Vilfredo Pareto, marchese

 

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Economista (Parigi 1848 - Céligny, Ginevra, 1923), figlio di Raffaele e di madre francese. Dal 1893 professore di economia politica presso l'univ. di Losanna. È noto per la definizione, divenuta fondamentale per gli sviluppi successivi della teoria del benessere, del cosiddetto ottimo paretiano. Tra le opere più importanti si ricordano: Cours d'économie politique, Manuale di economia politica, Trattato di sociologia generale.

Vita.

Passò in Francia i primissimi anni della sua vita, ma in Italia, dove ritornò nel 1858, fece tutti gli studi e si laureò in ingegneria nel 1869 al politecnico di Torino. Esercitò la professione per circa un ventennio e fu, a Firenze, direttore delle ferrovie di S. Giovanni Valdarno e poi direttore generale delle Ferriere Italiane. Frequentò in questo periodo l'alta società fiorentina e in particolare il salotto della signora Emilia Peruzzi, alla quale e al marito Ubaldino restò sempre deferentemente affezionato. Posto dalla sua stessa attività di fronte ai problemi fondamentali della politica economica, si schierò con i libero-scambisti, denunciando l'asservimento agli interessi di gruppi insito nell'orientamento protezionista. Ma la politica fu per lui sempre espressione di malvagità, corruzione e arrivismo. Industriale, non si limitò a considerare il suo caso particolare, ma scese fieramente in campo, paladino della dottrina del libero scambio, in nome della quale sferzò la politica protezionista del tempo, denunciandone la povertà spirituale e l'asservimento a interessi di gruppi. La lettura dei Principi di economia pura di M. Pantaleoni lo attrasse però nel 1889 alla speculazione scientifica in cui trovò la dimensione di rigore e di logica che non individuava nella realtà. Dal 1890 al 1905 collaborò assiduamente al Giornale degli economisti (saggi raccolti in Scritti teorici, a cura di G. Demaria, 1952), contribuendo a consolidare i principi dell'economia matematica introdotti da A. Cournot, W. Jevons e L. Walras, che dovevano costituire la base della sua teoria dell'equilibrio economico generale. Negatagli la cattedra in Italia dall'ostilità della classe universitaria, accettò l'offerta del Cantone di Vaud e successe nel 1893 a Walras nell'insegnamento dell'economia politica all'università di Losanna. Nel 1906 lasciò l'insegnamento per dedicarsi nella quiete di Céligny, dove visse l'ultimo periodo della sua vita, unicamente agli studi. Continuò tuttavia a seguire le vicende economiche e politiche del tempo, e lo studio e la meditazione lo portarono gradatamente verso un atteggiamento spirituale antitetico a quello di origine, per cui il vecchio liberale, che da principio tendeva al radicalismo se non al socialismo, si andò a poco a poco trasformando in uno dei più gagliardi critici del socialismo e della democrazia. Nel 1922 fu nominato senatore e scelto a rappresentare l'Italia alla Società delle Nazioni per la questione del disarmo, ma le condizioni di salute gli impedirono di accettare l'incarico.

Opere e pensiero

Delle sue opere principali il Cours d'économie politique (1896-97; trad. it. 1942) prelude al Manuale d'economia politica (1906; l'ed. franc. del 1909 differisce dalla prima per l'affinamento dell'Appendice matematica); Les systèmes socialistes (1902) preparano il Trattato di sociologia generale (1916), mentre le due raccolte di articoli e saggi Fatti e teorie (1920) e Trasformazione della democrazia (1921; nuova ed. 1946) lo completano. Nel Cours P. sostiene che l'economia debba essere studiata con gli stessi strumenti logici delle scienze naturali, in particolare della meccanica razionale, e sviluppa il concetto di ofemilità, «ossia quel rapporto di convenienza, che fa sì che una cosa soddisfi un bisogno o un desiderio, legittimo o meno». Il perseguimento del massimo di ofemilità da parte dell'individuo (inteso in senso astratto) rappresenta la condizione affinché anche la collettività, attraverso il meccanismo della libera concorrenza, possa raggiungere il massimo di ofemilità generale. Per P. l'equilibrio dell'aggregato sociale viene quindi raggiunto attraverso il movimento delle singole parti che lo compongono, rappresentate, in termini matematici, da un sistema di equazioni del quale occorre cercare la soluzione. Il Cours non si discosta ancora molto dallo schema tradizionale, ma contiene la prima e più elegante ricerca di economia induttiva a base statistica, e cioè la legge dei redditi secondo la quale il diagramma che esprime il numero dei redditieri di una collettività in funzione dell'ammontare del reddito tenderebbe ad avere la forma di una retta e il coefficiente che misura l'inclinazione della retta stessa, determinabile in base ai dati statistici, assumerebbe in tutte le epoche circa lo stesso valore (invarianza della curva dei redditi) dimostrando il carattere permanente dell'ineguaglianza. Sebbene tale legge non sia stata confermata empiricamente, riveste ugualmente grande importanza sotto l'aspetto metodologico. Il Manuale, pur costituendo ancora in parte uno sviluppo del pensiero di L. Walras, se ne allontana in molti punti fondamentali, soprattutto nella teoria del valore, che viene basata sulle curve di indifferenza, in quella della produzione, della capitalizzazione, del costo, ecc., oltre che nella visione generale del processo sociale; secondo molti l'aver abbandonato l'utilità marginale, perché non misurabile, sarebbe il maggior contributo teorico di Pareto. Attraverso il rifiuto del sistema delle utilità e l'individuazione di un nuovo sistema di preferenze egli giunge alla definizione, divenuta fondamentale per gli sviluppi successivi della teoria del benessere, di ottimo (o efficienza) paretiano. Quest'ultimo rappresenta quella posizione dell'economia in cui si realizza un'allocazione (cioè una distribuzione tra gli individui dei beni di consumo e delle risorse) tale che, date le risorse produttive, le preferenze dei consumatori, la tecnologia e la distribuzione delle risorse, non esiste nessun'altra allocazione che possa aumentare l'utilità di un individuo senza diminuire quella di un altro. P. sposta il fuoco della sua ricerca dall'aspetto contingente a quello dinamico della realtà economica in perpetuo divenire per il giuoco di forze esterne ed interne e delinea l'equilibrio come nascente dal contrasto tra azioni e reazioni. Soltanto però le forze esterne, i gusti cioè, che spingono gli uomini ad agire, e gli ostacoli (limitazione dei beni, leggi della tecnica, organizzazione giuridica ed economica, ecc.), che vi si oppongono, sono contemplate nel Manuale, dato che le forze interne, cioè le grandi direttrici storiche da cui è pure impossibile prescindere, sfuggono alla rappresentazione matematica. Il movimento dei fenomeni economici non può essere comunque separato da quello dei fenomeni politici e sociali e la dinamica economica sbocca nella sociologia. In ogni società vi è sempre opposizione fra una massa e una élite destinata a essere sostituita da un'altra élite che, dopo aver lottato, sfrutterà il potere per cadere a sua volta in decadenza. Secondo una visione dura e pessimistica, la storia appare dunque a Pareto come una circolazione di «aristocrazie» che si alternano continuamente in un andamento ciclico.

Sull'analisi dei fatti umani poggia l'edificio del Trattato di sociologia paretiana. Le azioni umane, che sono espressione delle forme sociali, si distinguono in logiche (collegano i mezzi al fine) e non logiche (non realizzano tale collegamento). Per P. le prime sono poco numerose e sono presenti soprattutto nell'arte e nella scienza; nelle seconde si ritrova invece una parte costante (rappresentata da istinti, sentimenti, interessi, ecc.) detta residuo, e una parte variabile (costituita da tentativi di giustificare razionalmente l'irrazionale, cioè dagli sforzi di logicizzazione) detta derivazione. Gli individui sono spinti soltanto dai sentimenti e dall'irrazionalità, cioè dai residui, mentre le derivazioni rappresentano una falsa razionalizzazione. Altri scritti: La legge della domanda (in Giornale degli economisti, 1895); La courbe des répartitions des revenus (1896); Aggiunta allo studio sulla curva delle entrate (in Giornale degli economisti, 1897); Le mythe vertuiste et la littérature immorale (1911). Sono state pubblicate le Lettere a Maffeo Pantaleoni 1890-1923 (a cura di G. de Rosa, 3 voll., 1960, con 1 vol. di complemento, Carteggi paretiani, 1962) ed è stata realizzata, a Ginevra, una ristampa delle Oeuvres complètes (1965-89).