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Età moderna e contemporanea.
Mentre in Francia proseguiva la costruzione di un potere statale
fortemente centralizzato, l’Inghilterra, dopo i tentativi di
Enrico VIII e di Elisabetta, tornava alla linea di sviluppo
politico-istituzionale già impostata dalla Magna charta,
sventando il programma assolutistico degli Stuart. La Petition of
rights (1628), il Bill of rights (1689), l’Act of settlement
(1701) costituiscono le leggi fondamentali della m. inglese che si
avviò decisamente al costituzionalismo. Ogni atto del re
doveva essere ormai controfirmato dai ministri che rispondevano al
Parlamento, e più tardi dovevano addirittura essere scelti
tra le persone gradite a questo. In caso di conflitto tra
gabinetto e Parlamento decideva il popolo con le elezioni. Il re e
il parlamento non costituivano più delle personalità
investite di diritti propri reciprocamente limitati, ma formavano
ormai delle istituzioni impersonali dello stato; di qui il
principio che il re non muore mai e la distinzione tra la
competenza del re in consiglio (potere esecutivo) e del re in
Parlamento (potere legislativo).
Dopo la Rivoluzione francese il sistema monarchico costituzionale
si impose gradualmente in Europa; la posizione del re si
coordinava con la teoria, già elaborata in Germania fin dai
tempi di Federico il Grande, della persona giuridica statale.
Pertanto, nei sistemi costituzionali del 19° sec. la m.
cessava di essere un’istituzione al di sopra dello Stato, per
diventare organo dello Stato. Il re era un semplice rappresentante
dell’unità e personalità dello Stato con funzioni
via via più ridotte mano a mano che si passava a forme
più compiute di governo parlamentare, attraverso un
processo di svuotamento delle prerogative monarchiche in funzioni
ratificatorie e certificatorie delle decisioni prese in sede
parlamentare.
In questo senso – e per effetto delle successive modificazioni
istituzionali – il re costituisce una figura per molti versi
fungibile con il presidente della forma repubblicana.