Protezionismo
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Il protezionismo è una politica economica, opposta a quella
libero-scambista, che tende a proteggere le attività
produttive nazionali dalla concorrenza di stati esteri mediante
interventi economici statali.
Strumenti protezionistici
Protezionismo doganale:
con l'applicazione di dazi protettivi ai prodotti importati, che
aumentano automaticamente di prezzo rispetto ai prodotti nazionali
che quindi vengono favoriti per il consumo sul mercato interno
rispetto alle merci straniere;
i dazi possono essere applicati anche alle materie prime esportate
per mettere in difficoltà l'economia di stati non produttori.
Protezionismo non doganale:
dumping: vendita sottocosto sui mercati esteri di prodotti nazionali
per vincere la concorrenza con quelli esteri, e prezzi
artificialmente alti degli stessi prodotti nazionali sul mercato
interno, per recuperare le perdite;
contingentamento delle merci vendute sui mercati di stati esteri non
produttori per tenerne alto il prezzo al consumo;
premi, agevolazioni fiscali e creditizie (tassi agevolati) ai
produttori nazionali esportatori;
controllo del mercato nazionale e internazionale dei cambi delle
monete e del movimento dei capitali.
Vantaggi del protezionismo
Secondo i suoi sostenitori, il protezionismo avrebbe degli effetti
positivi come:
- evitare l'uscita dal paese di valuta pregiata;
- aumento dell'esportazione e diminuita dipendenza dalla
produzione estera;
- protezione dei settori industriali nascenti per impedirne il
soffocamento da economie estere più progredite (tesi
condivisa anche dai liberoscambisti come John Stuart Mill)
- favorire la nascita di nuovi settori produttivi prima
trascurati o mal utilizzati con conseguente aumento
dell'occupazione;
- indipendenza economica in alcuni settori produttivi dello
stato che, tutelati e stimolati, progredirebbero nella ricerca
di perfezionamenti tecnici industriali.
Storia del protezionismo
Nei XVII e XVIII secolo si attuò una forma primitiva di
protezionismo, il mercantilismo, una politica tesa al rafforzamento
dell'economia interna ed alla massima limitazione delle
importazioni.
Nel XVIII secolo la nuova economia capitalistica che assumeva come
linea guida la politica della libera concorrenza limitava il
protezionismo ai settori più deboli della produzione e in
genere a quello agricolo meno sviluppato e alle industrie nascenti.
Nel XIX secolo troviamo il primo accenno ad una sorta di teoria
protezionistica nello "Stato commerciale chiuso" di Johann Gottlieb
Fichte ripreso in parte da Friedrich List, l'ispiratore dello
Zollverein (Unione doganale) tedesco del 1834, che nel suo "Sistema
nazionale di economia politica" (1841) criticava i principi del free
trade (libero mercato) come inidonei per i paesi in via di sviluppo
come la Germania del tempo.
A seguito della depressione, effetto delle guerre napoleoniche,
prima da parte degli stati più coinvolti, Inghilterra,
Francia e Austria, poi dal resto d'Europa si adottarono misure
protezionistiche per risollevare le proprie industrie stremate dalle
lunghe guerre.
Solo verso la fine degli anni quaranta, la ripresa economica
riportò in primo piano il libero scambio.
Economia europea
Ma a partire dal 1873 una crisi economica generalizzata
riportò i paesi europei, ad eccezione dell'Inghilterra il cui
sviluppo economico era tanto avanzato da metterla al riparo da ogni
concorrenza, ad un'aggressiva politica protezionista. È
questo il periodo delle "guerre commerciali" che accompagnano,
secondo alcune teorie storiografiche, il progressivo affermarsi del
nazionalismo e la nascita, poco oltre la metà del XIX secolo,
di nuovi stati nazionali, come la Germania e l'Italia. Non a caso la
svolta protezionista prese le mosse in Europa nel 1878 proprio dalla
Germania di Bismarck e dall'Italia (vedi le politiche
protezionistiche della Sinistra storica). Anche a causa dell'inizio
delle importazioni di frumento dagli USA, che andavano a toccare gli
interessi dei proprietari terrieri europei.
Il protezionismo nel '900
Le tendenze protezionistiche caratterizzarono l'economia europea ed
americana fino alla vigilia della Prima guerra mondiale e si
rafforzarono nel periodo tra le due guerre quando la crisi di Wall
Street nel 1929 spinse le singole economie nazionali ad una rigida
chiusura che nell'Italia fascista prese le forme dell'autarchia.
Nel secondo dopoguerra prevalse la filosofia statunitense del
multilateralismo e della libertà totale degli scambi secondo
le linee guida stabilite alla Conferenza di Bretton Woods del 1944
che segnò la fine dell'isolazionismo economico americano e
del predominio del dollaro sulle altre valute. Da allora si crearono
organismi atti a tutelare il libero scambio come il Fondo Monetario
Internazionale e la Banca Mondiale.
Dopo la depressione mondiale a seguito delle crisi energetiche del
1973 e del 1979, si sono manifestate nuove spinte protezionistiche
che si sono gradualmente indebolite per la rapida integrazione dei
mercati sia economici che finanziari che caratterizza i nostri
tempi.