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Mentre le invasioni barbariche rendevano drammatiche le condizioni
di vita delle popolazioni dell'Impero Romano d'Occidente, andarono
costituendosi e prendendo vigore diverse istituzioni ecclesiastiche
e religiose, che presto si sarebbero rivelate forze costruttive di
una nuova civiltà. Tra esse il monachesimo, nei secoli che
vanno dal IV all'VIII, è forse la più
importante.C'erano tanti tipi di monaci che sono:gli eremiti e gli
anacoreti che nei primi secoli del Cristianesimo,si stabilivano nel
deserto,nelle foreste o in regioni montuose,dove potevano vivere da
soli,senza quasi avere contatti con gli altri,per dedicarsi
completamente alla preghiera. I cenobiti vivono in un
monastero,compiendo il loro servizio sotto una regola e un abate.
Il concetto di Monachesimo Europeo proviene dal Medio Oriente;
infatti l’ascetismo religioso e la vita monastica non sono peculiari
del Cristianesimo, ma rappresentano forme in cui l’anima ha cercato
in ogni tempo di tradurre la propria sete del divino. Nel IV secolo,
in Egitto, in Palestina e in Siria, sulla scia di Antonio il Grande
e di altri Padri del deserto, si fecero sempre più numerosi
coloro che abbandonavano completamente il mondo per vivere nella
solitudine (eremos, da cui il termine di eremita, per indicare gli
asceti viventi nel deserto) oppure per associarsi insieme in
conventi o cenobi (dal termine greco coinobios, indicante vita in
comune), onde ricercare una comunione più intensa con Dio ed
innalzarsi verso la santità. In ambito cristiano, Antonio
è considerato l'iniziatore della via eremitica e Pacomio di
quella cenobitica.
Il monachesimo viene preceduto dall'anacoretismo: i fedeli
più intransingenti, spinti da una forte vocazione si
separavano dal resto delle comunità per meglio avvicinarsi a
Dio, seguendo lo stile di vita di Cristo. Gli anacoreti o eremiti
sono coloro che rinunciano completamente al mondo, scegliendo una
vita fatta di silenzio e di preghiera, per tendere alla perfezione
attraverso la penitenza. Esempi di vita eremitica sono, nell'Antico
Testamento, Elia, nel Nuovo, San Giovanni Battista. Lo stesso
Gesù condusse vita eremitica nel deserto per quaranta giorni
prima di iniziare la sua predicazione.
Il monachesimo degli albori si fonda sulla libertà
individuale del monaco che liberamente sceglie la vita solitaria. Ma
ben presto si diffuse il sistema delle Regole. La Regola era posta
dal Maestro e aveva lo scopo di organizzare la vita comunitaria. Tra
le Regole più famose si ricorda quella di San Benedetto da
Norcia, esemplificata nel motto: Ora et labora (prega e lavora).
I monaci nell'Europa Orientale si davano con fervore, che talora
rasentava la frenesia, ad intense pratiche ascetiche (dal greco
aschesis=esercizio), le quali univano alla preghiera ed alla
meditazione ogni sorta di mortificazioni della carne, talora
durissime o stravaganti addirittura, come l'astensione dal cibo, dal
sonno o dal lavarsi per periodi più o meno lunghi, oppure
l'infliggersi flagellazioni e torture. Tra questi, particolari
furono gli stiliti e i dendriti che trascorrevano la loro vita
rispettivamente su una colonna e su un albero.
Il monachesimo rappresentò in sostanza una grande rivolta
dello spirito autenticamente cristiano contro il pericolo di
mondanizzazione della Chiesa. Come tale, esso costituì per
secoli la grande riserva di forze spirituali della Chiesa ed ebbe
importanza storica decisiva nello sviluppo della civiltà
cristiana nel mondo mediterraneo.
Dopo il IV secolo il monachesimo cominciò a diffondersi in
Occidente: San Girolamo a Roma, sant'Agostino in Africa, san
Severino nel Norico, san Paolino a Nola, san Martino e san Giovanni
Cassiano nella Gallia si fecero promotori dell’ideale monastico
(sull'esempio di quello orientale) e monasteri famosi sorsero nel V
secolo a Tours e ad Arles ad opera dei vescovi S. Cesario e S.
Aurelio (autori di importanti Regole).
Cassiodoro, il ministro di Teodorico, fallita la sua politica di
fusione tra Romani e Goti, abbandonò la corte gotica, si
rifugiò nei suoi possedimenti nella natia Calabria e
fondò un monastero a Vivarium, in cui trascorse gli ultimi
anni della sua vita.
A dare al monachesimo del cristianesimo cattolico la sua particolare
fisionomia operosa, in confronto a quello del cristianesimo
ortodosso più portata alla contemplazione e all'ascetico, fu
però un giovane, discendente da una famiglia della piccola
nobiltà provinciale dell’Umbria: San Benedetto da Norcia
(480-543). Ritiratosi a vita eremitica a Subiaco, San Benedetto
aveva veduto crescere attorno a sé un gruppo di seguaci,
insieme ai quali, trasferitosi successivamente nelle vicinanze di
Cassino, aveva fondato il monastero di Montecassino, il più
importante centro monastico dell’Occidente.
All’incirca negli stessi anni in cui i giuristi bizantini, per
ordine di Giustiniano, lavoravano alla sistemazione del diritto
civile romano nel Corpus iuris civilis, San Benedetto gettava le
fondamenta della nuova società monastica, con la compilazione
della sua Regola.
La regola benedettina è informata tutta allo spirito pratico
dell’antica Roma, fondendolo armonicamente con la
spiritualità cristiana. Per San Benedetto i monaci non
debbono essere soltanto dei contemplanti: il loro motto dovrà
essere ora et labora. La regola fu scritta originariamente per il
solo monastero di Montecassino, ma venne presto adottata come regola
per eccellenza del monachesimo cattolico.
Mentre il mondo occidentale è sconvolto dalle invasioni
barbariche, i monasteri benedettini creano un nuovo tipo di
società basata, anziché sul concetto romano della
proprietà privata, su quello cristiano della
solidarietà collettiva.
I monaci coltivano le terre circostanti al monastero, o almeno le
fanno coltivare dai propri coloni, difendendole dall’abbandono e
dall’inselvaticamento. Attorno a loro, si raggruppano in cerca di
protezione famiglie coloniche, che trovano rifugio all’ombra del
convento.
Il monastero diventa così il centro di un piccolo mondo
economico auto-sufficiente; anche i prodotti artigianali od
industriali necessari alla sua esistenza vengono prodotti al suo
interno da monaci o da servi ministeriales dipendenti dal convento.
Il sovrappiù della produzione viene posto in vendita;
così, non di rado, attorno al convento sorge anche un centro
di scambi commerciali, un mercato, una fiera. Proprio nel corso
dell’VIII secolo si ebbe nell’economia dell’Italia longobarda
un'accentuata tendenza alla formazione di estese proprietà
fondiarie, concentrate nelle mani dei grandi signori laici o delle
chiese. Parte cospicua di questa concentrazione della
proprietà andò a vantaggio dei grandi monasteri
benedettini, accrescendone l’importanza. In linea di principio,
almeno, i beni degli enti religiosi erano inalienabili e gli abati
dei monasteri spesso amministratori capaci.
Ciò condusse alla diffusione di nuovi sistemi di conduzione
dei fondi, che molto giovarono alla graduale ricostruzione della
ricchezza fondiaria. Tra questi da citare i contratti di livello
(così detto dal libellum sul quale stavano scritti i patti
del contratto), per cui un fondo veniva ceduto in uso ad un
coltivatore, in cambio di un canone, per lo più in natura, o
quelli di enfiteusi, per cui un fondo era ceduto per lunghissimo
tempo ad un minimo canone annuale, a patto che il coltivatore vi
introducesse delle migliorie. Così allo spopolamento dei
secoli precedenti cominciò a subentrare una maggiore
densità di coltivatori nelle campagne, unita ad una rinascita
delle colture specializzate, come quella della vite e dell’olivo, in
luogo del pascolo e della cereali coltura estensiva.
In mezzo ad un’età di sovrani analfabeti e di regresso della
civiltà, nei monasteri benedettini gli amanuensi negli
scriptoria, continuano a copiare le opere degli scrittori antichi
cristiani e pagani. Nei monasteri convivono quindi pacificamente
insieme romani e barbari, affratellati dalla comune fede e dalla
comune obbedienza alla Regola. I monasteri benedettini
costituiscono, per tutto il Medioevo, importanti centri di
diffusione culturale.
Accanto a quello sempre più importante di Montecassino,
sorsero numerosi monasteri, fra cui emergono per importanza quelli
di Nonàntola nell'Emilia, di Farfa nella Sabina, di San
Vincenzo al Volturno nell’Italia meridionale, della Novalèsa
in Val di Susa. Questi cenobi accolsero tra le loro mura tanto
latini che barbari, favorendo la fusione dei due popoli, mantennero
in vita le tradizioni culturali dell’antichità e del
cristianesimo, favorendo la diffusione della civiltà romana
tra i Longobardi.
Un cenno a parte meritano i Cistercensi, un ordine di monaci dediti
alla beneficenza, e quello dei Templari, che insieme ai Cavalieri di
Malta, ad i Cavalieri Teutonici e agli Ospitalieri, a carattere
militare.