutti gli esseri umani e distingue l’uomo dagli animali.[9]

Il Discorso sul metodo approfondisce poi i metodi della ricerca scientifica e della conoscenza, che Cartesio sintetizzò in quattro criteri:

    le conoscenze per intuizione
    le conoscenze per analisi dei problemi
    le conoscenze per sintesi di quelle già acquisite
    l'enumerazione finale e controllo di quanto elaborato con i tre metodi precedenti.

Cartesio da un lato sembra avvicinarsi a Platone, dall'altro tuttavia se ne discosta. Platone infatti attribuiva grande importanza al sapere intuitivo e immediato,[10] raggiungibile al culmine tramite la contemplazione e l'elevazione dell'anima ad una dimensione sovra-razionale;[11] Cartesio al contrario partiva dall'intuito per giungere alla fine ad una fondazione razionale del mondo, ritenendo che la conoscenza della verità, la quale comprendeva le verità della matematica e le basi epistemologiche e metafisiche delle altre scienze, potesse essere raggiunta dalla sola ragione. Le altre conoscenze richiedevano poi l'esperienza del mondo, aiutata dal metodo scientifico.

Il filosofo inglese Francesco Bacone rivolse la sua attenzione ai metodi induttivi della ricerca scientifica e all’importanza pratica della ragione e della scienza al fine di un "miglioramento della tecnica" e della qualità della vita sociale.

A partire dal Rinascimento vi furono anche alcuni filosofi del diritto che iniziarono a studiare i sistemi giuridici con metodo razionale. Questo indirizzo di pensiero che porterà al "giusnaturalismo" fu sviluppato in particolare da Ugo Grozio, da Thomas Hobbes e altri studiosi del diritto moderno.

Sviluppi tra Seicento e Settecento

Il razionalismo si diffuse nel corso del XVII e XVIII secolo in Europa, grazie soprattutto a Leibniz e Spinoza che si impegnarono per risolvere i problemi epistemologici e metafisici posti da Cartesio, reinterpretandolo però in una prospettiva mistico-religiosa e rivalutando il ruolo dell'intuizione.

Parallelamente in Gran Bretagna si affermava l'empirismo, secondo il quale tutte le idee sorgono in noi attraverso l'esperienza e dunque la conoscenza ha origini essenzialmente empiriche. La demarcazione tra le due correnti è tuttavia dovuta ad un'interpretazione successiva, mentre in realtà non era così netta, visto che i più importanti filosofi razionalisti concordavano sull'importanza della scienza empirica.

Il pensiero del medico e filosofo inglese John Locke si considera a metà fra empirismo e razionalismo: infatti Locke non riconosce l’esistenza di idee innate e ritiene che le idee razionali siano dovute ad una rielaborazione mentale delle percezioni visive e di quelle dovute agli altri sensi. Tuttavia Locke, nel suo Trattato sull'intelletto Umano (1690)[12] indica una descrizione precisa del «procedimento psicologico di astrazione», che dalle percezioni sensoriali porta alla formazione dei concetti generali nella mente umana. Per questo motivo Locke può essere considerato uno dei precursori della psicologia moderna e anche uno fra i maggiori filosofi razionalisti.

Un grande filosofo razionalista tra Seicento e Settecento è il tedesco Gottfried Leibniz che si dedicò a studi fondamentali dei principi della logica, dell'analisi matematica, della fisica e della filosofia. Il suo pensiero ha però una rilevante differenza da quello di Locke in quanto prevede l'esistenza anche di idee innate e indipendenti dall'esperienza, immutabili ed identiche in ogni essere umano, tanto da essere alla portata dell'individuo capace di riconoscere in sé le proprie facoltà. Notevoli sono anche le sue prese di distanza da Cartesio, reo secondo lui di aver assimilato tutta la conoscenza alle idee chiare e distinte della ragione.

Leibniz elaborò un programma di «studi di logica», sviluppato da lui stesso e poi da altri filosofi nelle epoche successive. Questo programma è contenuto nell'opera De Arte Combinatoria (Sull'arte delle combinazioni, 1666), e indica come studiare le regole della logica e delle dimostrazioni razionali. La logica di Leibniz ricerca un metodo affidabile per ricavare indicazioni sui fenomeni naturali o su altri aspetti, una volta definiti i principi dai quali nasce il ragionamento.[13]

Il razionalismo nel secolo dei lumi

L'orientamento razionalista è fortemente presente in tutti i personaggi dell'illuminismo europeo, fra cui in particolare Montesquieu, Voltaire e gli enciclopedisti Jean Baptiste Le Rond d'Alembert e Diderot. Per la capillare diffusione del razionalismo in tutti i sistemi di pensiero scientifici, giuridici e sociali sviluppatisi nel Settecento, questo secolo fu denominato «Il secolo dei lumi» o «Il secolo della ragione». Secondo l'illuminismo infatti la ragione si contrappone alle credenze immaginarie e a quelle legate alle superstizioni e all'irrazionalità.

I filosofi illuministi pensavano che tutta la conoscenza, compresa la conoscenza scientifica, potesse essere raggiunta a priori mediante il solo uso della ragione.

Anche Kant partì da concezioni in parte razionalistiche, ma in seguito alle opere di Hume sviluppò maggiormente gli aspetti di critica delle conoscenze scientifiche, religiose e etiche che si ritenevano dedotte puramente a priori. Il pensiero di Kant pertanto è in parte vicino all'empirismo, in parte allo scetticismo, e più propriamente viene denominato criticismo.

Il razionalismo nei secoli XIX e XX

Nell'ottocento si sviluppò in Francia, Inghilterra ed altri paesi europei il positivismo che si avvicina ai capisaldi della filosofia razionalista dei secoli precedenti, condividendone in particolare la fiducia nella scienza e nella ragione, sia per la comprensione dei fenomeni naturali, sia per il miglioramento della vita sociale.

Fra i maggiori esponenti di questo movimento si ricorda il filosofo francese Auguste Comte, che codificò un criterio sistematico di "classificazione delle scienze" e il filosofo inglese John Stuart Mill che sviluppò studi fondamentali di logica deduttiva e induttiva, oltre a studi sull'applicazione della scienza razionale alle materie economiche e sociali.

Nel novecento si sono avuti diversi movimenti di pensiero di matrice razionalista, fra i quali si ricorda il pragmatismo americano e gli studi di filosofia della scienza sviluppati in Europa ed in America. Fra i principali studiosi che hanno applicato metodi razionalistici alla filosofia e metodologia della scienza ricordiamo Karl Popper, Ernst Mach, Rudolf Carnap, Thomas Kuhn e Imre Lakatos. In Italia gli studi sul razionalismo e la metodologia delle scienze sono stati sviluppati nel Novecento in particolare da Federigo Enriques, Ludovico Geymonat, Nicola Abbagnano, Paolo Rossi, Marcello Pera e altri.

Aspetti complementari

L'uso odierno del termine "razionalismo" indica la convinzione che i comportamenti e le credenze dell'uomo debbano basarsi sulla ragione piuttosto che sulla fede e sui dogmi religiosi: privilegia l'ottica dell'immanenza a quella della trascendenza.

Il razionalismo è talvolta legato all'umanismo e all'agnosticismo nella misura in cui si propone di fornire una cornice di riferimento per discorrere di problemi di ordine sociale e filosofico al di fuori delle credenze religiose. Il razionalismo tuttavia diverge da entrambe le correnti per altri aspetti:

    l'umanismo, come il nome stesso suggerisce, sostiene la centralità della società umana e dell'uomo, ritenuti oggetto privilegiato di indagine rispetto alla natura e a ciò che essa contiene;

    l'agnosticismo sospende il giudizio sull'esistenza di Dio, mentre la maggior parte dei filosofi razionalisti dell'età moderna hanno più volte proposto dimostrazioni dell'esistenza di dio.

Note

    1. Vedi Ludovico Geymonat, Dizionario dei termini filosofici, p. 77, Garzanti, 1989.
    2. Ibid., Immagini dell'Uomo', Garzanti, 1989, volume I: L'antichità e il medioevo.
    3. Terence Irwin, I principi primi di Aristotele, Vita e Pensiero, Milano 1996
    4. Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 79, a. 8.
    5. Cfr. la teoria delle idee e il mito della caverna descritto da Platone nel dialogo La Repubblica, libro VII, 514 a – 518 b, trad. di F. Adorno, Utet, Torino 1970.
    6. Cfr. le opere di Aristotele dedicate alla logica raccolte nel trattato Organon formato da vari libri: Le categorie, De Interpretazione, Analitici primi, Analitici secondi, Topici, Elenchi sofistici.
    7. Aristotele, Etica Nicomachea, X, 7, 1177 a 15.
    8. Cfr. Paolo Vicentini, Intelletto e ragione negli antichi ed in Kant.
    9. Si veda Cartesio, Il Discorso sul metodo (1637), parte prima, in cui si afferma che: «Il buon senso è la cosa del mondo meglio ripartita: infatti ognuno pensa di esserne così ben provvisto, che coloro stessi che sono più difficili ad accontentare in ogni altro campo, non desiderano averne più di quella che hanno ... la facoltà di distinguere il vero dal falso - che è quello che si chiama ragione - è per natura identica in tutti gli uomini».
    10. Cfr. Platone, Repubblica, VII, 533 d.
    11. Platone, Fedone, 79 c-d.
    12. Si veda: Locke, Trattato sull'intelletto umano, edizione italiana Utet, Torino 1971. La descrizione del procedimento di astrazione è contenuta nel Libro II Delle idee e la descrizione dei metodi di conoscenza empirici e razionali è contenuta nel libro IV Della conoscenza e della probabilità. In particolare il capitolo 17° Della ragione del Libro IV descrive i procedimenti di conoscenza razionali, mentre altri capitoli sono dedicati alle conoscenze empiriche e per intuizione.
    13. Si veda: Leibniz, Sull’arte combinatoria, 1666 (ed. italiana Utet, Torino 2000, p. 400), in cui si afferma che:
    « Tutto ciò che conosciamo con certezza consiste in dimostrazioni o in esperimenti. E in entrambi detta legge la ragione. (…) Ma per tornare all'espressione del pensiero mediante caratteri, questo è il mio parere: che si potrà facilmente porre termine alle controversie … riconducendo i ragionamenti complicati a calcoli semplici. (…) Ciò fatto, quando nasceranno controversie, non vi sarà più bisogno di disputare fra due filosofi più che tra due contabili: basterà infatti prendere in mano la penna, sedersi davanti all'abaco e (preso con sé, volendo, un amico) dirsi a vicenda: calcoliamo »