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Partito politico di ispirazione cattolica costituito il 18 gennaio
1919. Fondato e guidato nei primi anni da don L. Sturzo, il PPI fu
il tramite che permise alle masse cattoliche di entrare nel gioco
politico, superando la tradizionale posizione cattolica di
estraneità alle cose del Regno. Collegato con ramificati
organismi di massa e con un programma politico che comprendeva tra
l’altro la riforma elettorale in senso proporzionale, la difesa e
l’estensione della piccola proprietà terriera, il
decentramento amministrativo e un vasto impegno sociale, il PPI
ricevette nelle elezioni del 1919 il 20,6% dei suffragi ed elesse
100 deputati, collocandosi tra le forze nazionali determinanti. Dopo
il tiepido rapporto con il governo Nitti, più salda fu,
almeno all’inizio, la collaborazione con il governo Giolitti. Nelle
elezioni del 1921 il PPI confermò le proprie posizioni e 3
suoi ministri entrarono nel successivo governo Bonomi. All’apertura
della crisi di governo (febbraio 1922) Sturzo si disse contrario a
un nuovo ministero Giolitti e il PPI accolse infine la proposta di
un ministero Facta, al quale contribuì con 3 ministri. Mentre
la violenza fascista colpiva le organizzazioni sindacali e politiche
del PPI e Pio XI saliva al soglio pontificio, il partito perdeva
progressivamente capacità di iniziativa fino a decidere
l’ingresso nel governo Mussolini (ottobre 1922). La politica di
avvicinamento dei fascisti al Vaticano e le divisioni nel partito
portarono alle dimissioni di Sturzo da segretario nel luglio 1923.
Dopo l’assassinio di G. Matteotti, la partecipazione del partito
(dal maggio 1924 guidato da A. De Gasperi) alla secessione
dell’Aventino approfondì la distanza con le gerarchie
vaticane; con il delinearsi del regime totalitario e la soppressione
delle libertà civili, gli spazi politici del PPI si ridussero
rapidamente e nel 1926 ogni attività risultava spenta.