www.treccani.it
    
    Scrittore francese (Parigi 1871 - ivi 1922). Figlio di Adrien, prof.
    universitario di medicina, e di Jeanne Weil, di ricca famiglia
    ebrea, donna sensibile e colta alla quale restò morbosamente
    legato, all'età di nove anni cominciò a soffrire
    d'asma, malattia che lo tormentò tutta la vita.
    Frequentò il liceo Condorcet di Parigi (1887-89), dove
    strinse le prime amicizie importanti e collaborò al periodico
    studentesco Revue lilas; s'iscrisse poi alla facoltà di
    diritto, seguendo contemporaneamente corsi alla Scuola di scienze
    politiche e alla Sorbona, dove fu allievo di H. Bergson.
    Collaborò a Le Banquet, la rivista fondata (1892) da un
    gruppo di amici del Condorcet, alla Revue blanche e ad altri
    periodici e quotidiani tra cui Le Gaulois, e, dal 1903, a Le Figaro.
    
    
    Dal 1914 uscirono sulla Nouvelle revue française ampî
    estratti delle sue opere. 
    
    Fin dagli anni liceali frequentò assiduamente i salotti
    dell'alta borghesia e dell'aristocrazia parigina, di cui avrebbe poi
    stigmatizzato lo snobismo, e nell'affaire Dreyfus si schierò
    in favore della tesi innocentista. Fu intimamente legato al
    musicista R. Hahn e allo scrittore R. de Montesquiou. Insieme a B.
    de Fénelon nel 1902 fece un viaggio in Belgio e in Olanda
    (l'unico altro viaggio fu quello con la madre a Venezia, nel 1900).
    
    
    Dopo la morte del padre (1903) e soprattutto della madre (1905) si
    dedicò interamente alla stesura della sua opera, in un
    progressivo isolamento che lo portò a tappezzare di sughero
    la sua stanza nell'appartamento di boulevard Hausmann dove si
    trasferì nel 1906, assistito negli ultimi anni dall'autista
    Alfredo Agostinelli e, dopo la morte di questo, dalla fedele
    governante Céleste Albaret. 
    
    L'unico, immenso romanzo che scrisse, dopo varî tentativi, a
    partire dal 1909 fino all'anno della morte, s'intitola À la recherche du temps perdu
    e consta di sette parti intimamente legate: la prima, Du côté de chez Swann,
    uscì nel 1913 a spese dell'autore da Grasset, dopo che il
    parere negativo di A. Gide ne impedì la pubblicazione presso
    Gallimard; seguirono (questa volta da Gallimard) À l'ombre des jeunes filles en
      fleur (1918), che ottenne il premio Goncourt, Le côté de Guermantes
    (2 voll., 1920-21), Sodome et
      Gomorrhe (3 voll., 1921-22). Postume apparvero le ultime
    tre parti: La prisonnière
    (1923), Albertine disparue
    (1925, chiamata anche La fugitive) e Le temps retrouvé (1927). 
    
    Fondata su un impianto autobiografico, l'opera, la cui struttura
    ciclica richiama quella della Comédie humaine di Balzac e
    della Tetralogia di Wagner, è un grandioso affresco della
    società francese all'inizio del secolo, del suo linguaggio,
    delle sue passioni e delle sue leggi; allo stesso tempo è la
    storia di una vocazione artistica che si realizza dopo una lunga
    esperienza di tempo "perduto", tempo che nell'arte è
    possibile ritrovare, cioè rivivere nella sua verità. 
    
    In contrasto con il canone dell'oggettività del realismo, la
    narrazione, dietro la quale è percepibile la lezione di
    Chateaubriand, di Nerval, di Baudelaire ma anche l'influsso degli
    studî della psicologia del tempo sulle "intermittenze" della
    memoria, si dispiega attraverso il punto di vista soggettivo di un
    narratore protagonista, a partire da un evento fortuito: un sapore
    "ritrovato" nel gustare una madeleine risveglia la memoria facendo
    inaspettatamente riaffiorare alla coscienza tutto un mondo
    dimenticato. 
    
    Il racconto, che adotta la forma del monologo interiore e si
    sviluppa attraverso frasi lunghe, ricche di subordinate, ruota
    intorno a diversi poli ideologici: si va dalla critica ad ogni mito,
    amoroso o mondano, che tende a cristallizzarsi in idolo, alla
    prefigurazione di un bello in sé, a un discorso
    sull'omosessualità che fornisce lo spunto a una più
    vasta meditazione sulla condizione di vittima e di carnefice in cui
    precipita chiunque contragga un rapporto affettivo. 
    
    Intrisa di un senso drammatico dell'esistenza, ma sorretta da
    un'ironia che diviene fervido umore narrativo, la Recherche
    trascende il clima decadente, che pure la sostanzia, per collocarsi
    agli apici dell'esperienza letteraria del sec. 20°. Il momento
    irrazionale (la memoria involontaria che nel contatto fra due
    sensazioni, l'una presente, l'altra passata, scopre la loro essenza
    comune e fa ritrovare il tempo perduto) è solo la prima tappa
    nel cammino verso l'arte, che si raggiunge nel completo dispendio
    esistenziale, di ragione oltre che di forze inconscie, poiché
    solo la ragione sa stabilire i nessi, creando un discorso narrativo.
    Tale poetica è frutto di un lungo travaglio critico che
    preparò lentamente la scrittura del romanzo. 
    
    Dopo Les plaisirs et les jours,
    una raccolta di racconti che uscì nel 1896 con una prefazione
    di A. France, P. redasse il primo abbozzo della Recherche. Il lavoro
    lo occupò dal 1895 al 1899; ne venne fuori un grosso
    manoscritto (pubbl. post. nel 1952 col titolo Jean Santeuil; trad. it. 1953),
    rimasto incompiuto. 
    
    Alla scoperta di quello che chiamò il suo "metodo", P. fu
    avviato dai successivi studî sull'estetica di J. Ruskin, di
    cui tradusse The Bible of Amiens (1904), aggiungendovi un'importante
    introduzione, e Sesame and lilies (1906). Frattanto svolgeva un tipo
    di esercizio letterario al quale si era dedicato fin da ragazzo, il
    "pastiche", sorta di parodia dello stile di scrittori famosi
    (pubblicò nel 1919 Pastiches
      et mélanges), e tra il 1908 e il 1909 scriveva il Contre Sainte-Beuve (post.,
    1954), in cui accusava il critico d'aver confuso l'io biografico e
    mondano degli artisti con il loro io profondo, che solo crea l'opera
    d'arte. Altri testi sono stati pubblicati postumi (Chronique, 1927; Textes retrouvés, 1968),
    incluse le numerose corrispondenze.
    
    *
www.pbmstoria.it
Tempo e memoria: Proust e Freud