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Biografia
Agapito era figlio di un certo Gordiano, un presbitero romano che
era stato ucciso durante i disordini occorsi ai giorni di Papa
Simmaco e che, secondo alcuni genealogisti, era figlio di Papa
Felice III: Agapito sarebbe dunque un rappresentante della Gens
Anicia e dal fratello Palatino discenderebbe in linea diretta Papa
Gregorio I.
Primi provvedimenti
Il suo primo atto ufficiale fu quello di bruciare, di fronte al
clero riunito in assemblea, l'anatema che Papa Bonifacio II aveva
scagliato contro il suo rivale Dioscuro e che aveva ordinato fosse
conservato negli archivi della Chiesa di Roma. Confermò,
inoltre, i decreti del Concilio tenutosi a Cartagine dopo la
liberazione dell'Africa dal giogo dei Vandali, secondo i quali, i
convertiti dall'arianesimo erano stati dichiarati non idonei ad
accedere agli ordini sacri e quelli già ordinati erano
ammessi alla sola comunione laica. Accolse anche un appello da parte
di Contumelioso, vescovo di Riez, che era stato condannato per
immoralità da un concilio tenutosi a Marsiglia, ordinando a
San Cesario di Arles di sottoporre l'imputato ad un nuovo processo
di fronte ai legati papali.
La missione a Costantinopoli
Nel frattempo, Belisario, dopo la facile conquista della Sicilia,
stava preparandosi ad invadere l'Italia. Il re gotico Teodato, come
ultima risorsa, supplicò l'anziano pontefice di recarsi a
Costantinopoli e di usare la sua personale influenza sull'imperatore
Giustiniano. Per coprire i costi dell'ambasciata, Agapito fu
costretto ad impegnare gli arredi sacri della Chiesa di Roma.
Partì in pieno inverno accompagnato da cinque vescovi e da un
imponente seguito. Nel febbraio del 536 giunse nella capitale
d'Oriente, dove fu ricevuto con tutti gli onori che si convenivano
al capo della Chiesa cattolica. Come egli aveva previsto, lo scopo
apparente della sua visita era destinato al fallimento. Giustiniano
non poteva essere smosso dalla sua volontà di ristabilire i
diritti dell'Impero in Italia. Tuttavia, dal punto di vista
ecclesiastico, la visita del Papa a Costantinopoli si risolse in un
trionfo di poco inferiore a quello delle campagne di Belisario.
In quel periodo, la sede bizantina era occupata da un certo Antimo,
che aveva abbandonato la sua sede di Trebisonda per unirsi ai
monofisti che, con l'aiuto dell'imperatrice Teodora, stavano
cercando di minare l'autorità del Concilio di Calcedonia. Non
appena il Papa giunse nella città, il più prominente
del clero locale accusò il patriarca di essere un intruso ed
un eretico. Agapito gli ordinò, allora, di predisporre una
confessione di fede scritta e di ritornare alla sede che aveva
abbandonato; al suo rifiuto, troncò tutti i rapporti con lui.
Questa situazione contrariò l'imperatore che, ingannato dalla
moglie sull'ortodossia del suo favorito, arrivò fino a
minacciare di bandire il Papa. Agapito rispose con spirito: "Con
impazienza ero venuto ad ammirare il Cristianissimo imperatore
Giustiniano. Al suo posto trovo un Diocleziano le cui minacce,
tuttavia, non mi terrorizzano".
Questo intrepido parlare fece riflettere Giustiniano che, infine, si
convinse che la fede di Antimo era quantomeno sospetta. Pertanto,
non sollevò alcuna obiezione quando il Papa, esercitando i
suoi pieni poteri, depose e sospese l'intruso e, per la prima volta
nella storia della Chiesa, consacrò personalmente il suo
successore legalmente eletto, Menna. Questo memorabile esercizio
delle prerogative papali non fu dimenticato dagli orientali che,
insieme ai latini, lo venerano come santo. Al fine di allontanare da
se ogni sospetto di favorire l'eresia, Giustiniano consegnò
al Papa una confessione di fede scritta, che questi accettò
con la condizione che "anche se non posso ammettere in un laico il
diritto di insegnare la religione, tuttavia osservo con piacere che
lo zelo dell'imperatore è in perfetto accordo con le
decisioni dei Padri".
Poco tempo dopo, Agapito si ammalò e morì; aveva
regnato per dieci mesi. I suoi resti mortali furono portati a Roma
in una bara di piombo e deposti in San Pietro. La sua tomba
andò perduta a causa dei lavori della nuova fabbrica.