Wikipedia
    
    Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (Como, 23 –
    Stabia, 25 agosto 79), è stato uno scrittore romano.
    
    Era proprio del suo stile descrivere le cose dal vivo, ed egli
    è per noi un vero cronista dell'epoca. Morì infatti
    tra le esalazioni sulfuree dell'eruzione vulcanica del Vesuvio che
    distrusse Stabia, Ercolano e Pompei, mentre cercava di osservare il
    fenomeno vulcanico più da vicino. Per questo venne
    riconosciuto come primo vulcanologo della storia. In suo onore viene
    usato il termine di eruzione pliniana per definire una forte
    eruzione esplosiva, simile appunto a quella del Vesuvio in cui perse
    la vita.
    
    La Naturalis historia, che conta 37 volumi, è il solo lavoro
    di Plinio il Vecchio che si sia conservato. Quest'opera è
    stata il testo di riferimento in materia di conoscenze scientifiche
    e tecniche per tutto il Rinascimento e anche oltre. Plinio vi ha
    infatti registrato tutto il sapere della sua epoca su argomenti
    molto diversi, quali le scienze naturali, l'astronomia,
    l'antropologia, la psicologia o la metallurgia.
    
    Biografia
    
    Plinio il Vecchio nacque sotto il consolato di Gaio Asinio Pollione
    e di Gaio Antistio Vetere fra il 23 e 24 d.C. Discusso è il
    luogo della sua nascita: Verona per alcuni, Como (Novocomum) per
    altri. A sostegno della tesi veronese ci sono dei manoscritti in cui
    è possibile leggere Plinius Veronensis e il fatto che Plinio
    stesso, nella sua prefazione, citi Gaio Valerio Catullo come proprio
    conterraneus (e Catullo era di Verona). Ad avvalorare l'idea di Como
    come luogo di nascita, si osserva invece che Eusebio di Cesarea,
    nella sua cronaca, unisce in nome di Plinio con l'epiteto di
    Novocomensis. Eusebio e gli autori successivi hanno però a
    lungo confuso Plinio, l'autore della Naturalis Historia, e Plinio il
    giovane, suo nipote, l'autore delle lettere e del Panegirico di
    Traiano. L'argomentazione più considerevole a favore di Como
    sono le iscrizioni presenti in questa città, nelle quali il
    nome di Plinio ritorna spesso.
    
    Plinio il Vecchio riveste cariche quali Ufficiale di cavalleria
    (eques) in Germania, grazie a sua madre, compagna di Gaio Cecilio di
    Novum Comum, senatore e procuratore in Gallia e Spagna. Prima del 35
    suo padre lo portò a Roma, dove affidò la sua
    istruzione ad uno dei suoi amici, il poeta e generale Publio
    Pomponio Secondo. Plinio vi acquisì il gusto di apprendere.
    Due secoli dopo la morte dei Gracchi, il giovane ammirò
    alcuni dei loro manoscritti conservati nella biblioteca del suo
    tutore e dedicò loro più tardi una biografia.
    
    Plinio cita i grammatici e retori Quinto Remmio Palemone ed Arellio
    Fusco nella sua Naturalis historia (XIV, 4; XXXIII, 152) e fu
    certamente loro seguace. A Roma studiò botanica: l'arte
    topiaria di Antonio Castore e vede le vecchie piante di loto che un
    tempo erano appartenute a Crasso.
    
    Poté anche contemplare la vasta struttura costruita da
    Caligola (XXXVI, 3) ed assistette probabilmente al trionfo di
    Claudio sulla Gran Bretagna nel 44 (III, 119). Sotto l'influenza di
    Lucio Anneo Seneca, diventa uno studente appassionato di filosofia e
    di retorica ed inizia ad esercitare la funzione d'avvocato. Plinio
    ricoprì cariche civili sotto Vespasiano e Tito. Comandante
    della flotta tirrenica di stanza a Miseno, morì durante
    l'eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia.
    
    Plinio il Giovane, suo nipote, ce lo rappresenta come un uomo dedito
    allo studio ed alla lettura, intento ad osservare i fenomeni
    naturali ed a prendere continuamente appunti, dedicando poco tempo
    al sonno ed alle distrazioni.
    
    Il racconto della sua morte, contenuto in una lettera del nipote
    Plinio il Giovane, ha contribuito all'immagine di Plinio come
    protomartire della scienza sperimentale (definizione di Italo
    Calvino), anche se, sempre secondo il resoconto del nipote, si
    espose al pericolo anche per recare soccorso ad alcuni cittadini in
    fuga dall'eruzione. Il presunto teschio di Plinio il Vecchio
    è conservato nella sala Flajani del Museo storico nazionale
    dell'arte sanitaria a Roma.
    
    Carriera militare
    
    Prestò servizio in Germania nel 47 agli ordini di Gneo
    Domizio Corbulone, partecipando alla sottomissione dei Cauci ed alla
    costruzione del canale tra il Reno e la Mosa. Da giovane comandante
    di un corpo di cavalleria (praefectus alae), redasse nel corso degli
    stazionamenti invernali all'estero una prova sull'arte del lancio
    del giavellotto a cavallo (de iaculatione equestri). In Gallia ed in
    Spagna annotò il significato di un certo numero di parole
    celtiche. Notò le località associate alle campagne
    militari di Germanico; sui luoghi delle vittorie di Druso,
    sognò che il vincitore lo pregava di trasmettere alla
    posterità le sue imprese (Plin. Ep., III, 5,4).
    
    Accompagnò probabilmente Pomponio, amico di suo padre, in
    spedizione contro i Catti nel 50.
    
    Ricerche
    
    Sotto Nerone, vive soprattutto a Roma. Cita la carta d'Armenia e gli
    accessi del mar Caspio che fu ceduto a Roma dal personale di Corbulo
    in 59 (VI, 40). Assiste anche alla costruzione della Domus Aurea di
    Nerone dopo il grande incendio del 64 (XXXVI, 111). Nel frattempo,
    completa i venti libri della sua Storia delle guerre germaniche,
    solo lavoro di riferimento citato nei primi sei libri degli annali
    di Tacito (I, 69). Questo lavoro è probabilmente una delle
    principali fonti di informazioni sul germanico. All'inizio del V
    secolo, Simmaco ebbe una piccola speranza di trovarne una copia
    (Epp., XIV, 8). Plinio dedica molto tempo ad argomenti relativamente
    più sicuri, come la grammatica e la retorica.
    Al servizio di Roma
    
    Sotto il regno del suo amico Vespasiano, torna al servizio di Roma
    come procuratore nella Gallia Narbonense (70) e nella Spagna romana
    (73). Visita anche Gallia Belgica (74). Durante il suo soggiorno in
    Spagna, si dedica all'agricoltura e alle miniere del paese, oltre a
    visitare l'Africa (VII, 37). Al suo ritorno in Italia, accetta un
    incarico di Vespasiano, che lo consulta alle albe prima di
    partecipare alle sue occupazioni ufficiali. Alla fine del suo
    mandato, dedica la maggior parte del suo tempo ai suoi studi (Plin.
    Ep., III, 5,9).
    
    Completa una storia del suo tempo in 31 libri, che tratta del regno
    di Nerone fino a quello di Vespasiano (N.H., Praef. 20). Quest'opera
    è citata da Tacito (Ann., XIII, 20; XV, 53; Hist. III, 29),
    ed influenza Gaio Svetonio Tranquillo e Plutarco. Porta a termine il
    suo grande lavoro: la Naturalis historia, un'opera a carattere
    enciclopedico nella quale Plinio raccoglie una grande parte dello
    scibile della sua epoca, lavoro progettato sotto la direzione di
    Nerone. Le informazioni che raccoglie riempiono non meno di 160
    volumi nell'anno 73, quando Larcio Licino, il legato pretore di
    Spagna Tarraconense prova invano a comperarli con una somma
    notevole. Dedica una sua opera a Tito Flavio nel 77.
    
    In occasione dell'eruzione del Vesuvio del 79 che seppellisce Pompei
    ed Ercolano si trova a Miseno. Volendo osservare il fenomeno il
    più vicino possibile e volendo aiutare a alcuni suoi amici in
    difficoltà sulle spiagge della baia di Napoli, parte con le
    sue galee, che attraversano la baia fino a Stabiae (oggi
    Castellammare di Stabia) dove muore, probabilmente soffocato dalle
    esalazioni vulcaniche, a 56 anni. L'eruzione è stata
    descritta dal suo nipote Plinio il giovane il cui nome è
    stato preso in considerazione nella vecchia vulcanologia: eruzione
    pliniana. Il resoconto delle sue ultime ore è riferito in una
    lettera interessante che Plinio il giovane indirizza, 27 anni dopo
    l'accaduto, a Tacito (Ep., VI, 16). Invia anche, ad un altro
    corrispondente, una relazione sugli scritti ed il modo di vita di
    suo zio (III, 5):
        « Iniziava a lavorare ben prima dell'alba…
    Non leggeva nulla senza fare riassunti; diceva anche che non
    esisteva nessun libro tanto inutile, cioè da non contenere
    qualche valore. Al paese, solo l'ora del bagno lo asteneva da
    studiare. In viaggio, era privo d'altri obblighi, si dedicava
    soltanto allo studio. In breve, considerava perso il tempo che non
    era dedicato allo studio. »
        (Plinio il giovane)
    
    Era occupato su i suoi manoscritti per venti ore su ventiquattro,
    non risparmiandosi neppure nel tempo più caldo. Talora lo si
    trovava impegnato all'una del mattino a leggere e scrivere a lume di
    candela. Dopo aver fatto visita a corte tornava a lavorare sino a
    mezzogiorno quando interrompeva per una breve pausa per un pranzo
    molto leggero al cui termine si riposava prendendo il sole mentre un
    segretario gli faceva ad alta voce l'ultima lettura della giornata.
    Dopo un bagno freddo, seguito da un breve riposo e da una merenda
    ricominciava a lavorare, quasi che fosse all'inizio del giorno, sino
    all'ora della cena.
    
    Il solo frutto del suo instancabile lavoro che persiste al giorno
    d'oggi è la sua Naturalis Historia che fu utilizzata come
    riferimento durante numerosi secoli da innumerevoli allievi.
    
    Opere
    
    L'elenco delle opere di Plinio ci è fornito dal suo stesso
    nipote:
    
        * De iaculatione equestri, libro sull'arte di
    tirare stando a cavallo, frutto della sua esperienza di ufficiale di
    cavalleria.
        * De vita Pomponii Secundi, due libri sulla vita
    di Pomponio Secondo, poeta tragico a cui era legato da amicizia.
        * Bella Germaniae, venti libri sulle guerre di
    Germania, che servirono a Tacito per i suoi Annales.
        * Studiosus, tre libri sulla formazione
    dell'oratore tramite lo studio dell'eloquenza.
        * Dubius sermo, otto libri sui problemi di lingua
    e grammatica che presentavano oscillazioni ed incertezze nell'uso,
    tenute in gran conto dai grammatici posteriori.
        * A fine Aufidii Bassi, trentuno libri di storia
    che riprendevano la narrazione dove aveva concluso Aufidio Basso,
    ovvero dalla morte dell'imperatore Claudio.
        * Naturalis historia, trentasette libri che
    formavano un'opera enciclopedica di larghissimo respiro, l'unica
    rimastaci per intero.
    
    La Naturalis historia
    
    La Naturalis historia fu pubblicata nell'anno 77; già nel
    titolo l'opera si presenta come ricerca a carattere enciclopedico
    sui fenomeni naturali: il termine historia conserva il suo
    significato greco di indagine, e va notato che la formula ha dato la
    denominazione alle scienze biologiche, cioè alla storia
    naturale nel senso moderno della locuzione.
    
    Il primo libro fu completato dal nipote Plinio il Giovane dopo la
    morte dello zio, contiene la dedica a Tito, il sommario dei libri
    successivi ed un elenco delle fonti per ciascun libro. Partendo dal
    lavoro di Lucrezio, l'autore vuole far conoscere all'uomo i vari
    aspetti della natura, perché possa elevarsi dalla sua
    condizione animale. L'informazione tratta svariati temi:
    
        * La descrizione dell'universo (II libro)
        * La geografia ed etnografia del Bacino del Mar
    Mediterraneo (III-VI libro)
        * L'antropologia (VII libro)
        * La zoologia (VIII-XI libro)
        * La botanica e l'agricoltura (XII-XIX libro)
        * La medicina e le piante medicinali (XX-XXVII
    libro)
        * La medicina ed i medicamenti ricavati dagli
    animali (XXVII-XXXII libro)
        * La mineralogia (XXXIII-XXXVII libro)
    
    L'ultima parte, trattando della lavorazione dei metalli e delle
    pietre, contiene anche una lunghissima digressione sulla storia
    dell'arte dell'antichità, in particolare riguardo la
    statuaria, la pittura e l'architettura (ma non mancano notizie
    relative ai mosaici e ad opere di altro tipo).
    
    In sostanza si tratta di un'opera che risente della fretta di chi
    legge e registra tutto quanto va apprendendo; dello sforzo di
    mettere ordine nell'immensa materia. Sebbene non si possa chiedere
    all'autore originalità ed esattezza scientifica, si deve
    riconoscere l'altissimo valore antiquario e documentario dell'opera,
    e l'enciclopedismo pratico dell'autore, spesso soffermatosi in
    credenze superstiziose e gusto del fantastico. Non mancano, inoltre
    informazioni errate o dati "gonfiati", ad esempio nella descrizione
    del teatro di Pompeo e di quelli di Curione e Scauro.
    
    Filosofia
    
    Come molti letterati e persone di cultura della prima età
    imperiale, Plinio segue lo stoicismo. È anche influenzato
    dall'epicureismo, dall'accademismo e dalla reviviscente scuola
    pitagorica. Ma la sua visione della natura e degli dèi resta
    principalmente stoica. Secondo lui, c'è la debolezza
    dell'umanità che chiude la divinità sotto forme umane
    falsate dai difetti e dai vizi (II, 148). La divinità
    è reale: è il cuore del mondo eterno, che dispensa la
    sua beneficenza sulla Terra, sul sole e le stelle (II, 12 sqq., 154
    sqq.).
    
    L'esistenza della divina provvidenza è dubbia (II, 19) ma la
    credenza nella sua esistenza ed alla punizione dei reati è
    salubre (II, 26); la virtù apparteneva alle divinità,
    cioè a quelli che somigliavano ad un dio facendo il bene per
    l'umanità (II, 18, "deus est mortali juvare mortalem, et haec
    ad aeternam gloriam via"). È opera maligna informarsi sul
    futuro e forzare la natura ricorrendo alle arti della magia (II,
    114; XXX, 3) ma l'importanza dei prodigi e dei presagi non è
    trascurata (II, 92,199,232). La visione che Plinio ha della vita
    è oscura: vede la razza umana immersa nella rovina e nella
    miseria (II, 24; VII, 130).
    
    Contro il lusso e la corruzione morale, si consegna a declamazioni
    così frequenti (come quelle di Seneca) che finiscono per
    stancare il lettore. La sua retorica fiorisce praticamente contro
    invenzioni utili (come l'arte della navigazione) in l'attesa del
    buon senso e del gusto (XIX, 6). Con lo spirito d'orgoglio nazionale
    del Romano, forma l'ammirazione delle virtù che hanno
    condotto la repubblica alla sua dimensione (XVI, 14; XXVII, 3;
    XXXVII, 201).
    
    Egli non dimentica i fatti storici sfavorevoli a Roma (XXXIV, 139)
    e, anche se onora i membri eminenti delle case romane distinte,
    è libero dalla parzialità eccessiva di Tito Livio per
    l'aristocrazia. Le classi agricole ed i vecchi signori della classe
    equestre (Cincinnato, Curio Dentato, Serrano e Catone il Vecchio)
    sono per lui i pilastri dello Stato romano e si deplora amaramente
    del declino dell'agricoltura in Italia (XVIII, 21 et 35, "latifundia
    perdidere Italiam"). Inoltre, preferisce seguire gli autori
    pre-augustiani; tuttavia vede il potere imperiale come
    indispensabile al governo dello Stato e saluta il salutaris exortus
    di Vespasiano (XXXIII, 51).
    
    Letteratura e scienze
    
    Alla fine dei suoi lunghi lavori letterari, il solo Romano ad avere
    scelto come tema la totalità del mondo della natura, implora
    la benedizione della madre universale su tutto il suo lavoro. In
    letteratura, attribuisce il più alto posto ad Omero ed a
    Cicerone (XVII, 37 sqq.) quindi in secondo luogo Virgilio. È
    stato influenzato dalle ricerche del re Giuba II di Numidia che
    chiamava mio padrone.
    
    Dedica un interesse profondo alla natura ed alle scienze naturali.
    Nonostante la poca stima che uno porta per questo genere di studio,
    egli si sforza sempre di essere al servizio dei suoi concittadini
    (XXII, 15). La portata della sua opera è vasta e completa,
    un'enciclopedia di tutte le conoscenze. A questo scopo, studia tutto
    ciò che fa autorità in ciascuno di quest'argomenti e
    non si astiene a citare estratti.
    
    I suoi indices auctorum sono, in alcuni casi, le autorità che
    lui stesso ha consultato (benché ciò non sia
    esauriente) e a volte questi nomi rappresentano gli autori
    principali sull'argomento, che sono conosciuti soltanto di seconda
    mano. Riconosce sinceramente i suoi obblighi a tutti i suoi
    predecessori in una frase che merita d'essere proverbiale (Pref. 21,
    plenum ingenni pudoris fateri per quos profeceris). Ma c'è la
    sua curiosità scientifica per i fenomeni dell'eruzione del
    Vesuvio che porta la sua instancabile vita di studio alla fine
    prematura. Ogni testimonianza dei suoi difetti d'omissione è
    disarmata dal candore della sua confessione nella sua prefazione:
    nec dubitamus multa esse quae ed i nostri praeterierint; homines
    enim sumus ed occupati officiis. Il suo stile denuncia un'influenza
    di Seneca.
    
    Mira meno alla chiarezza che all'epigramma. È pieno
    d'antitesi, di questioni, d'esclamazioni, di tropi, di metafore, e
    d'altri manierismi dell'età del denaro della letteratura
    latina (primi due secoli). La forma ritmica ed artistica della frase
    è sacrificata da una passione per l'enfasi che delizia con il
    riporto dell'argomentazione verso la fine. La struttura della frase
    è molto spesso irregolare. Si nota anche un utilizzo
    eccessivo dell'ablativo assoluto, spesso messo in apposizione per
    esprimere l'opinione dell'autore su un enunciato che precede
    immediatamente. Ad esempio: XXXV, 80, dixit... uno se praestare,
    quod manum de tabula sciret tollere, memorabili praecepto nocere
    saepe nimiam diligentiam.
    
    Le sue fonti sono i trattati persi sulla scultura in bronzo e sulla
    pittura dello scultore Senocrate d'Atene (III secolo a.C.).
    All'entrata principale della cattedrale di Como è possibile
    vedere statue di Plinio il Vecchio e suo nipote Plinio il giovane in
    posizione seduta, e indossanti abiti degli eruditi del XVI secolo.
    Gli aneddoti di Plinio il Vecchio per quanto riguarda gli artisti
    greci hanno ispirato Giorgio Vasari sui temi degli affreschi che
    decorano ancora oggi le pareti della sua vecchia casa ad Arezzo.
    Gastronomia
    
    Plinio è una miniera inesauribile di informazioni sui
    prodotti alimentari e sui costumi Romani. Dopo Columella, Plinio
    è, tra tutti gli autori latini, quello al quale dobbiamo
    maggiori informazioni sulle varie specie di viti e di vini
    conosciuti.
    
    Il libro XIV della Naturalis Historia è dedicata a questo
    tema; conta 22 capitoli che trattano dell'argomento nei suoi minimi
    dettagli, dalle varie specie di viti, la natura del suolo, il ruolo
    che gioca il clima, il vino in generale, i vari vini d'Italia e
    d'oltremare conosciuti dai tempi più arretrati,
    all'enumerazione dei più famosi consumatori della Grecia e di
    Roma. Fornisce anche informazioni preziose sulle piante odorose, gli
    alberi da frutto, il grano, l'agricoltura, il giardinaggio, le
    piante medicinali, le carni, pesci, selvaggina, l'apicoltura, la
    panetteria e le verdure.
    Ornitologia
    
    Il libro X è dedicato agli uccelli e si apre con informazioni
    sullo struzzo. Plinio lo considera come il punto di passaggio dagli
    uccelli ai mammiferi. Inserisce numerose specie e si sofferma
    particolarmente sulle aquile e altri rapaci come gli sparvieri.
    
    La fisiologia
    
    Plinio il Vecchio fu uno studioso interdisciplinare e si
    occupò anche di fisiologia e di ricerche sui problemi di
    natura sessuale; infatti consigliò "l'uso di pene di lerch
    intriso di olio o di quello di iena trattato con il miele", per
    rafforzare la sessualità.