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Il diavolo al Pontelungo è un romanzo storico di Riccardo
Bacchelli, pubblicato nel 1927 e rielaborato numerose volte
dall'autore fino a giungere all'edizione definitiva del 1957.
Il titolo viene spiegato nel "Preludio" pubblicato una prima volta
come opera autonoma sulla rivista La Fiera Letteraria del 6 marzo
1927: un prete incontra il Diavolo, che si era travestito per non
farsi riconoscere, e ne intuisce la vera identità e il
proposito di danneggiare le campagne e i raccolti. Suona le campane,
per allertare i contadini, e riesce a farlo fuggire.
In effetti però nel romanzo anche Bakunin è un moderno
"diavolo al Pontelungo". Infatti Bacchelli gli mette in bocca queste
parole:
«È venuto davvero - disse appoggiandosi alla spalletta
bollente - il diavolo al Pontelungo! E questa volta di qui Satana
spiccherà il volo per la liberazione di tutto il mondo»
(Michele Bakunin in Il diavolo al Pontelungo, parte II Bologna, cap.
III Il diavolo al Pontelungo)
Il romanzo narra con ironia del fallito tentativo da parte dei
rivoluzionari Michail Bakunin e Carlo Cafiero di realizzare
un'insurrezione anarchica a Bologna nel 1874.
Il rivoluzionario anarchico russo Michail Bakunin, dipinto
dall'autore come un utopista estroverso e pittoresco, giunge da
esule a Locarno in Svizzera, assistito economicamente dal
rivoluzionario italiano Carlo Cafiero. I due anarchici acquistano
una tenuta agricola, "La Baronata" per far credere alle
autorità il loro ritiro dall'attività rivoluzionaria
e, nello stesso tempo, autofinanziare la rivoluzione e accogliere
gli esuli politici in Svizzera. L'impresa fallisce dal punto di
vista economico, soprattutto per la generosità e la mancanza
di senso pratico di Bakunin, per cui la Baronata viene messa in
vendita e Bakunin decide di partire per Bologna dove alcuni
rivoluzionari, tra i quali Anna Kuliscioff e Andrea Costa, stanno
preparando un'insurrezione anarchico-socialista.
Il tentativo insurrezionale, preparato però con
dilettantismo, fallisce, e Costa e gli altri cospiratori vengono
arrestati dai Carabinieri. Bakunin invece riesce a scappare
travestendosi da prete, e a ritornare al sicuro a Zurigo.
Nel capitolo finale ("Epilogo dell'esperienza") il prete del
"Preludio" si rivolge ai fedeli, commentando il fallimento
dell'impresa, concludendo che non c'è nulla di nuovo nella
storia ("E nulla sarà che non sia già stato").