Protezionismo

 

Wikipedia

Il protezionismo è una politica economica, opposta a quella libero-scambista, che tende a proteggere le attività produttive nazionali dalla concorrenza di stati esteri mediante interventi economici statali.

Strumenti protezionistici

Protezionismo doganale:

con l'applicazione di dazi protettivi ai prodotti importati, che aumentano automaticamente di prezzo rispetto ai prodotti nazionali che quindi vengono favoriti per il consumo sul mercato interno rispetto alle merci straniere;
i dazi possono essere applicati anche alle materie prime esportate per mettere in difficoltà l'economia di stati non produttori.

Protezionismo non doganale:

dumping: vendita sottocosto sui mercati esteri di prodotti nazionali per vincere la concorrenza con quelli esteri, e prezzi artificialmente alti degli stessi prodotti nazionali sul mercato interno, per recuperare le perdite;
contingentamento delle merci vendute sui mercati di stati esteri non produttori per tenerne alto il prezzo al consumo;
premi, agevolazioni fiscali e creditizie (tassi agevolati) ai produttori nazionali esportatori;
controllo del mercato nazionale e internazionale dei cambi delle monete e del movimento dei capitali.

Vantaggi del protezionismo

Secondo i suoi sostenitori, il protezionismo avrebbe degli effetti positivi come:

Storia del protezionismo

Nei XVII e XVIII secolo si attuò una forma primitiva di protezionismo, il mercantilismo, una politica tesa al rafforzamento dell'economia interna ed alla massima limitazione delle importazioni.

Nel XVIII secolo la nuova economia capitalistica che assumeva come linea guida la politica della libera concorrenza limitava il protezionismo ai settori più deboli della produzione e in genere a quello agricolo meno sviluppato e alle industrie nascenti.

Nel XIX secolo troviamo il primo accenno ad una sorta di teoria protezionistica nello "Stato commerciale chiuso" di Johann Gottlieb Fichte ripreso in parte da Friedrich List, l'ispiratore dello Zollverein (Unione doganale) tedesco del 1834, che nel suo "Sistema nazionale di economia politica" (1841) criticava i principi del free trade (libero mercato) come inidonei per i paesi in via di sviluppo come la Germania del tempo.

A seguito della depressione, effetto delle guerre napoleoniche, prima da parte degli stati più coinvolti, Inghilterra, Francia e Austria, poi dal resto d'Europa si adottarono misure protezionistiche per risollevare le proprie industrie stremate dalle lunghe guerre.

Solo verso la fine degli anni quaranta, la ripresa economica riportò in primo piano il libero scambio.

Economia europea

Ma a partire dal 1873 una crisi economica generalizzata riportò i paesi europei, ad eccezione dell'Inghilterra il cui sviluppo economico era tanto avanzato da metterla al riparo da ogni concorrenza, ad un'aggressiva politica protezionista. È questo il periodo delle "guerre commerciali" che accompagnano, secondo alcune teorie storiografiche, il progressivo affermarsi del nazionalismo e la nascita, poco oltre la metà del XIX secolo, di nuovi stati nazionali, come la Germania e l'Italia. Non a caso la svolta protezionista prese le mosse in Europa nel 1878 proprio dalla Germania di Bismarck e dall'Italia (vedi le politiche protezionistiche della Sinistra storica). Anche a causa dell'inizio delle importazioni di frumento dagli USA, che andavano a toccare gli interessi dei proprietari terrieri europei.

Il protezionismo nel '900

Le tendenze protezionistiche caratterizzarono l'economia europea ed americana fino alla vigilia della Prima guerra mondiale e si rafforzarono nel periodo tra le due guerre quando la crisi di Wall Street nel 1929 spinse le singole economie nazionali ad una rigida chiusura che nell'Italia fascista prese le forme dell'autarchia.

Nel secondo dopoguerra prevalse la filosofia statunitense del multilateralismo e della libertà totale degli scambi secondo le linee guida stabilite alla Conferenza di Bretton Woods del 1944 che segnò la fine dell'isolazionismo economico americano e del predominio del dollaro sulle altre valute. Da allora si crearono organismi atti a tutelare il libero scambio come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.

Dopo la depressione mondiale a seguito delle crisi energetiche del 1973 e del 1979, si sono manifestate nuove spinte protezionistiche che si sono gradualmente indebolite per la rapida integrazione dei mercati sia economici che finanziari che caratterizza i nostri tempi.