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Giorgio Mortara (Mantova, 4 aprile 1885 – Rio de Janeiro, 30 marzo
1967) è stato un economista e statistico italiano. Figlio di
Lodovico Mortara, ministro della giustizia con il primo governo
Nitti, seppure nipote del rabbino di Mantova non venne educato
religiosamente. La madre era Clelia Vivanti, sorella del matematico
di fama internazionale Giulio Vivanti.
Mortara conseguì molto precocemente ottimi risultati negli
studi tanto da laurearsi in giurisprudenza a Napoli già nel
1905. Successivamente, interessato in particolar modo di statistica
e demografia, trascorse un anno accademico a Berlino con lo
statistico ed economista russo di origine polacca, Ladislaus von
Bortkiewicz studiando la variabile casuale poissoniana che venne
applicata da Mortara ai suoi studi statistici su omicidi e
alcolismo.
Rientrato in Italia non ancora venticinquenne, iniziò la
libera docenza universitaria, prima a Messina (1909-14), poi a Roma
(1915-24) e infine a Milano (1924-38) dove ottenne la cattedra di
statistica all'Università Statale e poi la direzione
dell’istituto di statistica della Università Bocconi.
Mortara nel 1910 acquistò con Alberto Beneduce la
comproprietà del Giornale degli economisti. Della rivista ne
fu ininterrotto direttore o condirettore fino al 1938, quando
entrarono in vigore le leggi razziali fasciste. A causa di
ciò Mortara, seppure nel 1933 avesse sottoscritto la tessera
del PNF, dovette lasciare la Bocconi e la direzione del Giornale
degli economisti. Alla scopo di sottrarre alle mire del regime
fascista il più importante giornale italiano di materie
economiche e statistiche, Mortara acconsentì che il Giornale
degli economisti fosse ceduto a titolo gratuito
all’Università Bocconi.
Negli anni immediatamente prima l'applicazione delle leggi razziali,
fu chiamato dal Governatore Vincenzo Azzolini a collaborare alla
istituzione e organizzazione del servizio Studi della Banca
d'Italia. Talmente fu apprezzato il suo apporto, che l'istituto
d'emissione creò borse di studio “Giorgio Mortara”, ancor
oggi distribuite, che sono assegnate per il perfezionamento degli
studi all’estero sulle metodologie matematiche, statistiche ed
econometriche.
Nel 1939 emigrò in Brasile dove collaborò con il
Servizio nazionale di censimento realizzando il primo censimento
demografico. Nel Paese che lo accolse in fuga dal regime fascista e
gli concesse la cittadinanza, Mortara fondò anche una scuola
di demografia. Nel 1956 tornò a insegnare a Roma.
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www.treccani.it
di Marco Magnani
MORTARA, Giorgio.
Nacque a Mantova il 4 aprile 1885 da Lodovico e da Clelia Vivanti,
primo di cinque figli (dopo di lui nacquero un fratello e tre
sorelle).
Il padre era un giurista affermato; senatore del Regno dal 1910,
primo presidente di Cassazione dal 1915, ministro della Giustizia e
dei culti nel governo di Francesco Saverio Nitti (1919-20). Il
nonno, Marco, era stato rabbino maggiore della Comunità
israelitica cittadina. In famiglia apprese i valori laici e
risorgimentali, in linea con il patriottismo di molti intellettuali
italiani di origine ebraica dell’epoca.
Trasferitosi a Napoli, assieme alla famiglia, si laureò nel
1905 in giurisprudenza con una tesi sulla crescita demografica delle
grandi città italiane. La scelta segnalava una vocazione per
le discipline quantitative e un forte interesse per i temi economici
e sociali, di cui era emblema soprattutto Francesco Saverio Nitti,
docente di scienza delle finanze e diritto finanziario nell’ateneo
partenopeo. Nel biennio 1907-08, su stimolo di Rodolfo Benini,
accademico di fama internazionale e studioso delle nuove metodologie
statistiche, con il quale mantenne rapporti anche in seguito,
trascorse un periodo di studio a Berlino, sotto la guida di
Ladislaus von Bortkiewicz, statistico ed economista di origini
polacche.
Legato al soggiorno berlinese fu il saggio del 1908 La
mortalità secondo l’età e la durata della vita
economicamente produttiva, in cui Mortara analizzava con strumenti
all’avanguardia, come le tavole di sopravvivenza, il rapporto
statistico fra durata media della vita economicamente produttiva e
durata della vita complessiva. Il lavoro fu pubblicato anche in
Germania negli Jahrbücher für Nationalökonomie und
Statistik. Di ambito demografico fu anche il saggio di comparazione
internazionale del 1911 sui concepimenti in età prenuziale,
un tema, quello della fecondità e del suo nesso con i
matrimoni, al centro dell’interesse scientifico e non estraneo alla
contrapposizione fra cattolici e laici nell’Italia liberale.
Nel 1909 Mortara fu incaricato dell’insegnamento di statistica
all’Università di Messina, città appena distrutta dal
sisma dell’anno precedente. Dall’esperienza messinese trasse
ulteriore materia di ricerca. In quegli anni iniziò a
occuparsi in modo sistematico della costruzione di indicatori
statistici atti ad analizzare la congiuntura economica, i ‘barometri
economici’. Il suo eclettismo poté svilupparsi appieno nel
1910 quando Maffeo Pantaleoni lo associò, con Alberto
Beneduce, nella direzione del nuovo Giornale degli economisti e
Rivista di statistica, erede diretto del reputato Giornale degli
economisti. Tenne l’incarico, essenzialmente da solo, sino alla fine
degli anni Trenta.
Sulla rivista pubblicò nel 1912 il saggio Il monopolio delle
assicurazioni e la mortalità italiana nel quale difendeva la
sostanziale esattezza dei calcoli sulla mortalità effettuati
dai sostenitori del monopolio assicurativo pubblico (Nitti e
Beneduce), divenuti oggetto di una feroce polemica politica,
alimentata sotto il profilo scientifico da Luigi Einaudi che, sulla
sua rivista La riforma sociale, sosteneva essere i calcoli stati
dolosamente artefatti per esaltare i potenziali profitti di un
monopolista pubblico.
Nel 1913, ancora sul Giornale degli Economisti, vide la luce un
altro saggio, Numeri indici delle condizioni economiche d’Italia,
destinato a essere ricordato nove anni dopo dall’International
Labour Office tra le opere cruciali per la nascente disciplina.
Già nel 1912, del resto, la pubblicazione di un lavoro (Sulle
variazioni di frequenza di alcuni fenomeni demografici rari, Roma)
in cui applicava la legge degli «eventi rari» – che
Bortkiewicz aveva rappresentato con la distribuzione di Poisson (dal
nome del matematico francese Siméon-Denis Poisson) – ai
fenomeni dell’omicidio e dell’alcolismo, fu ben accolta dalla
comunità scientifica e citata nel 1915 dallo statistico
inglese Karl Pearson su Biometrika, la maggiore rivista
internazionale di statistica applicata alle scienze naturali.
La sua produzione scientifica si mantenne intensa su tutti i fronti:
metodologico, demografico, economico; quando nel 1914 vinse il
concorso per la cattedra di statistica metodologica, demografica ed
economica presso l’Istituto superiore di scienze economiche e
commerciali a Roma (l’odierna facoltà di economia), Mortara
era ormai ritenuto uno statistico di punta della nuova generazione.
Convinto interventista, nel 1915, a causa di una semisordità
provocata da un’otite contratta durante il servizio di leva, con suo
disappunto non venne mobilitato; riuscì a farsi richiamare
nel 1916 e a essere assegnato al Comando supremo, dove conobbe fra
gli altri Ferruccio Parri al quale rimase legato negli anni
successivi. Durante la ritirata di Caporetto (novembre 1917) fu
decorato con la croce di guerra al valor militare. Come accadde a
molti intellettuali italiani, l’esperienza bellica influenzò
la sua attività rafforzando – in ambito demografico – il
nesso fra ricerca e tematiche nazionalistiche.
Gli anni del dopoguerra furono assai fecondi. Il matrimonio
con Laura Ottolenghi, dottoressa in scienze economiche e sua
collaboratrice al Giornale (dall’unione, durata felicemente tutta la
vita, nacquero Marcella, Alberto, Guido e Valerio), e la scelta di
non partecipare alle vicende politiche gli consentirono di
concentrarsi sul lavoro. Nel 1920 pubblicò Le lezioni di
statistica economica e demografica, nel 1922 Le lezioni di
statistica metodologica, la sua principale opera teorica con vari
contributi originali, specie sui rapporti statistici, le
interpolazioni, la correlazione. Contemporaneamente iniziava, con il
patrocinio dell’Università Bocconi e il sostegno finanziario
del Credito italiano, la pubblicazione di Prospettive economiche, un
annuario di commento della congiuntura italiana e internazionale
estremamente innovativo per metodi e contenuti, che uscì
ininterrottamente a sua cura per 16 anni.
Nel 1925, per iniziativa di Angelo Sraffa – rettore
dell’università Bocconi e padre del giovane economista Piero
– Mortara si trasferì alla neo-costituita Università
statale di Milano per insegnare statistica e istituzioni di economia
politica, affiancate presto dalla docenza di statistica in Bocconi.
Lo spettro delle sue attività raggiunse in questi anni la
massima estensione. In qualità di consulente economico della
diplomazia italiana, nel 1930 si recò a Mosca per studiare
l’economia pianificata: ne trasse impressioni contrastanti, non
negative sotto il profilo economico ma «orrende» – come
scrisse nelle sue memorie – sotto quello politico. Nel 1934 fu
incaricato dalla Edison di coordinare una pubblicazione
commemorativa per i primi cinquant’anni dell’azienda dedicata allo
sviluppo dell’industria elettrica in Italia. Mortara vi
associò Parri, reduce dal confino, riuscendo poco dopo a
farlo assumere in pianta stabile alla Edison.
Nel 1936, Vincenzo Azzolini, dal 1930 successore di Bonaldo
Stringher alla guida della Banca d’Italia e già suo compagno
di liceo a Napoli, lo chiamò per contribuire alla fondazione
e all’organizzazione di un Servizio studi nell’istituto di
emissione. L’apporto di Mortara fu decisivo nel creare un centro
destinato a costituire un riferimento primo per la ricerca,
l’analisi e la politica economica italiana nei decenni successivi.
Ugualmente rilevante fu il suo contributo nel definire, all’indomani
della riforma bancaria del 1936, i criteri di classificazione delle
attività economiche ai fini delle statistiche sul credito.
L’intenso dibattito – al quale parteciparono soprattutto Paolo
Baffi, economista di spicco del Servizio studi, Raffaele Mattioli,
amministratore delegato della Banca commerciale italiana, e
Alessandro Molinari, direttore generale dell’ISTAT – lungi dal
rispecchiare valutazioni solo tecniche si incentrò sul
rapporto fra analisi economica (in particolare lo studio del ciclo)
e la statistica, tema sino ad allora scarsamente presente
nell’accademia italiana, ma affrontato con passione e straordinaria
competenza da Mortara (al cui nome, non per caso, la Banca d’Italia
intitolerà all’indomani della morte nel 1967 una borsa di
studio).
Nel 1938 furono pubblicati i tre volumi L’economia italiana nel
sessennio 1931-1936, un lavoro di ampio respiro sull’economia
italiana in anni nei quali anche l’informazione economica era
soggetta a restrizioni normative, realizzati sotto la sua direzione
dai giovani economisti della Banca d’Italia e dall’Ufficio studi
della Banca commerciale italiana. Nello stesso anno Mortara divenne
fellow della Econometric society, associazione internazionale di
studiosi di statistica e di economia fondata nel 1930 da Irving
Fisher e Ragnar Frisch.
Nell’autunno del 1938 sulla vita e sul lavoro di un Mortara
incredulo e sgomento si abbatterono le leggi antiebraiche. Dapprima
afascista, nel 1933 aveva preso con qualche esitazione la tessera
del partito; due anni dopo, le sanzioni inflitte all’Italia per
l’aggressione all’Etiopia avevano però rinsaldato la sua
adesione al regime in nome della mobilitazione patriottica. Convinto
servitore della nazione, incapace di accettare la situazione e non
sopportando quella che ritenne un’onta per sé e la sua
famiglia, decise di espatriare. Sebbene aiutato da diversi amici –
tra i quali Baffi, Azzolini, Beneduce, Mattioli – non poté
esimersi dal rivolgere umilianti richieste di facilitazioni per
l’espatrio al segretario particolare di Mussolini. I suoi rapporti
nella comunità scientifica internazionale lo agevolarono nel
trovare un impiego come consulente presso la commissione incaricata
del censimento in Brasile, da dove mantenne per alcuni anni un
intenso rapporto epistolare con Baffi.
In America Latina Mortara non si dedicò solo alla demografia
«sfornando in 28 anni forse due metri lineari di
pubblicazioni, organizzando censimenti […], calcolando tavole di
natalità fecondità mortalità, indagando sulle
unioni coniugali libere e tutte le altre cose che fanno la gioia dei
demografi» – come si espresse Baffi nel suo ricordo (1967, p.
10) – ma ebbe il merito di fondare sotto il profilo scientifico e
organizzativo l’attività censuaria in Brasile.
Finita la guerra, sebbene reintegrato nell’università
italiana, preferì rimanere a Rio de Janeiro, in ragione dei
lavori colà avviati, dei figli ormai inseriti nella
società locale e del ricordo della ferita infertagli. Nel
complesso si mostrò generoso con i colleghi che avevano
contribuito, seppur di malavoglia, alla campagna antisemita, come
per esempio Corrado Gini. Nel 1947 fu eletto socio nazionale
dell’Accademia dei Lincei e nel 1956 accettò una cattedra di
statistica economica nella facoltà di scienze statistiche
demografiche e attuariali dell’Università di Roma, dove
insegnò dal 1957 al 1960, facendosi promotore della
costituzione dell’Istituto di demografia. Nei quattro anni
precedenti il pensionamento si concentrò prevalentemente sul
rapporto fra demografia e economia, in particolare con il volume
Economia della popolazione.
Morì il 30 marzo 1967 a Rio de Janeiro.