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Diplomatico e filologo (Villa Castelnuovo, Torino, 1828 - Rapallo
1907). Uomo del Risorgimento italiano, insigne diplomatico e
statista, scrittore e poeta, filologo e acuto pensatore, l'opera
più importante di N., I canti popolari del Piemonte, cui
dedicò molti anni della sua vita, ricercando e raccogliendo
antiche canzoni di cultura popolare, rappresenta senza dubbio una
pietra miliare nel campo degli studi antropologici e filologici.
Vita
Frequentava i corsi di giurisprudenza all'università di
Torino, quando, scoppiata la prima guerra dell'indipendenza,
s'iscrisse volontario nella compagnia dei bersaglieri studenti, e
combatté a Santa Lucia, a Colmasino, infine a Rivoli, dove fu
ferito a un braccio. Tornò agli studi e, dopo essersi
laureato, entrò nel 1851 al servizio del Ministero degli
esteri. In quello stesso anno d'Azeglio, che reggeva quel dicastero,
lo scelse come suo segretario per il disbrigo della corrispondenza
diplomatica; e quando, nel novembre del 1852, a lui succedette
Cavour nella presidenza del consiglio, additò N. al grande
statista, che ebbe subito occasione di apprezzare le qualità
del futuro diplomatico, il quale seppe acquistarsi subito tutta la
sua fiducia. Inviato da Cavour nel 1858-59 a Parigi, vi ebbe una
parte di rilievo nella preparazione della guerra. Ministro, poi
ambasciatore a Parigi dal 1860 al 1876, nel 1864-66 non esitò
a insistere su Lamarmora per indurlo alla guerra all'Austria,
facendo propria l'idea di un'azione anfibia garibaldina oltre
Adriatico, in appoggio a un'insurrezione che avrebbe dovuto
divampare dalla Dalmazia sino all'Ungheria. Profondamente inserito
nella società francese del II Impero, le sue simpatie per
Napoleone III e per la Francia non fecero mai velo a una precisa
visione degli interessi italiani, inducendolo ad appoggiare
interamente la politica di Visconti Venosta contro un'alleanza con
la Francia. Passato a dirigere la legazione a Pietroburgo, nel 1882
fu trasferito a Londra e più tardi a Vienna, dove tenne una
linea di leale adempimento della Triplice. Sollecitato due volte,
nel 1885 e nel 1887, ad assumere la carica di ministro degli Esteri,
oppose un netto rifiuto. Creato conte nel 1882, nel 1890 fu nominato
senatore e cavaliere della Ss. Annunziata. Nel 1896 socio nazionale
dei Lincei.
Opere
Pur continuando ad adempiere al suo servizio di diplomatico si
dedicò alla poesia con i suoi delicati Idilli e a ricerche
erudite con le sue Reliquie Celtiche e soprattutto con gli studi di
poesia popolare (I canti popolari del Piemonte, 1888),
attività che lo mise in contatto con i maggiori filologi
d'Europa. Fu soprattutto filologo e linguista; fu inoltre editore,
commentatore e traduttore, sulle orme del Foscolo, della catulliana
Chioma di Berenice e degli Inni su Diana e sui lavacri di Pallade di
Callimaco.