La figura di Prometeo nelle letterature europee
di Olivia Merli Rotondi
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La figura di Prometeo viene restituita dal mito antico come una
figura doppia. Nella tragedia eschilea superstite non è una
figura risolta: è il trasgressore, ribelle che si oppone
all'ordine divino, ma anche il benefattore dell'umanità, il
dio che si priva della sua condizione divina per l'uomo e per questo
è sottoposto al castigo doloroso che tutti conosciamo;
altrove è anche il dio creatore che plasma simulacri e
procura loro la vita.
Proprio questa ambivalenza, questa domanda lasciata aperta dal mito
classico ha intrigato numerosi autori delle moderne letterature
occidentali: che cosa rappresenta Prometeo? il colpevole?
l'innocente? l'anti-dio? il dio buono? il senza-dio? il super-uomo?
l'uomo alle prese con la propria coscienza?
Alcuni autori hanno così accostato il mito trovandovi una
fonte di pensiero e di ispirazione, ne hanno quindi prodotto una
rivisitazione, parziale o completa, vitale e appassionante che
testimonia la sopravvivenza del pensiero mitopoietico anche in tempi
molto lontani dal mondo classico.
C'è stato anche chi si è appassionato soprattutto alla
lettura eschilea fino addirittura a identificarsi nel mito trovando
in Prometeo delle configurazioni del proprio genio.
Molto frequente è stato l'utilizzo ideologico del mito,
cioè quando la figura di Prometeo non è stata fonte di
pensiero originario, ma immagine da riempire di idee già
pensate e da divulgare. Tipico in questo senso è stato ad
esempio l'utilizzo politico del mito.
Va inoltre segnalata una vasta produzione di opere sul mito di
Prometeo o sull'origine del fuoco finalizzata al divertimento o alla
messinscena spettacolare.
Non sempre è possibile evidenziare nettamente l'una o l'altra
tendenza, ma suggerire queste grandi linee di sviluppo del mito
è utile per avere un criterio con cui aggirarsi all'interno
di una produzione vasta e molto lunga nel tempo. Se poi la ricerca
volesse seguire non solo la produzione di intere opere dedicate a
questo mito, ma anche il filo delle idee che il mito ha generato,
penso che la rassegna sarebbe ancor più vasta, suggestiva e
implicata con gran parte della cultura occidentale.
D'altra parte miti connessi con l'universale problema dell'origine
del fuoco e della civiltà appartengono alla cultura
universale.
Medioevo
Grandi autori cristiani alto-medievali che avevano risolto il
problema della mediazione fra cultura pagana e cristianesimo
cercando il più possibile nella cultura classica le
anticipazioni della verità cristiana recuperano Prometeo come
figura di Cristo. Gli elementi ci sono: il dio che ama tanto l'uomo
fino a sacrificarsi per lui, la passione di Prometeo, il Caucaso ~
Calvario, le Oceanine ~ pie donne, il dio che plasma simulacri.
Più avanti nel Basso Medioevo del mito di Prometeo prevale
piuttosto l'aspetto del ribelle a Dio e quindi viene demonizzato e
dimenticato.
'300, '400 e '500
Il Boccaccio preumanista legge il mito di Prometeo in autori greci e
latini: Ovidio, Esiodo, Grazio, Agostino, Eusebio, Lattanzio, Plinio
il Vecchio, ma è particolarmente colpito dalla lettura
allegorica e fìlosofica del mito. Nel suo grande trattato
mitologico Genealogia Deorum Gentilium (1350-1375) trova posto la
sua rielaborazione del mito prometeico. Il titano è simbolo
del sapiente, l'eroe della conoscenza che ha liberato l'uomo dalla
condizione primitiva e gli ha dato la volontà di realizzarsi
da solo e non più in funzione di una divinità
trascendente. Ogni elemento del mito è letto in chiave
metaforica: il Caucaso è la solitudine, l'incatenamento sul
Caucaso non è una tortura, ma l'immagine dell'intelligenza
legata alla ricerca; l'aquila è simbolo delle alte
considerazioni che tormentano il ricercatore solitario. Boccaccio
non apprende il mito dai dizionari di mitologia e dalle
compilazioni, come ho già detto, conosce ovviamente il latino
e primo fra i letterati del suo tempo apprende il greco dal monaco
calabrese Leonzio Filato che sopporta ospite in casa propria pur di
sfruttarne gli ammaestramenti. La figura di Prometeo che dispensa
agli uomini la conoscenza forse intrigò particolarmente
l'autore che si sentì fiero di aver introdotto per primo nel
mondo neolatino la grande cultura greca origine del sapere.
Nel '400 l'esempio di Boccaccio rimane paradigmatico. Nel
Rinascimento il mito di Prometeo ricorre senza però opere
interamente dedicate. Del 1556 è la prima traduzione latina
dell'opera eschilea che era stata già editata nel 1518:
Il '600
Il Seicento vede il ritorno del mito sulle scene. Ciò che
colpisce il gusto del secolo è più che il contenuto
del mito la possibilità che la presenza del fuoco nel
racconto mitico offriva di realizzare sontuose e mirabolanti
messinscene.
Fa eccezione per la cura al contenuto, pur realizzando sempre
un'opera spettacolo, la commedia mitologica di Calderón de la
Barca, La estatua del Prometeo del 1669. L'opera si pone in
continuità con quella del Boccaccio sia perché ne
riprende lo schema mitologico, sia perché prevale
l'impostazione allegorica. Anche qui ciò che interessa della
figura di Prometeo che non è più dio, ma essere
mortale, è la sua funzione di dispensatore di sapienza. Gli
elementi sono presentati per simmetrie e parallelismi secondo il
gusto del teatro seicentesco: Prometeo è il sapiente
astrologo e filosofo dedito allo studio, Epimeteo è l'uomo
d'azione e della natura, dedito alla caccia; Minerva dea della
ragione è venerata da Prometeo, mentre Pallade, dea della
guerra, è adorata da Epimeteo (l'opposizione fra i due
fratelli è già di Esiodo); è plasmata da
Prometeo la statua di Pandora di cui però si innamora
Epimeteo, ma Pandora ama Prometeo; Minerva fa ascendere al cielo
Prometeo per scegliere un dono, il dono scelto è la luce del
Sole-Apollo; l'antagonismo Minerva-Pallade (uomini
civilizzati-uomini bellicosi) fa scoppiare la guerra; Pandora
è condannata quale causa del male, Prometeo da cavaliere
vuole difenderla e è incarcerato; l'intervento di Apollo
sistema le cose: Prometeo e Pandora si amano e si sposano, Epimeteo
guarisce dalla passione, finisce la guerra. L'interpretazione
allegorica ha un nucleo centrale nell'opposizione ragione-passione e
la sapienza è l'unica vera luce che viene dal cielo. L'opera
di Calderón rimane la prima grande opera dedicata a Prometeo
dalla tragedia eschilea.
Il '700
È nel 1740 con la Pandora di Voltaire (operetta in cinque
atti, libretto per melodramma) che viene finalmente recuperato il
grande motivo eschileo della lotta del titano contro Giove e i
celesti. Prometeo non è qui il sapiente, ma colui che agisce
seguendo il dio che regna nel suo cuore, cioè Amore. La
contesa fra Prometeo e i titani da una parte e Giove e i celesti
dall'altra è Pandora, la creatura di Prometeo che egli ama a
sua volta riamato. Giove invaghitosene manda Mercurio a rapirla.
È in nome della giustizia e della libertà, soffiano i
venti della rivoluzione, che i Titani ingaggiano battaglia contro i
celesti-tiranni (ovviamente). Amore, fonte unica di felicità
per gli uomini, infine riscatta tutto riportando l'ordine e la
giustizia.
Nel settecento oltre a continuare l'utilizzo del mito di Prometeo
come semplice divertimento o satira dell'eterno femminino, vi si
aggiungono temi più seri. Interessante è lo
svilupparsi di una prospettiva pessimistica in cui Prometeo è
visto negativamente. Rousseau ad esempio sostiene la tesi di
Prometeo corruttore del felice stato naturale dell'umanità.
Il mito si inserisce così nei grandi dibattiti sul progresso
scientifico e progresso morale e alla già ambivalente
interpretazione del mito si aggiunge un altro doppio: Prometeo
colpevole, malefico ~ Prometeo innocente e benefico per
l'umanità. È la protesta contro lo spirito
illuminista.
Un altro autore settecentesco, Shaftesbury, teso a rivalutare il
mito di Prometeo, si sofferma hi particolare sull'aspetto di
Prometeo creatore di poesia e arte.
Fu questo Prometeo estetico a influire su Goethe e a suggestionare
la fase giovanile e sturmeriana dell'autore tedesco.
Nel titano demiurgo e creatore Goethe si identificò quando
volle diventare il poeta "artefice" di uomini dalla "grandezza
colossale".
Due sono le raffigurazioni del genio goethiano, l'immagine del
viandante prima e in seguito quella del titano demiurgo legata alla
scoperta del demoniaco in se stesso e nella natura. Nascono in
questo momento il Prometheus, tragedia di cui furono scritti solo
due atti, e nell'autunno dello stesso 1773 viene composto l'inno
Prometeo che avrebbe dovuto aprire il terzo atto. Prometeo rifiuta
di spartire con gli dei il cielo e sceglie la terra, rifiuta anche
di far animare dai celesti le figure da lui create; gli uomini da
lui plasmati devono riconoscere di non avere bisogno degli dei e
devono aver la certezza che questi senza i tributi umani non
disporrebbero più del necessario per continuare a esistere;
Minerva, anche qui ben disposta verso Prometeo, gli rivela che
uomini e dei sono ugualmente sovrastati dal Destino, vera fonte
della vita. C'è tutta la revisione romantica del mito
eschileo nel genio che si ribella per amore all'umanità e
nella finale conferma che tutto è in potere del destino. Da
questa posizione giovanile Goethe si evolve e dopo i primi dieci
anni dell'esperienza di Weimar il sentimento della natura diventa in
lui più contemplativo e purificato, così come si viene
formando una nuova concezione del rapporto dell'uomo col divino. Non
più ribellione quindi, ma reverenza; l'uomo che trova il suo
centro è colui che si autolimita, non il Prometeo che osa
misurarsi con gli dei. Il mito viene abbandonato.
Un ritorno al mito è della fase della vecchiaia quando,
esaurita la vena fantastica, Goethe riprende i temi della propria
giovinezza e li sviluppa in modo nuovo e insospettabile grazie alla
saggezza acquisita in seguito a esperienze ricche e molteplici.
Esempio di tale atteggiamento è il dramma, anche questo
incompiuto, Pandora, ripresa ideale della tragedia giovanile
interrotta proprio alla scena fra Prometeo e Pandora. Pandora
è un dono degli dei che però Prometeo rifiuta,
è invece accettata da Epimeteo che ha da lei due figli.
Pandora si allontana e Prometeo soffre per il rimpianto di
ciò che non ha mai voluto, Epimeteo per la nostalgia di
ciò che ha perduto, intanto il figliodi Epimeteo si scontra
per gelosia e corre pericoli. È sottolineato il contrasto fra
vecchi e giovani e c'è l'esortazione a recuperare i valori
dello spirito, dell'arte e della scienza nell'importanza che viene
data alla figura di Epimeteo (qui simbolo della saggezza e della
contemplazione) e soprattutto nella parte finale in cui Pandora
ritornando avrebbe dovuto dare agli uomini in dono i grandi valori
neoclassici.
Un verseggiare alla maniera dei classici e un Prometeo-Napoleone che
combatte contro il dispotismo terreno è il Prometeo di
Vincenzo Monti. L'opera però si rivela di maniera e ben
presto superata dagli eventi: Napoleone imperatore preferì la
proiezione in Giove signore dell'Olimpo che nel titano ribelle.
Ottocento
In epoca romantica il mito o viene rifiutato perché sentito
lontano dalla nuova cultura o se ne teorizza la moderna e libera
rielaborazione. Percy Bysshe Shelley è su questa seconda
linea e trova la giustificazione di questa licenza proprio
nell'imitazione degli scrittori tragici greci che già
adottavano, secondo le parole del poeta romantico, "a certain
arbitrary discretion" nel trattare soggetti tradizionali del mito o
della storia. Non c'è dunque interesse a fare una
restaurazione del mito eschileo, ma piuttosto a esaltarne e
potenziarne il messaggio morale. Fu questa l'epoca in cui il mito di
Prometeo ebbe la maggiore popolarità.
L'utilizzo del mito di Prometeo per esprimere ad esempio la fede nel
progresso civile dell'umanità fu assai diffuso.
Schlegel volle fondere nel suo poemetto Prometeo (1797) il tema
della fede nell' azione della civiltà con la critica alla
rivoluzione francese, implicito esempio della continua presenza
sulla terra delle mitiche sventure e sciagure di Nemesi. Prometeo
crea un uomo di argilla capace di essere sempre felice sia nella
gioia sia nel dolore, prototipo della nuova umanità che
dovrebbe far progredire l'uomo dallo stato di miseria materiale e
morate dei tempi antichi. Nemesi però continua a
imperversare, come fa notate a Prometeo la madre Temi, ma la fede
nell'uomo e nella sua azione di civilizzazione vincerà anche
i tempi più iniqui.
Giovanni Daniele Falck, amico di Goethe, afferma nel suo Prometeo
(1803) che la civiltà è necessaria all'uomo. Questa
volta però Prometeo diventa il sostenitore dello stato di
natura dell'uomo contro Giove propugnatore della civiltà e
del progresso attraverso le arti. C'è una chiara critica alle
tesi roussoiane.
Goffredo Herder esprime la sua fede profonda nel progresso
dell'umanità con il suo Prometeo disciolto (1802); qui
Prometeo è colui che reca sulla terra la fiamma simbolo della
civiltà umana in continuo progresso.
L'interpretazione del mito di Prometeo come vittoria della scienza e
dell' intelligenza umana sarà ripresa più avanti in
epoca positivista, con una forte tendenza però a cancellare
il ruolo del divino e a divinizzare semmai la scienza.
Il tema già goethiano e di gusto molto romantico del
"titanismo", inteso come rifiuto di un'etica della sottomissione e
della fede cieca in nome di un'esigenza di libertà e
responsabilità, raccoglie varie interpretazioni di Prometeo.
Il Prometeo in rivolta contro la tirannia e il dispotismo o contro
un dio ingiusto e nemico fu frequentemente rappresentato.
All'interno di questa opposizione i due antagonisti mutano di volta
in volta caratteristiche. Prometeo in alcuni autori è il
Faust, il Satana, l'angelo caduto che si rivolta titanicamente, lo
spirito del male in opposizione al Dio-bene; altrove invece è
il giovane dio portatore del bene oppure il riformatore sociale o il
filosofo scientista che demistifica il divino e in opposizione Dio
sarà rispettivamente l'antico dio della vendetta, l'ordine
esistente, la superstizione religiosa.
Interessante la posizione di Byron di fronte al mito. Egli infatti
assimila dal personaggio Prometeo, a cui si appassiona leggendo
Eschilo, il carattere del titano ribelle. Nel suo Prometeo, canto
composto nel 1816, esalta la forza d'animo di Prometeo che si
raddoppia nelle sventure e nella sfida fino alla morte concepita dal
poeta inglese quale vittoria finale.
Il tema della rivolta in senso byroniano continua anche nella
seconda metà dell'800, ad esempio in Mario Rapisardi,
Lucifero 1877 e in Carducci in I due titani, Rime Nuove, VI, XXXV.
Con il Frankenstein or the modem Prometheus di Mary Shelley del 1818
è sviluppato il tema del Prometeo malfattore e ribelle. Qui
il protagonista è fornito del gusto faustiano della
conoscenza proibita: si macchia della colpa di ergersi contro Dio
nel tentativo di superare i propri limiti cioè dare vita a
una nuova creatura; la punizione sarà di essere distrutto
dalla sua stessa creatura. Il messaggio è che scienza e
ragione umana non possono svilupparsi senza il consenso divino, come
anche sostiene Salvatore Viganò nel suo balletto mitologico
Prometeo, 1813.
Il Prometheus Unbound di Shelley, dramma lirico in quattro atti
scritto e elaborato fra il 1819 e il 1820, riassume in sé i
motivi romantici (perfettibilità dell'uomo, ribellione al dio
oppressivo e tiranno in nome della libertà, fede nella
scienza e nella ragione). Di segno opposto l'operetta morale di
Leopardi La scommessa di Prometeo, ove Prometeo fallisce
perché ha creato il genere sommo per imperfezione: l'uomo. Il
fuoco non è segno di progresso, ma di morte.
Il tema politico ricorre soprattutto dopo la restaurazione con
l'immagine Prometeo-Napoleone. Quale figura meglio di Prometeo
fornisce la possibilità di rappresentare un Napoleone ora
visto come strumento della Provvidenza e liberatore, ora come
traditore della sua missione? Oppure Prometeo è
l'umanità soggiogata dai tiranni che Napoleone non ha saputo
liberare.
J. E. Reade nel dramma in dieci scene del 1842 Record of the
Pyramids offre la prima interpretazione secondo la prospettiva del
socialismo utopico. Celebre l'affermazione di Marx che vuole
Prometeo il santo e il martire della filosofia che libera l'uomo
dalla superstizione, a cui si uniscono tante altre voci.
Prometeo non è solo il ribelle, ma anche il martire fino a
essere identificato con Cristo. È l'interpretazione di E.
Quinet che scrive una trilogia Prometeo inventore del fuoco,
Prometeo incatenato. Prometeo liberato (1838). Questa
interpretazione in senso religioso cristiano del mito avrà un
seguito hi altri autori francesi.
Dall'età del positivismo alla prima guerra mondiale il mito
di Prometeo continua a essere sfruttato ora per divinizzare la
scienza sviluppando come abbiamo visto una posizione già
romantica, ora per far rinascere il Dio che la forza della scienza
aveva ucciso, ma che l'incertezza e il dubbio risuscitano.
Alexandre Saint-Yves nella tragedia Il mistero del progresso (1878)
tenta di riconciliare la volontà umana del progresso con la
volontà divina e Prometeo è simbolo della
perfettibilità dell'uomo di segno divino, oppure Prometeo e
Zeus vengono hi questo senso identificati affermando che sono della
stessa natura nel Prometeo donatore di fuoco di Robert Bridges
(1883); c'è il tentativo di opporsi all'agnosticismo
positivista con una fede senza dogmi e senza chiesa. Si distingue il
Delaporte nella trilogia Prometeide (1895) che, pur in una
complessiva fedeltà al mito greco, introduce un Prometeo che
pur non avendo fatto dei mali soffre dei mali altrui (la
somiglianzà a Cristo è evidente) e consegue saggezza e
giustizia attraverso la sofferenza.
Altre opere (J.A. Symons, Morte di Prometeo 1880, M. Goldberg,
Prometeo pentito 1904) rappresentano una rivisitazione del mito in
chiave nichilista: Prometeo o muore con gli dei o è
dimenticato insieme a Zeus dagli uomini: della sua lotta, del suo
tormento non rimane nulla. O ancora E. Delebecque in Morte di
Prometeo 1905 conclude il poema con un Prometeo che invoca la morte
di prenderlo perché la vita e la volontà di vivere
sono malvagia in sé.
Di grande rilievo è il lungo poema in prosa ritmica di Carl
Spittler, premio Nobel nel 1919. Si tratta della prima opera del
poeta svizzero scritta nel 1881, importante sia per
l'interpretazione del mito frutto di un pensiero moderno e originale
sia perché testimonia una scelta poetica dell'autore di segno
contrario al gusto contemporaneo. Spittler infatti attraverso la
lettura dell' Orlando Furioso si convince che in forma di racconto
fantastico, ricco di immagini e di mitiche figure si potevano
efficacemente rappresentare anche i moderni conflitti di pensiero,
descrivere i grandi impeti collettivi, giudicare gli uomini. Fin
dall'introduzione del Prometeo e Epimeteo si coglie il tema
centrale della riflessione di Spittler sul mito inquadrabile nel
pensiero filosofìco del periodo (Hegel, Nietzsche,
Schopenhauer); l'eroicità di Prometeo sta nella scelta
radicale di vivere secondo un unico comandamento: il bisbiglio della
propria anima contro tutte le regole e le ipocrisie della morale
corrente; non c'è più filantropia, c'è
individualismo eroico.
È un racconto mitico in quanto vi operano figure analoghe a
quelle del mito antico, ma la loro personalità è
ripensata in chiave moderna Prometeo non è il titano ellenico
e neppure è l'orgoglioso ribelle di Goethe; non ha rapito il
fuoco dal ciclo, né l'aquila gli rode il fegato sul Caucaso.
È invece una mitica personificazione dell'ideale etico ed
umano dell'autore. Tutta la vicenda del poema è incentrata
sulla rappresentazione simbolica del contrasto dialettico fra
due concezioni di vita: quella dell'autore e quella di tanta parte
dell'umanità lusingata dagli splendori mondani. Prometeo si
ritira dal consorzio umano in nome della libertà della
propria anima e affronta in letizia le prove più dure;
Epimeteo,lusingato dall'angelo sollecito dell'ordine e del bene
comune del mondo, sacrifica la propria libertà spirituale e
conquista il trono. Il gesto di Prometeo è un gesto di
ribellione contro tutti gli opportunismi e le costrizioni della
coscienza, contro gli splendori terreni che traviano dalla
verità e alla fine trionfa salvando anche la traviata anima
di Epimeteo.
Per certi aspetti richiama l'opera di Spittler il Prometeo mal
incatenalo di Gide (1899). Qui però non vi è tono
epico o trasfigurazione fantastica, il mito viene "desacralizzato" e
annullato. I personaggi sono uomini moderni incontragli nei
boulevards di Parigi, la vicenda diviene assurda perché la
vita è assurda se non si è capaci di ribellarsi alle
convenzioni per credere solo nell'io.
Prometeo stanco e anchilosato dal mantenere sempre la stessa
posizione sul Caucaso si volta sul!'altro fianco e si libera, eccolo
a Parigi che scende il boulevard dalla Madeleine a l'Opera, Presto
si accorge che l'aquila che gli rode il fegato è la sua
coscienza, quindi incomincia a nutrirla abbondantemente contento di
vederla imbellire anche a scapito della sua sofferenza e del suo
deperimento. Si improvvisa apostolo di un simile modo di vita e fa
proseliti dopo una conferenza parigina. Alla fine però si
mangia la propria aquila. Il finale è ambiguo come sempre in
Gide perché la verità può essere rappresentata
solo attraverso specchi deformanti.
Novecento
Un'opera di inizio secolo sintesi di molte tendenze come era stata
per il Romanticismo il Prometeo di Shelley, è E. Bourges La
nave, 1904. Prometeo qui insegue un sogno: la fine del mate
universale che coinciderà con la vittoria su Zeus. La
creatura che Prometeo progetta è un superuomo che un giorno
diventerà dio non con la rivolta, ma con l'evoluzione. Il
figlio del titano però vivificato dalla fiamma
dell'intelligenza nasce cieco e rimprovererà suo padre
di averlo creato.
Nel '900 si possono individuare alcune ricorrenze:
a) identificazione dell'eroe titano con alcuni geni creativi della
storia: Goethe, Mozart, Bruckner etc. ad opera in particolare di
autrici femminili
b) desacralizzazione del mito
c) banalizzazione del mito
d) uso del mito a fini propagandistici filonazisti o ami bellici o a
favore della lotta di classe
e) esaltazione della tecnologia (dominio pratico sulla natura da cui
viene benessere) attraverso Prometeo che diventa il campione del
pensiero e della attività umana o visione pessimistica per
sentimento dell'assurdo e inquietudine e angoscia creata nell'uomo
dal progresso tecnologico
g) Prometeo che ritrova la fede nel fondo della sua coscienza.
Vale la pena soffermarsi sulla riflessione di Albert Camus sul mito
di Prometeo nel breve saggio Prometeo agli inferi in L'estate
(1946). Camus si interroga sul destino dell'uomo di fronte alla
società delle macchine. E' consapevole che la sua generazione
non ha più il compito di cambiare il mondo, ma almeno di
preservarlo dalla distruzione.
In questa ottica si inserisce la riflessione sul divario arte ~
macchina, cioè bellezza e aspirazione al benessere, che
dichiara insostenibile se si vuoi mantenere l'integrità
umana.
"Prometeo è l'eroe che amò troppo gli uomini per
donare loro nello stesso tempo il fuoco e la libertà, le
tecniche e le arti. L'umanità oggi ha bisogno e si cura
soltanto delle tecniche. Essa si ribella attraverso le sue macchine,
considera l'arte e ciò che reputa arte come un ostacolo e un
segno di servitù. Quel che caratterizza Prometeo è al
contrario che non può separare la macchina dall'arte". La
riflessione su Prometeo qui apre la strada a un nuovo umanesimo: il
potere di giudicare l'assurdo rende l'uomo lucido di fronte
all'assurdo.
Molto interessante è la considerazione che diede Cesare
Pavese al mito di Prometeo nel quadro degli studi che con
assiduità intraprese da autodidatta negli anni giovanili.
Egli affrontò con gran convinzione e passione la traduzione
del poema drammatico di Shelley Prometheus Unbound. In tale
esercizio l'autore cercava la propria identità di scrittore
secondo il dettato romantico e shelleyniano dell'arte come
imitazione.
La passione per Shelley è qui passione per il "poeta del
liberato mondo", e si fonda con quella per il mito di Prometeo. Il
poeta inglese attraverso il mito canta l'amore per l'umanità
e l'universo e vi infonde gli ideali di libertà della
rivoluzione francese; attraverso il risveglio della
sensibilità alla bellezza, cioè attraverso la poesia,
si attua il risveglio morale e si apre la strada alla
libertà.
In questa fase fondamentale per la propria formazione culturale e
ideologica, Pavese sulla scia di Shelley alimenta la coscienza del
conflitto fra ideali romantici e realtà, inesorabile
nell'ottocento come nel novecento. Da qui l'identificazione del
giovane scrittore nel Prometeo incatenato alla rupe, stanco,
angosciato e soprattutto solo nell'aspirazione al bene in un mondo
malvagio e in lotta con l'amore. Questo senso di impotenza, ma nello
stesso tempo il "titanico" rifiuto di venire a patti con la propria
epoca rimarranno una costante del pensiero dello scrittore
piemontese.