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Napoleóne III (propr. Carlo Luigi Napoleone; fr.
Charles-Louis-Napoléon) Bonaparte imperatore dei Francesi.
Secondogenito (Parigi 1808 - Chislehurst, Kent, 1873) di Luigi re
d'Olanda, fratello di Napoleone I, e di Ortensia de Beauharnais.
Personalità complessa e in parte enigmatica, in quanto erede
della tradizione bonapartista, fatta di prestigio militare, di
autoritarismo all'interno e di opposizione contro l'assetto europeo,
N. fu portato al successo dalla forza persistente del mito
napoleonico, alimentato dai risentimenti della Francia umiliata nel
1814-15. Il suo governo coincise con alcuni importanti mutamenti
nella carta politica d'Europa, e in parte cooperò a
determinarli; in Francia, nonostante l'insuccesso finale delle
grandi ambizioni di potenza, esso realizzò un ampliamento dei
domini coloniali e favorì il primo slancio della produzione
industriale e della borghesia capitalistica.
Vita e attività
Fu allevato dalla madre, dopo la caduta dello zio, nel castello di
Arenenberg (Svizzera), nella fede nei principi liberali e nazionali
dell'89. Fra i precettori e i maestri che curarono la sua educazione
va ricordato Filippo Le Bas, figlio di un convenzionale regicida,
fervente sostenitore delle idee del 1789 che seppe sviluppare in lui
l'amore per gli studi e per la cultura, ed ebbe una notevole
influenza anche sull'orientamento delle sue idee. A Roma, nei mesi
successivi alla rivoluzione di luglio, tramò coi carbonari
una sommossa, subito soffocata, contro il governo pontificio (dic.
1830); espulso, partecipò al movimento insurrezionale delle
Romagne, insieme col fratello maggiore, Napoleone Luigi, che in quei
giorni morì (marzo 1831). Riparò quindi in Inghilterra
e in Svizzera, donde - divenuto il punto di riferimento del partito
bonapartista per la morte del duca di Reichstadt (luglio 1832) -
pose, attraverso due falliti colpi di mano (ott. 1836; ag. 1840), la
sua candidatura alla restaurazione imperiale. Espulso dalla Francia
dopo il primo tentativo, condannato alla prigionia perpetua nel
forte di Ham (Piccardia) dopo il secondo, fuggì (maggio 1846)
in Inghilterra, circondato già da larga popolarità.
Sicché, caduta la monarchia di luglio, nelle elezioni per
l'Assemblea costituente (sett. 1848), riuscì eletto in molti
collegi, sostenuto dall'opinione pubblica moderata, spaventata dagli
eccessi del giugno 1848. Eletto il 10 dic. 1848 presidente della
Repubblica con oltre 5,5 milioni di voti, seppe mostrarsi superiore
ai partiti, approfittare della stanchezza per il parlamentarismo,
patrocinare azioni politiche accette ai conservatori, all'elettorato
cattolico e ai militari (spedizioni contro la Repubblica Romana).
Ciò gli spianò la via al colpo di stato del 2 dic.
1851 (pieni poteri per ripristinare la costituzione consolare del
1800), sanzionato da un imponente plebiscito di 7,5 milioni di voti
che gli assicurava il potere presidenziale per 10 anni: preludio
alla restaurazione dell'Impero (dic. 1852).
Volle dare all'Impero un'impronta di grandezza: all'interno politica
autoritaria (soppressione della libertà di stampa,
proscrizione e requisizione dei beni per gli avversari politici),
fasto della corte attorno all'imperatrice Eugenia de Montijo,
sposata nel 1853, magnificenza di lavori pubblici, benefico
paternalismo verso le classi umili; all'estero una politica di
prestigio della Francia, investita di una missione: instaurare
un'Europa sulla base delle nazionalità, in antitesi col
sistema continentale austro-russo-prussiano. Il primo decennio di
potere fu confortato da alcuni successi di rilievo: N. intervenne
con l'Inghilterra contro la Russia (guerra di Crimea), e fece da
arbitro e mediatore nel congresso di Parigi (febbr.-marzo 1856);
quindi, riavvicinatosi alla Russia, scese in guerra col Piemonte
contro l'Austria (apr.-luglio 1859), compensato con l'annessione di
Nizza e della Savoia. Ma l'estrema ambizione e la mobilità
della sua politica estera lo indussero ad alcuni errori di
valutazione. Inoltre, l'idea di appoggiare la lotta delle
nazionalità per l'indipendenza era contraddetta dalla
volontà di impedire la costituzione di organismi statali
effettivamente solidi e vitali, per mantenere una situazione di
equilibrio generale europeo e di effettiva egemonia francese.
Il secondo decennio di N. fece registrare un graduale superamento
del regime autoritario e la nascita del cosiddetto impero liberale.
Criticato dai cattolici per la politica perseguita in Italia, N. si
appoggiò ai liberali (trattato di libero scambio con la Gran
Bretagna, 1860), scontentando però gli industriali,
arricchitisi al riparo delle barriere protezionistiche; nel nov.
1860 furono ripristinate alcune prerogative tradizionali del
parlamento, nel 1864 vennero riconosciuti i diritti di sciopero e di
associazione e nel 1868 fu concessa una limitata libertà di
stampa. In politica estera N., per indebolire la Prussia, la cui
potenza aveva gravemente sottovalutata, favorì l'Austria
nella guerra del 1866; intervenne a favore del papa a Mentana
(1867), alienandosi le simpatie degli Italiani; tornò alla
politica delle nazionalità rompendo con la Russia dietro
pressione dei Polacchi; si avventurò infine senza fortuna nel
Messico (1862-67). L'isolamento diplomatico-militare della Francia,
causato da questa politica, non fu superato dagli estremi tentativi
d'intesa con l'Austria e l'Italia (1868-69). I rovesci fuori dei
confini rafforzarono l'opposizione interna; N. cercò di farvi
fronte con un'ulteriore trasformazione dell'Impero, stavolta in
senso parlamentare, e la concessione di una nuova Costituzione
(maggio 1870).
Spintosi imprudentemente nella guerra alla Prussia, N. rimase vinto
e prigioniero a Sedan (2 sett. 1870), mentre il suo regime era
rovesciato nella capitale. Dimesso (marzo 1871) dalla prigionia di
guerra nel castello di Wilhelmshöhe, si ritirò in
Inghilterra.